casellario delle pensioni

Casellario delle pensioni: cos’è e come funziona Cosa c'è da sapere sul Casellario delle pensioni: obblighi per gli enti previdenziali, scadenze, trasmissione dati e gestione IRPEF

Casellario delle pensioni: guida Inps

Il Casellario centrale dei pensionati è un sistema informatizzato, gestito dall’INPS, finalizzato alla raccolta, conservazione e gestione dei dati relativi ai trattamenti pensionistici, siano essi obbligatori, integrativi o complementari. Il servizio consente agli enti erogatori di trasmettere in modo strutturato tutte le informazioni relative a iscrizioni, variazioni e cessazioni, secondo quanto previsto dal D.P.R. 31 dicembre 1971, n. 1388.

Cos’è il Casellario delle pensioni

Il Casellario è un archivio digitale che centralizza le informazioni sui trattamenti pensionistici percepiti dai cittadini, provenienti da più enti. L’obiettivo è garantire trasparenza e coordinamento tra le diverse gestioni previdenziali, assicurando una corretta applicazione fiscale e contributiva.

Il sistema riguarda tutte le pensioni erogate da enti pubblici e privati, inclusi gli strumenti di previdenza complementare.

A chi si rivolge il Casellario

Il servizio è destinato a una vasta gamma di gestioni previdenziali e assistenziali. In particolare, si rivolge a:

  • Assicurazione Generale Obbligatoria (AGO) per invalidità, vecchiaia e superstiti dei lavoratori dipendenti;

  • Regimi obbligatori sostitutivi dell’AGO;

  • Enti creditizi esclusi o esonerati dall’AGO;

  • Casse professionali e altri regimi obbligatori per liberi professionisti;

  • Regimi integrativi e complementari riconosciuti;

  • Enti bilaterali che erogano trattamenti pensionistici.

Come funziona: obblighi e tempistiche

Gli enti erogatori devono trasmettere i dati in modalità telematica attraverso le specifiche tecniche fornite dall’INPS. La trasmissione è articolata in due principali scadenze: annuale e trimestrale.

Comunicazione annuale (entro il 28 febbraio)

Entro la fine di febbraio di ogni anno, è obbligatorio comunicare:

  • i trattamenti pensionistici erogati nell’anno precedente;

  • i trattamenti previsti per l’anno in corso.

Questi dati consentono all’INPS di monitorare l’evoluzione delle pensioni e gestire correttamente eventuali cumuli e obblighi fiscali.

Comunicazioni trimestrali

Sono previste ulteriori scadenze, suddivise per trimestre, per comunicare:

  • nuove iscrizioni;

  • cancellazioni;

  • variazioni di importo.

Ecco il calendario dettagliato:

Periodo di riferimento Scadenza invio dati
1° gennaio – 31 marzo 30 aprile
1° aprile – 30 giugno 31 luglio
1° luglio – 30 settembre 31 ottobre
1° ottobre – 31 dicembre 31 gennaio (anno successivo)

Nota: Se non si verificano variazioni, non è necessario trasmettere comunicazioni trimestrali. L’ultima scadenza può coincidere con la trasmissione annuale.

Funzioni del Casellario

Entro giugno di ogni anno, il Casellario centrale, sulla base dei dati ricevuti, svolge funzioni di fondamentale importanza per la gestione fiscale e contributiva dei trattamenti:

  • Individua i pensionati titolari di più trattamenti;

  • Calcola l’aliquota IRPEF da applicare, con relative detrazioni;

  • Comunica agli enti erogatori le informazioni fiscali da adottare;

  • Determina il coefficiente di rivalutazione per i soggetti con cumulo di pensioni, valido dal 1° gennaio dell’anno in corso.

accompagnamento alla pensione

Accompagnamento alla pensione Accompagnamento alla pensione: cos’è, normativa di riferimento, come funziona, tipologie, compatibilità e tassazione

Accompagnamento alla pensione: cos’è

L’accompagnamento alla pensione è un insieme di strumenti e misure che consentono ai lavoratori di uscire anticipatamente dal mondo del lavoro, garantendo loro un reddito ponte fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata. Si tratta di una soluzione flessibile e complementare al sistema previdenziale, che interessa principalmente le grandi aziende in fase di ristrutturazione, ma può riguardare anche prestazioni individuali a sostegno dei lavoratori in uscita.

Con “accompagnamento alla pensione” si fa riferimento quindi a strumenti di transizione dal lavoro alla pensione, che garantiscono un sostegno economico per i lavoratori che cessano anticipatamente l’attività, ma che non hanno ancora raggiunto i requisiti per accedere alla pensione.

Tali strumenti includono:

  • isopensione (ex art. 4, L. n. 92/2012);
  • assegno straordinario dei fondi di solidarietà bilaterali (es. settore bancario);
  • contratti di espansione (Dlgs n. 148/2015);
  • ape sociale (dl n. 50/2017);
  • altre misure di accompagnamento previste nei CCNL o da accordi aziendali.

