quiet quitting

Quiet quitting: il distacco emotivo dal lavoro Quiet quitting: cosa significa, cos’è, quando e dove nasce, motivi del disagio e conseguenze aziende e i lavoratori

Che cos’è il quiet quitting

Il quiet quitting è un fenomeno che riguarda il mondo del lavoro. Nello specifico si riferisce a un atteggiamento dei  dipendenti, i quali scelgono di svolgere solo le mansioni strettamente previste dal contratto, rifiutando qualsiasi compito extra o disponibilità che esuli dagli orari e dalle responsabilità formali.

Non si tratta di un vero e proprio “licenziamento” (quitting), quanto piuttosto di una ritirata silenziosa dall’idea di lavoro come vocazione o dedizione totale. È una forma di resistenza passiva contro la cultura del lavoro eccessivo.

Origine del termine “quiet quitting”

Il termine quiet quitting non ha un vero e proprio “fondatore”. Il vocabolo è stato portato alla ribalta da un video pubblicato su TikTok nel 2022 da Zaid Khan, un ingegnere statunitense. Nel video, Khan parla della decisione di lavorare nei limiti del proprio ruolo senza sentirsi in dovere di fare di più per ottenere approvazione o promozioni. Le sue affermazioni e idee hanno immediatamente guadagnato popolarità, venendo riprese da milioni di utenti e analizzate da media internazionali e professionisti delle risorse umane.

Il fenomeno però esiste da decenni. Sono numerosi infatti gli psicologi che da tempo invocano ambienti di lavoro di qualità, capaci di stimolare i propri dipendenti, farli sentire realizzati, senza trascurare l’ascolto dei loro bisogni personali.

Quando e dove si è sviluppato

Il quiet quitting ha cominciato a diffondersi quindi con prepotenza nel 2022 negli Stati Uniti, in un contesto segnato dalle conseguenze della pandemia da COVID-19. Lo smart working, l’isolamento sociale e la riflessione collettiva sulla qualità della vita hanno spinto molti lavoratori — soprattutto i millennials e la Generazione Z — a rivalutare il proprio rapporto con il lavoro. Da lì il concetto si è diffuso rapidamente in Europa e in altri Paesi industrializzati, trovando terreno fertile in un’epoca di crescente attenzione al benessere psicologico e all’equilibrio tra la vita privata e quella professionale.

In che cosa consiste il quiet quitting

Il quiet quitting consiste in pratica nel:

  • rifiutare straordinari non retribuiti;
  • evitare di rispondere a e-mail o messaggi fuori orario;
  • non assumersi responsabilità extra non riconosciute formalmente;
  • non legare la propria identità al lavoro.

Non significa essere improduttivi o svogliati, ma rispettare i limiti del proprio ruolo professionale, evitando di “vivere per lavorare”. È quindi una forma di dissenso silenzioso verso modelli di carriera basati sul sacrificio personale continuo.

I motivi alla base del quiet quitting

Il fenomeno del quiet quitting non è determinato solo da un diverso modo di concepire il lavoro e da una attenzione maggiore alla salute mentale. Ci sono altre ragioni, più importanti e decisamente più profonde.

Il malessere dei lavoratori è legato infatti a tutta una serie di fattori sui quali è necessario riflettere.

  • Il rapporto con il proprio datore di lavoro, spesso distante e fondato su una relazione gerarchica e di potere che ostacola la comunicazione.
  • La scarsa attenzione all’adozione di strategie capaci di ridurre lo stress sul lavoro e il bournout.
  • Il mancato supporto psicologico attraverso programmi specifici per i lavoratori.
  • L’assenza di motivazione, determinata da un ambiente in cui il singolo non viene valorizzato.
  • Il mancato riconoscimento del merito e dell’impegno.
  • L’assenza di programmi di formazione continua, che impediscono la crescita del lavoratore.
  • La paura di cambiare lavoro, soprattutto a una certa età, fobia che  porta molti lavoratori a restare dove sono e a cercare un distacco emotivo sempre maggiore dalle mansioni.
  • Una scarsa cultura della promozione e valorizzazione del lavoro di gruppo.

Conseguenze del quiet quitting

Le conseguenze del quiet quitting sono complesse e oggetto di dibattito.

Per i lavoratori:

  • può portare a un miglior equilibrio vita-lavoro;
  • può ridurre lo stress e il burnout;
  • ma rischia di limitare le possibilità di avanzamento professionale o di essere percepiti come “disimpegnati”.

