equa riparazione

Equa riparazione anche per le persone giuridiche La Cassazione conferma che anche le società hanno diritto all’indennizzo per la durata irragionevole del processo

L’equa riparazione spetta anche a società ed enti collettivi

Con l’ordinanza n. 14749/2025, la Cassazione ribadisce che il diritto all’equa riparazione per la durata eccessiva di un processo riguarda anche le persone giuridiche, come società ed enti collettivi.
La violazione del termine ragionevole di durata del giudizio, stabilito dall’art. 6 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e recepito in Italia dalla legge Pinto (L. n. 89/2001), genera un danno non patrimoniale che si presume esistente, salvo prova contraria.

Il caso concreto

La vicenda trae origine dal fallimento di una società, durato oltre quattordici anni, a fronte di un termine di sei previsto per tali procedure. Due società creditrici, dopo aver presentato istanza di ammissione al passivo, avevano chiesto l’indennizzo per il ritardo.
La Corte d’appello aveva riconosciuto il diritto al risarcimento, ma solo per il periodo coincidente con la permanenza in carica dei legali rappresentanti, ritenendo che il danno si identificasse nel disagio psicologico degli amministratori.
Questa impostazione è stata censurata dalla Cassazione, che ha chiarito che il danno appartiene alla società in quanto soggetto titolare del diritto, non ai suoi organi.

La natura del danno non patrimoniale per le persone giuridiche

Secondo la Suprema Corte, il danno non patrimoniale derivante da un processo eccessivamente lungo ha una componente oggettiva, diversa dallo stress o dall’ansia che possono colpire le persone fisiche.
Il pregiudizio consiste nella “deminutio” dell’immagine e della sfera giuridica dell’ente, che subisce una compromissione della sua posizione a causa del protrarsi dello stato di incertezza.
Proprio per questa ragione, la Cassazione ha ribadito che la durata della carica dell’amministratore è irrilevante ai fini della quantificazione del danno, che si radica nel patrimonio e nella dimensione giuridica della persona collettiva.

La presunzione del danno e l’onere della prova contraria

La decisione ripercorre un orientamento consolidato secondo cui il danno extrapatrimoniale, pur non essendo un danno “automatico”, si presume normalmente in base all’id quod plerumque accidit, ossia all’evento che di regola si verifica.
Questa presunzione è superabile soltanto se l’amministrazione resistente dimostra circostanze particolari che escludano la sussistenza del pregiudizio (ad esempio, l’infondatezza manifesta della pretesa azionata o altri elementi che dimostrino l’assenza di danno concreto).
Tuttavia, la Cassazione precisa che il mutamento degli organi societari durante la procedura non incide sulla spettanza dell’indennizzo alla persona giuridica.

I limiti soggettivi dell’indennizzo per la durata irragionevole

L’ordinanza si sofferma anche su un altro aspetto rilevante: il diritto all’equa riparazione spetta esclusivamente al soggetto che ha partecipato al giudizio che si è protratto oltre il termine ragionevole.
Di conseguenza, gli amministratori o i soci, se non hanno assunto la veste di parte processuale, non possono richiedere in proprio l’indennizzo per la durata del procedimento.
Questo principio, già affermato in altre decisioni, garantisce una corretta delimitazione dei soggetti legittimati a pretendere il risarcimento.

carta d'imbarco

Risarcimento volo cancellato: basta la carta d’imbarco La Cassazione conferma che per ottenere il risarcimento in caso di volo cancellato è sufficiente esibire la carta d’imbarco. Non serve anche il biglietto aereo

La carta d’imbarco come prova del contratto di trasporto

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17644/2025, ha chiarito un principio importante per i passeggeri che richiedono il risarcimento in caso di mancata partenza del volo.
Secondo i giudici, la semplice presentazione della carta d’imbarco costituisce un elemento sufficiente a dimostrare l’esistenza del contratto di trasporto aereo, non essendo necessario allegare anche il biglietto.
Questo orientamento rafforza la tutela dei consumatori, semplificando l’onere probatorio nei procedimenti di risarcimento.

