affitti brevi

Affitti brevi: stop al check-in da remoto Affitti brevi: la circolare del Dipartimento della Pubblica Sicurezza estende il check-in diretto a locazioni brevi, scambio casa e Marina Resort

Affitti brevi: dubbi sulla sicurezza

L’aumento degli affitti brevi in Italia, accentuato da eventi culturali, religiosi e politici, come il prossimo Giubileo 2025, richiede una maggiore attenzione alla sicurezza pubblica. Questo contesto solleva criticità legate al check-in automatizzato, che consente l’accesso alle strutture senza identificazione personale diretta. Criticità alle quali la circolare n. 38138 del 18 novembre 2024 del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, fornisce la soluzione.

Key box: contrarie al TULPS

Questa prassi, basata sulla trasmissione telematica dei documenti e sull’uso di codici automatizzati o key box, solleva dubbi sulla sua conformità all’art. 109 del Testo Unico delle Leggi di Pubblica Sicurezza (TULPS).

L’art. 109 TULPS impone ai gestori di strutture ricettive di ospitare solo persone con un documento di identità valido, comunicandone i dati alle Questure entro 24 ore dall’arrivo (6 ore per soggiorni inferiori a un giorno).

Tale obbligo si estende ai locatori di immobili affittati per periodi inferiori a 30 giorni, secondo il combinato disposto del D.L. 113/2018 e successive modifiche.

La normativa mira a garantire la sicurezza pubblica, consentendo alle autorità di identificare tempestivamente gli alloggiati.

La Corte Costituzionale ha confermato la legittimità di queste disposizioni, sottolineando l’importanza di un controllo rapido e preciso per prevenire che persone pericolose o ricercate si nascondano in strutture ricettive.

Criticità del check-in automatizzato

Il check-in da remoto, privo di verifica personale diretta, rischia di violare la ratio dell’art. 109 TULPS. Dopo l’invio dei documenti online, non si può escludere infatti che l’alloggio venga occupato da individui non identificati, aumentando i rischi per la collettività.

Per garantire la sicurezza, i gestori devono verificare lidentità degli ospiti de visu e comunicare i dati alla Questura seguendo le modalità indicate nei Decreti Ministeriali del 7 gennaio 2013 e del 16 settembre 2021.

Check-in de visu anche per i Marina resort

Anche per le piattaforme come Home Exchange, utilizzate per scambi abitativi gratuiti, resta obbligatoria la registrazione dei dati degli ospiti sul portale “Alloggiati Web”. La mancata registrazione potrebbe favorire l’inserimento di dati falsi, rendendo difficile l’identificazione degli ospiti e compromettendo la sicurezza. Perciò, chi utilizza queste piattaforme deve rispettare gli stessi obblighi di identificazione e comunicazione.

Le stesse regole si applicano ai “Marina Resort”, strutture nautiche per turisti, equiparate a strutture ricettive per fini fiscali e di sicurezza. Ogni eccezione all’applicabilità dell’art. 109 TULPS a tali strutture risulta infondata.

L’obbligo di verificare personalmente lidentità degli ospiti è quindi essenziale per tutte le strutture ricettive. Le Prefetture e le Questure hanno il compito di sensibilizzare gli operatori e verificare il rispetto delle disposizioni, assicurandone l’applicazione uniforme. La collaborazione tra autorità locali, operatori del settore e associazioni di categoria è infatti cruciale per garantire la sicurezza pubblica.

 

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giurista risponde

Sinistro stradale e risarcimento del terzo trasportato Il passeggero terzo, vittima di un sinistro stradale, ha diritto ad ottenere il risarcimento dell’assicurazione se il conducente dell’auto ha bevuto alcolici?

Quesito con risposta a cura di Valentina Musorrofiti e Marilena Sanfilippo

 

L’accertamento dell’esistenza e del grado della colpa della persona che, accettando di farsi trasportare da un conducente in stato di ebbrezza, patisca danno in conseguenza d’un sinistro stradale, è apprezzamento riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità. La colpa non è sempre imputabile in capo a chi, dopo aver accettato di essere trasportato a bordo di un veicolo con una persona ubriaca alla guida, rimane coinvolto in un sinistro stradale di cui la responsabilità è rinvenibile a capo del conducente. È il giudice che deve valutare, caso per caso, l’esistenza e il grado della colpa del trasportato nel causare il sinistro (Cass., sez. III, 17 settembre 2024, n. 24920).

Il caso in oggetto prende le mosse dalle lesioni riportate da un soggetto trasportato a bordo di un autoveicolo. Di tale danno il terzo trasportato chiese il risarcimento al vettore ed al suo assicuratore.

Sia il Tribunale che la Corte d’Appello attribuirono alla vittima un concorso di colpa del 50%, in quanto il terzo trasportato aveva fornito un contributo causale all’avverarsi del da lui stesso sofferto, accettando di essere trasportato a bordo di un veicolo condotto da una persona in evidente stato di ebbrezza.

Il soggetto trasportato ricorre in Cassazione e questa dichiara improcedibile il ricorso.

Tuttavia, la Corte affronta la questione prendendo le mosse dal principio sancito dall’art. 1227 c.c. il quale prevede che, se il comportamento colpevole della vittima ha concorso a causare il danno, il risarcimento è diminuito secondo la gravità della colpa e l’entità delle conseguenze che ne sono derivate. È quindi possibile escludere o ridurre il diritto al risarcimento del danno di persona trasportata su un veicolo condotto in stato di ebrezza.