Normativa di riferimento

Le prestazioni di accompagnamento sono regolate da un quadro normativo composito. Tra i riferimenti principali:

  • legge n. 92/2012 (Riforma Fornero): istituisce l’isopensione per esuberi;
  • dlgs n. 148/2015: introduce i contratti di espansione e i fondi di solidarietà;
  • legge di Bilancio 2023 e 2024: prorogano misure come l’Ape sociale.

Come funziona l’accompagnamento alla pensione

Il funzionamento dipende dallo strumento utilizzato. In generale, il percorso prevede:

  1. l’accordo tra lavoratore e datore di lavoro (individuale o collettivo);
  2. la verifica dei requisiti (età, contributi, distanza dalla pensione);
  3. l’erogazione di un reddito ponte a carico dell’azienda o del fondo di solidarietà;
  4. la copertura contributiva figurativa da parte dell’INPS fino al pensionamento effettivo.

Le principali forme di accompagnamento alla pensione

1. Isopensione (ex art. 4, L. 92/2012)

  • riservata ad aziende con più di 15 dipendenti;
  • consente il pensionamento anticipato a coloro che hanno maturato i requisiti minimi di tipo anagrafico e contributivo per la pensione di vecchiaia (67 anni) o per la pensione anticipata  (41 anni e 10 mesi di contributi per le donne; 41 anni e 10 mesi per gli uomini) entro 7 anni dalla fine del rapporto di lavoro, fino al 2026;
  • prevede una copertura contributiva integrale da parte del datore di lavoro;
  • l’importo erogato è pari alla pensione maturata al momento dell’uscita.

2. Assegno straordinario dei fondi di solidarietà bilaterali

  • riguarda comparti regolati da fondi di solidarietà INPS (bancari, assicurativi, ecc.).
  • il lavoratore percepisce un assegno mensile fino al raggiungimento della pensione;
  • consente il pensionamento anticipato a coloro che hanno maturato i requisiti minimi di tipo anagrafico e contributivo per la pensione di vecchiaia (67 anni) o per la pensione anticipata  (41 anni e 10 mesi di contributi per le donne; 41 anni e 10 mesi per gli uomini) entro 5 anni dalla fine del rapporto di lavoro.

3. Contratto di espansione

  • riguarda aziende con almeno 50 dipendenti (soglia ridotta negli ultimi anni).
  • prevede una riduzione del personale e la formazione per i dipendenti rimanenti;
  • il lavoratore può uscire fino a 5 anni prima della pensione, con accompagnamento a carico dell’azienda e dell’INPS.

4. APE Sociale

  • prestazione assistenziale a carico dello Stato, prorogata fino al 31 dicembre 2025.
  • riguarda i lavoratori che si trovano in condizioni svantaggiate (disoccupati, caregiver, invalidi, lavori gravosi);
  • fornisce un reddito mensile massimo di 1.500 euro fino al pensionamento.

Compatibilità e tassazione

Le prestazioni di accompagnamento in genere non sono cumulabili con redditi da lavoro dipendente o autonomo, salvo deroghe previste dai contratti collettivi. L’importo percepito è assoggettato a tassazione IRPEF, come reddito assimilato a pensione.

 

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integrazione al trattamento minimo

Integrazione al trattamento minimo Integrazione al trattamento minimo: cos’è, a chi spetta e come funziona nel 2025

Integrazione al trattamento minimo: cos’è

L’integrazione al trattamento minimo rappresenta uno strumento fondamentale del sistema previdenziale italiano per garantire una tutela economica minima ai pensionati con assegni particolarmente bassi. È un intervento assistenziale che consente di elevare l’importo della pensione fino a un livello minimo fissato annualmente per legge.

L’integrazione al trattamento minimo consiste, a livello pratico, in una maggiorazione economica riconosciuta ai pensionati che percepiscono una pensione di importo inferiore al cosiddetto “trattamento minimo” previsto annualmente dall’ordinamento.

Il trattamento minimo non è una pensione a sé, ma una soglia economica al di sotto della quale lo Stato interviene integrando l’importo mensile, per garantire un livello essenziale di reddito alle persone in età pensionabile.

Normativa di riferimento

La principale norma di riferimento sull’integrazione al trattamento minimo è la Legge n. 638/1983, che ha introdotto il concetto di trattamento minimo INPS.

Come funziona l’integrazione al minimo

L’INPS provvede a integrare l’importo mensile della pensione, fino a raggiungere il trattamento minimo, se:

  • il reddito del pensionato è inferiore a determinati limiti;
  • la pensione deriva da gestioni obbligatorie (non vale per assegni sociali o pensioni integrative).

Chi ha diritto all’integrazione al minimo

L’integrazione spetta ai pensionati:

  • titolari di una o più pensioni dirette o indirette a carico dell’INPS, dai fondi speciali per gli autonomi e dai fondo esclusivi o sostitutivi dell’AGO;
  • con un reddito personale inferiore al trattamento minimo annuo;
  • che risiedono stabilmente in Italia;

Pensioni escluse dall’integrazione

L’integrazione non è prevista per i titoli di pensioni calcolate interamente con il sistema contributivo, ossia coloro che hanno versato il primo contributo pensionistico dopo il 31.12.1995.

