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Decreto giustizia: tutte le novità Decreto giustizia n. 178/2024: tutte le novità sulle misure per la giustizia, sulla tutela delle vittime, e sulle riforme della magistratura

Decreto giustizia: in Gazzetta il DL n. 178/2024

Il Decreto giustizia n. 178/2024, contenente “Misure urgenti in materia di giustizia”, approda sulla Gazzetta Ufficiale n. 280 del 29 novembre 2024 ed entra in vigore il 30 novembre. Questo provvedimento, composto da 11 articoli, introduce diverse disposizioni per rafforzare il sistema giudiziario. Il testo dedica anche particolare attenzione alla tutela delle vittime di violenza di genere, alla gestione delle misure cautelari e all’organizzazione interna della magistratura.

Vittime di violenza: novità sul braccialetto elettronico

Il decreto giustizia potenzia gli strumenti a disposizione dell’autorità giudiziaria per proteggere le vittime di violenza di genere e atti persecutori. In particolare, vengono perfezionate le norme sulle modalità di utilizzo del braccialetto elettronico. La polizia giudiziaria, prima che il giudice decida la misura cautelare, deve verificare la fattibilità tecnica e operativa dello strumento.

Questo controllo tiene conto dei seguenti aspetti:

  • caratteristiche dei luoghi coinvolti;
  • distanze e copertura della rete;
  • qualità del collegamento e tempi di invio dei segnali;
  • capacità gestionale dello strumento.

Un rapporto dettagliato su queste verifiche deve essere trasmesso all’autorità giudiziaria entro 48 ore. Se il braccialetto non è tecnicamente od operativamente idoneo, il giudice può adottare misure più severe, anche in combinazione con quelle già in atto.

In caso di violazioni gravi o reiterate delle prescrizioni imposte, il giudice ha la facoltà di revocare gli arresti domiciliari e optare per la custodia cautelare in carcere.

Proroga elezioni giudiziarie e misure per la magistratura

Un’altra importante disposizione del decreto giustizia riguarda la proroga delle elezioni per i Consigli giudiziari e il Consiglio direttivo della Corte di Cassazione, ora fissate per aprile 2025. Questa decisione permette di riallineare le date elettorali alle recenti modifiche normative e assicurare una gestione più fluida delle procedure di rinnovo.

Il decreto modifica inoltre i criteri per il conferimento degli incarichi direttivi di legittimità, riservandoli ai magistrati che garantiranno almeno due anni di servizio prima del collocamento a riposo, anziché quattro.

In vista della piena operatività del nuovo Tribunale per le persone, i minorenni e la famiglia, si introduce una deroga temporanea ai limiti di permanenza nell’incarico per i magistrati già assegnati a procedimenti familiari. Questa misura intende incentivare l’integrazione dei magistrati esperti nella nuova struttura.

Formazione e impiego dei giudici onorari

Per accelerare i conferimenti di incarichi direttivi e semidirettivi, l’obbligo di frequenza dei corsi di formazione viene posticipato all’avvenuto conferimento dell’incarico, da completare entro sei mesi. Tale modifica riduce i tempi burocratici, agevolando una più rapida assegnazione delle responsabilità.

Il periodo di assegnazione dei giudici onorari di pace all’ufficio del processo è ridotto da due anni a uno. Questa decisione punta a rendere più efficiente l’impiego delle risorse selezionate, velocizzando il loro contributo concreto all’attività giudiziaria.

Emergenza carceraria ed edilizia penitenziaria

Tra le misure adottate spiccano le modifiche alla disciplina del Commissario straordinario per l’edilizia penitenziaria. L’obiettivo è affrontare con maggiore efficienza la crisi del sistema carcerario, migliorando le strutture e ottimizzando l’allocazione delle risorse.

Insolvenza, INAIL e lavori di pubblica utilità

Il provvedimento chiarisce alcune disposizioni transitorie relative al Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza. Inoltre, si introducono misure specifiche per estendere la copertura INAIL ai soggetti impegnati in lavori di pubblica utilità. Questa previsione amplia le tutele per i lavoratori, garantendo un maggiore riconoscimento della loro attività.

Temi esclusi dal decreto giustizia

Nonostante le aspettative iniziali, il testo definitivo del decreto non include norme riguardanti gli illeciti dei magistrati. Le polemiche suscitate dalla proposta di introdurre nuove fattispecie di illeciti disciplinari hanno portato alla loro esclusione.

Allo stesso modo, non sono state inserite le norme sulla cybersicurezza, che avrebbero attribuito al procuratore nazionale Antimafia e Antiterrorismo funzioni di impulso per reati informatici.

 

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indulto

Indulto: guida completa Indulto: disciplinato dall’art. 174 c.p. è un provvedimento generale che condona in tutto o in parte la pena o la trasforma in un’altra specie

Cos’è l’indulto

L’indulto è una misura di clemenza che può essere concessa dallo Stato per ridurre, estinguere o commutare le pene inflitte a chi ha commesso reati, ma solo in determinate circostanze. Trattasi di un provvedimento di clemenza che consente infatti la riduzione, l’estinzione  e la commutazione della pena inflitta per determinati reati in un’altra specie di pena.

Esso è concesso dal Presidente della Repubblica ma, a differenza della grazia, che viene concessa  in relazione a casi singoli, l’indulto ha un carattere collettivo e si applica a categorie di detenuti.

