avvocati condotta irreprensibile

Avvocati: come valutare la condotta irreprensibile Le Sezioni Unite della Cassazione si esprimono sulla valutazione del requisito della condotta irreprensibile dell'avvocato

Condotta irreprensibile avvocato

La valutazione del requisito della condotta irreprensibile del dottore, che fa istanza per iscriversi all’albo dei praticanti, deve essere compiuta senza tenere conto dell’esito dell’eventuale procedimento penale e della qualità di imputato del richiedente. Lo hanno chiarito le sezioni unite civili della Cassazione nella sentenza n. 19726-2024.

Iscrizione registro praticanti

Nella vicenda, un Consiglio dell’ordine degli avvocati competente per territorio respinge la richiesta di iscrizione all’albo dei praticanti avvocati di un dottore perché il  richiedente non soddisfa il requisito della condotta irreprensibile prevista dai canoni del codice deontologico forense, articolo 17, comma uno, lettera H della legge n. 247/2012.

Il dottore ha infatti riportato una condanna per il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni con violenza sulle cose, è sottoposto a procedimento per il reato di ricettazione e nei suoi confronti sono in corso procedimenti penali per guida in stato di ebrezza e calunnia.

Non basta valutare le condotte penalmente rilevanti

Il dottore ricorre al Consiglio Nazionale Forense (C.N.F) che però rigetta il ricorso. Il COA avrebbe infatti valutato correttamente la presenza di elementi ostativi all’accoglimento della richiesta di iscrizione. Le condotte del dottore non risultano conformi alle regole deontologiche e al diritto in generale. Questo incide negativamente sulla affidabilità soggettiva del richiedente e pone dei dubbi sulla sua capacità di svolgere correttamente la professione.

Nel caso di specie le condotte penalmente rilevanti del dottore non possono condurre a un giudizio positivo in ordine alla sussistenza del requisito della condotta irreprensibile. I comportamenti del dottore tenuti al di fuori dell’attività professionale  e nei confronti dei soggetti terzi risultano lesivi della probità e del decoro della professione perché ne ledono l’immagine  e la dignità, con ripercussioni negative dell’intera classe forense.

Condotte di rilevo penale lontane non rilevano

Detto questo, per il CNF non possono essere considerate ostative all’iscrizione nel registro dei praticanti condotte occasionali o lontane, se non sono in grado di incidere sulla affidabilità attuale del soggetto a svolgere correttamente l’attività professionale.

Le condotte devono incidere negativamente sulla reputazione

Il dottore si rivolge agli Ermellini per la cassazione della pronuncia del CNF ricordando a sua difesa che:

  • il reato per il quale era stato condannato era estinto;
  • la qualità di imputato non consentiva di ritenerlo colpevole;
  • precludergli la formazione necessaria s superare l’esame esami di Stato vanifica i sacrifici fatti e ostacola il suo diritto a un lavoro futuro.

La Cassazione accoglie il motivo sollevato dal dottore perché fondato. Gli Ermellini precisano che “L’essere di condotta irreprensibile secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense costituisce un requisito di chiusura e di completamento: un requisito che, affidato a una formula meno enfatica e solenne, e più circostanziata, rispetto a quella previgente, prende li posto della condotta “specchiatissima ed illibata”, alla quale si riferiva, all’art. 17, la legge professionale forense del 1933.”

La condotta irreprensibile racchiude al suo interno un insieme di requisiti morali a tutela dell’interesse pubblico e dell’affidamento della clientela e della collettività. Essa è determinata dall’assenza di condotte costituenti reato in grado di menomare la reputazione del soggetto e della professione, ma non solo. La condotta irreprensibile non è compromessa solo dalle condotte che costituiscono reato e che sono collegate allo svolgimento della professione, tale requisito riguarda la condotta generale dell’iscritto. Occorre però fare una distinzione tra le condotte che rilevano ai fini della valutazione perché incidono sulla affidabilità del soggetto da quelle che riguardano la sfera privata e la libertà individuale e che quindi non rilevano.

I requisiti necessari ai fini dell’iscrizione devono essere valutati con rigore, tenendo conto del loro grado di incidenza sulla attività professionale. “A tal fine, la valutazione deve ricomprendere la natura e l’occasionalità delle condotte ostative, la distanza nel tempo e, comunque, tutti quegli elementi che consentono di poter valutare l’affidabilità del soggetto all’espletamento della professione o allo svolgimento della pratica professionale.”

L’ordine professionale, nel valutare la condotta irreprensibile, deve accertare se i fatti commessi dal candidato possano dare luogo, all’esito di un procedimento disciplinare, alla sanzione della interdizione. A tale fine rileva la gravità delle condotte e la loro capacità di rendere il soggetto inadeguato sotto il profilo della onorabilità nell’esercizio della professione.