Come si ottiene l’integrazione

L’integrazione al minimo viene riconosciuta d’ufficio dall’INPS, ma:

  • il pensionato deve dichiarare correttamente il proprio reddito (modello RED);
  • l’INPS può richiedere ulteriori documenti o controlli;
  • in caso di omissioni o irregolarità, l’integrazione può essere revocata e si può essere obbligati alla restituzione delle somme percepite indebitamente.

Integrazione trattamento minimo 2025

Per il 2025, la pensione minima, cioè l’importo più basso che si può ricevere, è stata stabilita a 603,40 euro al mese per tredici mensilità. Questa cifra è stata comunicata dall’INPS nella circolare numero 23 del 28 gennaio 2025.

Grazie a un aumento del 2,2% introdotto dalla Legge di Bilancio 2025, la pensione minima salirà a 616,67 euro al mese. Questo incremento è pensato per dare un maggiore sostegno a chi ha le pensioni più basse. È importante però sapere che questo aumento non è automatico per tutti. L’integrazione al minimo, ovvero il raggiungimento di questa cifra più alta, spetta solo a quei pensionati che rispettano specifici requisiti.

Per poter ricevere l’integrazione che porta la pensione al “minimo” stabilito, ci sono dei limiti di reddito da rispettare. Questi limiti cambiano ogni anno e dipendono da alcuni fattori importanti:

  • situazione familiare: i limiti sono diversi a seconda il soggetto sia solo o coniugato;
  • data di erogazione della pensione.

Per il 2025, i valori precisi di questi limiti sono stati aggiornati e comunicati sia dall’INPS nella circolare n. 23/2025, che abbiamo menzionato prima, sia dalla Legge di Bilancio 2025.

 

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pensionamento d'ufficio

Pensionamento d’ufficio Pensionamento d'ufficio: guida breve all'istituto riservato ai dipendenti pubblici

Pensionamento d’ufficio: cos’è

Il pensionamento d’ufficio rappresenta una particolare modalità con cui l’amministrazione pubblica colloca un dipendente in quiescenza. Si tratta, in sostanza, di un collocamento a riposo che si verifica al raggiungimento di determinati requisiti anagrafici e contributivi stabiliti dalla legge.Vediamo nel dettaglio come funziona questo istituto, la normativa di riferimento e le implicazioni pratiche per i lavoratori pubblici.

Come funziona il pensionamento d’ufficio

Con il termine pensionamento d’ufficio si intende il collocamento a riposo del dipendente pubblico da parte della Pubblica Amministrazione. Il provvedimento è adottato dall’amministrazione datrice di lavoro, una volta che il dipendente ha maturato determinati requisiti anagrafici e contributivi, previsti dalla normativa vigente.

Riferimenti normativi principali

Le disposizioni fondamentali che regolano questo istituto pensionistico per i dipendenti pubblici sono contenute in:

  • Decreto legge n. 101/2013, convertito in legge n. 125/2013, che contiene le “Disposizioni urgenti per il perseguimento di obiettivi di razionalizzazione nelle pubbliche amministrazioni;
  • Decreto legge n. 90/2014 che contiene Misure urgenti per la semplificazione e la trasparenza amministrativa e per l’efficienza degli uffici giudiziari;
  • Circolari INPS e direttive della Funzione Pubblica, che forniscono istruzioni operative.

Quando scatta il pensionamento d’ufficio

Il collocamento a riposo d’ufficio può avvenire in due ipotesi:

1. Al compimento dell’età per la pensione di vecchiaia

Attualmente, secondo quanto stabilito dalla legge, il pensionamento d’ufficio può avvenire:

  • Al raggiungimento di 67 anni di età e almeno 20 anni di contributi (requisiti per la pensione di vecchiaia), in base alla normativa vigente (aggiornata al 2025, con eventuali adeguamenti alla speranza di vita ISTAT).

2. Al compimento dei limiti ordinamentali di età del comparto

In alcuni comparti pubblici, come ad esempio la scuola, le forze armate o la magistratura, sono previsti limiti ordinamentali di età specifici, che possono essere anche inferiori ai 67 anni. In questi casi, il collocamento a riposo scatta automaticamente al raggiungimento del limite previsto dal proprio ordinamento di categoria.

Pensione d’ufficio: serve la domanda del dipendente?

No, il dipendente pubblico non deve presentare alcuna domanda per il pensionamento d’ufficio.

È l’amministrazione che, verificati i requisiti anagrafici e contributivi, emette un provvedimento formale di collocamento a riposo, notificandolo al lavoratore. Tuttavia, è consigliabile che il dipendente verifichi la propria posizione contributiva attraverso il portale INPS o con l’assistenza di un patronato, per evitare eventuali errori o ritardi nell’erogazione del trattamento pensionistico.

Il dipendente può opporsi al pensionamento d’ufficio?