Il caso concreto

La vicenda ha riguardato un passeggero che, dopo la cancellazione del proprio volo Roma-Londra, aveva prodotto le carte d’imbarco a supporto della propria richiesta risarcitoria.
La Corte d’appello, pur prendendo atto della documentazione, aveva ritenuto che essa non bastasse a dimostrare l’acquisto del biglietto, dichiarando quindi carente la prova del contratto.
La Cassazione ha censurato tale decisione, evidenziando che la carta d’imbarco è strettamente collegata al biglietto, al punto da poter essere considerata prova equipollente.

Gli obblighi probatori delle parti

Nella pronuncia, la Suprema Corte ha ricordato la corretta ripartizione degli oneri probatori in materia di trasporto aereo, in linea con la Convenzione di Montreal del 1999 e con il Regolamento CE n. 261/2004.
Il passeggero è tenuto a:

  • fornire la prova del contratto di trasporto (titolo di viaggio o documento equivalente);

  • allegare l’inadempimento del vettore (ad esempio, la cancellazione o il ritardo del volo).

Spetta invece alla compagnia aerea dimostrare l’esatto adempimento, oppure che l’inadempimento sia derivato da cause di forza maggiore o da eventi eccezionali che la esonerino da responsabilità.

Carta d’imbarco: il principio affermato dalla Cassazione

Il Supremo Collegio ha ribadito che, nell’ambito del trasporto aereo internazionale, l’esistenza del contratto può essere provata non solo attraverso il biglietto ma anche con la produzione di qualsiasi documento idoneo a dimostrare la prenotazione e l’ammissione all’imbarco.
La carta d’imbarco, in quanto documento rilasciato direttamente dal vettore, costituisce pertanto una prova sufficiente per fondare la pretesa risarcitoria.

dl infrastrutture 2025

Dl infrastrutture 2025: cosa prevede Il Dl infrastrutture 2025 prosegue il suo percorso in Parlamento per la conversione in legge. Tra le novità il censimento degli autovelox

Dl infrastrutture 2025

Il Dl infrastrutture 2025 n. 73 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 21 maggio 2025 continua il suo iter di conversione in legge. Dal 3 luglio 2025 il testo è in corso di esame in Commissione. Il decreto reca misure finalizzate a “garantire la continuità nella realizzazione di infrastrutture strategiche e nella gestione di contratti pubblici, il corretto funzionamento del sistema di trasporti ferroviari e su strada, l’ordinata gestione del demanio portuale e marittimo, nonché l’attuazione di indifferibili adempimenti connessi al Piano nazionale di ripresa e resilienza e alla partecipazione all’Unione europea in materia di infrastrutture e trasporti.”

Il testo si composto da 17 articoli dal contenuto variegato. Vediamo le misure più importanti.

Opere pubbliche e contratti

Modificata e integrata la normativa sulla ripresa dell’attività per la creazione del Ponte di Messina. Il Codice dei Contratti pubblici viene modificato in diversi punti e viene introdotto ex novo l’art. 46 bis nel Codice della protezione civile, contenuto nel decreto legislativo n. 1/2018.

il testo introduce la normativa transitoria che si occupa della verifica sismica degli uffici pubblici per interpretare  correttamente i termini “normale affollamento” e “affollamento significativo”.

Applicazione in deroga della disciplina sulla revisione dei prezzi contenuta nel Codice dei Contratti pubblici ai contratti di lavori (termine di presentazione delle offerte dal 01.07.2023 al 31.12.2023).

Trasporti e strade

L’articolo 3 del dl infrastrutture 2025 si occupa della disciplina dell’autotrasporto, mentre l’articolo 4 dei tempi di attesa per le operazioni carico e scarico. Il testo conferisce all’Autorità garante per la concorrenza poteri di diffida e sanzionatori in caso di violazione dei contratti pubblici di trasporto merci su strada. Stanziati nuovi fondi per rendere più moderno il settore dell’autotrasporto.

L’art. 5 interviene sulla disciplina della Motorizzazione civile con il fine di migliorane la sicurezza gestionale e informatica.

Dal 2026 al 2041 vengono autorizzate diverse spese per le attività necessarie all’affidamento del contratto Intercity. Spese autorizzate anche per la Gestione governativa della ferrovia Circumetnea.

Diventa facoltativa la scelta di fissare livelli massimi delle tariffe da parte delle compagnie aeree nei confronti di certi passeggeri, per evitare il rialzo dei prezzi.