Per le aziende:

  • può tradursi in cali di produttività, soprattutto se molti dipendenti adottano questo approccio;
  • può spingere a rivedere modelli di leadership troppo esigenti o poco inclusivi;
  • può aumentare il turnover se non si affrontano le cause profonde (scarsa motivazione, carenza di riconoscimento, cultura aziendale tossica).

Un messaggio alle imprese

È importante precisare che il quiet quitting non è un capriccio generazionale, ma un segnale chiaro di disaffezione verso modelli di lavoro non più sostenibili. E’ necessario che le aziende ascoltino con attenzione le esigenze dei dipendenti. Ignorare questo fenomeno può rivelarsi pericoloso e improduttivo.

 

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persone scomparse

Persone scomparse: cosa prevede la proposta di legge approvata Persone scomparse: la Camera approva la proposta di legge che rafforza i poteri delle autorità per una tutela più efficace dei cittadini

Persone scomparse: Codice privacy e Giornata Nazionale

Il 15 luglio 2025, la Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità una proposta di legge (leggi il dossier della Camera) che riguarda le persone scomparse. Il testo introduce significative modifiche al Codice in materia di protezione dei dati personali (Decreto Legislativo n. 196/2003) e istituisce la Giornata nazionale dedicata alle persone scomparse. Queste novità mirano a rafforzare gli strumenti a disposizione delle autorità per la tutela della vita e dell’integrità fisica dei cittadini, specialmente in situazioni di emergenza.

Dati traffico telefonico, telematico e chiamate senza risposta

La principale modifica prevista riguarda l’articolo 132 del Codice della privacy, con l’introduzione del nuovo comma 3-bis.1. In virtù di questa modifica si consente l’acquisizione di dati relativi al traffico telefonico, telematico e alle chiamate senza risposta, qualora siano ritenuti essenziali per la tutela della vita o dell’integrità fisica dell’interessato, anche al di fuori dei procedimenti penali. L’acquisizione avviene tramite decreto del pubblico ministero, su richiesta delle forze dell’ordine come Polizia di Stato, Carabinieri e Guardia di Finanza.

Persone scomparse: procedura semplificata in caso d’urgenza

Per i casi urgenti, è prevista una procedura semplificata: il pubblico ministero può autorizzare l’acquisizione anche oralmente o telematicamente, con l’obbligo di conferma entro 48 ore con decreto motivato e informazione al Prefetto. Introdotto il divieto di utilizzare dati ottenuti in violazione della procedura, al fine di garantire la legalità dell’acquisizione.

Polizia locale: accesso al Centro Elaborazione dati

Un’ulteriore novità riguarda l’accesso al Centro Elaborazione Dati (CED) del Ministero dell’Interno. L’articolo 1 della Legge n. 203/2012 viene modificato per consentire al personale della polizia locale, specificamente agli agenti di pubblica sicurezza addetti ai servizi di polizia stradale, di consultare le denunce di scomparsa.

Persone scomparse: giornata nazionale dedicata 

L’articolo 2 della proposta di legge istituisce infine la Giornata nazionale dedicata alle persone scomparse, che verrà celebrata ogni anno il 13 dicembre. L’obiettivo è quello di sensibilizzare l’opinione pubblica sul fenomeno delle persone scomparse e promuovere iniziative di solidarietà per le famiglie coinvolte. È importante sottolineare che l’istituzione di questa giornata non comporta nuovi oneri per la finanza pubblica, poiché le attività connesse saranno gestite con le risorse disponibili.

 

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giurista risponde

Abuso edilizio e ipoteca iscritta a favore del creditore Sono costituzionalmente legittimi gli artt. 7, comma 3, L. 28 febbraio 1985, n. 47 e 31, comma 3, D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 nella parte in cui non prevedono la permanenza dell’ipoteca a garanzia del creditore nel caso in cui l’immobile abusivo sia oggetto di confisca edilizia?

Quesito con risposta a cura di Caterina D’Alessandro, Giulia Fanelli e Mariella Pascazio

 

È costituzionalmente illegittimo l’art. 7, comma 3, L. 47/1985 per contrarietà agli artt. 3, 24, 42 Cost., nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire.

È altresì costituzionalmente illegittimo, in via consequenziale, l’art. 31, comma 3, primo e secondo periodo, D.P.R. 380/2001, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire (Corte cost. 3 ottobre 2024, n. 160).