Il principio

La rilevanza penale di una condotta quindi è in grado di incidere sulla valutazione della condotta irreprensibile?

Per la Cassazione la condizione di imputato del richiedente non rileva in via esclusiva, il CNF infatti “avrebbe dovuto considerare se le condotte, non prossime nel tempo e per le quali l’imputato si era dichiarato innocente, fossero state accertate anche dal giudice penale, ancorché con sentenza non ancora divenuta irrevocabile, e, in caso positivo, valutare se esse, per il loro concreto disvalore secondo i canoni previsti dal codice deontologico forense, fossero tali da incidere, anche considerando l’epoca della loro commissione, sulla reputazione e sull’immagine dell’aspirante a svolgere il ruolo attribuito dall’ordinamento al professionista forense”. 

 

Vai agli articoli della categoria Professioni

Allegati

Portale delle vendite pubbliche: accesso tramite Spid Dal 7 luglio il Portale delle vendite pubbliche ha una versione aggiornata che permette l'accesso anche tramite Spid

Nuovo Portale delle vendite pubbliche

Dal 7 luglio il nuovo Portale delle Vendite Pubbliche è attivo in una versione aggiornata che consente l’accesso anche tramite Spid. Lo comunica il ministero della Giustizia, con una nota del Dgsia diretta al CNF e a tutti i Consigli degli Ordini degli Avvocati.

Si tratta, comunica il dicastero, di un “sostanziale aggiornamento dell’architettura applicativa ed un ampliamento delle possibilità di autenticazione, aggiungendo all’autenticazione tramite CNS quella tramite le modalità SPID e CIE”.

Criticità in fase di risoluzione

Il ministero raccomanda di utilizzare “una sola modalità di autenticazione tra quelle disponibili, evitando di cambiarla nell’ambito della stessa sessione, in quanto è stata riscontrata al riguardo un’instabilità del sistema in corso di risoluzione”. Altra problematica, alla luce dei collaudi effettuati, riguarda alcune tipologie di smart-card tramite CNS che creano delle criticità in fase di autenticazione.

Tuttavia, entrambe sono in corso di analisi e risoluzione.

Segnalazioni eventuali problematiche

Il ministero invita, comunque, a “segnalare prontamente eventuali problematiche di autenticazione con smart-card all’indirizzo email assistenzapvp@reply.it o assistenzatecnicapvp.dgsia@giustizia.it in modo da consentire le opportune attività di risoluzione ed a privilegiare in tali casi l’accesso tramite SPID”.

Allegati

avvocati domande bandi assistenza

Avvocati: al via le domande per i bandi assistenza Cassa Forense ha pubblicato le domande di partecipazione per i bandi assistenza 8, 9, 12, 14 e 15 del 2024

Domande bandi Cassa Forense

Al via le domande per partecipare ai bandi assistenza di Cassa Forense. L’ente previdenziale degli avvocati, infatti, ha pubblicato le domande di partecipazione a diversi bandi indetti per l’anno 2024, sia a sostegno della professione che della famiglia.

Nello specifico, le domande di partecipazione sono aperte a far data dal 16 luglio per i seguenti bandi:

Bando n. 8/2024

per l’assegnazione di contributi ai fini dell’organizzazione degli studi – Persone Fisiche (art. 3 lett. a2 Reg. Assistenza, prestazioni a sostegno della professione), con termine di scadenza per l’invio della domanda al 30/09/2024;

Bando n. 9/2024

per l’assegnazione di contributi ai fini dell’organizzazione degli studi – Persone Giuridiche (art. 3 lett. a2 Reg. Assistenza, prestazioni a sostegno della professione), con termine di scadenza per l’invio della domanda al 30/09/2024;

Bando n. 12/2024

per l’assegnazione di contributi per famiglie numerose (art. 10 lett. d Reg. Assistenza, prestazioni a sostegno della famiglia), con termine di scadenza per l’invio della domanda al 15/10/2024;

Bando n. 14/2024

per l’assegnazione di contributi in favore per favorire l’esercizio della professione da parte di iscritti con disabilità (art. 3 lett. a7 Reg. Assistenza, prestazioni a sostegno della professione), con termine di scadenza per l’invio della domanda al 30/09/2024;

Bando n. 15/2024

per l’assegnazione di contributi per attrezzare una sala video conferenze nello studio legale (art. 3 lett. a2 Reg. Assistenza, prestazioni a sostegno della professione), con termine di scadenza per l’invio della domanda al 30/09/2024.

Come fare domanda

Tali domande potranno essere presentate esclusivamente tramite l’apposita procedura on-line attivata nell’area riservata del sito internet della Cassa.