Previsti interventi di riparazione delle reti stradali di interesse nazionale di competenza dell’ANAS presenti nelle zone alluvionate e terremotate dell’Emilia, delle Marche e della Toscana.

Concessioni demaniali e mare

Disposto l’aggiornamento dei canoni per le concessioni balneari mediante l’indice dei prezzi della produzione industriale in determinate ipotesi.

La Commissione tecnico-consultiva competente opererà presso l’Autorità per la Laguna di Venezia – Nuovo magistrato alle acque.

Si autorizzano in favore della  società RAM le spese necessarie per l’economia del mare, per il trasporto marittimo e fluviale e per l’assunzione di nuovo personale.

Concessioni autostradali

L’Articolo 11 modifica la legge sulle concessioni autostradali (L. 193/2024) per:

  • chiarire il valore di subentro;
  • obbligare all’adeguamento;
  • rinviare al sistema tariffario ART;
  • permettere lavori transitori;
  • armonizzare le procedure.

Dl infrastrutture 2025: energie rinnovabili

L’articolo 13 del Decreto Legislativo n. 190/2024 (TU FER) modifica la normativa sulle aree per impianti a energie rinnovabili (FER), in particolare quelle di accelerazione, per allinearsi alle direttive europee.

Misure per lo sport

L’amministratore delegato della società infrastrutture Milano Cortina rivestirà il ruolo di commissario straordinario per l’esecuzione di alcuni interventi necessari  allo svolgimento di Giochi Olimpici 2026.

Per il 2025 è previsto lo stanziamento di 5,25 milioni di euro per la Federazione Sportiva nazionale – ACI.

Dl infrastrutture 2025: novità autovelox

Le Commissioni VIII Ambiente e IX trasporti hanno approvato un emendamento che prevede una sorta di censimento degli autovelox in uso. L’emendamento si propone di individuare il numero degli autovelox effettivamente in uso, individuare quelli non conformi e comprendere quale impatto hanno sulla sicurezza dei cittadini le nuove regole che riguardano l’omologazione di questi strumenti.

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procura alle liti

Procura alle liti in lingua straniera: valida senza traduzione Le Sezioni Unite civili hanno stabilito che la procura speciale alle liti redatta in lingua straniera è valida anche senza traduzione, poiché l’obbligo dell’italiano riguarda solo gli atti processuali

La procura alle liti in lingua straniera non è nulla

Le Sezioni Unite civili della Cassazione, con la sentenza n. 17876 del 2025, hanno chiarito un principio di grande rilievo per la tutela del diritto di difesa: la procura speciale alle liti redatta in lingua straniera e rilasciata all’estero è pienamente valida, anche se priva di traduzione in italiano e di certificazione traduttiva.

Secondo la Corte, l’obbligo di utilizzare la lingua italiana si applica esclusivamente agli atti processuali in senso stretto e non a quelli prodromici, come la procura con cui si conferiscono i poteri al difensore.

L’ambito di applicazione dell’art. 122 c.p.c.

La Cassazione ha ricordato che l’art. 122, comma 1, c.p.c., impone l’uso della lingua italiana “in tutto il processo”. Tale prescrizione riguarda però solo gli atti che si formano nel processo e per il processo: atti processuali veri e propri, come le comparse, le memorie, i ricorsi e le sentenze.

La procura alle liti, pur strettamente collegata al processo, ha natura meramente strumentale e preparatoria. Per questo motivo, non è soggetta alla regola della redazione obbligatoria in italiano.

La traduzione non è requisito di validità

Imporre la traduzione della procura come condizione di validità integrerebbe un vincolo non previsto dalla legge. La Corte ha evidenziato che un simile obbligo costituirebbe un ostacolo sproporzionato al diritto di azione in giudizio, privo di adeguata giustificazione in termini di interesse pubblico.

In linea con il principio di tassatività delle nullità, sancito dall’art. 156 c.p.c., non è possibile estendere per analogia il requisito della lingua italiana a documenti che non siano atti processuali.

Il ruolo del giudice e l’art. 123 c.p.c.

La Suprema Corte ha chiarito che, se il documento prodotto in giudizio è in lingua straniera, il giudice può applicare l’art. 123 c.p.c.: è dunque sua facoltà, e non un obbligo, disporre la nomina di un traduttore.