In quest’ottica la Suprema Corte si occupa della questione concernente la compatibilità tra il diritto comunitario e l’art. 1227, comma 1, c.c. Sul punto, la Corte, nel richiamare la normativa comunitaria in materia, preliminarmente fa riferimento alla sentenza della Corte di Giustizia 30 giugno 2005, che ha affermato due principi. Secondo il primo, il diritto comunitario, in tema di assicurazione, sarebbe “privato del suo effetto utile” in presenza d’una normativa nazionale che negasse al passeggero il diritto al risarcimento – ovvero lo limitasse in misura sproporzionata – “in base a criteri generali ed astratti”. Per il secondo, il diritto comunitario consente, invece, agli Stati membri di limitare il risarcimento dovuto al trasportato “in base ad una valutazione caso per caso” di circostanze eccezionali. Pertanto, mentre contrasterebbe con l’art. 13 Direttiva 2009/103 una norma di diritto interno che escludesse o limitasse ipso facto il diritto al risarcimento del passeggero, per il solo fatto di avere preso posto a bordo d’un veicolo condotto da persona ubriaca, non viola per contro il diritto comunitario una norma di diritto nazionale che, senza fissare decadenze o esclusioni in linea generale, consente al giudice di valutare caso per caso, secondo le regole della responsabilità civile, se la condotta della vittima possa o meno ritenersi colposamente concorrente alla produzione del danno.

Alla luce di quanto sopra premesso, la Corte enuncia dei principi fondamentali di diritto.

In primo luogo, afferma che l’art. 1227, comma 1, c.c., interpretato in senso coerente con la Direttiva 2009/103, non consente di ritenere, in via generale e astratta, che sia sempre e necessariamente in colpa la persona la quale, dopo aver accettato di essere trasportata a bordo d’un veicolo a motore condotto da persona in stato di ebbrezza, rimanga coinvolta in un sinistro stradale ascrivibile a responsabilità del conducente; una simile interpretazione infatti contrasterebbe con l’art. 13, par. 3, della Direttiva 2009/103, nella parte in cui vieta agli Stati membri di considerare “senza effetto”, rispetto all’azione risarcitoria spettante al trasportato, qualsiasi disposizione di legge […] che escluda un passeggero dalla copertura assicurativa in base alla circostanza che sapeva o avrebbe dovuto sapere che il conducente del veicolo era sotto gli effetti dell’alcol.

Spetterà, quindi, al giudice di merito valutare in concreto, secondo tutte le circostanze del caso, se ed in che misura la condotta della vittima possa dirsi concausa del sinistro, fermo restando il divieto di valutazioni che escludano interamente il diritto al risarcimento spettante al trasportato nei confronti dell’assicuratore del vettore. Da ultimo l’accertamento dell’esistenza e del grado della colpa della persona che, accettando di farsi trasportare da un conducente in stato di ebbrezza, patisca danno in conseguenza d’un sinistro stradale, è apprezzamento di fatto riservato al giudice di merito ed insindacabile in sede di legittimità, se rispettoso dei parametri dettati dal primo comma dell’art. 1227 c.c.

(*Contributo in tema di “Sinistro stradale e risarcimento del terzo trasportato”, a cura di Valentina Musorrofiti e Marilena Sanfilippo, estratto da Obiettivo Magistrato n. 79 / Novembre 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)

notifiche avvocati

Notifiche avvocati: come si usa l’area web Notifiche avvocati: il D.lgs n. 164/2024 introduce importanti novità in materia di notifiche a mezzo pec in caso di fallimento della notifica

Notifiche avvocati: le modifiche del D.lgs. 164/2024

In materia di notifiche effettuate dall’avvocato il D.lgs n. 164/2024, che contiene il  correttivo più recente della Riforma Cartaria, apporta significative modifiche alla legge n. 53/94. In questo modo il decreto uniforma le notifiche in proprio degli avvocati a quelle degli ufficiali giudiziari nei casi in cui il messaggio risulti impossibile da recapitare. Questo intervento è parte di un più ampio processo di informatizzazione del sistema giudiziario italiano finalizzato a renderlo più rapido ed efficiente. 

Novità articolo 3-ter legge n. 53/94

L’articolo 6 del D.lgs n. 164/2024 ha rivisto la disciplina delle notifiche tramite posta elettronica certificata (PEC), modificando i commi 2 e 3 dell’articolo 3-ter della legge n. 53/94.

Notifica fallita per causa imputabile al destinatario

Ora, quando una notifica via PEC non viene recapitata per cause imputabili al destinatario, l’atto è inserito in un’area riservata del Portale dei Servizi Telematici (PST) del Ministero della Giustizia “unitamente ad una dichiarazione sulla sussistenza dei presupposti per l’inserimento, all’interno di un’area riservata collegata al codice fiscale del destinatario e generata dal portale.”

Il perfezionamento della notifica avviene al decimo giorno dall’inserimento nel portale, oppure il giorno in cui il destinatario accede all’area riservata, se precedente.

Notifica fallita per causa non imputabile al destinatario

Se invece il mancato recapito è dovuto a cause non imputabili al destinatario, la notifica deve essere eseguita con modalità tradizionali, dall’avvocato a mezzo posta o dall’ufficiale giudiziario in base a quanto previsto all’art. 137 c.p.c e seguenti. A questo scopo l’avvocato dichiara all’ufficiale giudiziario che il destinatario della notificazione non dispone di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi ovvero che la notificazione a mezzo posta elettronica certificata non è risultata possibile o non ha avuto esito positivo per la causa non imputabile al destinatario specificamente indicata.” 

Notifiche avvocati: le implicazioni delle modifiche

Queste modifiche rappresentano un passo significativo verso la digitalizzazione del sistema giuridico. Uniformando le procedure di notifica degli avvocati a quelle degli ufficiali giudiziari, si semplificano i processi e si migliorano i tempi di gestione.