È possibile consultare il testo integrale dei bandi nell’apposita area dedicata  del sito internet della Cassa.

Leggi anche Cassa Forense: pubblicati 15 bandi assistenziali 2024

sospeso avvocato non paga affitto

Sospeso l’avvocato che non paga l’affitto

Illecito disciplinare avvocato

Va sospeso l’avvocato che non paga l’affitto. Commette, infatti, un illecito disciplinare l’avvocato che non adempie le obbligazioni verso terzi derivanti da un contratto di locazione, causando un debito di oltre 50.000 euro per bollette di utenze e canoni insoluti. Il Consiglio Nazionale Forense (CNF) nella sentenza n. 118/2024 ha ritenuto che tale comportamento violi l’art. 64 del Codice Deontologico Forense. Gli avvocati invero hanno il dovere di adempiere a tutte le loro obbligazioni, anche verso i terzi. La violazione di tale dovere può comportare l’applicazione di sanzioni disciplinari, come la sospensione dall’attività professionale.

Canoni e bollette non pagate: procedimento disciplinare per l’avvocato

Un avvocato viene sottoposto a un procedimento disciplinare a cui consegue la sanzione disciplinare della sospensione dall’attività professionale per 4 mesi. Il legale è stato ritenuto responsabile del mancato pagamento dei canoni di locazione dell’unità immobiliare adibita a studio, delle utenze di acqua e gas e degli oneri condominiali.

Il legale si è reso responsabile anche della violazione degli obblighi di custodia e di manutenzione degli impianti, occupando i locali in violazione della normativa sulla sicurezza, per poi abbandonarli lasciandoli in un grave stato di degrado, inagibilità e inutilizzabilità con conseguenti danni e oneri a carico del locatore.

L’avvocato impugna la decisione del Consiglio Distrettuale di Disciplina davanti al CNF invocando  la propria assenza di responsabilità, eccependo il travisamento dei fatti e il difetto di prova e contestando l’eccessività della sanzione.

L’avvocato che non paga i canoni lede l’immagine della categoria

Per il CNF però il ricorso dell’avvocato è infondato e va rigettato.

L’avvocato ha il dovere di adempiere puntualmente alle proprie obbligazioni, anche nei confronti dei terzi. Tale dovere deriva sia da norme giuridiche che deontologiche. L’articolo 64 del Codice di deontologia forense obbliga l’avvocato ad adempiere le obbligazioni che lo stesso assume in confronti dei terzi. Il mancato adempimento di detti obblighi crea un danno all’affidamento dei terzi nella capacità dell’avvocato di rispettare i propri doveri professionali. Tale condotta inoltre, danneggia l’immagine della professione forense nel suo complesso.

L’illecito risulta ancora più grave perché l’avvocato non ha adempiuto ai propri obblighi contrattuali neanche dopo aver ricevuto protesti, sentenze, atti di precetto e richieste di pignoramento.

Corretta la sanzione applicata, la violazione del solo articolo 64 del codice deontologico prevede infatti la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione da un minimo di 2 a un massimo di 6 mesi. Sulla misura della sanzione hanno inciso la durata a delle condotte, i danni economici arrecati al locatore, i precedenti disciplinari del legale e il discredito che tali condotte hanno arrecato all’immagine della categoria forense nel suo complesso.

Allegati

cassa forense piattaforma avvocati

Cassa Forense: è nata la piattaforma per gli avvocati Nasce da oggi 18 luglio la piattaforma digitale unificata per gli avvocati (PDUA). Militi (Cassa Forense): "Un'idea condivisa da tutte le componenti dell'avvocatura"

PDUA al via

Cassa Forense abilita da oggi la piattaforma per gli avvocati (PDUA). “Dalle ore 13 di oggi tutti i colleghi potranno autenticarsi e accedere a tutti i servizi del pianeta giustizia”, attraverso la nuova Piattaforma digitale unificata degli avvocati, realizzata da Cassa forense”. E’ quanto ha annunciato poco fa il presidente dello stesso Ente di previdenza professionale Valter Militi, alla presenza, tra gli altri, del sottosegretario alla Giustizia Andrea Ostellari e del presidente del Consiglio nazionale forense Francesco Greco, nel corso della presentazione del nuovo servizio gratuito per gli iscritti.
Si tratta, ha proseguito il vertice dell’Istituto pensionistico dei 236.946 legali, di “un’idea condivisa da tutta l’avvocatura. La tecnologia sta cambiando il modo di svolgere la nostra attività professionale”, così, ha incalzato Militi, il ministero di via Arenula “ci ha dato una mano nel realizzare questa infrastruttura digitale”.