Il giudice può decidere di non avvalersi del traduttore se comprende il contenuto dell’atto o se non esistono contestazioni sulla traduzione eventualmente allegata.

Il caso concreto e i principi di diritto affermati

La decisione nasce da un procedimento ereditario in cui una delle parti aveva eccepito la nullità della procura speciale rilasciata negli Stati Uniti e autenticata da un notaio della Florida, proprio per l’assenza della traduzione in italiano.

La Corte di Cassazione ha respinto l’eccezione, stabilendo due principi di diritto fondamentali:

  1. La procura speciale alle liti redatta in lingua straniera e rilasciata all’estero è valida anche senza traduzione né certificazione, perché la disciplina della lingua italiana si riferisce ai soli atti processuali.

  2. Il giudice può eventualmente nominare un traduttore se necessario per comprendere il contenuto dell’atto, ma non è tenuto a farlo in assenza di contestazioni o difficoltà interpretative.

fine vita

Fine vita: analisi del testo base Fine vita: redatto il testo base, che contiene le disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita

Testo base sul fine vita

Sul fine vita, al Senato, è stato redatto il testo base, che riunisce diversi disegni di legge. Il testo unificato, composto da 4 articoli, contiene le disposizioni in materia di morte volontaria medicalmente assistita. Analizziamo uno a uno gli articoli del testo, che hanno suscitato critiche e polemiche.

Diritto alla vita: inviolabile e indisponibile

Il comma 1 del primo articolo contiene una disposizione di principio che sancisce il diritto alla vita in quanto presupposto fondamentale di tutti i diritti della persona. Segue poi la disposizione che attribuisce alla Repubblica il compito di tutelare la vita di ogni individuo indiscriminatamente. Non rilevano, infatti, l’età, il sesso, la condizione di salute, personale o sociale. Il comma 2 sanziona, infine, con la nullità tutti gli atti di natura civile o amministrativa che dovessero contrastare con questi principi.

Fine vita: novità per il reato di istigazione o aiuto al suicidio

L’articolo 2 interviene sul secondo comma dell’articolo 580 c.p., che al comma 1 punisce con la reclusione fino a 12 anni la condotta di chi determina altri al suicidio, ne rafforza il proposito o ne agevola l’esecuzione in qualsiasi modo, se il suicidio avviene.

Il nuovo comma 2 della norma, in base al testo base, prevede la non punibilità del soggetto agente, in presenza di circostanze specifiche:

  • il proposito del fine vita deve essersi formato in modo libero, autonomo e consapevole;
  • il soggetto che intende porre fine alla propria vita deve essere maggiorenne e pienamente capace di intendere e di volere;
  • lo stesso deve essere stato inserito in un percorso di cure palliative e tenuto in vita da trattamenti sostitutivi di funzioni vitali;
  • il soggetto deve essere affetto da una malattia irreversibile che gli causa sofferenze fisiche e psicologiche intollerabili;
  • le sue condizioni devono essere state accertate da un apposito Comitato.

Cure palliative: piani di potenziamento

L’articolo 3 si occupa delle cure palliative, modificando il comma 4-bis dell’articolo 5 della legge n. 38/2010. Questa la formulazione potenziale della norma (modifiche in grassetto): “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano presentano, entro il 30 gennaio di ciascun anno, un piano di potenziamento delle cure palliative al fine di raggiungere, entro l’anno 2028, il 90 per cento della popolazione interessata e di garantire l’integrale utilizzo, per le finalità di cui alla presente legge, delle somme di cui all’articolo 12, comma 2. Il monitoraggio dell’attuazione del piano è affidato all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS) che lo realizza a cadenza semestrale. La presentazione del piano e la relativa attuazione costituiscono adempimento regionale ai fini dell’accesso al finanziamento integrativo del Servizio sanitario nazionale a carico dello Stato. Eventuali residui delle somme di cui all’articolo 12, comma 2, non utilizzati per le finalità di cui alla presente legge, sono in ogni caso restituiti allo Stato e non possono essere utilizzati per finalità diverse da quelle previste dalla presente legge”.

AGENAS: analisi dei piani

Dopo questo comma è previsto l’inserimento di altri tre commi.