La creazione dell’area riservata sul Portale dei Servizi Telematici è un esempio di come la tecnologia possa essere utilizzata per ridurre gli ostacoli burocratici. Allo stesso tempo, essa è in grado anche di garantire il rispetto dei diritti del destinatario, con regole chiare e uniformi per il perfezionamento della notifica.

Con l’informatizzazione del processo civile, cresce anche la responsabilità degli avvocati nell’utilizzo degli strumenti digitali. Adeguarsi a queste novità è fondamentale per operare efficacemente nel contesto giuridico in continua evoluzione.

 

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social media

Social media: verso un divieto per i minori? Social media e minori: dati preoccupanti sugli effetti, 4 le proposte di legge al vaglio in Italia per tutelare i giovanissimi

Social media e minori:  dati preoccupanti

In Italia si discute di vietare luso dei social media ai minori di 15 o 16 anni. Quattro le proposte di legge in esame al Parlamento. La necessità di un intervento emerge da dati allarmanti. Il 53% dei ragazzi dai 13 anni ha subito esperienze negative sui social. Il 10% dei ragazzi tra 11 e 15 anni, con picchi del 20% per le ragazze tredicenni, mostra un uso problematico delle piattaforme. Il cyberbullismo colpisce il 18% delle tredicenni.

A livello globale, l’Australia ha approvato il primo divieto per minori di 16 anni. Piattaforme come TikTok, Facebook e Instagram rischiano multe fino a 50 milioni di dollari australiani se non rispettano la norma. Negli USA, Spagna, Francia e Cina, sono in atto misure analoghe. In Cina, i minori di 14 anni possono usare Douyin solo 40 minuti al giorno.

Social media e minori: le 4 proposte di legge

In Italia, il dibattito sui social media e sull’utilizzo di internet in generale si intensifica. Le proposte di legge, che intervengono su più fronti, includono regolamentazioni rigide per bambini più piccoli e limiti di vario tipo per gli adolescenti. L’obiettivo è proteggere i più giovani, bilanciando diritti e sicurezza nell’era digitale.

Produzione e diffusione  contenuti digitali

La proposta di legge 1771 della deputata Sportiello vuole modificare la normativa n. 977 del 1967 per rafforzare la tutela dei minori coinvolti nella produzione e diffusione di contenuti digitali. Stabilisce l’obbligo di un’autorizzazione temporanea per il loro impiego, rinnovabile, ma anche revocabile in caso di rischi per il minore. Introduce specifiche disposizioni sull’utilizzo commerciale dei contenuti che superino soglie temporali o reddituali definite da un decreto ministeriale.

Il testo garantisce una maggiore consapevolezza ai genitori o tutori sul diritto alla privacy dei minori, sui rischi derivanti dalla diffusione online e sugli obblighi finanziari correlati. I contenuti non autorizzati devono essere rimossi immediatamente. I guadagni oltre una soglia stabilita sono vincolati in un conto speciale per il minore fino alla maggiore età. La proposta impone agli inserzionisti di verificare la regolarità dell’utilizzo dei contenuti sponsorizzati e di destinare i relativi introiti al conto del minore. Il testo rafforza anche il diritto alla cancellazione dei dati personali.Viene promosso inoltre un approccio educativo, con campagne di sensibilizzazione sui rischi psicologici e legali dell’esposizione online e si incentivano progetti di peer education nelle scuole. Infine, la soglia minima per la gestione autonoma dei dati personali passa da 14 a 16 anni.

Norme per i fornitori di servizi digitali

La proposta di legge 1863 della deputata Madia introduce invece nuove regole per migliorare la tutela dei minori nei servizi digitali. La legge si applica a tutti i fornitori di servizi digitali che operano in Italia, indipendentemente dalla sede legale. I fornitori devono verificare l’età degli utenti e l’AGCOM definirà le procedure, garantendo sicurezza e minimizzazione dei dati personali.
I contratti con minori sotto i 15 anni sono nulli, a meno che non siano autorizzati da un genitore o dal tutore. I fornitori devono dimostrare anche la validità del consenso. Le immagini dei minori sotto i 15 anni, se usate per contenuti commerciali, necessitano inoltre di autorizzazioni specifiche. I guadagni sopra i 12.000 euro annui devono essere depositati su un conto vincolato a nome del minore. Inserzionisti e piattaforme devono garantire il rispetto delle norme, versare i compensi direttamente sul conto del minore e integrare un sistema per contattare rapidamente il numero d’emergenza per minori 114.

Focus su identificazione e consenso

La proposta di legge 1217 del senatore Richetti introduce misure per proteggere i minori nell’uso dei servizi di comunicazione elettronica. I minori di 15 anni possono accedere ai servizi digitali solo con il consenso dei genitori. È vietato l’accesso ai minori di 13 anni a servizi che comportano rischi per salute e sicurezza. L’età deve essere verificata tramite fornitori accreditati utilizzando tecnologie sicure e rispettose della privacy. I dispositivi elettronici devono integrare applicazioni gratuite per il controllo parentale. Queste app devono essere attivabili al primo utilizzo e non possono raccogliere dati a fini commerciali. Il governo avvierà campagne per educare famiglie e studenti sull’uso responsabile dei servizi digitali. Verranno sottolineati i rischi associati allinterazione online, come dipendenza e pericoli per la sicurezza.

Diffusione contenuti: protagonisti minorenni

La quarta e ultima proposta di legge 1800 del deputato Bonelli stabilisce che i contenuti diffusi su piattaforme audiovisive con protagonisti minori di 14 anni rispettino nuove regole.

  • Genitori o tutori devono comunicare all’Autorità se i contenuti generano guadagni commerciali.
  • I proventi vanno depositati in un conto bancario intestato al minore, utilizzabili solo al compimento dei 18 anni.
  • Le imprese che usano minori per campagne audiovisive devono ottenere autorizzazione esplicita dai genitori e informare l’Autorità.