Cosa si può fare con PDUA

Con PDUA si può, tra l’altro, si ricorda, “accedere ai dati e ai documenti in qualunque momento e ovunque, da qualsiasi dispositivo, anche smartphone e tablet, fruire di uno spazio personale ‘cloud storage’, dove creare, consultare e scaricare i fascicoli, le anagrafiche dei clienti, delle controparti e dei difensori, effettuare ricerche rapide all’interno del sistema grazie ai filtri di ricerca avanzati”, nonché “gestire il processo civile telematico, consultare i registri di cancelleria e, con il redattore, compilare gli atti ed effettuarne il deposito”. Disponibile anche l’agenda sincronizzata e una vetrina per le software house.

Avvocatura adeguata ai tempi

Per il presidente del CNF, Greco, “l’avvocatura non può restare inerte” dinanzi ai cambiamenti generali, “non può rimanere quella che era negli anni ’80, ’90, ma neppure nel 2012, quando fu approvata la riforma della professione forense – per cui occorre – adeguarsi ai tempi, altrimenti rischiamo di rimanere fuori, rispetto ad una società che si evolve”.

avvocato problemi salute mandato

L’avvocato con problemi di salute deve rinunciare al mandato Per il CNF, l'avvocato che ha problemi di salute deve dismettere il mandato se non può assolvere la professione nel rispetto delle regole

Problemi di salute non scriminano gli illeciti disciplinari

Il CNF nella sentenza n. 127-2024, pubblicata il 15 luglio 2024 sul sito del Codice deontologico, precisa che l’avvocato con problemi di salute deve rinunciare al mandato; non è giustificato e quindi è comunque punibile se ha commesso plurimi illeciti disciplinari connotati da una certa gravità. I problemi personali e familiari possono rilevare al limite solo ai fini del trattamento sanzionatorio. Confermata quindi la sospensione dalla professione per 4 anni.  

Avvocato: sospensione dalla professione per 4 anni

Nella vicenda, un avvocato viene sottoposto a diversi procedimenti disciplinari per vari capi di incolpazione. I procedimenti vengono riuniti e conclusa l’istruttoria dibattimentale l’avvocato viene sanzionato con la sospensione dall’attività professionale per 4 anni  a causa del numero e della gravità delle contestazioni a sua carico, di preesistenti procedimenti disciplinari e di altri ancora aperti.

L’avvocato ricorre al CNF per eccepire la prescrizione di alcuni procedimenti, per chiedere la sospensione in relazione ad alcuni capi di incolpazione, ma soprattutto per chiedere l’assoluzione dagli addebiti che gli sono stati contestati e in subordine la riduzione della sanzione disciplinare applicata.

Problemi di salute e familiari non considerati

Il CNF fissa l’udienza pubblica per la trattazione del ricorso, ma la difesa dell’incolpato presenta istanza di rinvio per legittimo impedimento dell’interessato a causa di un ricovero ospedaliero per un intervento chirurgico.

Avviato e istruito il procedimento il CNF respinge il ricorso dell’avvocato perché infondato. Il ricorrente nel difendere la propria posizione si duole del fatto che non siano state prese in considerazione le sue condizioni di salute (problemi cardiaci) e i suoi problemi familiari (separazione dalla moglie) a giustificazione delle manchevolezze del suo operato professionale.

Problemi di salute e personali non scriminano illeciti gravi

Il CNF però dichiara di condividere il pensiero e le conclusioni del Consiglio territoriale. I problemi di salute e familiari possono infatti incidere, al limite, sul trattamento sanzionatorio da applicare, ma non sulla punibilità dell’illecito disciplinare.

Nel caso specie, inoltre, non si possono trascurare gli innumerevoli capi di incolpazione conseguenti alla contestazione di gravi inadempienze, tra le quali assumono particolare rilievo quelle che si sono tradotte in veri e propri raggiri commessi in danno dei clienti. Le condotte contestate al legale sono risultate sistematiche, ripetute e seriali, frutto di una condotta connotata dalla volontà di raggirare, che reca un danno enorme al prestigio e alla immagine della classe forense nel suo complesso.

Avvocato deve dismettere il mandato

Il CNF ribadisce quindi che i problemi di salute o personali non possono giustificare le condotte dell’avvocato. Quando l’avvocato vive situazioni così gravi da ostacolare lo svolgimento della professione e a compromettere l’adempimento di tutti i doveri che la stessa comporta, il professionista deve dismettere il mandato e rifiutare eventuali nuovi incarichi se riconosce di non poterli adempiere adeguatamente.

Atteggiamento psicologico teso al raggiro e alla menzogna

Nessun problema di salute può giustificare così tanti illeciti come quelli commessi dal ricorrente, che ha dimostrato spregiudicatezza nel mentire e ingannare i clienti con raggiri e informazioni non veritiere sui contenziosi avviati.