La Corte costituzionale ha ritenuto l’art. 7, comma 3, L. 47/1985 costituzionalmente illegittimo in quanto impone al creditore, titolare di un diritto di ipoteca su un immobile abusivo, un sacrificio irragionevole ed eccessivamente sproporzionato, a più forte ragione se non ha concorso in alcun modo all’abuso edilizio. Questo sacrificio deriva dalla confisca edilizia di un immobile abusivo prevista allorquando il responsabile dell’abuso non provvede nei termini di legge alla demolizione dell’immobile e al ripristino dello stato dei luoghi. Questa previsione normativa, prima dell’intervento della Consulta, era corroborata dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato che prevedeva la caducazione di ipoteche, pesi e vincoli preesistenti, neutralizzando oltremodo l’eventuale anteriorità della trascrizione o iscrizione. In questo modo, dunque, venivano meno tutte le prerogative relative al diritto di ipoteca: lo ius sequelae, lo ius distrahendi, lo ius prelationis.

Tuttavia, se si guarda alla funzione della confisca edilizia, questa risponde ad una sanzione in senso stretto che rappresenta una reazione dell’ordinamento al duplice illecito posto in essere da chi, dapprima esegue un’opera abusiva, e poi, non adempie all’obbligo di demolirla (Corte cost. 15 luglio 1991, n. 345; Cass., sez. III, 26 gennaio 2006, n. 1693). Pertanto, sulla scorta della natura sanzionatoria della confisca, appare oltremodo irragionevole che ne subisca le conseguenze anche il creditore ipotecario del tutto estraneo all’abuso. Siffatta conclusione trova ulteriore conferma nel fatto che il creditore non è neppure obbligato propter rem alla demolizione, in quanto il diritto reale di garanzia non gli attribuisce né il possesso né la detenzione del bene.

Il sacrificio previsto nei confronti del creditore, oltre ad essere irragionevole, risulta sproporzionato, in quanto la norma che non fa salvo il suo diritto reale, di fatto, lo espone ad attività eccessivamente gravose, tra le quali una vigilanza continua sull’immobile al fine di chiedere all’autorità giudiziaria la cessazione degli atti del debitore e dei terzi, idonei a creare i presupposti per la confisca edilizia (Cass. 5 agosto 2021, n. 22352; Cass. 8 febbraio 2019, n. 3797; Cass. 11 marzo 2016, n. 4865).

Quanto, invece, all’art. 31, comma 3, D.P.R. 380/2001, tale disposizione condivide con l’art. 7, comma 3, L. 47/1985 il medesimo tenore letterale e prevede l’acquisto originario in capo al comune con estinzione del diritto di ipoteca precedentemente iscritto. In ragione di ciò la Consulta ha ritenuto costituzionalmente illegittimo, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire.

 

(*Contributo in tema di “Abuso edilizio e ipoteca iscritta a favore del creditore”, a cura di Caterina D’Alessandro, Giulia Fanelli e Mariella Pascazio, estratto da Obiettivo Magistrato n. 85 / Maggio 2025 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)

assicurazione inail studenti e docenti

Assicurazione studenti e docenti: cosa copre A partire dall’anno scolastico 2025/2026 diventa strutturale l'assicurazione per studenti e docenti di tutti gli istituti scolastici

Assicurazione studenti e docenti a regime

Compie un importante passo in avanti la disciplina sull’assicurazione di studenti e docenti di tutte le scuole. Un comunicato pubblicato sul sito del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali rende noto che il 16 luglio 2025, in sede d esame del decreto legge n. 90/2025, la Commissione VII del Senato ha approvato un emendamento governativo proposto dal Ministro del Lavoro e dal Ministro dell’istruzione che prevede l’entrata a regime dell’assicurazione per il personale docente e per gli studenti a partire dall’anno scolastico 2025/2026.

Lo scorso anno, l’articolo 9 del DL n. 113/2024 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 9 agosto 2024 aveva esteso anche all’anno scolastico 2024/2025 la copertura assicurativa prevista per gli studenti e gli insegnanti dall’articolo 18 decreto-legge n. 48/2023.

Assicurazione: la circolare INAIL 2024

Della proroga della copertura assicurativa per l’anno scolastico 2024/2025 si era occupata anche la Direzione Centrale dell’INAIL con la circolare del 14 agosto 2024.

La tutela, come precisava la circolare dello scorso anno, riguarda gli studenti e il personale appartenente al sistema nazionale di istruzione e formazione, della formazione terziaria professionalizzante e di quella superiore.