Art. 79 della Costituzione: votazione e limiti di legge

L’istituto è previsto dall’articolo 79 della Costituzione, che definisce le modalità di approvazione della legge che lo contempla e i limiti applicativi. La norma recita infatti testualmente: “Lamnistia e l’indulto sono concessi con legge deliberata a maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in ogni suo articolo e nella votazione finale. La legge che concede l’amnistia o l’indulto stabilisce il termine per la loro applicazione. In ogni caso l’amnistia e l’indulto non possono applicarsi ai reati commessi successivamente alla presentazione del disegno di legge.” 

Articolo 174 c.p.: disciplina

L’indulto  disciplinato dall’articolo 174 del Codice penale, che stabilisce le modalità di applicazione e le condizioni necessarie per il suo utilizzo. Per prima cosa lo stesso può essere concesso per le pene detentive e pecuniarie. Esso non estingue infatti le pene accessorie e neppure gli altri effetti penali della sentenza di condanna, a mano che la legge che lo prevede non disponga diversamente.

Esso ha inoltre efficacia per:

  • reati non gravi: esclusi quindi quelli più gravi come i crimini legati a terrorismo, mafia, omicidi, ecc.;
  • pene detentive e pecuniarie: nel senso che il beneficio può riguardare sia le pene privative della libertà che quelle pecuniarie, riducendole o estinguendole in determinate proporzioni. Non vengono meno invece le misure di sicurezza e le pene accessorie.

Condizioni per la concessione dell’indulto

Questo beneficio non viene mai concesso in modo automatico. Le condizioni sono stabilite da apposite leggi, che determinano chi può beneficiarne. La legge deve infatti indicare nel dettaglio:

  • quali reati che sono esclusi dall’applicazione dell’indulto;
  • i limiti di pena per cui può essere concesso beneficio;
  • le categorie di detenuti a cui si può applicare.

Inoltre, la sua concessione deve essere preceduta da una valutazione politica, che prende in considerazione le circostanze storiche, sociali e giuridiche del momento.

Giurisprudenza della Cassazione

La Corte di Cassazione ha più volte esaminato l’indulto, con particolare attenzione agli ambiti di applicazione e alle modalità di calcolo delle pene. Una delle questioni più dibattute è se l’indulto possa estinguere completamente una pena, anche se il condannato ha commesso reati di grave entità.

In una sentenza del 2018, la Cassazione ha chiarito che l’indulto si applica solo se la pena inflitta è compatibile con la misura dell’indulto, stabilita dalla legge. La Corte ha ribadito che l’indulto non può mai essere applicato ai reati di terrorismo e mafia, come previsto espressamente dalla legge.

Un altro aspetto trattato dalla giurisprudenza riguarda la sospensione condizionale della pena: se la pena è già sospesa, l’indulto non può essere applicato automaticamente. In questo caso, il condannato potrebbe perdere il beneficio della sospensione se non adempie a determinati requisiti previsti dal giudice.

 

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servizi sociali

Servizi sociali anche per violenza sessuale La Cassazione chiarisce che può essere concesso l'affidamento ai servizi sociali anche per il reato ex art. 609-bis c.p.

Affidamento ai servizi sociali

Sì all’affidamento ai servizi sociali al soggetto che si è macchiato del reato di violenza sessuale (ex art. 609 bis c.p.). Così la prima sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 17374/2024.

La vicenda

Nella vicenda, iI Tribunale di sorveglianza di Torino respingeva l’istanza di differimento pena ai sensi dell’art. 147 cod. pen. e dell’affidamento in prova al servizio sociale formulate. Ciò a ragione della gravità dei reati commessi, tra cui quello di cui all’art. 609-bis cod. pen., nonchè dell’assenza di una seria e verificabile attività lavorativa e della sperimentazione, allo stato, di altre forme trattamentali (permessi premio), infine della mancanza di elementi sulla base dei quali superare la diagnosi di pericolosità derivante dal reato commesso.

Il ricorso

Avverso tale ordinanza l’imputato adiva il Palazzaccio, denunciando violazione di legge e vizio di motivazione con riferimento al rigetto dell’istanza di affidamento in prova al servizio sociale.
A dire della difesa, il Tribunale di sorveglianza ha ritenuto dirimente e preponderante, rispetto agli elementi positivi pur evidenziati dalla relazione di sintesi dell’equipe e, comunque, emergenti dagli atti, la gravità del reato commesso e i plurimi precedenti di cui risulta gravato, sottostimando, invece, plurimi elementi positivi, quali il parere ampiamente favorevole dell’equipe.