Nel rigettare il ricorso il CNF sottolinea infatti l’atteggiamento psicologico del legale caratterizzato dal disprezzo per la sfera giuridica altrui, per il rapporto di colleganza e per la fiducia che i clienti avevano riposto in lui.

Il CNF sottolinea infatti che “Nella presente vicenda, al di là delle contestate fattispecie tipizzate di illecito deontologico, riveste particolare importanza la gravità della violazione ai principi ed alle norme generali di correttezza, lealtà, dignità, probità, decoro oltre che al rapporto fiduciario”. 

Va quindi confermata la sospensione dall’esercizio della professione per la durata di 4 anni a causa della gravità e del numero degli illeciti commessi dall’avvocato ricorrente.

Allegati

esame cassazionisti prove scritte

Esami Cassazionisti: al via le prove scritte Pubblicato il calendario delle prove scritte 2024 per gli esami per l'iscrizione all'albo speciale per il patrocinio davanti alla Cassazione e alle altre giurisdizioni superiori

Esami Cassazionisti prove scritte 2024

Esami Cassazionisti al via le prove scritte 2024. Il Dipartimento per gli Affari di Giustizia, con avviso del 12 luglio 2024 pubblicato sul sito del ministero della Giustizia, ha comunicato il calendario delle prove scritte previste dalla sessione 2024 per l’iscrizione all’albo speciale per il patrocinio davanti alla Corte di Cassazione e alle altre giurisdizioni superiori.

Sede e date degli esami

Le prove si svolgeranno presso la Scuola di Formazione e aggiornamento per il personale del Corpo e dell’Amministrazione penitenziaria “Giovanni Falcone” di Roma – Via di Brava n. 99 nei seguenti giorni:

  • 7 ottobre 2024  – ricorso in materia civile
  • 9 ottobre 2024 – ricorso in materia penale
  • 11 ottobre 2024 – ricorso in materia amministrativa

Le prove avranno inizio alle ore 9.

Altre info

L’avviso ha valore di notifica per tutti i candidati ai quali non sia stata comunicata l’esclusione dall’esame. Per ulteriori dettagli e info, consultare la scheda di sintesi sul sito del ministero.

Leggi anche Esami avvocato

taglio compensi avvocato

Taglio compensi avvocato del 70% per le cause ripetitive Per la Cassazione, nella vigenza del DM 55/2014, il compenso dell'avvocato può anche essere tagliato del 70%, ossia sotto i valori minimi

Taglio compensi avvocato del 70%

Il compenso dell’avvocato  può essere ridotto anche del 70%, ossia sotto i valori minimi, se le cause non sono particolarmente complicate, se sono ripetitive e se hanno esito negativo. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 19025-2024, puntando l’accento sulla discrezionalità del giudice nella determinazione del compenso del legale.

Richiesta pagamento compensi

Un avvocato con ricorso 702 bis c.p.c. chiede la condanna della società che ha assistito in giudizio e che è stata posta in amministrazione e custodia giudiziaria al pagamento dei propri compensi pari a  86.668,00 euro, detratti gli acconti, poiché lo stesso dichiara di aver patrocinato per la S.r.l ben 10 procedimenti giudiziari.

La S.r.l costituitasi in giudizio contesta il compenso richiesto, ma Tribunale accoglie in parte la domanda dell’avvocato, liquidando un importo di 8.558,95 euro a titolo di onorario, oltre accessori.

Il ricorso in Cassazione

L’avvocato insoddisfatto dell’esito del giudizio ricorre in Cassazione sollevando 5 motivi di doglianza:

  • con il primo lamenta la riduzione del compenso nella misura del 70% in relazione ai ricorsi in opposizione agli atti esecutivi, perché calcolati sulla base dee tariffe minime ridotte poi del 70%. Nel calcolare le competenze, a suo dire, sono state violate le norme del DM n. 27/2018 perché le stesse consentivano la riduzione delle tariffe medie ma in misura non superiore al 50%;
  • con il secondo contesta al Tribunale di non aver calcolato il compenso per ogni procedimento, come richiesto, ma di aver effettuato un calcolo complessivo, con conseguente obbligo a carico dell’avvocato di dover restituire gli acconti versati e mai contestati dalla controparte;
  • con il terzo disapprova la mancata valutazione delle prove prodotte in relazione al valore di determinate controversie;
  • con il quarto discute la violazione di alcune disposizioni del DM n. 55/2014 perché in relazione alle opposizioni l’autorità giudicante ha ridotto i compensi del 70% rispetto ai valori minimi, mentre il giudice avrebbe dovuto applicare i valori medi e diminuirli eventualmente del 50%;
  • con il quinto e ultimo motivo infine contesta al giudice di aver omesso di prendere in considerazione alcune circostanze, tra l’altro pacifiche e non contestate, come la corresponsione di acconti e quindi l’indicazione in parcella delle somme dovute a saldo. I Giudici avrebbero dovuto considerare l’attività svolta e già pagata con gli acconti senza indicare importi inferiori a quelli già incassati.