I minori che compiono 14 anni possono chiedere la rimozione di contenuti personali da internet, inclusi quelli diffusi prima di tale età. Un decreto aggiornerà poi il Codice di autoregolamentazione Tv e Minori.

Le piattaforme digitali invece dovranno:

  • informare gli utenti sui rischi psicologici e legali legati alla diffusione di contenuti sui minori;
  • promuovere campagne di sensibilizzazione sulla riservatezza e sui rischi della pubblicazione online;
  • favorire la segnalazione di contenuti lesivi della dignità o integrità morale dei minori.

 

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foto di minori

Foto di minori sui social: serve il consenso di entrambi i genitori Il Garante Privacy ammonisce un padre che aveva pubblicato la foto del figlio minore di 14 anni sui social senza il consenso della madre

Foto dei minori sui social

No alle foto di minori sui social senza il consenso di entrambi i genitori. Per postare sui social network immagini che ritraggono minori di 14 anni è necessario il preventivo consenso di entrambi i genitori. Invece se il minore ha compiuto quattordici anni la normativa italiana gli riconosce la facoltà di decidere autonomamente sulla pubblicazione. Questo è ciò che ha ribadito il Garante Privacy intervenuto a seguito del reclamo di una madre, che lamentava la pubblicazione di una foto del figlio, minore di quattordici anni, da parte del padre sul proprio profilo Facebook.

Immagine lesiva riservatezza del figlio

La donna aveva già chiesto all’uomo, senza alcun risultato, la rimozione dell’immagine, ritenendola lesiva della riservatezza e della reputazione del figlio.

Il bambino era ritratto insieme al fratello, anch’egli minore e la foto era accompagnata da un commento del padre sulla loro somiglianza pur essendo nati da madri diverse.

Necessario consenso di entrambi i genitori

Nel provvedimento l’Autorità ha precisato che il consenso di entrambi i genitori alla pubblicazione di immagini di minori di quattordici anni è richiesto anche se al padre e alla madre, benché non più conviventi, sia stato riconosciuto l’affidamento condiviso dei figli. Per cui, ha concluso il Garante, “la pubblicazione della foto del minore sulla ‘piazza virtuale’ dei social è da considerarsi illecita”.

L’Autorità perciò ha ammonito il padre, tenendo conto del fatto che non avesse precedenti analoghi, ed ha disposto il divieto di pubblicazione dell’immagine del figlio senza il consenso di entrambi i genitori. L’uomo dovrà anche comunicare (entro 30 giorni dalla data di ricezione del provvedimento) le iniziative intraprese per adempiere alle prescrizioni del Garante.

rito di famiglia

Rito di famiglia: come cambia dopo i correttivi Il rito di famiglia dopo il decreto correttivo della Cartabia cambia veste, numerosi i dubbi sulla capacità dei tribunali di attuare le novità

Rito di famiglia: le novità del decreto correttivo

Dal 26 novembre 2024 il rito famiglia in materia di persone, minorenni e famiglie subisce importanti modifiche. Entrano in vigore le disposizioni del Decreto Legislativo n. 164/2024, che corregge e integra la riforma Cartabia (Decreto Legislativo 149/2022). Il nuovo assetto normativo mira a migliorare l’efficienza del sistema giudiziario, senza introdurre cambiamenti radicali richiesti da alcuni. Vediamo nel dettaglio le principali novità.

Ambito di applicazione: nuove regole per il rito famiglia

L’articolo 473-bis c.p.c viene modificato per ampliare e precisare i procedimenti soggetti al rito di famiglia. In particolare:

  • si aggiungono le domande di risarcimento danni per violazione dei doveri familiari;
  • si escludono i procedimenti di scioglimento della comunione legale, che saranno trattati come quelli di comunione ordinaria o ereditaria.

Un’ulteriore novità riguarda il mutamento del rito. Se un procedimento è stato avviato con modalità non conformi, il giudice, entro la prima udienza, potrà disporre il cambio di rito. Ciò garantisce che le cause non vengano respinte per mere formalità, riducendo il rischio di inammissibilità e ottimizzando i tempi processuali.

Accelerazione dei tempi nei casi di urgenza

Il giudice avrà la possibilità di abbreviare i termini fino alla metà nei casi di comprovata urgenza. Questa disposizione introdotta nell’art. 473-bis.14 c.p.c. si applica sia alla fase introduttiva del processo sia alla presentazione di memorie integrative.  

Provvedimenti temporanei e urgenti

Un’altra modifica riguarda la conferma, la modifica o la revoca dei provvedimenti indifferibili art. 473-bis.15 c.p.c. Sarà il giudice monocratico, e non più il collegio, a occuparsi di queste decisioni in udienza. L’ordinanza emessa sarà reclamabile, ma solo contestualmente ai provvedimenti temporanei e urgenti adottati nella prima udienza.

Tutela dei minori e delle parti deboli

Per i diritti indisponibili, come quelli economici legati ai figli minori, si chiarisce, tramite una modifica dell’art. 473-bis.19 c.p.c, che non si applica la decadenza per il convenuto nel proporre domande riconvenzionali. Questo garantisce una maggiore flessibilità nei casi in cui le esigenze dei minori siano coinvolte.

Inoltre, il nuovo articolo 473-bis.72 estende le norme sugli ordini di protezione per abusi familiari anche a condotte pregiudizievoli esercitate da o verso membri della famiglia diversi da coniugi, conviventi o partner uniti civilmente.