Affidamento in prova ai servizi sociali: presupposti

Per la S.C., il ricorso è fondato.
L’art. 47, comma 2, ord. pen. consente l’applicazione dell’affidamento in prova al servizio sociale ove si possa ritenere che la misura, «anche attraverso le prescrizioni di cui al comma 5, contribuisca alla rieducazione del reo e assicuri la prevenzione del pericolo che egli commetta altri reati».
Nel caso di specie, il giudice specializzato ha reso una motivazione contraddittoria e, comunque, carente. Benché “nella stringata parte espositiva avesse dato atto dell’assenza di precedenti penali e carichi pendenti, senza minimamente confrontarsi con quanto emergente dalla relazione dell’equipe trattamentale – spiegano dalla S.C. – ha concentrato in via esclusiva la sua attenzione sulla condanna per il delitto di cui all’art. 609-bis c.p., sull’asserita mancata sperimentazione di permessi premio e sulla mancanza di prospettive lavorative”. Invece, la relazione dell’equipe della casa circondariale aveva espresso parere favorevole al riconoscimento della misura alternativa, valorizzando il fatto che l’uomo avesse aderito volontariamente ad un programma specifico rivolto ai condannati per reati di violenza di genere e che, compatibilmente con le condizioni di salute (che non rendevano possibile una partecipazione più ampia alle attività trattamentali), avesse svolto un percorso detentivo positivo.
Il giudice specializzato, in definitiva, secondo i giudici di piazza Cavour, ha fondato il provvedimento di rigetto sul solo argomento della gravità dei reati commessi, facendo di essi una considerazione assoluta e ponendoli da soli a sostegno della decisione, senza considerazione adeguata di diversi altri fattori riguardanti l’evoluzione della personalità del ricorrente, successiva alla consumazione della condotta sanzionata e senza fare congrua valutazione delle risultanze indicate nella relazione dell’equipe.
Al riguardo, dunque, la Corte ribadisce i principi ormai consolidati, secondo i quali “in tema di affidamento in prova al servizio sociale, ai fini del giudizio prognostico in ordine alla realizzazione delle prospettive cui è finalizzato l’istituto, e, quindi, dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza, non possono, di per sé, da soli, assumere decisivo rilievo, in senso negativo, elementi quali la gravità del reato per cui è intervenuta condanna, i precedenti penali o la mancata ammissione di colpevolezza, né può richiedersi, in positivo, la prova che il soggetto abbia compiuto una completa revisione critica del proprio passato, essendo sufficiente che, dai risultati dell’osservazione della
personalità, emerga che un siffatto processo critico sia stato almeno avviato (Sez. 1, n. 1410 del 30/10/2021, M., Rv. 277924; Sez. 1, n. 773 del 03/12/2013, dep. 2014, Naretto, Rv. 258402)”.

Il principio di diritto

Il Tribunale non ha fatto, dunque, buon governo del principio di diritto secondo cui «ai fini della concessione di una misura alternativa alla detenzione, si deve tener conto del grado di consapevolezza e di rieducazione raggiunto dal condannato, nonché dell’evoluzione della sua personalità successivamente al fatto, al fine di consentire un’ulteriore evoluzione favorevole e un ottimale reinserimento sociale» (cfr. Cass. n. 10586/2019).

Il profilo che deve essere valorizzato non è se abbia o meno l’interessato ammesso le sue colpe ovvero, pur avendole ammesse, ne abbia depotenziato li valore, ma se abbia accettato la sentenza e quindi la sanzione a lui inflitta, prestando la dovuta collaborazione nel percorso rieducativo.

La decisione

Da qui l’annullamento dell’ordinanza impugnata relativamente al diniego dell’affidamento in prova al servizio sociale, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Torino per nuovo esame che, libero negli esiti, sia ossequiante dei principi sopraesposti.

Allegati

lavori di pubblica utilità

Lavori di pubblica utilità: disciplina e funzionamento I lavori di pubblica utilità sono attività non retribuite che vengono svolte per la collettività da soggetti liberi, condannati e detenuti

Lavori di pubblica utilità: definizione

I lavori di pubblica utilità sono attività non retribuite che vengono svolte a beneficio della collettività presso enti pubblici, organizzazioni sociali o di volontariato. Il lavoro di pubblica utilità si configura come uno strumento efficace di giustizia riparativa, offrendo al condannato la possibilità di compensare la collettività attraverso attività concrete e costruttive.

Riferimenti normativi

  1. Decreto 27 luglio 2023 – Modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità – art. 71 comma 1 lett. d) decreto legislativo n. 150/2022
  2. Decreto 8 giugno 2015 n. 88 – Regolamento recante disciplina delle convenzioni in materia di pubblica utilità ai fini della messa alla prova dell’imputato – art. 8 legge n. 67/2014
  3. Decreto 26 marzo 2001 – Norme per la determinazione delle modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità applicato – art. 54, c. 6 del decreto legislativo n. 274/2000

Lavori di pubblica utilità: applicazione

Il lavoro di pubblica utilità rappresenta una sanzione alternativa nel sistema giuridico italiano e consiste nella prestazione non retribuita di attività a favore della collettività. Può essere svolto presso enti pubblici, organizzazioni sociali o di volontariato, ed è previsto sia per soggetti liberi sia per detenuti o internati.

  1. In favore dei soggetti liberi, può sostituire pene detentive o pecuniarie in vari contesti tra i quali figurano:
  • le violazioni del Codice della Strada (articoli 186 e 187): per guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, il lavoro può sostituire pene tradizionali, purché richiesto dall’imputato o disposto dal giudice;
  • legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5-bis): in casi di lieve entità, il giudice può sostituire la pena detentiva con questa sanzione. L’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) monitora il rispetto dell’obbligo.
  1. Secondo l’ 20-ter dell’ordinamento penitenziario, anche i detenuti possono svolgere lavoro di pubblica utilità, in conformità al d.m. 26 marzo 2001 e ad apposite convenzioni. Tale misura favorisce il reinserimento sociale attraverso attività a beneficio della comunità.
  2. Il lavoro di pubblica utilità può essere anche impiegato come pena sostitutiva o accessoria.
  • Sospensione del processo con messa alla prova (art. 168-bis c.p.): il lavoro diventa parte del programma di trattamento, definito in base alle esigenze personali dell’imputato;
  • Sospensione condizionale della pena (art. 165 c.p.): il condannato deve svolgere attività non retribuita come condizione per ottenere la sospensione;
  • Sostituzione di pene detentive brevi (art. 56-bis L. 689/1981): per reati con pene inferiori a tre anni, il lavoro di pubblica utilità può essere applicato come pena sostitutiva.

Modalità di svolgimento del lavoro per pubblica utilità

Il lavoro di pubblica utilità può svolgersi in diversi settori come:

  • l’assistenza sociale (anziani, malati, disabili).
  • la protezione civile e tutela ambientale;
  • le attività pertinenti alla professionalità del condannato.