Le attività coperte dall’assicurazione Inail sono quelle di insegnamento e di apprendimento. La tutela riguarda gli eventi lesivi che si verificano per finalità lavorative anche qualora non siano collegati con il rischio specifico dell’attività assicurata. Unico limite il rischio elettivo.

I soggetti sono quindi assicurati per gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali che si manifestano nei luoghi di svolgimento delle attività didattiche, di laboratorio e nelle loro pertinenze. La tutela riguarda le attività interne ed esterne come viaggi, visite, uscite didattiche emissioni senza limite di orario purché organizzate e autorizzate dalle istituzioni scolastiche e formative, comprese quelli complementari, preliminari e accessorie all’insegnamento. Il personale docente è tutelato anche contro gli infortuni in itinere.

La circolare precisava anche che per l’operatività della tutela assicurativa le scuole e gli istituti d’istruzione non fossero tenuti ad alcun tipo di adempimento. Il soggetto assicurante non era tenuto a versare il premio, doveva solo rimborsare l’Inail per le prestazioni eventualmente erogate ai soggetti infortunati.

Per la copertura assicurativa INAIL degli studenti delle scuole non statali la circolare prevedeva invece il pagamento del premio di Euro 10,40 a partire dal 1° luglio 2024.

Ovviamente l’entrata a regime dell’assicurazione potrebbe apportare modifiche anche significative alle regole appena viste. Non resta che attendere eventuali sviluppi futuri.

contratto di spedalità

Contratto di spedalità Contratto di spedalità: cos'è, normativa, contenuto, novità della Legge Gelli Bianco n. 24/2017 e responsabilità della struttura

Cos’è il contratto di spedalità?

Il contratto di spedalità è l’accordo che si instaura tra il paziente e la struttura sanitaria all’atto del ricovero. Questo contratto regola i diritti e i doveri di entrambe le parti, disciplinando sia gli aspetti assistenziali che quelli economici. Con l’introduzione della Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017), la normativa sulla responsabilità sanitaria ha subito importanti modifiche, incidendo direttamente anche sulla disciplina del contratto di spedalità.

La normativa sul contratto di spedalità

Il contratto di spedalità è un contratto atipico, cioè non espressamente disciplinato dal Codice Civile, ma riconosciuto dalla giurisprudenza come un contratto a prestazioni corrispettive. Esso prevede che:

  • il paziente riceva cure mediche, assistenza e prestazioni sanitarie;
  • la struttura sanitaria garantisca servizi idonei e organizzazione adeguata;
  • il paziente corrisponda un pagamento se la prestazione è erogata in regime privatistico.

Questo contratto si applica sia alle strutture pubbliche (ospedali, ASL) sia a quelle private accreditate.

Contenuto del contratto di spedalità

Il contratto di spedalità comprende diverse obbligazioni a carico della struttura sanitaria:

  1. obbligo di prestare cure adeguate secondo le linee guida mediche;
  2. corretta gestione delle risorse umane e tecnologiche per garantire la sicurezza del paziente;
  3. rispetto del diritto all’informazione e al consenso informato;
  4. diligenza nella tenuta della cartella clinica e nella gestione dei dati sanitari;
  5. obbligo di garantire la continuità assistenziale in caso di trasferimento o dimissioni del paziente;
  6. messa a disposizione del personale, dei medicinali e delle attrezzature;
  7. fornitura di prestazioni alberghiere come vitto e alloggio.

Le novità introdotte dalla Legge Gelli-Bianco

La Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017) ha ridefinito il sistema di responsabilità sanitaria, introducendo novità rilevanti per il contratto di spedalità.

  • Doppio regime di responsabilità:
    • contrattuale per la struttura sanitaria (art. 1218 c.c.);
    • extracontrattuale per il medico (art. 2043 c.c.), salvo che non vi sia un rapporto diretto tra paziente e medico (es. libera professione intramoenia).
  • Obbligo per le strutture sanitarie di dotarsi di copertura assicurativa, per garantire il risarcimento dei danni ai pazienti;
  • Definizione delle linee guida per la valutazione della condotta medica.
  • Maggior tutela per i pazienti, con regole più chiare sulla trasparenza delle cure e sulla responsabilità della struttura.

Responsabilità della struttura sanitaria

La struttura sanitaria è responsabile contrattualmente per le prestazioni rese nei confronti del paziente. Tale responsabilità può essere:

  • diretta, quando il danno è dovuto a difetti organizzativi (es. carenza di personale, attrezzature inadeguate);
  • indiretta, se il danno deriva dalla condotta negligente di un medico dipendente.