In linea generale, non è previsto un diritto soggettivo alla prosecuzione del servizio oltre i limiti di legge, salvo eccezioni specifiche o deroghe normative. Tuttavia:

  • alcuni ordinamenti prevedono la possibilità di proroga fino a 70 anni per esigenze di servizio o per consentire il raggiungimento dei requisiti pensionistici;
  • il lavoratore può presentare istanza motivata di permanenza in servizio, ma spetta all’amministrazione decidere se accoglierla o meno, sulla base di valutazioni organizzative.

Differenza tra pensionamento d’ufficio e su domanda

Caratteristica

Pensionamento d’ufficio

Pensionamento su domanda

Iniziativa

Della Pubblica Amministrazione

Del dipendente

Requisiti

Età e contribuzione secondo legge

Requisiti previsti (es. anticipata, opzione donna)

Istanza del lavoratore

Non necessaria

Obbligatoria

Possibilità di rifiuto

No (salvo deroghe specifiche)

Il dipendente decide liberamente

Cosa deve fare il lavoratore in vista del pensionamento d’ufficio

Sebbene il pensionamento avvenga senza richiesta, il lavoratore deve:

  • monitorare la propria posizione INPS, per evitare discrepanze nei contributi;
  • verificare la comunicazione dell’amministrazione, che deve avvenire con congruo anticipo;
  • fornire eventuale documentazione integrativa, se richiesta dall’ente per la liquidazione del trattamento.

 

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indennizzo commercianti

Indennizzo commercianti Indennizzo commercianti 2025: cos’è, natura e importo, a chi spetta, requisiti, come funziona, importo e casi di esclusione

Indennizzo cessazione dell’attività commerciale

L’indennizzo per la cessazione dell’attività commerciale, definito sinteticamente indennizzo commercianti, è una prestazione economica erogata dall’INPS a favore di determinati lavoratori autonomi del commercio, che decidono di chiudere definitivamente la propria attività prima di raggiungere i requisiti pensionistici ordinari. Si tratta di una misura pensata per tutelare i commercianti in età avanzata, che cessano anticipatamente il proprio lavoro. Vediamo nel dettaglio che cos’è l’indennizzo commercianti, chi può richiederlo, come funziona e cosa cambia nel 2025.

Natura e importo dell’indennizzo commercianti

L’indennizzo è una prestazione mensile di natura assistenziale, introdotta inizialmente in via sperimentale con il D.lgs. n. 207/1996 e poi resa strutturale dalla Legge n. 145/2018 (Legge di Bilancio 2019). La misura è gestita dall’INPS e destinata agli iscritti al fondo commercianti che cessano definitivamente l’attività. L’importo dell’indennizzo corrisponde al trattamento minimo di pensione previsto per ciascun anno.

Normativa di riferimento

Le principali fonti normative sono:

  • D.lgs. 28 marzo 1996, n. 207 (istituzione dell’indennizzo).
  • Legge 30 dicembre 2018, n. 145, art. 1, comma 283 (stabilizzazione della misura);
  • Circolare INPS n. 77/2019.

Chi ha diritto all’indennizzo commercianti

L’indennizzo INPS spetta ai:

  • titolari  o coadiutori/coadiutrici di attività commerciale al minuto, anche in forma di  somministrazione di alimenti e bevande e quali che esercitano du aree pubbliche;
  • gli esercenti di attività di somministrazione al pubblico di alimenti e di bevande;
  • gli agenti e i rappresentanti di commercio iscritti alla gestione commercianti INPS.

Requisiti principali:

  • Compimento
    • di 62 anni di età per gli uomini;
    • di 57 anni per le donne.
  • Contributi:
    • almeno 5 anni di iscrizione alla gestione commercianti INPS (anche non continuativi).
  • Cessazione definitiva dell’attività:
    • con chiusura della partita IVA e con cancellazione dal registro delle imprese e dal REA;
    • il richiedente infine non deve svolgere alcuna attività lavorativa successiva, nemmeno in forma occasionale o parasubordinata. Se si riprende l’attività occorre comunicarlo all’INPS entro 30 giorni.

Come funziona l’indennizzo

L’indennizzo è richiedibile tramite portale INPS, utilizzando le credenziali SPID, CIE o CNS. La procedura online prevede:

  1. Verifica dei requisiti anagrafici e contributivi;
  2. Presentazione telematica della domanda;
  3. Controllo da parte dell’INPS sull’effettiva cessazione dell’attività.

L’indennizzo decorre dal primo giorno del mese successivo alla cessazione dell’attività ed è erogato mensilmente fino al compimento dell’età prevista per la pensione di vecchiaia (attualmente 67 anni sia per gli uomini che per le donne).

Importo dell’indennizzo commercianti

L’importo mensile è pari al trattamento minimo INPS, aggiornato annualmente. Nel 2025, l’importo è di 603,40 euro

L’indennizzo non è cumulabile con altri redditi da lavoro, ma non è incompatibile con trattamenti pensionistici diretti e indiretti come la pensione anticipata, la pensione di inabilitò e l’assegno di invalidità.

Casi di esclusione

L’indennizzo non spetta se:

  • il richiedente continua a lavorare in qualsiasi forma;
  • non vi è cessazione definitiva dell’attività;
  • mancano i 5 anni di iscrizione alla gestione commercianti;
  • l’età è inferiore alla soglia minima.