La durata della misura varia tra 6 e 15 ore settimanali, ma può essere estesa fino a 8 ore giornaliere su richiesta. Un giorno di lavoro equivale a due ore di attività, garantendo la compatibilità con esigenze di vita, studio o salute del condannato.

Cosa accade se si violano le modalità di svolgimento

Il mancato rispetto degli obblighi può comportare la revoca della misura, con ripristino della pena originaria. In caso di risarcimento dei danni o eliminazione delle conseguenze del reato, è possibile la revoca della confisca, salvo i casi obbligatori.

Portale Nazionale per i lavori di pubblica utilità

Il Portale Nazionale per i lavori di pubblica utilità, disponibile online, è uno strumento innovativo che semplifica la gestione e la ricerca di opportunità per l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità. Destinato a cittadini, tribunali e uffici di esecuzione penale esterna, il portale velocizza il processo di abbinamento tra le caratteristiche del condannato o imputato, la natura del reato commesso e l’attività lavorativa non retribuita da svolgere. Questo approccio favorisce il reinserimento sociale e contribuisce a ridurre il rischio di recidiva.

Sviluppato con il contributo di diversi dipartimenti del Ministero della Giustizia, il portale è un progetto in continua evoluzione. I tribunali alimentano la piattaforma aggiornando le convenzioni locali e garantendo la pubblicazione delle informazioni sul sito del Ministero. L’obiettivo è semplificare le procedure e migliorare l’accesso alle informazioni per tutti gli attori coinvolti.

Il portale offre tre modalità di ricerca: tramite infografica, per individuare rapidamente i posti disponibili; ricerca avanzata, con filtri dettagliati; e ricerca semplice, basata su parole chiave.

 

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dl anti-violenze

Dl anti-violenze ai medici: legge in vigore In vigore dal 26 novembre 2024 la nuova legge per contrastare i fenomeni di violenza nei confronti dei sanitari che prevede pene fino a 5 anni e arresto nelle 48 ore

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 25 novembre 2024, la nuova legge n. 171/2024, di conversione del Dl anti-violenze ai medici, n. 137/2024, varato dal Consiglio dei Ministri il 27 settembre scorso e approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati il 13 novembre.

Il testo, recante “misure urgenti per contrastare i fenomeni di violenza nei confronti dei professionisti sanitari, socio-sanitari, ausiliari e di assistenza e cura nell’esercizio delle loro funzioni nonché di danneggiamento dei beni destinati all’assistenza sanitaria“, è in vigore dal 26 novembre 2024.

Contrasto violenza medici: cosa prevede la nuova legge

La nuova legge che si compone di quattro articoli, nasce per arginare i gravi episodi di violenza nei confronti del personale sanitario e prevede un aumento delle pene fino a 5 anni e l’arresto obbligatorio in flagranza di reato, con possibilità di differimento a determinate condizioni.

L’articolo 1 (modificato dal Senato) interviene sugli artt. 583-quater e 635 c.p., estendendo l’ambito di applicazione delle sanzioni previste per le lesioni procurate agli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni al personale che si occupa di “servizi di sicurezza complementare”.

Inoltre, aggiungendo un altro comma dopo il terzo all’art. 635 c.p., disciplina la fattispecie del danneggiamento di “cose mobili o immobili destinate al servizio sanitario o socio-sanitario”, punendolo con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa fino a 10mila euro. La pena è aggravata se il fatto è commesso da più persone riunite.

L’articolo 2, modifica gli articoli 380, 382-bis e 550 cpp, prevede l’arresto obbligatorio in flagranza e, in particolari condizioni, l’arresto differito per i delitti di lesioni personali commessi nei confronti di chi esercita una professione sanitaria, socio-sanitaria e attività ausiliare, nonché per il reato di danneggiamento dei beni destinati all’assistenza sanitaria ex terzo comma art. 635 c.p.

Gli articoli 3 e 4 recano, infine, la clausola d’invarianza finanziaria (criticata dalle opposizioni) e l’entrata in vigore del testo.

Allegati

oblazione

Oblazione: guida all’istituto L’oblazione è un istituto di diritto penale e processuale penale che consente di estinguere i reati minori pagando una somma di denaro

Oblazione: definizione

L’oblazione è una misura prevista dal sistema giuridico italiano, che consente di estinguere il reato in cambio di un pagamento di una somma di denaro, senza il bisogno di affrontare il processo penale.

Riferimenti normativi

L’oblazione è quindi una forma di estinzione della punibilità prevista e disciplinata dagli articoli 162 e 162-bis del Codice Penale. L’art. 141 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale si occupa invece del procedimento che la riguarda.

In questo articolo, esamineremo le caratteristiche di questo istituto, la sua applicabilità, i limiti e le interpretazioni giuridiche più rilevanti.

Cos’è l’oblazione?

L’oblazione è un istituto giuridico che consente all’imputato di estinguere il reato, riducendo la propria responsabilità penale attraverso il pagamento di una somma di denaro o l’adempimento di altre obbligazioni. Questo meccanismo è previsto per i reati di natura contravvenzionale e, in alcuni casi, anche per reati di carattere più grave. L’oblazione consente di evitare il procedimento penale e, in molti casi, la condanna.

La normativa prevede che l’oblazione possa essere applicata solo a determinati tipi di reati, che devono essere di minor gravità rispetto ai crimini più gravi (ad esempio, i delitti). Inoltre, la somma da pagare varia in base alla pena prevista per il reato e deve essere versata prima dell’apertura del dibattimento o del decreto penale di condanna.