Il comma 4-ter prevede che l’AGENAS istituisca un osservatorio per analizzare i piani regionali di potenziamento delle cure palliative (domiciliari e pediatriche). Ogni anno, inoltre, l’AGENAS dovrà inviare una relazione a diverse autorità (Presidente del Consiglio, Ministro della Salute, Presidenti di Senato e Camera) indicando le regioni che non hanno presentato tali piani o non hanno raggiunto gli obiettivi prefissati l’anno precedente.

Il comma 4-quater, invece, dispone che in caso di mancata presentazione del piano da parte di una regione entro 30 giorni dalla relazione AGENAS, il Governo nomini un commissario ad acta fino al raggiungimento dello standard. Se poi la regione non dovesse raggiungere gli obiettivi di potenziamento delle cure palliative dell’anno precedente, il Ministro della Salute è tenuto a concedere un termine di massimo sei mesi; se l’inadempimento dovesse persistere, è prevista la nomina governativa di un Commissario.

Il comma 4-quinques chiarisce, infine, che alle novità contenute nei due commi precedenti si debba provvedere senza nuovi o maggiori oneri.

Comitato nazionale di valutazione fine vita

L’articolo 4 del testo base interviene sulla legge n. 833/1978, che ha istituito il Servizio sanitario nazionale, aggiungendo l’art. 9-bis, che disciplina il Comitato nazionale di valutazione, un organo cruciale che fornisce un parere obbligatorio sulla presenza dei requisiti per l’esclusione della punibilità in casi specifici (riferiti all’articolo 580, terzo comma, del codice penale).

Composizione del comitato

La composizione del Comitato prevede la presenza di sette membri esperti: un giurista, un bioeticista, un medico anestesista-rianimatore specializzato in terapia del dolore, un medico specialista in cure palliative, uno psichiatra, uno psicologo e un infermiere. Questi professionisti sono nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, che designa anche presidente, vicepresidente e segretario. La durata in carica dei membri è di cinque anni, con la possibilità di due rinnovi. L’incarico è gratuito.

Fine vita: verifica requisiti di non punibilità

Qualora un cittadino maggiorenne e capace di intendere e di volere presenti una richiesta di verifica dei requisiti di non punibilità, il Comitato deve acquisire il parere non vincolante di uno specialista della patologia del richiedente. Se la richiesta include l’uso di farmaci “off label”, è necessario anche il parere non vincolante del Centro di coordinamento nazionale. Il Comitato ha sessanta giorni di tempo dalla richiesta per esprimersi, potendo disporre possibili proroghe in caso di necessità o di acquisizione dei pareri. Le norme generali sul procedimento amministrativo non si applicano in questo contesto e per svolgere le sue funzioni, il Comitato si avvale delle strutture del Ministero della Salute, senza oneri aggiuntivi. La richiesta presentata al Comitato potrà essere ritirata in qualsiasi momento dall’interessato. Se il Comitato dovesse accertare l’assenza dei requisiti, una nuova richiesta potrebbe essere presentata solo se si dimostra la successiva sussistenza degli stessi, e comunque non prima di centottanta giorni. Il parere rilasciato dal Comitato sarà valutato dall’autorità giudiziaria ai fini dell’applicazione della non punibilità.

Pur riconoscendo le competenze del Comitato, il personale, le strumentazioni e i farmaci del Servizio Sanitario Nazionale non potranno essere impiegati per facilitare l’esecuzione di quanto previsto dall’articolo 580 del codice penale.

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telemarketing molesto

Telemarketing molesto: addio dal 19 agosto Telemarketing molesto: dall'Agcom una delibera prevede il blocco delle chiamate illegittime in due tappe: dal 19 agosto e dal 19 novembre 2025

Stop al telemarketing molesto dal 19 agosto 2025

Dal 19 agosto 2025 primo stop al telemarketing molesto. Lo ha stabilito l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni con la delibera n. 106/25/CONS, datata 30 aprile, ma pubblicata il 19 maggio 2025.

Con questa decisione l’Autorità ha approvato un regolamento che si pone l’obiettivo di assicurare la massima trasparenza in relazione alle offerte dei servizi di comunicazione elettronica e al numero chiamante.

