cittadinanza italiana

Cittadinanza italiana: cosa prevede la nuova legge Cittadinanza italiana: in vigore la legge di conversione del decreto che valorizza il principio del legame affettivo e limita l’acquisto automatico per due generazioni

Cittadinanza italiana: legge in vigore

E’ in vigore dal 24 maggio 2025, la legge n. 74/2025 di conversione del decreto legge n. 36/2025 approvato definitivamente dalla Camera nei giorni scorsi, che introduce alcune e importanti modifiche in materia di cittadinanza, restringendo i criteri di acquisizione.

Scarica il testo coordinato del dl n. 36/2025 con la legge di conversione n. 74/2025

Rafforzato il principio del legame affettivo

L’obiettivo principale della nuova legge è la regolamentazione della trasmissione automatica della cittadinanza iure sanguinis, rafforzando il principio di un legame effettivo con l’Italia per i discendenti di cittadini italiani nati all’estero.

Tale misura mira ad allineare la normativa italiana con quella di altri Paesi europei. Essa inoltre vuole garantire che la libera circolazione nell’Unione Europea sia riservata a chi mantiene un effettivo rapporto con la nazione di origine.

Le nuove regole

Queste le nuove regole in materia di acquisto della cittadinanza:

I nati all’estero con doppia cittadinanza non acquisiscono automaticamente quella italiana. Questo vale anche per chi è nato all’estero prima dell’entrata in vigore della disposizione.

Tuttavia, ci sono delle eccezioni per cui si applica la normativa precedente:

  • se lo stato di cittadino italiano è stato riconosciuto o se è stata ricevuta comunicazione di appuntamento per la domanda entro il 27 marzo 2025;
  • se lo stato di cittadino è stato accertato giudizialmente tramite una domanda presentata entro il 27 marzo 2025;
  • se uno dei genitori o dei nonni possedeva solo la cittadinanza italiana;
  • se uno dei genitori o degli adottanti ha risieduto legalmente e continuativamente in Italia per almeno due anni dopo aver acquisito la cittadinanza italiana e prima della nascita o adozione del figlio.

Dichiarazione volontà

Nuove modalità di acquisizione della cittadinanza italiana “per beneficio di legge” (e non per nascita). Un minore straniero o apolide, discendente da genitori cittadini italiani per nascita, può ottenere la cittadinanza italiana se i genitori o il tutore ne dichiarano la volontà.

Questa dichiarazione richiede però:

  • la successiva residenza legale e continuativa del minore in Italia per almeno due anni;
  • in alternativa, la dichiarazione di volontà deve essere presentata entro un anno dalla nascita o dal riconoscimento/adozione da parte di un cittadino italiano.

Se il minore acquisisce la cittadinanza italiana in questo modo e possiede un’altra cittadinanza, ha la facoltà di rinunciare a quella italiana al raggiungimento della maggiore età.

Infine il figlio minore di un genitore che acquista la cittadinanza può a sua volta acquisirla, ma solo se risiede legalmente in Italia da almeno due anni continuativi alla data in cui il genitore acquisisce la cittadinanza (o dalla nascita, se il minore ha meno di due anni).

Controversie in materia di cittadinanza e apolidi

La legge introduce infine nuove disposizioni per la gestione delle controversie sulla cittadinanza e lo stato di apolidia.

  • Nelle dispute legali per l’accertamento della cittadinanza italiana, non sono ammesse prove tramite giuramento o testimonianza, a meno che la legge non preveda espressamente il contrario. L’onere di dimostrare che non ci sono motivi per il mancato acquisto o la perdita della cittadinanza ricade su chi chiede l’accertamento.

Casi particolari

Gli stranieri residenti all’estero, discendenti da cittadini italiani e provenienti da Stati con una storica emigrazione italiana possono entrare e soggiornare in Italia per motivi di lavoro subordinato senza rientrare nelle quote massime previste dal decreto flussi. Un futuro decreto interministeriale definirà quali sono questi Stati.

Ridotto da tre a due anni il periodo di residenza legale in Italia richiesto per la concessione della cittadinanza a uno straniero il cui genitore o nonno sia (o sia stato) cittadino italiano per nascita.

Opportunità di riacquisto della cittadinanza italiana per coloro che sono nati in Italia o vi hanno risieduto per almeno due anni continuativi, e che l’hanno persa in base a specifiche disposizioni della legge n. 555 del 1912. Per riacquisirla, dovranno presentare una dichiarazione in tal senso tra il 1° luglio 2025 e il 31 dicembre 2027.