Appello e reclami: procedure più chiare

La possibilità di proporre reclami contro i provvedimenti temporanei si applica ora anche alle decisioni emesse dalla Corte d’Appello. I reclami saranno decisi dalla stessa Corte, ma in una composizione diversa. Se il numero di giudici non consente di formare un collegio separato, gli atti verranno trasmessi alla Corte d’Appello più vicina. Questa modifica dell’art. 473-bis.34 c.p.c mira a garantire uniformità e specializzazione nelle decisioni, rafforzando la tutela dei diritti delle parti.

Nuovi poteri del pubblico ministero

Il pubblico ministero potrà proporre impugnazione contro le sentenze che definiscono il giudizio, ma solo in relazione agli interessi patrimoniali dei figli minori o incapaci. Si tratta di un ulteriore passo verso una maggiore protezione delle categorie vulnerabili.

Famiglia e minori: le modifiche alle leggi speciali

Il decreto legislativo n. 164/2024 introduce rilevanti modifiche anche in diverse leggi speciali.

Separazioni e divorzi: cambiano le spese

Tra queste, spiccano interventi sul testo unico delle spese di giustizia (Dpr 115/2002).

  • Viene istituito l’articolo 8-bis, che stabilisce che nei procedimenti civili con il coinvolgimento del pubblico ministero il regime delle spese segua quello del patrocinio a spese dello Stato.
  • Per separazioni, divorzi e regolamentazione della responsabilità genitoriale su domanda congiunta, il contributo unificato sarà di 43 euro, mentre per i procedimenti contenziosi salirà a 98 euro.
  • Un nuovo Titolo V-bis regola i procedimenti per la tutela dei minori non accompagnati, esentandoli dalle spese.

Le altre modifiche

Viene abrogato l’articolo 5, comma 5, della legge sul divorzio, già integrato nel nuovo regime del Codice di procedura civile tramite l’art. 474-bis.47 c.p.c.

La riforma tocca inoltre la legge n. 184/1983 sul diritto del minore a una famiglia, specificando il ruolo del giudice tutelare e dei servizi sociali.

Si estendono infine le disposizioni unificate ai procedimenti di rettificazione di sesso e si definiscono i compiti dei notai nella tutela economica dei minori o dei soggetti protetti, garantendo maggiore trasparenza e protezione.

Criticità e prospettive future del rito di famiglia

Nonostante le migliorie apportate al rito di famiglia, alcuni aspetti restano oggetto di dibattito. In particolare, il limite imposto al reclamo dei provvedimenti indifferibili rischia di creare tensioni nei casi in cui i tribunali non rispettino la rapidità prevista.

L’esclusione dell’udienza di conciliazione, invece, anche se motivata dalla volontà di non allungare i tempi, solleva dubbi, per la possibilità di promuovere accordi tra le parti nei casi meno conflittuali.

 

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tabella unica nazionale

Tabella Unica Nazionale: risarcimento danni non patrimoniali Tabella Unica Nazionale risarcimento danni non patrimoniali: approvato il regolamento che uniforma i criteri per i danni da lesione

Tabella Unica Nazionale: approvato il regolamento

Approvata la Tabella Unica nazionale per il risarcimento dei danni non patrimoniali da lesioni gravi conseguenti a sinistri stradali e responsabilità sanitaria. Dopo quasi vent’anni di attesa e dibattiti, l’Italia si avvia così verso una regolamentazione più equa e uniforme dei risarcimenti per i danni non patrimoniali gravi.

Con l’approvazione definitiva, il 25 novembre 2024, del Regolamento recante la Tabella Unica Nazionale (TUN), il panorama normativo in materia di danno non patrimoniale subisce una significativa trasformazione.

La TUN, ossia la Tabella Unica Nazionale, prevista dall’articolo 138 del Codice delle Assicurazioni (D.Lgs. n. 209/2005), punta a uniformare i criteri di risarcimento per le lesioni fisiche e psico-fisiche gravi derivanti da sinistri stradali e responsabilità sanitaria.

L’introduzione della Tabella Unica Nazionale segna un passo fondamentale verso una maggiore equità e uniformità nel sistema risarcitorio italiano.

Sebbene ci siano ancora aspetti da perfezionare, la TUN rappresenta un esercizio di civiltà giuridica che offre nuove certezze sia ai danneggiati che agli operatori del settore.

Con questo strumento, si apre infatti la strada a una gestione più razionale e sostenibile dei risarcimenti, ponendo fine a decenni di disomogeneità e contenziosi.

Il nuovo sistema sarà applicabile ai sinistri verificatisi dopo l’entrata in vigore del regolamento, garantendo chiarezza nei tempi di attuazione.

Iter normativo: l’intervento del Consiglio di Stato

L’elaborazione della TUN ha incontrato diversi ostacoli, tra cui una sospensione significativa lo scorso febbraio, quando il Consiglio di Stato ha sollevato critiche su aspetti tecnici e giuridici del testo. Questi rilievi hanno spinto il Governo a rivedere il regolamento, senza però stravolgerne l’impianto originario.

Il risultato è un sistema tabellare che concilia i criteri previsti dall’articolo 138 con la consolidata giurisprudenza in materia di danno non patrimoniale. Il Consiglio di Stato, pur approvando il testo rivisto, ha evidenziato la necessità di mantenere un equilibrio tra la tutela dei diritti dei danneggiati e la sostenibilità economica per le imprese assicurative.

Obiettivi della Tabella Unica Nazionale

L’introduzione della TUN risponde a molteplici obiettivi.

  1. Superare le disomogeneità delle tabelle attualmente in uso, come quelle dei Tribunali di Milano e Roma.
  2. Garantire risarcimenti proporzionati e adeguati alle lesioni, riducendo disparità territoriali.
  3. Offrire parametri certi per la liquidazione dei danni, favorendo soluzioni stragiudiziali.
  4. Fornire uno strumento chiaro per avvocati, giudici, medici legali e compagnie assicurative.