Corretto il taglio compensi avvocato del 70% per cause simili e con esito negativo

La S.C. accoglie il ricorso dell’avvocato in virtù della fondatezza del secondo motivo sollevato, con conseguente cassazione dell’ordinanza e rinvio al Tribunale in diversa composizione per statuire anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Tuttavia, per gli Ermellini il primo motivo di ricorso è infondato perché il giudice, nel determinare il compenso dell’avvocato, ha un potere discrezionale, se motivato ed esercitato conformemente alle tariffe professionali. Tale potere gli permette di aumentare o ridurre il compenso purché non al di sotto dei minimi tariffari senza che rilevi l’istanza del professionista. Il professionista non può lamentare la violazione del principio della domanda solo perchè i giudici hanno ridotto gli importi al di sotto di quanto richiesto dalla società convenuta.

Fondato invece il secondo motivo perché i giudici hanno violato il principio secondo cui la liquidazione dei compensi, nel rispetto del DM 55/2014, deve avvenire per ogni fase del giudizio. Essi hanno inoltre travalicato i limiti della domanda, visto che l’avvocato aveva richiesto solo la liquidazione delle spettanze relative alla fase decisionale.

In parte inammissibile e in parte infondato è il terzo motivo del ricorso perché se è possibile adeguare gli onorari al valore effettivo e sostanziale della controversia, il giudice deve anche verificare l’attività svolta nel caso specifico, per stabilire se in effetti il valore della domanda è un parametro di riferimento idoneo o se, al contrario, lo stesso  risulta del tutto inadeguato. Nel caso di specie l’avvocato ricorrente non ha precisato i termini esatti della controversia ossia i fatti posti a fondamento della domanda e il diritto reale a cui si riferiva l’esercizio del possesso, per verificare la correttezza o meno della scaglione di riferimento per cui nulla può lamentare.

Valori minimi compensi

Infondato invece il quarto motivo perché nel caso di specie non si può applicare la sbarramento previsto dal DM n. 55/2014 modificato dal DM n. 37/2018, che vieta al giudice di scendere sotto i valori minimi e inderogabili.

Nel caso di specie trova applicazione il DM n. 55/2014 nella versione precedente alla riforma del 2018, che consentiva al giudice di diminuire i valori medi fino al 70% per la fase istruttoria, evitando tuttavia di ridurre  fino al punto di riconoscere all’avvocato compensi puramente simbolici e comunque motivando la propria decisione. I giudici di merito hanno infatti calcolato il compenso in base al valore dello scaglione minimo e lo hanno ridotto del 70% perché

  • tutte le opposizioni si riferivano a contestazioni del credito molto simili tra loro;
  • le stesse hanno avuto un esito negativo;
  • la società era soggetta a custodia giudiziaria;
  • le cause non presentavano questioni di fatto o di diritto particolarmente complesse.

La riduzione del 70% del compenso quindi non viola la legge anche perchè la decisione è stata adeguatamente  motivata.

Infondato infine anche il quinto motivo perché l’omesso esame di elementi istruttori non integra l’omesso esame di un fatto storico e perché le questioni indicate dal ricorrente nella censura non sono “fatti storici”. Il Tribunale ha considerato tutti gli elementi utili, comprese le prestazioni eseguite e gli acconti versati, al fine di determinare la somma corretta da erogare, per cui il motivo sollevato è del tutto infondato.

Allegati

ai act legge europea intelligenza artificiale

AI Act: la legge europea sull’intelligenza artificiale Pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 12 luglio 2024 la legge sull'intelligenza artificiale che mira a garantire i diritti fondamentali dei cittadini europei e al contempo detta misure specifiche sull'IA nella giustizia

AI Act in Gazzetta Ufficiale

Il Consiglio Ue ha approvato in via definitiva, il 21 maggio 2024, il Regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio (AI Act) che stabilisce regole armonizzate sull’intelligenza artificiale. Le nuove disposizioni sono applicabili a due anni dall’entrata in vigore del Regolamento, con alcune eccezioni, tra cui i divieti e le disposizioni generali, operativi già dopo sei mesi e gli obblighi, applicabili dopo 36 mesi, ai sistemi considerati ad alto rischio.

Il Regolamento UE 1689/2024 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 12 luglio 2024.