 

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immigrazione irregolare

Immigrazione irregolare: le nuove misure di contrasto Immigrazione irregolare: in vigore dal 24 maggio la legge n. 75/2025 che ha convertito il decreto n. 37/2025 su rimpatri e trasferimenti in Albania

Immigrazione irregolare: legge in Gazzetta

La legge n. 75/2025 che ha convertito il decreto legge n. 37/2025 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale Serie Generale n. 118/2025 ed è in vigore dal 24 maggio 2025. La legge contiene “disposizioni urgenti per il contrasto dell’immigrazione irregolare”.

Il voto definitivo al provvedimento, soprannominato anche “Decreto Albania” è arrivato il 20 maggio 2025 grazie ai 99 voti a favore, 56 contrati e 1 sola astensione.

Scarica il testo coordinato del dl 37/2025 con la legge di conversione n. 75/2025

Immigrazione irregolare: rimpatri rafforzati

Uno dei punti centrali del provvedimento è l’ottimizzazione dell’uso delle strutture realizzate in Albania in virtù del Protocollo Italia-Albania del 6 novembre 2023.

Ora anche i destinatari di provvedimenti di trattenimento convalidati o prorogati possono accedere al centro di rimpatrio situato a Gjadër.

Se la convalida di un trattenimento è negata, è possibile disporre un nuovo trattenimento entro 48 ore se si accerta che la domanda d’asilo è stata presentata solo per ritardare la procedura. Lo straniero può rimanere nel centro fino alla decisione del giudice sulla convalida del nuovo provvedimento.

La procedura accelerata per l’esame delle domande di protezione internazionale è ora applicabile anche alle richieste presentate direttamente alle frontiere o nelle zone di transito (articolo 28-bis del D.lgs. n. 25/2008).

Nel 2025, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti è autorizzato a cedere gratuitamente all’Albania due motovedette classe 400 Cavallari della Guardia Costiera.

Potenziamento tecnico logistico centri permanenza

La possibilità di derogare a diverse disposizioni di legge (escluse quelle penali, antimafia e del diritto UE inderogabile) per la localizzazione, realizzazione, ampliamento o ripristino dei Centri di Permanenza per i Rimpatri (CPR) è stata prorogata fino al 31 dicembre 2026, per accelerare il potenziamento infrastrutturale legato all’emergenza migratoria.

Relazione annuale Paesi Sicuri

Si ricorda che nella giornata del 28 marzo 2025 il Governo ha approvato la relazione annuale sui Paesi di origine sicuri. Il documento ha aggiornato le “schede Paese” basandosi su fonti autorevoli come l’EUAA, l’UNHCR e il Consiglio d’Europa.

Per il 2025 confermato l’elenco dei Paesi già indicati nel decreto-legge del 23 ottobre 2024, tra cui Albania, Egitto, Marocco e Tunisia.

L’elenco consente di applicare procedure accelerate per le domande di protezione internazionale dei cittadini di questi Paesi.

 

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assegno di incollocabilità

Assegno di incollocabilità Guida all'assegno di incollocabilità erogato dall'Inail il cui importo è stato rivalutato dal ministero del Lavoro dal 1° luglio 2025

Cos’è l’assegno di incollocabilità

L’assegno di incollocabilità è una prestazione economica erogata dall’Inail, agli invalidi per infortunio o malattia professionale, che si trovano nell’impossibilità di essere collocati in qualsiasi settore lavorativo, riconosciuta dagli Organismi competenti.

Requisiti richiesti

Per ottenere l’assegno l’invalido deve avere:

  • età non superiore ai 65 anni;
  • grado di inabilità non inferiore al 34%, riconosciuto dall’Inail secondo le tabelle allegate al Testo Unico (D.p.r. 1124/1965) per infortuni sul lavoro verificatesi o malattie professionali denunciate fino al 31 dicembre 2006;
  • grado di menomazione dell’integrità psicofisica/danno biologico superiore al 20%, riconosciuto secondo le tabelle di cui al d.m. 12 luglio 2000 per gli infortuni verificatisi e per le malattie professionali denunciate a decorrere dal 1° gennaio 2007.

Come fare domanda

Per avere diritto all’assegno, il lavoratore deve fare domanda alla sede Inail d’appartenenza.