Limiti delle tabelle preesistenti

Fino a oggi, l’assenza di un sistema unitario ha portato all’adozione di tabelle differenti a seconda della giurisdizione, con disallineamenti significativi, soprattutto per le lesioni più gravi. Ad esempio, mentre la tabella del Tribunale di Roma tende a riconoscere somme più alte, quella di Milano gode di un primato di applicazione grazie a un’ampia accettazione da parte della Cassazione.

Contenuti della Tabella Unica Nazionale

Il Regolamento introduce un sistema basato su coefficienti precisi che tengono conto de seguenti aspetti:

  • punti di invalidità: ogni punto, da 10 a 100, è associato a un valore economico progressivo;
  • età del danneggiato: il valore del punto diminuisce con l’aumentare dell’età;
  • danno morale: previsti incrementi percentuali in base alla gravità della lesione e alle particolari circostanze personali.

Il regolamento prevede inoltre la possibilità di personalizzare il risarcimento fino al 30% nei casi di specifiche incidenze sulle attività quotidiane o relazionali.

Allegati: strumenti di calcolo

Il Regolamento comprende allegati che dettagliano i parametri per il calcolo dei risarcimenti:

Allegato I: definisce i coefficienti moltiplicatori per determinare il valore economico di ogni punto di invalidità;

Allegato II: include tabelle che indicano il risarcimento totale, considerando età, danno biologico e morale.

Ad esempio, il valore del primo punto di invalidità per lesioni lievi è fissato a 939,78 euro (dato aggiornato al 2023). Questo importo viene poi adeguato in base ai coefficienti relativi all’età e alla gravità delle lesioni.

TUN: impatto sul sistema risarcitorio

L’approvazione della TUN introduce benefici significativi, perché un sistema tabellare unico limita le discrezionalità nelle decisioni giudiziarie, la presenza di parametri chiari agevolano la risoluzione stragiudiziale delle controversie, una maggiore prevedibilità dei costi contribuisce alla stabilità del mercato assicurativo.

Criticità e prospettive

Nonostante i progressi, permangono alcune sfide. La valutazione del danno morale e la sua correlazione con il danno psichico o relazionale possono sollevare dubbi interpretativi. Inoltre, restano da definire tabelle specifiche per le macro-invalidità superiori al 10%, un passo necessario per completare il quadro normativo.

Un’altra criticità riguarda il danno parentale, che non è stato ancora oggetto di regolamentazione uniforme. Questo aspetto potrebbe rappresentare il prossimo capitolo nella riforma del risarcimento dei danni non patrimoniali.

 

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motivazione per relationem

Motivazione per relationem: valida se esaustiva Nel processo civile, la motivazione per relationem per essere valida deve contenere in modo chiaro, univoco ed esaustivo le ragioni della decisione

Processo civile e motivazione per relationem

La motivazione per relationem per essere valida deve contenere in modo chiaro, univoco ed esaustivo le ragioni della decisione. Così la sentenza n. 28517/2024 della sezione tributaria della Cassazione.

La vicenda

Nella vicenda, l’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento, con cui rettificava, ai fini IRPEF, la dichiarazione dei redditi presentata per l’anno 2006, avendo accertato che il contribuente aveva ricevuto un bonifico di oltre un milione di euro da una società francese. Il contribuente, chiamato a rendere giustificazioni circa il detto versamento, dichiarava trattarsi di ‘giroconto fondi’ per vendita di un’abitazione. L’Ufficio acclarava, quindi, che detto importo corrispondeva, in realtà, ad utili della società distribuiti all’uomo, quale socio al 100% della società, sicchè riprendeva a tassazione il 40% dell’importo, quale reddito di capitale di fonte estera.
Il contribuente impugnava l’avviso e la CTP di Pordenone accoglieva il ricorso. L’ufficio quindi proponeva appello alla CTR la quale confermava la sentenza di prime cure e il fisco a questo punto adiva la Cassazione, lamentando nullità della sentenza in quanto sia il thema decidendum sia la motivazione risulterebbero del tutto carenti. La motivazione, in particolare, sarebbe affidata a mere clausole di stile, con rimando alla decisione di prime cure.

Motivazione per relationem

La Corte dà ragione all’Agenzia. “Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere li ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 7/4/2014 n. 8053)” affermano innanzitutto dal Palazzaccio.

Con riferimento, in particolare, “alla tecnica motivazionale per relationem – aggiunge la Corte che è stato ripetutamente affermato che –  detta motivazione è valida a condizione che i contenuti mutuati siano fatti oggetto di autonoma valutazione critica e le ragioni della decisione risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (Cass., Sez. U., 4/6/2008 n. 14814)”.

Il giudice di appello, proseguono da piazza Cavour, “è tenuto ad esplicitare le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado con riguardo ai motivi di impugnazione proposti (ex multis, Cass., 7/8/2015 n. 16612) sicché deve considerarsi nulla – in quanto meramente apparente – una motivazione per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione, come nel caso di specie, non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (ex multis, Cass. 21/9/2017 n. 22022 e Cass. 25/10/2018 n. 27112)”.

La decisione

Nel caso di specie, la CTR ha indicato in modo del tutto generico la materia del contendere, limitandosi ad affermare, apoditticamente, che le valutazioni dei giudici di primo grado fossero «ineccepibili». “Tali affermazioni, per la loro genericità, non consentono in alcun modo di apprezzare l’iter logico posto a fondamento della decisione di appello e di verificare le ragioni che hanno indotto la CTR a confermare la sentenza di primo grado”.