Onere della prova

Secondo la Cassazione, in caso di danno subito dal paziente, spetta alla struttura sanitaria dimostrare di aver adempiuto correttamente alle proprie obbligazioni oppure che l’inadempimento della prestazione è dipesa da una causa non imputabile (Cassazione n. 5922/2024)

Termini di prescrizione

La responsabilità contrattuale della struttura sanitaria ha un termine di prescrizione di 10 anni, mentre quella del medico libero professionista (extracontrattuale) si prescrive in 5 anni.

 

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matrimonio concordatario

Matrimonio concordatario: la guida Matrimonio concordatario: cos’è, normativa di riferimento, differenze con il matrimonio civile ed efficacia giuridica

Cos’è il matrimonio concordatario

Il matrimonio concordatario è una particolare forma di matrimonio religioso celebrato secondo il rito canonico della Chiesa cattolica che, grazie agli accordi stipulati tra lo Stato italiano e la Santa Sede, produce effetti anche nell’ordinamento civile. Esso rappresenta una delle principali applicazioni del principio di cooperazione tra Stato e Chiesa previsto dall’art. 7 della Costituzione italiana.

Il matrimonio concordatario, per effetto del Concordato tra Stato e Chiesa (Patti Lateranensi del 1929, modificati nel 1984), viene riconosciuto anche come matrimonio civile, a condizione che:

  • sia trascritto nei registri dello stato civile;
  • siano rispettati i requisiti richiesti dall’ordinamento italiano (es. capacità giuridica, assenza di impedimenti legali);
  • vi sia una dichiarazione congiunta delle parti, espressa davanti al parroco e al ministro di culto.

In sostanza, con un solo rito (quello religioso) si ottiene un doppio effetto: religioso e civile.

Normativa di riferimento

  • Art. 7 Cost.: riconosce l’autonomia e la sovranità della Chiesa cattolica, ma stabilisce la possibilità di accordi (Concordati) con lo Stato.
  • Concordato Lateranense (1929) e Accordo di Villa Madama (1984): regolano i rapporti tra Stato e Chiesa.
  • Articoli 82-116 del Codice civile: disciplinano i requisiti e gli effetti del matrimonio nell’ordinamento italiano.
  • Legge n. 121/1985: ratifica e dà esecuzione al nuovo Concordato tra Italia e Santa Sede.

Differenza tra matrimonio concordatario e matrimonio civile

Caratteristica

Matrimonio civile

Matrimonio concordatario

Rito

Celebrato davanti all’ufficiale di stato civile

Celebrato con rito religioso cattolico

Effetti civili

Immediati, con redazione dell’atto

Subordinati alla trascrizione nei registri civili

Normativa applicabile

Codice civile

Diritto canonico + Codice civile

Annullamento

Competenza del Tribunale ordinario

Possibile doppia via: Sacra Rota (nullità canonica) + Tribunale civile (scioglimento o cessazione)

Nel matrimonio civile vi è esclusiva valenza giuridica, mentre nel matrimonio concordatario si ha un’unione religiosa che acquista validità giuridica solo attraverso la trascrizione dell’atto presso lo stato civile del Comune competente.

Effetti civili del matrimonio concordatario

Il matrimonio concordatario produce effetti civili analoghi a quelli del matrimonio celebrato davanti all’ufficiale di stato civile, a partire dalla data della celebrazione, se vi è regolare trascrizione.

Principali effetti civili:

  • comunione o separazione dei beni;
  • obblighi di assistenza morale e materiale;
  • doveri di coabitazione e fedeltà (art. 143 c.c.);
  • diritti successori;
  • legittimazione dei figli;
  • regime patrimoniale e contributivo.

Se il matrimonio non viene trascritto nei registri dello stato civile, non produce effetti giuridici nell’ordinamento italiano, restando valido solo come atto religioso.

Scioglimento e nullità  

  • Il divorzio può essere richiesto presso il Tribunale civile, con le medesime modalità previste per il matrimonio civile, con la pronuncia di divorzio vengono meno gli effetti civili del matrimonio concordatario.
  • È possibile richiedere la nullità canonica presso i tribunali ecclesiastici (Sacra Rota), ma la relativa decisione deve essere riconosciuta dallo Stato con apposita delibazione da parte della Corte d’appello (ex art. 8 legge n. 121/1985).

Quando conviene il matrimonio concordatario?