La domanda deve comprendere, oltre ai dati anagrafici, la descrizione dell’invalidità (lavorativa ed extralavorativa, se esistente) e la fotocopia del documento di identità.

In caso di invalidità extralavorativa, dovrà essere presentata la relativa certificazione.

Il titolare della rendita inoltra la richiesta alla Sede competente in base al suo domicilio o tramite:

  • sportello della Sede competente;
  • posta ordinaria;
  • Pec (posta elettronica certificata).

Il lavoratore può farsi assistere anche da un patronato.

Erogazione dell’assegno

L’importo dell’assegno (esente da Irpef e soggetto a rivalutazione annuale) viene pagato mensilmente unitamente alla rendita, a partire dal mese successivo alla presentazione della richiesta all’INAIL, tramite accredito su conto corrente o libretto bancario o postale, ovvero su carta prepagata dotata di codice Iban, o, ancora tramite istituti di credito convenzionati con l’INPS e per importi non superiori a 1.000 euro, con pagamenti i contanti presso gli sportelli.

Importo assegno incollocabilità

A partire dal 1° luglio 2025, l’importo mensile dell’assegno di incollocabilità, prima pari a 305,78 euro è stato rivalutato nella misura di 308,23 euro.

E’ stato il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, con il decreto ministeriale n. 52/2025, a comunicare il nuovo importo erogato da luglio, rivalutato sulla base della variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, intervenuta tra il 2023 e il 2024, registrata dall’ISTAT e pari allo 0,8%.

Tutte le indicazioni sono contenute nella circolare  INAIL n. 30/2025 e nel decreto del ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali n. 52/2025, allegato alla circolare.

 

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caso fortuito e forza maggiore

Caso fortuito e forza maggiore Caso fortuito e forza maggiore: definizione, differenze e implicazioni giuridiche

Caso fortuito e forza maggiore

Nel linguaggio giuridico, i termini caso fortuito e forza maggiore sono spesso utilizzati in maniera intercambiabile, ma presentano distinzione concettuali e applicative rilevanti, soprattutto in ambito contrattuale e risarcitorio. Entrambi infatti pur rappresentando cause esimenti della responsabilità civile, si fondano su presupposti differenti.

Cosa si intende per caso fortuito

Il caso fortuito è un evento imprevedibile e inevitabile che si verifica per fattori interni o esterni al soggetto agente, e che interrompe il nesso causale tra un comportamento e il danno che ne deriva. Può consistere in:

  • un errore umano involontario ma non imputabile a negligenza;
  • un comportamento di terzi non controllabile;
  • una condotta anomala e imprevedibile della vittima;
  • eventi naturali improvvisi non preventivabili.

In generale, il caso fortuito si manifesta come un fattore causale estraneo alla volontà del soggetto, che non poteva essere né previsto né evitato con la normale diligenza.

Cosa si intende per forza maggiore

La forza maggiore, invece, è un evento straordinario, esterno e irresistibile, derivante da cause naturali o atti dell’autorità, che impedisce oggettivamente l’adempimento di un obbligo giuridico. Esempi tipici di forza maggiore includono:

  • le catastrofi naturali (terremoti, alluvioni, uragani);
  • i conflitti armati, sommosse, atti terroristici;
  • i provvedimenti autoritativi, come lockdown o chiusure forzate;
  • le epidemie e le pandemie (es. Covid-19).

La caratteristica essenziale della forza maggiore è che l’evento è esterno al soggetto e di tale entità da rendere impossibile l’adempimento, anche con la massima diligenza.

Differenze tra caso fortuito e forza maggiore

Riepilogando quindi, a parte la comune funzione di causa di esclusione della responsabilità, le due figure presentano differenze tecniche e giurisprudenziali:

Caso fortuito

Forza maggiore

Evento anche interno (es. errore umano, fatto del terzo)

Evento esclusivamente esterno

Può derivare da comportamenti non imputabili, ma non necessariamente straordinari

Deve essere un evento eccezionale e irresistibile

Rileva anche in ambito extracontrattuale (es. responsabilità da cose in custodia)

Rileva soprattutto in ambito contrattuale (es. inadempimento)

Focus sull’imprevedibilità e sull’interruzione del nesso causale

Focus sull’impossibilità oggettiva della prestazione

Dal punto di vista pratico, la giurisprudenza tende a valutarli congiuntamente come eventi che rendono l’inadempimento non imputabile, purché provati con rigore.