L’oblazione nelle contravvenzioni: art. 162 c.p.

L’articolo 162 del Codice Penale regola l’istituto per i reati contravvenzionali. Esso prevede che, per una serie di contravvenzioni punite solo con la pena dell’ammenda, il colpevole possa estinguere il reato mediante un pagamento di una somma di denaro, pari alla terza parte della pena massima prevista per quel reato, oltre le spese del procedimento. L’imputato che paga prima dell’apertura del dibattimento del decreto di condanna non è sottoposto a procedimento penale, né a pena detentiva.

L’articolo 162-bis del Codice Penale

L’articolo 162-bis del Codice Penale amplia le possibilità di applicazione dell’oblazione, permettendo di estinguere anche reati di natura contravvenzionale puniti con pene alternative.

La norma si applica in particolare ai reati contravvenzioni per i quali la legge stabilisce la pena alternativa dell’arresto o dellammenda. Il contravventore in questo caso, sempre prima del dibattimento e del decreto penale di condanna può pagare “una somma corrispondente alla metà del massimo della ammenda stabilita dalla legge per la contravvenzione commessa, oltre le spese del procedimento.” Il pagamento della somma prevista comporta l’estinzione del reato.

Limiti applicativi dell’oblazione

L’oblazione non è consentita quando è presente una recidiva reiterata nella commissione della contravvenzione e quando l’imputato è un contravventore abituale o professionale ai sensi degli articoli 104 e 105 del codice penale. Il giudice comunque può respingere la domanda di oblazione quando il fatto commesso è grave.

Procedimento di oblazione

La procedura per l’ammissione all’oblazione segue un iter specifico delineato dall’art. 141 delle disposizioni attuative del codice di procedura penale.

La norma dispone che durante le indagini preliminari, l’indagato può presentare domanda di oblazione al pubblico ministero. Quest’ultimo è tenuto a trasmettere la richiesta, insieme agli atti del procedimento, al giudice per le indagini preliminari. Il pubblico ministero, inoltre, può informare l’indagato, qualora sussistano i presupposti, della possibilità di richiedere l’oblazione e degli effetti estintivi del reato che derivano dal suo pagamento.

Se l’indagato non è stato avvisato di questa facoltà prima dell’emissione del decreto penale, nel decreto deve essere comunque indicata la possibilità di richiedere l’oblazione. Quando la domanda viene presentata, il giudice valuta il parere del pubblico ministero. Se ritiene che la richiesta non sia fondata, rigetta l’istanza con un’ordinanza e, se necessario, restituisce gli atti al pubblico ministero. Al contrario, se accoglie la domanda, stabilisce l’importo da versare e informa l’interessato. Dopo il pagamento, se la richiesta è avvenuta in fase di indagini preliminari, gli atti vengono rinviati al pubblico ministero; negli altri casi, il giudice dichiara il reato estinto con sentenza.

In situazioni in cui l’imputazione viene modificata in una che consente l’oblazione, o in caso di nuove contestazioni, l’imputato ha la possibilità di presentare domanda. Se accolta, il giudice stabilisce un termine, non superiore a dieci giorni, per il pagamento. Con l’avvenuto pagamento, il reato è dichiarato estinto tramite sentenza.

Ratio e natura preventiva dell’oblazione

La Corte di Cassazione ha chiarito diversi aspetti legati all’applicabilità dell’istituto. In una sentenza del 2020, la Cassazione ha ribadito che l’oblazione non può essere applicata nei reati gravi come quelli associati a criminalità organizzata o terrorismo, in quanto il fine di questa misura è esclusivamente quello di estinguere reati di minor entità.

Inoltre, la Corte ha evidenziato che l’oblazione è incompatibile con il procedimento penale già avviato, se l’imputato non adempie alla condizione di pagamento prima dell’inizio del processo. L’oblazione è quindi una soluzione preventiva, che deve essere adottata prima che il procedimento giuridico prenda il via.

 

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amnistia

Amnistia: guida completa Amnistia: atto di clemenza concesso da una legge specifica che estingue il reato o fa cessare l’esecuzione della pena e delle pene accessorie

Cos’è l’amnistia?

L’amnistia è un atto di clemenza previsto dall’ordinamento giuridico italiano, che può comportare l’estinzione di reati e delle pene ad essi connessi. La sua regolamentazione è contenuta nell’articolo 151 del Codice Penale.

Articolo 151 c.p: cosa prevede

L’articolo 151 c.p stabilisce che l’istituto comporta l’estinzione del reato e della pena per i fatti commessi, ma solo se è prevista da una legge ad hoc. In altre parole, l’amnistia non è applicabile automaticamente, ma deve essere concessa attraverso una legge speciale, approvata dal Parlamento.

Essa può avere effetti retroattivi, ciò significa che può estinguere reati commessi anche prima della sua promulgazione, purché questi siano compatibili con i criteri stabiliti dalla legge stessa.

Caratteristiche dell’amnistia

L’istituto presenta alcune caratteristiche principali.

  • Una volta concessa, il reato non viene più considerato tale, e la pena viene completamente eliminata.
  • Non tutti i crimini possono beneficiare dell’ In genere, reati particolarmente gravi, come omicidi o crimini di terrorismo, sono esclusi dal beneficio.
  • La sua concessione può essere sottoposta a condizioni o obblighi.
  • Questo atto di clemenza non è applicabile ai recidivi (art. 99 c.p) ai delinquenti abituali, professionali o per tendenza, salvo eccezioni.

Condizioni e limiti dell’amnistia

La legge che la dispone può stabilire alcuni limiti specifici all’amnistia.