Il matrimonio concordatario è preferito da chi intende unire il sacramento religioso alla rilevanza giuridica dell’unione, evitando una doppia cerimonia. È consigliabile in presenza di:

  • convinzioni religiose condivise dalla coppia;
  • desiderio di dare solennità religiosa all’unione senza rinunciare agli effetti legali.

 

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interdittiva antimafia

Interdittiva antimafia: sospensione fino alla decisione del prefetto La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’art. 34-bis, comma 7, cod. antimafia nella parte in cui non proroga la sospensione dell’interdittiva antimafia dopo l’esito positivo del controllo giudiziario

Controllo giudiziario e interdittiva antimafia

Con la sentenza n. 109/2025, la Corte costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 34-bis, comma 7, del d.lgs. n. 159/2011 (codice antimafia) nella parte in cui non prevede la prosecuzione della sospensione degli effetti dell’informazione interdittiva antimafia anche dopo la conclusione con esito positivo del controllo giudiziario.

Secondo la Corte, la mancata proroga degli effetti sospensivi sino alla rivalutazione del provvedimento da parte del prefetto viola i principi di ragionevolezza e proporzionalità, causando un pregiudizio irragionevole per le imprese coinvolte.

Sospensione interrotta al termine del controllo

La questione nasce dal contrasto tra la ratio del controllo giudiziario – misura introdotta per recuperare alla legalità le imprese occasionalmente condizionate da ambienti mafiosi – e l’interpretazione data dalla giurisprudenza amministrativa, secondo cui la sospensione degli effetti interdittivi si interrompe alla chiusura del controllo, indipendentemente dal suo esito.

Questa ricostruzione determina, secondo la Corte, un vuoto di tutela: l’immediata riattivazione dell’interdittiva può vanificare gli esiti del percorso di risanamento, mettendo a rischio la continuità aziendale e favorendo un possibile riavvicinamento alla criminalità organizzata.

Le due ragioni dell’illegittimità costituzionale secondo la Corte

La Corte costituzionale ha basato la propria pronuncia su due argomenti centrali:

  1. Funzione strumentale della sospensione: la normativa prevede la sospensione per consentire all’impresa, sotto la vigilanza del tribunale e del controllore nominato, di operare legalmente durante il controllo giudiziario. Questo periodo serve a valutare concretamente il superamento dell’infiltrazione mafiosa.

  2. Irreparabilità degli effetti del riattivarsi dell’interdittiva: anche in caso di successiva emissione di informazione liberatoria da parte del prefetto, le conseguenze economiche e reputazionali dell’interdittiva reattivata nel frattempo non sono eliminabili. Si tratta di un pregiudizio che colpisce l’attività economica e può rendere vano l’intero percorso di risanamento.

Un sistema contraddittorio e irragionevole

La Consulta ha ritenuto contraddittoria la disciplina vigente per tre ragioni:

  1. La misura del controllo giudiziario è concepita come strumento di reinserimento dell’impresa nel circuito economico legale;

  2. Il percorso è oneroso per l’imprenditore e per la giustizia, e può durare fino a tre anni;

  3. Tuttavia, anche in caso di esito positivo, il legislatore non impedisce il riattivarsi automatico dell’interdittiva fino alla decisione del prefetto, annullando potenzialmente gli effetti del controllo.

Tale assetto, secondo la Corte, può generare un danno irreversibile, sia sul piano economico, sia sul versante della legalità sostanziale.

Proroga della sospensione fino alla decisione del prefetto

Con la sentenza n. 109/2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità parziale dell’art. 34-bis, comma 7, del codice antimafia, e ha esteso la sospensione degli effetti dell’informazione antimafia anche oltre la durata del controllo giudiziario, fino alla rivalutazione prefettizia prevista dall’art. 91, comma 5, del medesimo codice.

In tal modo, si garantisce la continuità della tutela e si valorizzano i risultati conseguiti con il percorso di monitoraggio giudiziario, impedendo che il ritorno automatico dell’interdizione frustri l’obiettivo del risanamento.

contributi nocivi

Pensioni: inammissibili le questioni sui contributi nocivi dei dipendenti pubblici La Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità sul mancato riconoscimento della neutralizzazione dei contributi “nocivi” nelle pensioni dei dipendenti pubblici

Inammissibili le qlc sui contributi nocivi nel lavoro pubblico

Contributi nocivi: con la sentenza n. 110/2025, la Corte costituzionale ha dichiarato inammissibili le questioni di legittimità costituzionale sollevate in relazione all’art. 3, primo comma, della legge 30 dicembre 1965, n. 965 e all’art. 43, primo comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092. Le disposizioni in esame regolano rispettivamente la liquidazione delle pensioni per i dipendenti civili dello Stato e per i dipendenti degli enti locali.