Rilevanza giuridica di caso fortuito e forza maggiore

Le due figure giuridiche assumono rilievo:

  • Nella responsabilità contrattuale, ai sensi dell’art. 1218 c.c., quale causa di esclusione dell’inadempimento imputabile;
  • Nella responsabilità extracontrattuale, ex art. 2043 c.c., e in ambiti specifici come la responsabilità per cose in custodia (art. 2051 c.c.);
  • Nel diritto del lavoro e negli appalti, per giustificare ritardi o sospensioni;
  • Nelle clausole contrattuali (force majeure clause), frequentemente inserite per disciplinare gli effetti di eventi eccezionali.

Prova del caso fortuito e della forza maggiore

La prova di queste esimenti è a carico del soggetto che le invoca , il quale deve dimostrare:

  • l’effettiva sussistenza dell’evento imprevedibile e inevitabile;
  • l’impossibilità oggettiva o l’interruzione del nesso causale;
  • l’adozione di tutte le misure idonee a evitare o limitare le conseguenze.

Nel caso della forza maggiore, è particolarmente rilevante la documentazione ufficiale (ordinanze, decreti, bollettini meteo, ecc.) che attesti l’evento straordinario.

Clausole contrattuali e pandemia

La recente esperienza della pandemia da Covid-19 ha posto al centro dell’attenzione il concetto di forza maggiore contrattuale, spesso invocata per giustificare la mancata esecuzione di obblighi pattuiti. Tuttavia, in assenza di una clausola espressa, l’applicazione delle esimenti si basa su una rigorosa valutazione casistica, e non è automatica.

Leggi anche: Caso fortuito e condotta del terzo o del danneggiato

divieto di costruire

Legittimo il divieto di costruire a 150 m dalla battigia La Corte costituzionale conferma la legittimità del divieto di costruire entro 150 metri dalla battigia anche per i privati, rigettando le questioni di incostituzionalità sollevate

Divieto di costruire a 150 metri dalla battigia

Divieto di costruire: con la sentenza n. 72 del 2025, la Corte costituzionale ha rigettato le questioni di legittimità costituzionale sollevate dal Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana (CGARS) in merito all’art. 2, comma 3, della legge regionale siciliana n. 15/1991. Tale norma conferma che il divieto di edificazione entro 150 metri dalla battigia – introdotto dalla l.r. n. 78/1976 – si applica immediatamente anche ai soggetti privati, senza necessità di recepimento nei piani urbanistici comunali.

Edilizia e vincoli costieri

Al centro della pronuncia vi erano ricorsi relativi al diniego di condoni edilizi per opere abusive realizzate entro la fascia di rispetto costiero tra il 31 dicembre 1976 e il 1° ottobre 1983, periodo precedente alla scadenza prevista per accedere al condono edilizio introdotto dalla l.r. n. 37/1985.

La Consulta ha ritenuto che la legge del 1991 operi come interpretazione autentica della norma del 1976, precisando un significato già implicito, ovvero che il vincolo costiero era operativo sin dall’origine anche nei confronti dei privati, non solo come parametro urbanistico.

Nessun legittimo affidamento sul condono edilizio

Rispondendo ai rilievi del CGARS, la Corte ha inoltre escluso che i proprietari di immobili abusivi potessero vantare un affidamento legittimo sulla possibilità di sanatoria, in quanto le norme regionali succedutesi tra il 1976 e il 1985 non supportavano alcuna certezza normativa in tal senso. La normativa sul condono non legittimava infatti aspettative contrarie al divieto costiero già vigente.

crudeltà

Le lesioni inflitte con crudeltà sono procedibili d’ufficio Per la Cassazione, le lesioni inflitte con crudeltà non si estinguono per remissione di querela, in quanto procedibili d’ufficio

Aggravante della crudeltà

Il reato di lesioni commesso con crudeltà (nella specie sigaretta spenta sul braccio della vittima) non si estingue per effetto della remissione di querela, in quanto procedibile d’ufficio. Lo rammenta la quinta sezione penale della Cassazione, nella sentenza n. 19050/2025, dando ragione al procuratore che aveva impugnato la sentenza di non luogo a procedere nei confronti di un imputato.

La vicenda

Nella vicenda, il tribunale di Castrovillari dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato in ordine al delitto di lesioni personali aggravate dalla crudeltà, di cui agli art. 582, 585, 57 e 61 n. 4, cod. pen. per essere lo stesso estinto per remissione tacita di querela.