  1. Tipologia di reati: non tutti i reati possono beneficiare dell’amnistia, in particolare quelli di terrorismo, omicidio e crimini contro l’umanità.
  2. Periodo di applicazione: l’amnistia può avere effetti retroattivi, ma solo entro i limiti stabiliti dalla legge che la dispone.
  3. Efficacia legale: una volta concessa, l’amnistia estingue ogni effetto penale, ma non necessariamente quelli civili o amministrativi legati al reato.

Giurisprudenza della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha fornito diverse interpretazioni sull’applicazione di questo istituto, in particolare in relazione all’estinzione del reato e delle pene.

In una sentenza del 2016, la Cassazione ha chiarito che l’amnistia non solo estingue la pena, ma elimina anche il reato sotto il profilo giuridico. Ciò significa che un soggetto che ne beneficia non avrà più alcuna condanna penale a suo carico, e non potrà essere sottoposto a misure penali future relative a quel reato.

La Cassazione ha inoltre ribadito che l’amnistia può essere applicata anche a procedimenti in corso, a condizione che i reati siano compatibili con la legge che l’ha introdotta. Tuttavia, l’eventuale amnistia non cancella gli effetti civili del reato, come il risarcimento danni alle vittime.

Differenze con l’indulto

Sebbene amnistia e indulto siano spesso confusi, le differenze tra i due provvedimenti sono significative. La prima è un provvedimento che ha l’effetto di estinguere i reati e le pene connesse a determinati comportamenti criminali. Il secondo invece riduce la pena, ma non elimina il reato. L’amnistia può essere concessa dallo Stato per motivi politici, sociali o di particolare necessità, ma non è applicabile a tutti i reati.

Ecco le differenze principali tra i due istituti.

Estinzione del reato vs. riduzione della pena:

  • Amnistia: elimina completamente il reato e la pena, annullando ogni effetto penale. La persona non viene più considerata condannata.
  • Indulto: riduce o estingue la pena, ma il reato rimane formalmente tale. La persona non è più sottoposta alla pena detentiva, ma il reato rimane nel suo casellario giudiziario e può avere altre implicazioni legali.

Effetto retroattivo:

  • Amnistia: ha effetti retroattivi, il che significa che può estinguere reati commessi anche prima dell’entrata in vigore della legge.
  • Indulto: generalmente si applica solo alle pene future, anche se può ridurre le pene già in corso.

Reati esclusi:

  • Amnistia: tende a escludere i reati più gravi, come quelli legati a terrorismo, mafia, omicidi, ecc.
  • Indulto: non esclude necessariamente i reati più gravi, ma la sua applicazione dipende dalla legge speciale che lo autorizza. In genere, l’indulto non si applica a crimini gravi come quelli di terrorismo, ma può essere esteso ad altri reati meno gravi.

Procedura di concessione:

  • Amnistia: viene concessa tramite una legge speciale approvata dal Parlamento. Ha una portata generale e collettiva, riguardando categorie di detenuti.
  • Indulto: viene anch’esso concesso dal Parlamento tramite una legge speciale, ma ha una portata più limitata. Esso di solito si applica a specifici gruppi di reati o detenuti.

 

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particolare tenuità del fatto

Particolare tenuità del fatto: la guida Particolare tenuità del fatto: istituto che esclude la punibilità per esiguità del danno, del pericolo o per la condotta del soggetto agente

Particolare tenuità del fatto: cos’è

La “particolare tenuità del fatto” contemplata dall’articolo 131-bis del Codice Penale rappresenta una novità significativa nell’ordinamento giuridico italiano. La norma ha infatti introdotto questo concetto come causa di esclusione della punibilità in determinati casi.

Ratio dell’istituto

Questo istituto, introdotto con  dal Dlgs n. 28/2015 e modificato dal Dlgs n. 150/2022, si pone l’obiettivo di evitare che il sistema penale si sovraccarichi di procedimenti per reati di lieve entità, riservando le risorse giuridiche ai reati più gravi. Questo principio consente di applicare una giustizia più equa, adattando la risposta penale alla reale pericolosità sociale del fatto.

Inoltre, la tenuità del fatto può rappresentare una forma di risoluzione più rapida ed efficace per i casi in cui il danno causato è irrilevante, contribuendo a ridurre il carico sulle corti e a focalizzare l’attenzione su reati di maggiore allarme sociale.

Analisi dell’art. 131-bis c.p

L’articolo 131-bis del Codice Penale stabilisce che quando il fatto non è di particolare gravità, il giudice può escludere la punibilità dell’imputato. La valutazione della tenuità del fatto si basa su criteri oggettivi, come la scarsa entità del danno o del pericolo causato, e criteri soggettivi, come la personalità dell’imputato e il comportamento successivo al reato.

Valutazione della tenuità del fatto

L’articolo 131-bis indica quindi due fattori fondamentali nella valutazione della tenuità:

  • la modesta entità del danno o del pericolo derivante dal reato;
  • la personalità dellimputato, con riferimento alla sua condotta e alle circostanze in cui è avvenuto il fatto.

Questi criteri consentono al giudice di valutare se il fatto possa essere considerato di scarsa gravità, escludendo la necessità di una punizione penale, ma lasciando la strada aperta alla possibilità di applicare misure alternative come la sanzione pecuniaria o altre forme di risarcimento.

Valutazione della non tenuità del fatto

L’offesa non può essere considerata invece di particolare tenuità quando l’autore ha agito per motivi abietti o futili, con crudeltà, anche verso animali, oppure usando sevizie o approfittando della condizione di minorata difesa della vittima, ad esempio a causa dell’età e quando dalla condotta sono derivate, anche non volute, la morte o lesioni gravissime a una persona.