Le disposizioni oggetto di censura costituzionale

Le norme impugnate non prevedono, nel settore del pubblico impiego, la possibilità di applicare il meccanismo della neutralizzazione dei periodi contributivi. Tale istituto, in ambito previdenziale, consente di escludere dal calcolo pensionistico quei periodi che, pur oltrepassando il minimo contributivo richiesto, determinano un peggioramento della quota retributiva del trattamento pensionistico, per effetto di una retribuzione finale inferiore rispetto a quella percepita precedentemente.

La Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Toscana, aveva sollevato questione di legittimità costituzionale denunciando il contrasto con gli articoli 1, comma 1, 3, comma 1, 35, comma 1, 36, 38, comma 2, e 98, comma 1, della Costituzione.

Il cumulo gratuito come causa di inammissibilità

La Corte costituzionale non ha esaminato nel merito le questioni proposte in quanto il trattamento pensionistico oggetto del giudizio era stato liquidato mediante il meccanismo del “cumulo gratuito”. Introdotto dall’art. 1, commi da 239 a 248, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, questo strumento consente di unificare contributi versati in diverse gestioni previdenziali, anche se ciascuna da sola non dà diritto autonomo a pensione.

Nel caso di specie, il giudice a quo non ha preso in considerazione – né tantomeno censurato – la normativa sul cumulo gratuito, in particolare la previsione che impone l’utilizzo integrale di tutti i periodi assicurativi accreditati presso le diverse gestioni. Tale disposizione costituisce, secondo la Consulta, un autonomo ostacolo normativo alla possibilità di applicare il principio di neutralizzazione.

La motivazione dell’inammissibilità

L’omessa valutazione della disciplina vigente in materia di cumulo gratuito ha comportato, secondo la Corte, una ricostruzione incompleta del quadro normativo rilevante ai fini del giudizio. Tale incompletezza, come chiarito da costante giurisprudenza costituzionale, è causa di inammissibilità delle questioni di legittimità sollevate.

interessi moratori

Interessi moratori avvocati: da quando decorrono La Cassazione chiarisce che gli interessi moratori per i crediti professionali degli avvocati decorrono dalla messa in mora, anche stragiudiziale, e non dalla liquidazione del credito

Decorrenza interessi moratori nei crediti professionali

Con l’ordinanza n. 19421/2025, la Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di crediti professionali maturati dagli avvocati: gli interessi moratori, ai sensi dell’art. 1224 del codice civile, decorrono dalla messa in mora del debitore, che può coincidere sia con la proposizione della domanda giudiziale sia con una richiesta stragiudiziale di adempimento.

Tale principio si applica anche qualora la liquidazione del compenso professionale avvenga nell’ambito del procedimento di cui all’art. 14 del d.lgs. n. 150/2011.

Il caso esaminato dalla Suprema Corte

Nel caso esaminato, due avvocati avevano prestato assistenza legale a favore di una società, successivamente condannata dal Tribunale di Bergamo – in contumacia – al pagamento della somma di € 10.248,99, oltre interessi legali dalla data della domanda e spese processuali.

I professionisti hanno impugnato la decisione, contestando l’erronea applicazione degli interessi legali in luogo di quelli moratori, e la decorrenza di tali interessi dalla domanda giudiziale, anziché dalla messa in mora avvenuta mediante più atti stragiudiziali.

Applicabilità del d.lgs. 231/2002 ai compensi forensi

La Corte, accogliendo il ricorso dei legali sul punto, ha affermato che la disciplina prevista dal d.lgs. n. 231/2002 in tema di ritardi nei pagamenti nelle transazioni commerciali si applica anche ai contratti d’opera professionale. Tuttavia, per il riconoscimento degli interessi moratori è necessario che il ritardo non sia giustificato da una causa non imputabile al debitore, come previsto dall’art. 3 dello stesso decreto.

Ne deriva che la liquidazione del credito da parte del giudice non incide sulla decorrenza della mora, né può escluderla in caso di liquidazione in misura inferiore a quanto richiesto. Pertanto, gli interessi moratori decorrono dalla domanda, anche se la somma riconosciuta è diversa da quella originariamente domandata, purché sussista una condotta dilatoria ingiustificata.