Proponeva ricorso per cassazione li Procuratore generale della Repubblica presso la Corte di appello di Catanzaro, deducendo che li reato di lesioni personali come contestato, ossia, aggravato ai sensi dell’art. 61 n. 4 cod. pen. per essere stato il fatto commesso con l’uso della crudeltà, è procedibile d’ufficio, di modo che il giudice censurato avrebbe errato nell’averlo dichiarato estinto per remissione di querela. Peraltro, la circostanza aggravante contestata sarebbe in astratto configurabile, avuto riguardo alle modalità della condotta dell’imputato, che spegnendo una sigaretta sull’avambraccio sinistro della parte offesa, le aveva inflitto sofferenze aggiuntive rispetto a quelle necessariamente discendenti dalla realizzazione del reato.

La decisione

Per gli Ermellini, il ricorso è fondato.

“La lettura dell’imputazione – affermano i giudici preliminarmente – riportata nell’incipit della sentenza impugnata dà conto di come oggetto dell’addebito mosso a siano le lesioni personali di cui agli artt. 582 e 585 cod. pen. in relazione all’art, 577 e 61 n. 4 cod. pen., aggravate dall’«avere agito con crudeltà verso la persona offesa»”.

Il testo della disposizione di cui all’art. 582, comma 2, cod. pen., in tema di lesioni personali, ordinariamente perseguibili a querela di parte, ricordano dal Palazzaccio, stabilisce che «Si procede tuttavia d’ufficio se ricorre taluna delle circostanze aggravanti previste negli articoli 583, 583-quater, secondo comma, primo periodo, e 585, ad eccezione di quelle indicate nel primo comma, numero 1), e nel secondo comma dell’articolo 577».

Nel caso al vaglio, “il reato contestato all’imputato non poteva essere dichiarato estinto per remissione di querela: l’elemento accessorio della crudeltà non rientra, infatti, nel novero delle eccezioni alla procedibilità d’ufficio delle lesioni personali pur aggravate”. Per cui, la sentenza impugnata va annullata. Parola al giudice del rinvio.

 

Allegati

EDO

EDO: Educazione Digitale per trovare lavoro Al via EDO, il progetto del ministero del Lavoro per rafforzare le competenze digitali e favorire l'occupazione

EDO, il progetto del Ministero del Lavoro

Il Ministero del Lavoro ha ufficialmente lanciato il progetto EDO – Educazione Digitale per l’Occupazione, progetto che punta a formare digitalmente un milione di persone entro la fine dell’anno. L’obiettivo è quello di potenziare le competenze digitali di base e sostenere il reinserimento nel mercato del lavoro.

Formazione gratuita e certificata per il lavoro del futuro

EDO si inserisce nell’ambito del Programma GOL (Garanzia di Occupabilità dei Lavoratori), offrendo un percorso formativo completamente gratuito, accessibile attraverso una piattaforma e-learning intuitiva e inclusiva. Il corso è composto da 56 moduli interattivi, suddivisi in 4 macroaree tematiche che coprono le principali competenze digitali di base richieste nel mondo del lavoro.

I contenuti didattici sono progettati per essere fruibili da tutti, compresi coloro che si trovano in condizione di disoccupazione, inoccupazione o transizione professionale, con particolare attenzione all’accessibilità e all’inclusione digitale.

Obiettivi strategici del progetto EDO

Il progetto EDO mira a rispondere a tre sfide fondamentali per il mercato del lavoro:

  1. Ridurre il divario digitale, ancora marcato in molte fasce della popolazione;

  2. Aumentare l’occupabilità dei cittadini, fornendo strumenti concreti per affrontare le nuove esigenze delle aziende;

  3. Rendere più efficaci le politiche attive del lavoro, attraverso un’offerta formativa moderna, misurabile e integrata con il sistema pubblico.

Attestato ufficiale per arricchire il curriculum

Al termine delle 16 ore di formazione previste, i partecipanti saranno sottoposti a un test finale. Chi supererà la prova riceverà dalla propria Regione di appartenenza un attestato ufficiale, valido per il curriculum e utile nell’ambito di percorsi di inserimento o reinserimento lavorativo.

pensionamento d'ufficio

Pensionamento d’ufficio Pensionamento d'ufficio: guida breve all'istituto riservato ai dipendenti pubblici

Pensionamento d’ufficio: cos’è

Il pensionamento d’ufficio rappresenta una particolare modalità con cui l’amministrazione pubblica colloca un dipendente in quiescenza. Si tratta, in sostanza, di un collocamento a riposo che si verifica al raggiungimento di determinati requisiti anagrafici e contributivi stabiliti dalla legge.Vediamo nel dettaglio come funziona questo istituto, la normativa di riferimento e le implicazioni pratiche per i lavoratori pubblici.