 

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pagamento pensioni

Pagamento pensioni all’estero: attestazioni entro il 18 luglio L'INPS comunica che ai fini del pagamento delle pensioni all'estero l'invio delle attestazioni di esistenza in vita va effettuato entro il 18 luglio 2025

Pagamento pensioni INPS all’estero

Pagamento pensioni: l’INPS ha comunicato, con il messaggio n. 1419 del 5 maggio 2025, che i pensionati italiani residenti all’estero coinvolti nella campagna di accertamento dell’esistenza in vita per il biennio 2025-2026 dovranno far pervenire la relativa attestazione entro e non oltre il 18 luglio 2025, al fine di garantire la continuità dei pagamenti pensionistici.

Più tempo dunque per la prima fase di verifica che interessa i pensionati residenti in America, Asia, Estremo Oriente, Paesi scandinavi, Stati dell’Europa dell’Est e aree limitrofe. Le attestazioni dovranno essere inviate a Citibank N.A., secondo le modalità indicate nel modulo trasmesso ai destinatari da parte dell’Istituto previdenziale.

L’obiettivo della procedura è duplice: da un lato evitare l’erogazione indebita a soggetti deceduti, dall’altro assicurare la regolarità amministrativa dei flussi pensionistici. Il mancato invio dell’attestazione nei termini previsti può comportare la sospensione dell’erogazione della pensione.

Seconda fase accertamento esistenza in vita

La successiva fase di verifica sarà avviata a partire dal 17 settembre 2025 e proseguirà fino al 15 gennaio 2026, coinvolgendo i pensionati residenti in Europa (esclusi i Paesi della prima fase), Africa e Oceania. Anche in questo caso, gli interessati riceveranno apposita comunicazione e saranno tenuti a trasmettere l’attestazione di esistenza in vita entro la data indicata.

isopensione

Assegno di esodo (isopensione) Isopensione o assegno di esodo: cos'è, normativa di riferimento, come funziona, vantaggi e svantaggi, come fare domanda

Cos’è l’isopensione

L’assegno di esodo, noto anche come isopensione, è uno strumento di flessibilità in uscita introdotto dall’art. 4, commi da 1 a 7-ter della legge 28 giugno 2012, n. 92 (cd. Riforma Fornero), destinato ai lavoratori del settore privato prossimi alla pensione, per agevolare la transizione verso il trattamento pensionistico. L’isopensione è quindi una forma di accompagnamento alla pensione anticipata attraverso un accordo aziendale.L’istituto consente, a fronte della sottoscrizione di un’intesa tra azienda e sindacati, il collocamento anticipato del lavoratore rispetto alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia o anticipata, mediante l’erogazione di un assegno pari alla pensione maturata al momento dell’uscita.

Normativa di riferimento

La disciplina è contenuta nell’articolo 4 della legge n. 92/2012, come successivamente modificata. L’istituto è stato prorogato fino al 2026, con la possibilità di utilizzo dell’isopensione alle aziende con più di 15 dipendenti.

Requisiti per accedere all’isopensione

Per poter usufruire dell’assegno di esodo, è necessario che:

  • l’impresa abbia più di 15 dipendenti;
  • venga sottoscritto un accordo aziendale con le rappresentanze sindacali sull’esodo incentivato;
  • il lavoratore maturi il diritto alla pensione entro 7 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro (dal 2018 al 2026);
  • l’impresa garantisca la copertura economica dell’assegno mensile e della contribuzione figurativa fino al pensionamento del lavoratore.

Come funziona l’isopensione

  1. Accordo sindacale: l’azienda stipula un accordo collettivo sull’esodo con le organizzazioni sindacali.
  2. Comunicazione all’INPS: l’accordo e le informazioni sui lavoratori coinvolti vengono trasmesse all’INPS.
  3. Accettazione individuale: ogni lavoratore aderisce su base volontaria.
  4. Erogazione dell’assegno: una volta cessato il rapporto di lavoro, l’azienda versa all’INPS i fondi necessari per corrispondere al lavoratore l’assegno mensile (di importo pari alla pensione calcolata al momento dell’esodo) fino alla maturazione del diritto alla pensione.
  5. Contribuzione figurativa: l’INPS accredita i contributi figurativi, necessari per garantire la maturazione del diritto alla pensione.

Durata massima 

La durata dell’isopensione può estendersi fino a sette anni (in origine erano quattro), purché il lavoratore maturi il diritto a uno dei trattamenti pensionistici entro tale termine. La decorrenza dell’assegno si interrompe con l’accesso effettivo alla pensione.

Vantaggi e svantaggi

Vantaggi:

  • per il lavoratore: la possibilità di uscita anticipata e tutela del reddito e della contribuzione;
  • per l’azienda: la gestione agevolata del turn-over e riduzione controllata del personale.

Svantaggi:

  • per l’impresa: gli elevati costi finanziari legati alla garanzia dell’erogazione dell’assegno e dei contributi;
  • per il lavoratore:  assenza di rivalutazione automatica dell’assegno, non reversibilità ai superstiti e perdita di alcuni trattamenti familiari.