La necessità dell’atto di costituzione in mora

La Corte ha invece rigettato la doglianza relativa alla mancata rivalutazione del credito. Le ricorrenti sostenevano che, in assenza di contestazioni sulla parcella, gli interessi e la rivalutazione monetaria dovessero maturare automaticamente dalla scadenza del pagamento.

Secondo la Cassazione, la mora non sorge automaticamente, nemmeno in presenza di crediti illiquidi. È necessario un atto formale di costituzione in mora, i cui effetti si producono solo per la parte di credito riconosciuta o accertata. Il principio romanistico in illiquidis non fit mora è superato solo quando il debitore, pur in presenza di un credito non determinato nel quantum, sia in grado di compierne una stima.

Condotta colpevole e interessi moratori

La Corte richiama il proprio orientamento consolidato (Cass. n. 24973/2022), secondo cui la mora del debitore può configurarsi anche in presenza di un credito illiquido, qualora il debitore abbia la possibilità di stimarne l’entità sulla base di tariffe professionali e attività chiaramente documentate.

Pertanto, l’ingiustificata contestazione del credito o una condotta dilatoria possono integrare una colpa rilevante ai fini dell’applicazione degli interessi moratori. In questi casi, gli interessi decorrono dalla domanda giudiziale, ma limitatamente alla parte del credito non contestata o accertata con sentenza.

Conclusioni operative per gli avvocati

L’ordinanza n. 19421/2024 conferma che, per ottenere gli interessi moratori nei crediti professionali, è indispensabile procedere alla costituzione in mora del debitore, anche a mezzo di diffida stragiudiziale. La liquidazione giudiziale non esclude la mora, che si radica nella condotta colpevole del debitore.

È pertanto opportuno, nella gestione dei crediti professionali, formalizzare tempestivamente la richiesta di pagamento tramite diffide scritte, in modo da far decorrere gli interessi ai sensi del d.lgs. n. 231/2002, anche prima dell’introduzione del giudizio.

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Bullismo e cyberbullismo: cosa prevede il decreto attuativo Bullismo e cyberbullismo: in vigore dal 16 luglio 2025 il decreto legislativo che rafforza la prevenzione e il contrasto in attuazione della legge n. 70/2024

Bullismo e cyberbullismo: il decreto in vigore

Il decreto legislativo n. 99/2025, approvato dal Consiglio dei Ministri è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’1 luglio 2025 per entrare in vigore il 16 luglio 2025.

Il testo recante”Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto del bullismo e del cyberbullismo“, mira a rafforzare la prevenzione e il contrasto a entrambi i fenomeni, in attuazione della legge n. 70/2024, con cui si pone quindi in linea di continuità.

Bullismo e cyberbullismo: emergenza infanzia

Il nuovo decreto potenzia il servizio telefonico “emergenza infanzia 114”, estendendone l’operatività anche a questi fenomeni per tutelare i minori. Il 114, attivo 24 ore al giorno 7 giorni su 7, offrirà una prima assistenza psicologica e giuridica, oltreché una consulenza psicopedagogica e segnalerà i casi gravi alle autorità. L’app del 114 includerà anche la geolocalizzazione (previa acquisizione del consenso) e un servizio di messaggistica istantanea. Il tutto ovviamente nel rispetto della privacy. I dati anonimi sui fenomeni del bullismo e del cyberbullismo nelle scuole, raccolti dal 114, saranno trasmessi annualmente al Ministero dell’Istruzione e del Merito per programmare azioni di sensibilizzazione. Il sito web del 114 garantirà inoltre un’ ampia accessibilità ai servizi.

Indagini statistiche su bullismo e cyberbullismo

L’ISTAT condurrà rilevazioni biennali su questi fenomeni giovanili la fine di identificarne le caratteristiche, i soggetti a rischio, i fattori e le conseguenze psicologiche che producono. La Presidenza del Consiglio dei Ministri invierà alle Camere un rapporto di sintesi con i risultati ISTAT e lo stato di attuazione delle misure nelle scuole secondarie.

Più responsabilità genitoriale

Il decreto aggiorna inoltre le comunicazioni dei fornitori di servizi online, richiamando però sul punto anche la responsabilità genitoriale prevista dall’ articolo 2048 del codice civile per i danni causati dai figli minori nel mondo online.

Campagne su uso responsabile della rete

La Presidenza del Consiglio promuoverà campagne informative sull’uso consapevole della rete e sui suoi rischi. Il Ministero dell’Istruzione e le scuole promuoveranno infine la conoscenza del numero 114, strumento fondamentale per esternare il disagio e chiedere aiuto.

 

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