Al provvedimento dell’Autorità sono allegati 5 documenti, tra i quali si segnalano i seguenti:

Lotta al Cli spoofing

La lotta al CLI spoofing arriva dopo che il Registro delle opposizioni e il Codice di Condotta per gli operatori non sono riusciti a impedire a soggetti illegittimi di ricorrere a numerazioni simulate italiane, chiamando da reti estere.

La pratica del CLI spoofing, come definito dal rapporto ECC 338 sullo Spoofing del giugno 2022 consiste infatti nella “tecnica che consente alla parte originaria e/o a qualsiasi operatore di rete che gestisce la chiamata o il messaggio di manipolare le informazioni visualizzate nel campo CLI con l’intenzione di ingannare la parte ricevente o gli operatori di rete che intervengono nella gestione della chiamata o del messaggio, facendogli credere che la chiamata o il messaggio provengano da un’altra persona, entità o posizione.”

Due tappe per il contrasto al telemarketing molesto

Per combattere la pratica del CLI spoofing l’Autorità ha deciso di intervenire per step.

  • Dal 19 agosto 2025 gli operatori devranno attivare le tecnologie necessarie per bloccare le chiamate che vengono effettuate con numeri fissi falsi.
  • Dal 19 novembre 2025 gli operatori devono invece attivarsi per disporre il blocco anche delle telefonati da numerazioni mobili simulate.

Per bloccare le chiamate si applicheranno delle tecnologie alla rete telefonica che saranno in grado di arrestare le chiamate sospette prima ancora che raggiungano il destinatario della chiamata, grazie alla capacità di questi strumenti di elaborare immediatamente i dati.

 

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rito lavoro

Rito lavoro: udienza sostituibile con note col consenso di tutti Le Sezioni Unite chiariscono che nel processo del lavoro l’udienza può essere sostituita da note scritte solo con l’accordo unanime delle parti

Rito lavoro e modalità cartolare

Con la sentenza n. 17603/2025, le Sezioni Unite civili della Cassazione hanno sciolto i dubbi interpretativi in merito alla possibilità di sostituire le udienze orali con il deposito di note scritte anche nel rito del lavoro.

La decisione stabilisce che l’articolo 127-ter del Codice di procedura civile, introdotto dalla riforma Cartabia, trova applicazione pure nei giudizi di lavoro, dove tradizionalmente prevale il principio dell’oralità. Tuttavia, tale modalità di trattazione cartolare è ammessa solo in presenza del consenso di tutte le parti processuali, a garanzia del contraddittorio e della parità di posizione.

Il deposito di note scritte e il termine di presentazione

Le Sezioni Unite hanno precisato che, quando il giudice indica una data entro cui depositare le note scritte, l’eventuale indicazione di un orario non costituisce un termine perentorio tale da far ritenere tardivo il deposito effettuato nel medesimo giorno.

In particolare, l’orario va inteso come coincidente con l’intero periodo di apertura dell’ufficio giudiziario competente. Inoltre, l’adozione del deposito telematico ormai pienamente operativo in ambito civile rende ancor più chiaro che il termine fissato non possa assumere carattere rigido, purché l’adempimento sia completato entro la giornata stabilita.

Il deposito telematico del dispositivo e la lettura in udienza

Un altro aspetto importante affrontato dalla sentenza riguarda la pubblicazione del dispositivo. La Suprema Corte ha chiarito che il deposito telematico del dispositivo produce effetti equivalenti alla lettura in udienza, anche qualora quest’ultima non avvenga alla presenza delle parti.

Questa evoluzione rispecchia la tendenza normativa, già emersa durante la fase emergenziale, a favorire forme di trattazione camerale che consentano di velocizzare le fasi decisionali senza comprimere le garanzie difensive.

L’oralità può essere sostituita, ma con il consenso unanime

La Corte ha affermato che la regola dell’oralità non è inderogabile. La possibilità di sostituire l’udienza con difese scritte è legittima “ogni volta che la struttura e la funzione del procedimento o dell’attività processuale lo permettano”, purché le parti si trovino in condizioni di parità.

Il consenso unanime è quindi la condizione imprescindibile per attivare la modalità cartolare nel processo del lavoro, a tutela del diritto di difesa sancito dall’art. 24 della Costituzione e dall’art. 6 CEDU.