Da qui l’accoglimento del ricorso. Parola al giudice del rinvio.

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riforma processo civile

Riforma processo civile: ecco i nuovi correttivi In vigore dal 26 novembre 2024 il decreto legislativo sui correttivi alla riforma Cartabia del processo civile      

In vigore i nuovi correttivi alla riforma Cartabia

I correttivi alla Riforma del processo civile approvati dal Consiglio dei Ministri (atto n. 137 bis) il 26 settembre, in secondo esame preliminare, vanno a modificare il decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, meglio noto come riforma Cartabia. 

Il testo, dopo aver ricevuto il parere favorevole da parte delle Commissioni Giustizia di Camera e Senato, il 29 ottobre 2024 è stato approvato in esame definitivo dal Consiglio dei Ministri.

Il decreto (Dlgs-164/2024) recante “Disposizioni integrative e correttive al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149, recante attuazione della legge 26 novembre 2021, n. 206, recante delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonche’ in materia di esecuzione forzata” è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’11 novembre 2024, per entrare in vigore il 26 novembre 2024.

Dal provvedimento emerge un’attenzione particolare al processo di cognizione per garantire un miglior coordinamento, alla procedura di notifica delle impugnazioni, ai procedimenti che riguardano le persone e la famiglia e al processo esecutivo.

Processo civile: gli interventi

Scendendo nello specifico, vediamo quali sono i correttivi apportati al testo.

Regolamento di competenza

In relazione al regolamento di competenza il decreto prevede:

  • che l’incompetenza per materia, valore e territorio nei casi previsti dall’ 38 c.p.c siano rilevate d’ufficio con il decreto previsto dall’articolo 171-bis o, nei procedimenti ai quali non si applica l’articolo 171-bis, non oltre la prima udienza;
  • l’ampliamento da 20 a 40 giorni del termine per il deposito delle difese del resistente nel regolamento di competenza ex art. 47 c.p.c.

Digitalizzazione del processo

Sul tema della digitalizzazione del processo l’art. 123 c.p.c. sul giuramento dell’interprete e del traduttore il testo prevede che lo stesso venga prestato ai sensi dell’art. 193 c.p.c ossia nelle stesse modalità previste per il consulente con dichiarazione sottoscritta con firma digitale.

Comunicazioni e notificazioni

Il nuovo articolo 136 c.p.c prevede che qualora la comunicazione non abbia esito positivo per causa non imputabile al destinatario, si procederà con la notifica tramite ufficiale giudiziario nelle forme tradizionali. Se invece la notifica non ha esito positivo per causa imputabile al destinatario, l’atto viene inserito nel portale dei servizi telematici gestito dal Ministero della Giustizia. Le modalità per l’inserimento dell’atto nel portale saranno descritte nel nuovo articolo 149-bis.  

Cambia infatti anche la formulazione dell’articolo 149 bis c.p.c. dedicato alle notificazioni a mezzo PEC dell’ufficiale giudiziario. Il nuovo comma 2 dispone che  l’ufficiale giudiziario potrà trasmettere all’indirizzo di posta elettronica certificata del destinatario, risultante da pubblici elenchi o comunque accessibili alle pubbliche amministrazioni, la copia informatica dell’atto sottoscritta con firma digitale o, in alternativa, il duplicato informatico dell’atto stesso.

Il nuovo terzo comma dell’art. 149 bis c.p.c invece dispone che la notifica per il notificante si perfeziona quando il documento informatico da notificare è consegnato all’ufficiale giudiziario, per il destinatario invece quando il gestore di posta elettronica genera la ricevuta di avvenuta consegna.

Procedimento di cognizione ordinaria

Il nuovo comma. 3 dell’art. 163 bis c.p.c. sui termini per comparire prevede che il termine per la comunicazione del decreto del presidente che anticipa l’udienza di comparizione delle parti su richiesta del convenuto, debba essere comunicata almeno 90 giorni liberi (non 5 giorni) prima della nuova udienza fissata.

Sostituito completamente l’art 171 bis c.p.c che si occupa delle verifiche preliminari. Da segnalare i nuovi commi 4 e 5.

Il comma 4 prevede in particolare che il giudice, in presenza del presupposti di legge, possa disporre la prosecuzione del processo nelle forme del rito semplificato di cognizione, fissando l’udienza di cui all’articolo 281-duodecies e il termine perentorio entro il quale le parti possono integrare gli atti introduttivi con deposito di memorie e documenti.

Cambia anche l’art. 330 c.p.c. sulla notifica dell’impugnazione

Di estremo interesse il nuovo comma 2, che così dispone: “L’impugnazione può essere notificata collettivamente e impersonalmente agli eredi della parte defunta dopo la notificazione della sentenza, nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto dal defunto nell’atto di notificazione della sentenza ai sensi del primo comma o, in mancanza della suddetta dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio, l’impugnazione può essere notificata, ai sensi dell’articolo 170, agli eredi collettivamente e impersonalmente presso il procuratore costituito o nella residenza dichiarata o nel domicilio eletto dal defunto per il giudizio.”

Rito speciale persone, famiglia e minori

Il decreto interviene sull’articolo 473 bis in misura piuttosto corposa.

Il nuovo  comma 1 stabilisce l’ambito di applicazione delle norme contenute nel titolo IV bis:

  • procedimenti sullo stato delle persone, dei minorenni e della famiglia attribuiti al tribunale ordinario, al giudice tutelare e al tribunale per i minorenni,
  • domande di risarcimento del danno derivanti dalla violazione di doveri familiari a meno che la legge non disponga diversamente.

Da segnalare anche le modifiche che lo schema apporta agli articoli 473 bis.24, 473 bis.38, 473 bis.39, 473bis.48.