Come fare domanda

La domanda di accesso all’isopensione non è individuale ma è promossa dall’azienda, che deve:

  1. sottoscrivere un accordo aziendale con le rappresentanze sindacali;
  2. trasmettere l’accordo all’INPS per la verifica della sostenibilità dell’intervento;
  3. richiedere l’autorizzazione al trattamento di isopensione;
  4. garantire i fondi com fideiussione bancaria;
  5. raccogliere le adesioni volontarie dei lavoratori interessati;
  6. presentare la domanda definitiva all’INPS.

Il lavoratore, a sua volta, non deve inoltrare alcuna domanda diretta all’INPS ma solo sottoscrivere la propria adesione al piano.

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pensioni di guerra

Pensioni di guerra Pensioni di guerra: cosa sono, a chi spettano, procedura per il riconoscimento, domanda e importi aggiornati al 2025

Cos’è la pensione di guerra

Le pensioni di guerra sono prestazioni economiche riconosciute dallo Stato italiano come forma di risarcimento e tutela per coloro che hanno subito menomazioni fisiche o psichiche in conseguenza diretta di eventi bellici, nonché per i familiari superstiti delle vittime. Si tratta di un istituto storico, previsto e regolamentato da una complessa normativa speciale che affonda le radici nel primo dopoguerra.

La pensione di guerra quindi è un trattamento economico di natura risarcitoria e non previdenziale, corrisposto in favore di:

  • militari o ex militari (o loro familiari) colpiti da lesioni o infermità in occasione di conflitti armati;
  • civili che abbiano subito danni permanenti a causa di eventi bellici (bombardamenti, combattimenti, operazioni militari);
  • familiari di caduti in guerra, anche in tempo di pace, se la morte è avvenuta in conseguenza diretta di fatti di servizio.

Normativa di riferimento

Le pensioni di guerra sono disciplinate principalmente dalle seguenti normative:

  • Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra (D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915): aggiornato con modifiche successive;
  • Legge 11 febbraio 1980, n. 18: che disciplina l’indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili;
  • Leggi di bilancio annuali: per la definizione degli importi e degli adeguamenti;
  • Circolari esplicative della Direzione generale del Tesoro (MEF).

Requisiti riconoscimento pensioni di guerra 

Per accedere alla pensione di guerra, il richiedente deve dimostrare:

  • un’incapacità permanente (fisica o psichica) derivante direttamente da eventi bellici, riconosciuti tramite accertamento medico-legale;
  • che il danno è riconducibile a causa di guerra, in attività di servizio o in conseguenza di atti ostili durante conflitti armati;
  • in caso di superstiti, la parentela diretta con il deceduto (coniuge, figli minori, inabili, genitori, fratelli conviventi inabili).

Come funzionano le pensioni di guerra

L’iter per il riconoscimento della pensione di guerra si articola in varie fasi:

  1. domanda amministrativa da presentare alla Direzione comopetente del Ministero dell’Economia e delle Finanze, compilando il modulo disponibile sul sito del MEF;
  2. accertamento medico-legale da parte della Commissione Medica INPS; 
  3. attribuzione della categoria di invalidità, espressa in ottavi (da 1/8 a 8/8), che determina l’importo della pensione;
  4. erogazione della pensione, esente da IRPEF e cumulabile con altri trattamenti pensionistici.

Pensioni di guerra: chi ne ha diritto

La pensione di guerra può essere concessa a:

  • invalidi militari di guerra, compresi quelli dell’Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri, Guardia di Finanza, Polizia;
  • civili invalidi di guerra, tra cui: vittime di bombardamenti, deportati nei campi di concentramento, feriti da ordigni o esplosioni belliche;
  • vedove e orfani di caduti in guerra.

Ereditarietà della pensione di guerra

Le pensioni di guerra non sono trasmissibili per successione ereditaria, ma sono reversibili ai superstiti qualora risultino a carico del dante causa alla data del decesso. La reversibilità segue uno specifico ordine di priorità previsto dalla normativa:

  1. coniuge superstite;
  2. figli minori di anni 21, figli studenti universitari fino a 26 anni, maggiorenni inabili in condizioni economiche disagiate.

Importi aggiornati  al 2025

Gli importi delle pensioni di guerra vengono aggiornati annualmente secondo l’indice ISTAT.  Per il 2025 è stato previsto l’adeguamento automatico del 4,49%.

Questi gli importi mensili dei trattamenti pensionistici di guerra diretti e indiretti vigenti.