Come funziona il pensionamento d’ufficio

Con il termine pensionamento d’ufficio si intende il collocamento a riposo del dipendente pubblico da parte della Pubblica Amministrazione. Il provvedimento è adottato dall’amministrazione datrice di lavoro, una volta che il dipendente ha maturato determinati requisiti anagrafici e contributivi, previsti dalla normativa vigente.

Riferimenti normativi principali

Le disposizioni fondamentali che regolano questo istituto pensionistico per i dipendenti pubblici sono contenute in:

  • Decreto legge n. 101/2013, convertito in legge n. 125/2013, che contiene le “Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni;
  • Decreto legge n. 90/2014 che contiene Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari;
  • Circolari INPS e direttive della Funzione Pubblica, che forniscono istruzioni operative.

Quando scatta il pensionamento d’ufficio

Il collocamento a riposo d’ufficio può avvenire in due ipotesi:

1. Al compimento dell’età per la pensione di vecchiaia

Attualmente, secondo quanto stabilito dalla legge, il pensionamento d’ufficio può avvenire:

  • Al raggiungimento di 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi (requisiti per la pensione di vecchiaia), in base alla normativa vigente (aggiornata al 2025, con eventuali adeguamenti alla speranza di vita ISTAT).

2. Al compimento dei limiti ordinamentali di età del comparto

In alcuni comparti pubblici, come ad esempio la scuola, le forze armate o la magistratura, sono previsti limiti ordinamentali di età specifici, che possono essere anche inferiori ai 67 anni. In questi casi, il collocamento a riposo scatta automaticamente al raggiungimento del limite previsto dal proprio ordinamento di categoria.

Pensione d’ufficio: serve la domanda del dipendente?

No, il dipendente pubblico non deve presentare alcuna domanda per il pensionamento d’ufficio.

È l’amministrazione che, verificati i requisiti anagrafici e contributivi, emette un provvedimento formale di collocamento a riposo, notificandolo al lavoratore. Tuttavia, è consigliabile che il dipendente verifichi la propria posizione contributiva attraverso il portale INPS o con l’assistenza di un patronato, per evitare eventuali errori o ritardi nell’erogazione del trattamento pensionistico.

Il dipendente può opporsi al pensionamento d’ufficio?

In linea generale, non è previsto un diritto soggettivo alla prosecuzione del servizio oltre i limiti di legge, salvo eccezioni specifiche o deroghe normative. Tuttavia:

  • alcuni ordinamenti prevedono la possibilità di proroga fino a 70 anni per esigenze di servizio o per consentire il raggiungimento dei requisiti pensionistici;
  • il lavoratore può presentare istanza motivata di permanenza in servizio, ma spetta all’amministrazione decidere se accoglierla o meno, sulla base di valutazioni organizzative.

Differenza tra pensionamento d’ufficio e su domanda

Caratteristica

Pensionamento d’ufficio

Pensionamento su domanda

Iniziativa

Della Pubblica Amministrazione

Del dipendente

Requisiti

Età e contribuzione secondo legge

Requisiti previsti (es. anticipata, opzione donna)

Istanza del lavoratore

Non necessaria

Obbligatoria

Possibilità di rifiuto

No (salvo deroghe specifiche)

Il dipendente decide liberamente

Cosa deve fare il lavoratore in vista del pensionamento d’ufficio

Sebbene il pensionamento avvenga senza richiesta, il lavoratore deve:

  • monitorare la propria posizione INPS, per evitare discrepanze nei contributi;
  • verificare la comunicazione dell’amministrazione, che deve avvenire con congruo anticipo;
  • fornire eventuale documentazione integrativa, se richiesta dall’ente per la liquidazione del trattamento.

 

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procedimento disciplinare

Avvocati: ok cancellazione durante il procedimento disciplinare La Consulta dichiara incostituzionale il divieto di cancellazione dall'albo degli avvocati durante il procedimento disciplinare

Cancellazione avvocati procedimento disciplinare

Con la sentenza n. 70 del 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma contenuta nella legge professionale forense che vieta all’avvocato sottoposto a procedimento disciplinare di richiedere la cancellazione dall’albo professionale.