La rilevanza del rischio

L’intervento normativo in esame è fondato su un sistema di misurazione del rischio definito in modo chiaro; ciò significa che maggiore è il rischio di causare danni, più severe saranno le norme volte a disciplinare la materia dell’intelligenza artificiale.

Tale approccio si tradurrà nell’introduzione di obblighi di trasparenza meno gravosi per gli ambiti interessati dall’intelligenza artificiale che presentano un rischio limitato, mentre, al contrario, i sistemi di AI considerati ad alto rischio saranno sottoposti a limiti e obblighi più stringenti per poter essere utilizzati all’interno dell’Unione Europea.

Categorie di intelligenza artificiale

In generale, è possibile distinguere le seguenti categorie di intelligenza artificiale, individuate in base alla diversa valutazione del rischio che le caratterizza:

  • sistemi di AI vietati perché implicano un rischio inaccettabile, quali, a mero titolo esemplificativo, l’AI che sfrutta la manipolazione comportamentale cognitiva e il riconoscimento delle emozioni in determinati ambiti;
  • sistemi di AI ad alto rischio ma consentiti nel rispetto di stringenti condizione e requisiti;
  • sistemi di AI a rischio basso o minimo.

Obblighi di trasparenza

Il Regolamento spiega che per trasparenza “si intende che i sistemi di IA sono sviluppati e utilizzati in modo da consentire un’adeguata tracciabilità e spiegabilità, rendendo gli esseri umani consapevoli del fatto di comunicare o interagire con un sistema di IA”.

I sistemi di IA ad alto rischio dovrebbero essere progettati in modo da consentire ai fornitori di comprendere il funzionamento del sistema di IA, valutarne la funzionalità e comprenderne i punti di forza e i limiti. I sistemi di IA ad alto rischio dovrebbero essere accompagnati da informazioni adeguate sotto forma di istruzioni per l’uso.

Intelligenza artificiale nella giustizia

Nel provvedimento normativo si legge che “Alcuni sistemi di IA destinati all’amministrazione della giustizia e ai processi democratici dovrebbero essere classificati come sistemi ad alto rischio, in considerazione del loro impatto potenzialmente significativo sulla democrazia, sullo Stato di diritto, sulle libertà individuali e sul diritto a un ricorso effettivo e a un giudice imparziale”.

L’utilizzo di strumenti di IA, precisa il provvedimento, può fornire “sostegno al potere decisionale dei giudici o all’indipendenza del potere giudiziario, ma non dovrebbe sostituirlo: il processo decisionale finale deve rimanere un’attività a guida umana. Non è tuttavia opportuno estendere la classificazione dei sistemi di IA come ad alto rischio ai sistemi di IA destinati ad attività amministrative puramente accessorie, che non incidono sull’effettiva amministrazione della giustizia nei singoli casi”.

Punteggio sociale

La legge si occupa anche di indicare i sistemi di intelligenza artificiali che, consentendo di attribuire un punteggio sociale alle persone fisiche, possono portare “a risultati discriminatori e all’esclusione di determinati gruppi. Possono inoltre ledere il diritto alla dignità e alla non discriminazione e i valori di uguaglianza e giustizia. Tali sistemi di IA valutano o classificano le persone fisiche o i gruppi di persone fisiche sulla base di vari punti di dati riguardanti il loro comportamento sociale in molteplici contesti o di caratteristiche personali o della personalità”.

In considerazione dei rischi sopra indicati, il testo stabilisce che tali sistemi dovrebbero pertanto essere vietati, senza, tuttavia, che vengano pregiudicate le “pratiche lecite di valutazione delle persone fisiche effettuate per uno scopo specifico in conformità del diritto dell’Unione e nazionale”.

Istituzione di organi di governo

Nell’ambito dell’intervento normativo in esame è stato istituito:

  • l’ufficio per l’IA per mano della Commissione europea, con “la missione di sviluppare competenze e capacità dell’Unione nel settore dell’IA e di contribuire all’attuazione del diritto dell’Unione in materia di IA”;
  • il gruppo di esperti scientifici indipendenti avente la finalità di “integrare i sistemi di governance per i modelli di IA per finalità generali” e “sostenere le attività di monitoraggio dell’ufficio per l’IA”, anche fornendo “segnalazioni qualificate all’ufficio per l’IA che avviano attività di follow-up quali indagini”;
  • il comitato europeo, composto da rappresentanti degli Stati membri, per l’intelligenza artificiale che “dovrebbe sostenere la Commissione al fine di promuovere gli strumenti di alfabetizzazione in materia di IA, la sensibilizzazione del pubblico e la comprensione dei benefici, dei rischi, delle garanzie, dei diritti e degli obblighi in relazione all’uso dei sistemi di IA”;
  • il forum consultivo, cui è affidato il compito di “raccogliere il contributo dei portatori di interessi all’attuazione del presente regolamento, a livello dell’Unione e nazionale”.