PENSIONI DIRETTE

PENSIONI INDIRETTE

1ª cat. 748,34

Orfani- vedove/i di guerra/ invalidi di 1ª cat: 424,75

2ª cat.: 673,36

Maggiorazione: 105,16

3ª cat.: 597,61

2ª cat.: 247,17

4ª cat.: 524,59

3ª cat.: 218,42

5ª cat.: 449,62

4ª cat.: 191,72

6ª cat.: 374,81

5ª cat.: 164,43

7ª cat.: 299,74

6ª cat.: 136,96

8ª cat.: 224,78

7ª cat.: 125,76

incollocabili: 1.179,72

8ª cat. : 122,35

assegno integrativo 1ª cat.: 215,69

Assegno supplementare 1ª cat. per vedovi/e: 107,86

Tali importi possono essere maggiorati da indennità aggiuntive, tra cui:

  • indennità speciale mensile,
  • indennità di assistenza continuativa,
  • maggiorazioni per superinvalidità (es. cecità, amputazioni, paralisi).

Come fare domanda

Le domande, così come le varie istanze relative alla pensione, vanno presentata alle Ragioneria Territoriale dello Stato competente per provincia.

All’istanza occorre allegare la seguente documentazione:

  • certificazione medica dettagliata,
  • documentazione storica militare o civile,
  • stato di famiglia e documenti identificativi.

Per maggiori dettagli e per reperire la modulistica necessaria si consiglia di consultare il sito del Ministero dell’Economia e delle Finanze.

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previdenza complementare

La previdenza complementare Previdenza complementare: cos’è, a cosa serve, normativa, come e perché aderire, vantaggi, svantaggi e adesione tacita

Cos’è la previdenza complementare

La previdenza complementare è un sistema di risparmio a lungo termine finalizzato a integrare la pensione pubblica obbligatoria erogata dall’INPS. Si tratta di una forma di previdenza volontaria, disciplinata da un complesso quadro normativo che mira a garantire maggiore sicurezza economica al termine della vita lavorativa, soprattutto in considerazione del progressivo abbassamento dei livelli pensionistici.

Detta anche secondo pilastro previdenziale, la previdenza complementare è un sistema pensionistico integrativo rispetto alla pensione pubblica, basato sull’adesione volontaria a forme pensionistiche collettive o individuali. L’obiettivo è quello di costituire una rendita integrativa che si aggiunge a quella derivante dal sistema pensionistico obbligatorio, garantendo un tenore di vita più stabile e adeguato dopo il pensionamento.

Normativa di riferimento

Il principale riferimento normativo in materia è il decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, che disciplina:

  • le forme pensionistiche complementari;
  • le modalità di adesione;
  • il trattamento fiscale;
  • la vigilanza e tutela degli aderenti.

L’ente preposto alla vigilanza del settore è la COVIP (Commissione di Vigilanza sui Fondi Pensione), mentre l’INPS svolge funzioni informative e di raccordo con il primo pilastro.

Come aderire alla previdenza complementare

Vediamo ora come aderire alla previdenza complementare e per quali ragioni.

Modalità di adesione

L’adesione può avvenire in due modalità:

  • collettiva, tramite contratti collettivi nazionali di lavoro (CCNL) o accordi aziendali, con destinazione del TFR (trattamento di fine rapporto) a un fondo pensione di categoria;
  • individuale, su iniziativa del singolo lavoratore, scegliendo un fondo aperto o un PIP (piano individuale pensionistico).

È possibile aderire:

  • al momento dell’assunzione, nel caso dei lavoratori dipendenti;
  • in qualsiasi momento della carriera lavorativa, per autonomi, parasubordinati o liberi professionisti.

Perché aderire

Le ragioni principali che spingono a scegliere la previdenza complementare sono:

  • il progressivo ridimensionamento delle pensioni pubbliche (sistema contributivo);
  • la necessità di pianificare un futuro finanziario più sicuro;
  • i vantaggi fiscali;
  • la possibilità di richiedere anticipazioni per spese sanitarie, acquisto prima casa, ecc00

I vantaggi della previdenza complementare

  1. Vantaggi fiscali:
    • Le somme versate sono deducibili dal reddito imponibile fino a un massimo di 5.164,57 euro annui.
    • Tassazione agevolata della rendita o del capitale al momento della prestazione (dal 15% al 9% in base agli anni di permanenza nel fondo).
  1. Gestione professionale del risparmio:
    • I fondi sono gestiti da società autorizzate e vigilate, con profili di rischio diversificati.
  1. Flessibilità e anticipazioni:
    • È possibile richiedere anticipazioni fino al 75% della posizione maturata per esigenze personali, acquisto prima casa, spese sanitarie o altre necessità.
  1. Portabilità e continuità:
    • In caso di cambio lavoro o interruzione, è possibile trasferire la posizione previdenziale.
  1. Complementarità con il TFR:
    • La previdenza complementare consente un impiego produttivo del TFR, che altrimenti resterebbe presso il datore di lavoro.

Svantaggi e criticità

Come ogni forma di investimento, la previdenza complementare presenta anche alcuni aspetti critici da valutare attentamente:

  • vincoli temporali: i fondi sono pensati per il lungo periodo, quindi i capitali sono generalmente non disponibili fino al pensionamento;
  • rendimento incerto: essendo strumenti finanziari, i rendimenti possono variare in base all’andamento dei mercati;
  • costi di gestione: alcuni fondi possono avere oneri amministrativi elevati, che riducono il rendimento netto;
  • limitata accessibilità in caso di emergenza: le somme non sono liquidabili liberamente, salvo nei casi previsti dalla legge.