Il principio di pubblicità dell’udienza e le deroghe ammesse

La sentenza si colloca nel solco delle pronunce costituzionalmente orientate che riconoscono alla pubblicità dell’udienza un valore importante ma non assoluto. È infatti compatibile con il sistema processuale la previsione di deroghe motivate da esigenze oggettive, come la rapidità di definizione delle controversie di lavoro e l’efficienza dell’amministrazione della giustizia.

L’introduzione di strumenti che riducano l’onere della presenza fisica delle parti risponde a questa esigenza, a condizione che si rispetti la piena effettività del contraddittorio.

segreto professionale

Avvocati: il segreto professionale blocca la Finanza La Cassazione sancisce l’inutilizzabilità dei dati acquisiti dalla Guardia di Finanza senza autorizzazione specifica dopo l’eccezione del segreto professionale

Con l’ordinanza n. 17228/2025, la Cassazione ha riaffermato il valore inderogabile del segreto professionale dell’avvocato. La Guardia di Finanza, in caso di opposizione al sequestro di documenti coperti da riservatezza, può procedere al loro esame solo se munita di un’autorizzazione specifica rilasciata dal Procuratore della Repubblica o dall’autorità giudiziaria competente. In difetto, i dati raccolti sono inutilizzabili.

Accesso nello studio legale e block notes “secretato”

La vicenda trae origine da un’ispezione fiscale svolta dalle Fiamme Gialle presso lo studio di un avvocato.
Nel corso dell’accesso, i militari avevano individuato un block notes contenente informazioni di rilievo fiscale e contabile. L’avvocato aveva immediatamente eccepito il segreto professionale, opponendosi all’esame e all’acquisizione del documento.

Nonostante l’opposizione, i finanzieri avevano proceduto comunque alla consultazione e al sequestro del block notes, basandosi su un’autorizzazione preventiva e generica rilasciata dal Procuratore della Repubblica.

Perché serve un’autorizzazione specifica

La Cassazione ha chiarito che l’autorizzazione generica non è sufficiente quando viene formalmente eccepito il segreto professionale.
In queste situazioni:

  • La Guardia di Finanza deve sospendere l’attività di acquisizione;
  • Può riprenderla solo dopo aver ottenuto un’autorizzazione “ad hoc” rilasciata successivamente all’opposizione e riferita ai documenti specifici contestati;
  • L’eventuale omissione rende inutilizzabili i dati acquisiti.

Questo principio tutela la riservatezza del rapporto fiduciario tra avvocato e cliente, che rappresenta un presidio essenziale del diritto di difesa.

La decisione della Cassazione

I giudici di legittimità hanno condiviso la conclusione della Commissione tributaria regionale, che aveva dichiarato l’inutilizzabilità delle informazioni tratte dal block notes “secretato”.
In particolare, è stato evidenziato che: “Non è sufficiente l’esistenza di un’autorizzazione preventiva e generica a procedere all’accesso, essendo necessaria un’autorizzazione successiva e specifica rilasciata dall’autorità giudiziaria competente una volta opposto il segreto professionale.”

Di conseguenza, tutti i dati utilizzati dall’amministrazione finanziaria e derivanti da quell’atto di acquisizione sono stati dichiarati privi di efficacia probatoria.

Il principio di diritto affermato

La Corte ha ribadito che la tutela del segreto professionale prevale sulle esigenze istruttorie dell’amministrazione, salvo che non sia rispettata la procedura di autorizzazione prevista dalla legge.

In sintesi:

  • Quando l’avvocato eccepisce il segreto professionale, ogni attività di esame o sequestro deve essere sospesa;
  • La prosecuzione è consentita esclusivamente previa autorizzazione specifica e motivata del Procuratore della Repubblica o dell’autorità giudiziaria più vicina;
  • In caso contrario, il materiale acquisito è inutilizzabile in sede processuale.

Allegati

decreto sicurezza

Il Decreto Sicurezza secondo la Cassazione Decreto Sicurezza: la relazione dell'Ufficio del Massimario della Cassazione solleva dubbi di legittimità costituzionale sul testo e problemi di merito e metodo

Decreto Sicurezza: dubbi di legittimità costituzionale

L’Ufficio del Massimario della Corte di Cassazione ha pubblicato una relazione di studio sul Decreto Sicurezza n. 48/2025, convertito nella legge n. 80/2025 e in vigore dal 10 giugno 2025.  L’Ufficio ha sollevato dubbi di legittimità costituzionale e problemi di merito e metodo. La relazione è una “base di analisi” orientativa e non vincola decisioni future. Il documento tuttavia si rivela molto importante perché fornisce ai magistrati uno strumento per comprendere la nuova normativa.