L’offesa non è di particolare tenuità anche in presenza di reati

  • puniti con una pena massima superiore a due anni e sei mesi di reclusione, se commessi in occasione o a causa di manifestazioni sportive;
  • commessi contro pubblici ufficiali o agenti di pubblica sicurezza e polizia giudiziaria nell’esercizio delle loro funzioni, come previsti dagli articoli 336, 337, 341-bis e 343;
  • di particolare gravità, consumati o tentati, previsti dagli articoli indicati (es. corruzione, omicidio, violenze sessuali, lesioni aggravate, stalking, rapina aggravata, riciclaggio);
  • previsti in ambiti specifici, come interruzione illegale di gravidanza (art. 19, comma 5, della legge n. 194/1978), traffico di stupefacenti (art. 73 del DPR n. 309/1990, escluse alcune ipotesi minori), reati in materia finanziaria (articoli 184 e 185 del D.Lgs. n. 58/1998);
  • legati alla violazione del diritto d’autore, salvo quelli meno gravi di cui all’ 171 della legge n. 633/1941.

Particolare tenuità del fatto: giurisprudenza Cassazione

La Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi in più occasioni sull’applicazione dell’articolo 131-bis, fornendo importanti chiarimenti interpretativi.

Gli Ermellini, in diverse sentenze, hanno ribadito che la tenuità del fatto deve essere valutata in modo rigoroso, tenendo conto non solo della gravità oggettiva del reato, ma anche del contesto complessivo in cui si è svolto il fatto.

In una sentenza del 2018 (Cass. Pen. n. 21060), la Corte ha sottolineato che l’applicazione dell’articolo 131-bis richiede una valutazione complessiva, che prenda in considerazione non solo l’entità del danno, ma anche la condotta successiva dellimputato, la sua sincerità e il suo atteggiamento di responsabilizzazione.

In un altro caso (Cass. Pen. n. 30247/2017), la Corte ha evidenziato che non è sufficiente un mero danno economico modesto per escludere la punibilità, ma bisogna anche considerare l’effettivo pericolo creato dall’illecito penale.

 

Leggi anche: Particolare tenuità del fatto per la prima volta in Cassazione

tutela animali

Tutela degli animali: pene più severe In materia di tutela degli animali la proposta di legge approvata alla Camera interviene in materia sostanziale e procedurale

Tutela degli animali: la Camera approva

La Camera ha approvato la proposta di legge sulla tutela degli animali proposta da Vittoria Brambilla. La proposta di legge AC.30, scelta come testo base dalla Commissione Giustizia e abbinata alle proposte  C. 30, 468, 842, 1109 e 1393 mira a rafforzare la tutela degli animali, in linea con la riforma dellarticolo 9 della Costituzione, che riconosce la protezione degli animali come valore fondamentale. Il testo sottoposto all’Assemblea introduce numerose modifiche al codice penale, intensificando le sanzioni per i reati contro gli animali e prevedendo nuove misure di prevenzione e contrasto.

Queste modifiche rappresentano un passo avanti nella tutela giuridica degli animali, con pene più severe, nuove aggravanti e misure preventive. La proposta sottolinea il riconoscimento degli animali come esseri senzienti e introduce strumenti concreti per combattere la crudeltà e promuovere il loro benessere.

Il testo, che ora passa al Senato, probabilmente subirà ulteriori modifiche. Le associazioni a tutela degli animali chiedono infatti pene ancora più severe per tutelare soprattutto gli animali selvatici.

Sanzioni penali più elevate a tutela degli animali 

L’articolo 1 modifica il Titolo IX-bis del Libro II del codice penale, riformulando il titolo in “Dei delitti contro gli animali”. Questo cambiamento elimina il riferimento al “sentimento per gli animali”, concentrandosi sulla tutela diretta degli animali come esseri senzienti. Ecco un riepilogo delle principali modifiche introdotte:

Organizzazione di spettacoli con sevizie (art. 544-quater)

La pena pecuniaria passa da 3.000-15.000 euro a 15.000-30.000 euro. Verrà inoltre punito anche chi, al di fuori dei casi di concorso, si limita a partecipare a questi spettacoli e manifestazioni.

Combattimenti tra animali (art. 544-quinquies)

La reclusione per questo reato aumenta da 1-3 anni a 2-4 anni. La pena per i partecipanti, in precedenza limitata ai proprietari degli animali, si estende a chiunque partecipi ai combattimenti (reclusione 3 mesi-2 anni e multa 5.000-30.000 euro).

Uccisione di animali (art. 544-bis)

La reclusione sale da 4 mesi-2 anni a 6 mesi-3 anni, con l’aggiunta di una multa di 5.000-30.000 euro.

Aggravante: sevizie o sofferenze prolungate sono punite con reclusione da 1 a 4 anni e una multa 10.000-60.000 euro.

Maltrattamento di animali (art. 544-ter)

La reclusione passa da 3-18 mesi a 6 mesi-2 anni, la multa (5.000-30.000 euro) diventa obbligatoria e si estende l’aggravante in caso di somministrazione di sostanze dannose agli animali.

Uccisione o danneggiamento di animali altrui (art. 638)

Chi, senza necessità, uccide o rende inservibili o comunque deteriora tre o più animali raccolti in gregge o in mandria, ovvero compie il fatto su animali bovini o equini, anche non raccolti in mandria, verrà punito con la pena della reclusione minima di un anno e massima di 4 anni.

Abbandono di animali (art. 727)

La multa minima passa da 1.000 a 5.000 euro. Lammenda resta invece fissata nella misura massima di 10.000 euro.