Fattura elettronica per il decreto ingiuntivo

Il decreto ingiuntivo potrà essere emesso anche sulla base delle fatture elettroniche. All’art. 634 c.p.c. dopo il primo periodo i nuovi correttivi aggiungono il seguente: “Per i crediti di cui al presente comma costituiscono inoltre prova scritta idonea le fatture elettroniche trasmesse  attraverso il Sistema di interscambio istituito dal Ministero dell’economia e delle finanze e gestito dall’Agenzia delle entrate.”

Processo di esecuzione

Il nuovo comma 2 dell’art. 492 c.p.c., che si occupa della forma del pignoramento, prevede che il pignoramento debba contenere anche l’invito al debitore ad effettuare presso la cancelliera del giudice dell’esecuzione la dichiarazione di residenza o l’elezione di domicilio in uno dei Comuni del circondario in cui si trova il giudice competente o indicare il proprio indirizzo PEC con l’avvertimento che in mancanza o in caso di irreperibilità presso la residenza al domicilio le successive notifiche saranno effettuate presso la cancelleria dello stesso giudice, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 149 bis c.p.c.

Importante anche la modifica che investe l’articolo 543 c.p.c., relativa alla forma del pignoramento nell’espropriazione presso terzi. Il nuovo sesto comma prevede che se il creditore riceve il pagamento prima della scadenza del termine prevista per il deposito della nota d’iscrizione a ruolo, lo debba comunicare immediatamente al debitore o al terzo. In questo caso, l’obbligo del terzo viene meno dal momento in cui riceve la comunicazione.

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citazione testi

Citazione testi via pec Citazione testi a mezzo pec: il correttivo Cartabia in vigore dal 26 novembre 2024 amplia i metodi di intimazione dei testimoni

Correttivo Cartabia: testi citati anche a mezzo pec

Citazione testi anche a mezzo pec: è una delle modifiche che il correttivo Cartabia ha apportato al codice di procedura civile. A tal fine, infatti, il decreto legislativo n. 164/2024, che corregge il decreto della Riforma Cartabia  n. 149/2022, interviene sul testo dell’articolo 250 c.p.c dedicato all’intimazione dei testimoni.

Il correttivo in vigore dal 26 novembre 2024 rappresenta un tassello fondamentale nell’aggiornamento delle norme del processo civile, con l’obiettivo di migliorarne efficienza e digitalizzazione.

Intimazione testi: come cambia l’art. 250 c.p.c.

Il Correttivo Cartabia non apporta modifiche al comma 1 dell’art. 250 c.p.c Questa disposizione  continua a prevedere che la notifica ai testimoni, su richiesta della parte interessata, avvenga tramite l’ufficiale giudiziario. Nello specifico, la citazione del testimone ammesso dal giudice istruttore continua a effettuarsi con intimazione a comparire nel luogo, nel giorno e nell’ora stabilita, indicando anche il giudice che assumerà la dichiarazioni testimoniale e la causa in relazione alla quale il soggetto deve essere sentito.

Il secondo comma prevede invece un elemento di novità. Esso prevede infatti che, qualora lintimazione al testimone non avvenga a mani proprie per mezzo dell’ufficiale giudiziario o per mezzo del servizio postale, alla stessa si potrà procedere anche a mezzo pec.

Cambia anche il comma 3 della norma, che d’ora in poi presenterà la seguente formulazione letterale: L’intimazione al testimone ammesso su richiesta delle parti private a comparire in udienza può essere effettuata dal difensore attraverso l’invio di copia dell’atto mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o a posta elettronica certificata  all’indirizzo risultante da pubblici elenchi.

Modificato anche il comma 4 della norma che, in conseguenza delle modifiche intervenute sui metodi per intimare i testimoni, impone al difensore di depositare la copia dellatto inviato e dellavviso di ricevimento o la ricevuta di avvenuta consegna. 

Testi citati a mezzo pec: processo telematico

La scelta di ampliare l’uso della PEC nel contesto processuale risponde alla volontà di rendere il sistema giudiziario più moderno e meno dipendente da metodi tradizionali, come fax o biglietti di cancelleria. Queste innovazioni si collocano nel quadro più ampio della digitalizzazione promossa dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), che punta a rendere il processo civile più accessibile e funzionale.

A tale fine il Correttivo ha introdotto un’altra novità significativa, sempre in materia di testimonianza. Secondo l’articolo 257-bis del codice di procedura civile, i testimoni possono ora redigere le proprie dichiarazioni su documenti informatici firmati digitalmente, che vengono trasmessi al difensore per il deposito telematico. Questa semplificazione elimina la necessità di consegnare o spedire l’atto in forma cartacea, riducendo ulteriormente i tempi e i costi.

Obiettivi del correttivo Cartabia

Il correttivo Cartabia si propone di superare alcune difficoltà applicative della riforma originaria (D. Lgs. 149/2022) e di rispondere ai contrasti interpretativi emersi nei primi mesi di attuazione. L’intervento consolida l’impianto della riforma, introducendo aggiustamenti puntuali che mirano a garantire una maggiore chiarezza normativa e a semplificare le procedure per le parti e i professionisti legali.

Tra le altre innovazioni del correttivo, si segnalano il potenziamento del rito semplificato, modifiche al recupero crediti con l’utilizzo di fatture elettroniche e l’introduzione del titolo esecutivo digitale. Questi interventi sottolineano la centralità della tecnologia nella giustizia civile, riducendo al minimo gli adempimenti burocratici e garantendo una maggiore trasparenza e tracciabilità delle comunicazioni. Un passo avanti significativo verso un sistema giudiziario più moderno, efficiente e digitalizzato, rispondendo alle esigenze di un contesto in rapida evoluzione.

 

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