La previdenza complementare è obbligatoria?

La previdenza complementare non è obbligatoria. Tuttavia, vi sono alcune situazioni in cui il silenzio del lavoratore può produrre effetti:

  • in caso di mancata scelta esplicita sulla destinazione del TFR entro sei mesi dall’assunzione, esso viene conferito automaticamente al fondo pensione previsto dal contratto collettivo applicato.

Pertanto, anche se formalmente volontaria, l’adesione può avvenire in forma tacita.

 

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Ecocert Inps

EcoCert INPS EcoCert INPS: cos'è, a cosa serve, come richiederlo, tempi di rilascio, valore giuridico e differenze con l'EcoMar

Cos’è l’EcoCert INPS

L’EcoCert, acronimo di Estratto Conto Certificativo, è un documento rilasciato dall’INPS che attesta, in maniera ufficiale, la posizione assicurativa e contributiva del lavoratore. Si tratta di uno strumento essenziale per chi intende pianificare il proprio accesso alla pensione, in quanto consente di verificare con certezza i contributi previdenziali accreditati e il diritto alla prestazione pensionistica.

A cosa serve l’EcoCert INPS?

L’EcoCert è diverso dal semplice estratto conto contributivo visualizzabile nel portale MyINPS: mentre quest’ultimo ha un valore meramente informativo, l’EcoCert ha valore certificativo. In altre parole, si tratta di un documento ufficiale, firmato digitalmente dall’INPS, che riconosce formalmente i periodi contributivi validi ai fini pensionistici. Viene utilizzato:

  • per controllare l’esattezza dei contributi versati;
  • per pianificare con precisione l’età e la decorrenza della pensione;
  • per procedere con eventuali ricongiunzioni, riscatti o totalizzazioni;
  • in sede di consulenza con patronati o consulenti del lavoro.

È valido sia per i lavoratori privati sia per i dipendenti pubblici.

Chi può richiederlo

Può richiedere l’EcoCert qualsiasi soggetto iscritto ad almeno una gestione previdenziale dell’INPS, sia in qualità di lavoratore dipendente che autonomo. La richiesta può essere presentata:

  • dal diretto interessato;
  • da un soggetto delegato;
  • tramite patronati accreditati.

Non è necessario aver raggiunto l’età pensionabile: la richiesta può essere avanzata in qualunque momento della carriera lavorativa, soprattutto se si intende verificare la correttezza della propria posizione assicurativa o programmare interventi correttivi.

Come ottenere l’EcoCert INPS

La procedura per richiedere l’EcoCert è semplice e si svolge in modalità telematica. Ecco i passaggi principali:

  1. Accesso al sito INPS – collegarsi al portale www.inps.it con le proprie credenziali SPID, CIE o CNS;
  2. Ricerca del servizio – nella barra di ricerca, digitare “Estratto Conto Certificativo”;
  3. Selezionare la voce “Estratto conto certificativo (EcoCert ed EcoMar)”;
  4. Cliccare su “Utilizza servizio”;
  5. Nella pagina successiva scegliere “Estratto conto per i cittadini” (l’altra opzione è per i patronati);
  6. Cliccare su “Utilizza servizio”:
  7. Presentazione della domanda – seguire le istruzioni guidate per inoltrare la richiesta online.
  8. Ricezione dell’EcoCert – Il documento viene inviato al cittadino tramite PEC o reso disponibile nell’area personale MyINPS, firmato digitalmente.

È possibile anche presentare la richiesta tramite un patronato che seguirà la pratica in nome e per conto del lavoratore.

Quanto tempo ci vuole per avere l’EcoCert?

L’INPS, a seguito della richiesta, impiega in media 30-60 giorni lavorativi per elaborare e rilasciare l’EcoCert, ma i tempi possono variare in base alla complessità della posizione contributiva del soggetto richiedente e alla mole di richieste in carico agli uffici. In alcuni casi, se sono necessarie verifiche su più gestioni o periodi particolarmente risalenti, i tempi possono allungarsi ulteriormente.

Valore giuridico del documento

L’EcoCert ha valore certificativo e, pertanto, costituisce un documento ufficiale dell’INPS che fotografa in modo fedele e verificato la situazione contributiva del lavoratore. Non è un atto definitivo ma rappresenta la base su cui l’Istituto calcolerà l’accesso alla pensione. Eventuali errori o omissioni possono essere corretti, ma è essenziale segnalarli tempestivamente.

L’INPS è obbligato per legge a rilasciare l’estratto conto certificativo su richiesta dell’interessato. L’ente infatti deve fornire, in modo trasparente, l’elenco dettagliato dei periodi assicurativi, delle retribuzioni e della contribuzione versata o accreditata.

Differenza tra EcoCert ed EcoMar

Oltre all’EcoCert, esiste anche l’EcoMar (Estratto Conto Certificativo Marittimi), rivolto specificamente ai lavoratori del settore marittimo. Entrambi hanno la medesima funzione certificativa, ma si differenziano per la gestione previdenziale di riferimento.

 

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