Libertà professionale e autodeterminazione

La questione è sorta nell’ambito di un giudizio dinanzi alle Sezioni unite della Cassazione, relativo al rigetto da parte del Consiglio dell’Ordine dell’istanza di cancellazione presentata da un avvocato affetto da gravi patologie, per via della pendenza di più procedimenti disciplinari a suo carico.

La Corte ha chiarito che il divieto di cancellazione, pur finalizzato a impedire che la rinuncia all’iscrizione possa neutralizzare l’efficacia dell’azione disciplinare, comprime in modo eccessivo diritti costituzionali fondamentali:

  • la libertà di autodeterminazione (art. 2 Cost.),

  • il diritto al lavoro e alla sua cessazione o trasformazione (art. 4 Cost.),

  • e il principio di proporzionalità (art. 3 Cost.).

In particolare, la norma ostacola la possibilità di accedere a prestazioni previdenziali o assistenziali che richiedono la cancellazione, e limita la libertà di avviare una diversa attività lavorativa non compatibile con la permanenza nell’albo.

Nessuna giustificazione per la compressione dei diritti

La Consulta ha ritenuto che, pur essendo legittimo l’obiettivo di garantire l’azione disciplinare, questo può essere perseguito attraverso strumenti meno invasivi. L’attuale disposizione non è la misura meno restrittiva dei diritti fondamentali e, pertanto, viola il principio di ragionevolezza e proporzionalità.

Effetti della pronuncia e ruolo del legislatore

La sentenza chiarisce che, in assenza di una disciplina sostitutiva, la cancellazione volontaria in pendenza di procedimento determina l’estinzione dello stesso. Tuttavia, l’azione disciplinare potrà essere riattivata in caso di richiesta di reiscrizione, purché non prescritta.

La Corte invita infine il legislatore a intervenire con una nuova norma che, pur salvaguardando l’efficacia dell’azione disciplinare, rispetti i diritti fondamentali dell’avvocato in linea con i parametri costituzionali.

pma e madre intenzionale

PMA e madre intenzionale: ok della Consulta La Corte costituzionale ha dichiarato incostituzionale il divieto per la madre intenzionale di riconoscere il figlio nato in Italia da PMA effettuata all’estero, tutelando l’identità e i diritti del minore

PMA e madre intenzionale

PMA e madre intenzionale: con la sentenza n. 68 del 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 8 della legge n. 40/2004, nella parte in cui non consente alla madre intenzionale – ossia alla donna che ha prestato preventivo consenso alla procreazione medicalmente assistita (PMA) effettuata all’estero insieme alla madre biologica – di essere riconosciuta come genitore del minore nato in Italia.

Tutela interesse del minore e responsabilità genitoriale

Secondo la Corte, il mancato riconoscimento legale della genitorialità della madre intenzionale, nel caso di PMA praticata all’estero nel rispetto delle normative locali, viola diversi principi costituzionali, in particolare:

  • Art. 2 Cost., per la lesione del diritto all’identità personale del minore e alla certezza del proprio stato giuridico sin dalla nascita;

  • Art. 3 Cost., per l’irragionevolezza della discriminazione rispetto ad altri nati da PMA e l’assenza di un controinteresse costituzionalmente rilevante;

  • Art. 30 Cost., per la lesione dei diritti del figlio ad essere riconosciuto e tutelato nei confronti di entrambi i genitori che hanno condiviso il progetto genitoriale.

La Consulta ha chiarito che la questione non attiene alle condizioni di accesso alla PMA in Italia, ma alla conseguenza giuridica derivante dal consenso consapevole prestato dalla coppia al ricorso a tecniche riproduttive fuori dal territorio nazionale.

L’interesse del minore come criterio guida

La Corte ha fondato la propria pronuncia su due capisaldi:

  1. L’impegno genitoriale condiviso che deriva dalla scelta comune di ricorrere alla PMA;

  2. La centralità dell’interesse del minore a veder riconosciuti i propri diritti nei confronti di entrambi i genitori, inclusa la madre intenzionale, a partire dalla nascita.

La negazione di tale riconoscimento, ha aggiunto la Corte, compromette il pieno esercizio del diritto del minore a essere educato, istruito e assistito moralmente da entrambi i genitori e a mantenere rapporti significativi anche con gli altri componenti delle rispettive famiglie d’origine.