Utilizzo anomalo della decretazione d’urgenza

Il documento di 129 pagine segnala la presenza di diverse problematiche. Sul fronte del metodo, i giudici della Cassazione condividono il parere dei giuristi: la trasformazione del disegno di legge in decreto-legge manca del requisito di “necessità e urgenza”, come previsto dalla Costituzione. Criticato anche il ricorso anomalo alla decretazione d’urgenza in materia penale, che svilisce il ruolo del Parlamento.

Analizzando il testo articolo per articolo, vengono individuati profili di incostituzionalità in molti reati a causa dell’abbassamento della soglia di punibilità e dell’innalzamento delle pene. Le critiche degne di segnalazione riguardano principalmente il reato di detenzione di materiale con finalità di terrorismo, la resistenza passiva in carcere, la vendita della cannabis light. Il contenuto del testo di legge infine è ritenuto troppo “eterogeneo” perché si occupa di materie troppo diverse.

Decreto Sicurezza: critiche alla relazione

La relazione ha subito sollevato critiche e perplessità. L’azione della Cassazione è stata giudicata come una “invasione di campo”; una “provocazione”.

Dura la reazione del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, che si è detto “incredulo” delle notizie diffuse dalla stampa sulla relazione e ha dato mandato di acquisire la relazione per verificarne il regime di divulgazione, per appurare che la pubblicazione non risulti dannosa per il Governo.

Anche il ministro Piantedosi in un’intervista si è espresso negativamente sulla relazione della Suprema Corte, ritenendola “ideologica”.

 

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avvocato deve privilegiare la verità

L’avvocato deve privilegiare la verità al mandato Il CNF ribadisce che l’avvocato deve privilegiare la verità e la legge anche rinunciando al mandato. I principi deontologici su lealtà e dignità professionale

Il dovere di verità come cardine della funzione difensiva

L’avvocato deve privilegiare la verità al mandato: la sentenza n. 445/2024, pubblicata il 25 giugno 2025 sul sito del Codice Deontologico Forense, interviene su un profilo essenziale della professione: il rapporto tra l’obbligo di lealtà e verità e il mandato difensivo.

La decisione richiama il principio secondo cui l’attività dell’avvocato deve essere improntata al rispetto della verità e della legge, in quanto elementi qualificanti la funzione difensiva e la dignità professionale.

Il prevalente dovere di rispettare la legge e la verità

Il CNF ha precisato che, qualora si crei un conflitto tra il mandato ricevuto e l’osservanza della verità e della legge, l’avvocato è tenuto a privilegiare questi ultimi, anche a costo di rinunciare all’incarico.

Tale orientamento trova fondamento:

  • nell’art. 50 del Codice Deontologico Forense, che disciplina il dovere di verità e correttezza nell’attività professionale;

  • nell’art. 3 della L. n. 247/2012, che impone il rispetto dei principi di lealtà e probità;

  • nell’art. 88 del codice di procedura civile, che richiede alle parti e ai difensori comportamento leale e veritiero nel processo.

La rinuncia al mandato per giusto motivo

La sentenza sottolinea che l’ossequio alla verità rappresenta un dovere di rango superiore, in virtù del quale l’avvocato deve astenersi da qualsiasi condotta che possa porsi in contrasto con la legge o con la verità dei fatti.

Se la prosecuzione del mandato dovesse comportare una violazione di tali principi, l’avvocato è tenuto a valutare la rinuncia all’incarico per giusto motivo, quale espressione della propria indipendenza e della dignità della funzione difensiva.

Verità, mandato e dignità professionale

La pronuncia evidenzia come il dovere di verità non sia limitato all’attività processuale, ma si estende anche ai rapporti stragiudiziali e alle relazioni con la controparte e i terzi.

Questo dovere si pone come limite invalicabile alla libertà di difesa tecnica, la quale non può mai tradursi in atti contrari alla legge o idonei a ingenerare inganno nell’autorità giudiziaria o negli altri soggetti coinvolti.