Sistema sanzionatorio

Il testo stabilisce che la violazione di quanto previsto dall’art. 5 del Regolamento in tema di “Pratiche di IA vietate” è “soggetta a sanzioni amministrative pecuniarie fino a 35 000 000 EUR o, se l’autore del reato è un’impresa, fino al 7 % del fatturato mondiale totale annuo dell’esercizio precedente, se superiore”.

Il DDL italiano sull’AI

Per completezza, si ricorda che il 24 aprile scorso, il Governo italiano ha approvato un disegno di legge in materia di intelligenza artificiale.

In particolare, l’intervento normativo italiano si propone di introdurre criteri regolatori volti a equilibrare “il rapporto tra le opportunità che offrono le nuove tecnologie e i rischi legati al loro uso improprio, al loro sottoutilizzo o al loro impiego dannoso”.

Il disegno di legge in questione non verrà superato dalla nuova normativa europea, al contrario, i due impianti normativi sono destinati ad integrarsi e ad armonizzarsi tra di loro.

Leggi anche Ddl intelligenza artificiale

Allegati

avvocato assente udienza

Avvocato sanzionato se si assenta dall’udienza anche senza danni al cliente Il CNF ha ribadito che il difensore che non partecipi all’udienza, pone in essere un comportamento illecito ex art. 26 c.d.f., a nulla rilevando l’assenza di concrete conseguenze negative per il proprio assistito

Assenza dell’avvocato all’udienza penale

Nel caso in esame, l’avvocato era stato sottoposto ad un procedimento disciplinare dinanzi al Consiglio Distrettuale di Disciplina di Milano, per avere, per quanto qui rileva, violato gli artt. 26 comma III, 53 comma I, 63 comma II CDF perché, quale difensore di fiducia del proprio cliente, nell’ambito di un procedimento penale, non era comparso a diverse udienze, nonostante avesse ricevuto rituale notifica delle udienze in questione, né aveva provveduto a farsi sostituire, né in ogni caso aveva comunicato formalmente di aver rinunciato al mandato.

All’esito del dibattimento il Consiglio di Disciplina aveva applicava a carico del difensore la sanzione della sospensione per sei mesi dall’esercizio della professione.

Avverso tale decisione l’avvocato incolpata aveva proposto ricorso dinanzi al Consiglio Nazionale Forense (CNF).

Responsabilità avvocato che non partecipa alle udienze

Il Consiglio Nazionale Forense, con sentenza n. 52-2024, ha rigettato il ricorso proposto.

Il CNF ha anzitutto evidenziato gli argomenti proposti a difesa dall’avvocato, ovvero che dalla sua assenza in udienza non sarebbero derivati pregiudizi ai suoi assistiti, i quali “anzi avrebbero confermato la loro fiducia all’incolpata, e nell’assenza di dolo o negligenza da parte della stessa”.

Sul punto il Consiglio ha ricordato il consolidato orientamento dello stesso secondo cui “in difetto di una strategia difensiva concordata con il cliente, con relativo onere a carico di chi intenda addurla, pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante ex art. 26 c.d.f. (…) il difensore di fiducia o d’ufficio che non partecipi all’udienza, a nulla rilevando, peraltro, l’eventuale assenza di concrete conseguenze negative per il proprio assistito giacché ciò non varrebbe a privare di disvalore il comportamento negligente del professionista”. Rispetto a tale elemento il Consiglio ha osservato che, nel caso in esame, l’avvocato non ha nemmeno provato a dimostrare che la sua assenza fosse parte di una “strategia difensiva concordata con i clienti”.

Dolo o negligenza

Passando all’eccepita assenza, da parte del difensore, di “dolo o negligenza” in relazione alla mancata partecipazione alle udienze, il CNF ha fatto riferimento all’interpretazione offerta dalla giurisprudenza di legittimità del Consiglio secondo cui “per integrare un illecito disciplinare sotto il profilo soggettivo, è sufficiente la cd. suitas ovvero la volontà consapevole dell’atto che si compie, non risultando necessaria, ai fini dell’imputabilità dell’infrazione disciplinare, la consapevolezza dell’illegittimità della condotta (dolo o colpa) ed essendo sufficiente la volontarietà dell’azione che ha dato luogo al compimento di un atto deontologicamente scorretto”.

Anche la difesa formulata dall’avvocato che aveva giustificato la propria assenza alle udienze a causa dello stato di salute della madre, non è stata ritenuta valida dal CNF per motivi sia formali che sostanziali.

Allegati