Protezione della fauna selvatica (art. 727-bis)

Per luccisione, la cattura e la detenzione di esemplari di specie animali selvatiche protette la reclusione aumenta da 1-6 mesi a 3 mesi-1 anno. La multa invece passa da 4.000 a 8.000 euro.

Distruzione di habitat protetti (art. 733-bis)

Per chi distrugge o deteriora un habitat allinterno di un sito protetto la reclusione passa da un massimo di 18 mesi a 3 mesi-2 anni, mentre la multa minima diventa 6.000 euro.

Aggravante comune (art. 544-septies)

Viene introdotta un’aggravante a effetto comune per i reati di cui agli articoli 544 bis c.p, 544 ter c.p, 544 quater c.p, 544 quinques c.p e 638 c.p, commessi in presenza di minori, nei confronti di più animali, o con diffusione attraverso strumenti telematici.

Misure preventive e procedurali a tutela degli animali

La proposta di legge si propone di tutelare la salute psico fisica-degli animali, introducendo   importanti novità anche sotto il profilo procedurale.

Sequestro e confisca di animali

Gli animali vittime di reato non potranno essere abbattuti o ceduti fino alla sentenza definitiva. Il nuovo art. 260-bis del codice di procedura penale regola il sequestro, consentendo l’affidamento degli animali a enti, associazioni o privati dietro cauzione. Chi commette reati abituali contro gli animali potrà essere soggetto a misure di prevenzione previste dal codice antimafia.

Responsabilità amministrativa di enti e società

L’introduzione dellart. 25-undevicies nel decreto legislativo 231/2001 prevede sanzioni specifiche per gli enti coinvolti in reati contro gli animali.

Divieto di catene 

Sarà vietato tenere gli animali legati con catene o strumenti simili, salvo esigenze documentate. La violazione sarà punita con una multa da 500 a 5.000 euro.

Traffico illecito di animali da compagnia

La reclusione aumenta a 4-18 mesi e la multa da 6.000 a 30.000 euro. Sanzioni più severe sono previste per l’introduzione illecita di animali sul territorio nazionale.

Banca dati dei reati contro gli animali

Sarà creata una sezione specifica nella banca dati delle Forze di polizia, con il coinvolgimento del Ministero dell’Ambiente per il coordinamento.

Divieto di commercio di pellicce di gatti domestici

Sarà vietato utilizzare a fini commerciali pelli e pellicce della specie Felis catus.

Obiettivi educativi e sensibilizzazione a tutela degli animali

La proposta include anche percorsi formativi dedicati agli studenti per favorire una maggiore consapevolezza in materia di etologia animale e rispetto degli animali.

processo penale telematico

Processo penale telematico: atti esclusi dall’accettazione automatica Processo penale telematico: la circolare DGSIA del 12 novembre 2024 chiarisce quali atti e sono esclusi dall’accettazione automatica

Processo penale telematico: chiarimenti dalla DGSIA

La Direzione Generale per i Sistemi Informativi Automatizzati (DGSIA) ha emanato, il 12 novembre 2024, una circolare rivolta agli uffici giudiziari per ottimizzare la gestione dei depositi telematici effettuati dai difensori attraverso il portale del Processo Penale Telematico. Il documento specifica le categorie di atti processuali escluse dall’accettazione automatica e che, pertanto, richiedono la verifica manuale da parte degli operatori addetti.

Atti esclusi dall’accettazione automatica

La circolare elenca in modo puntuale gli atti che non possono essere processati automaticamente dal sistema informatico. Tra questi:

  1. nomina difensiva, quando necessita di un atto abilitante, ad esempio prima della notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari (art. 415-bis Cpp);
  2. richieste di accesso agli atti;
  3. richieste di avocazione al Procuratore Generale;
  4. rescissioni del giudicato;
  5. revisioni di sentenze;
  6. domande di riparazione per ingiusta detenzione;
  7. denunce e querele;
  8. istanze di procedimento;
  9. integrazioni di denuncia, querela o istanza di procedimento;
  10. Richieste di certificati e solleciti;
  11. atti depositabili presso il Tribunale del riesame.

Accettazione denunce, istanze e querele: il ruolo del PM

Un elemento cruciale chiarito nella circolare riguarda l’accettazione delle denunce, querele e istanze di procedimento. In passato, il sistema informatico accoglieva automaticamente tali atti,

Una nota del Ministero della Giustizia, pubblicata il 13 novembre 2024 però ha chiarito che il sistema informatico non avvia in automatico un procedimento penale. La piattaforma Pdp si limita a registrare e accettare l’atto trasmesso, mentre la scelta di procedere con l’iscrizione di un nuovo fascicolo dipende esclusivamente dal Pubblico Ministero.

Motivazioni legate al segreto investigativo

La circolare del 12 novembre 2024 introduce ulteriori restrizioni, evidenziando che alcuni atti sono esclusi dall’accettazione automatica per proteggere il segreto della fase investigativa.

Tra questi, si trovano:

  • depositi indirizzati al Giudice per le indagini preliminari (Gip), quando il fascicolo si trova in una fase interlocutoria;
  • eccezioni: richieste di incidente probatorio, convalida di fermo o arresto, proroga dei termini di indagine e ammissione all’oblazione;
  • atti relativi a richieste di decreto penale di condanna e a procedimenti ex art. 129 Cpp

In questi casi, il numero di registro generale del fascicolo presso l’ufficio Gip non viene esposto al difensore sul Pdp, garantendo una maggiore riservatezza.

PPT: implicazioni pratiche per operatori e difensori

Queste disposizioni mirano a tutelare l’accuratezza e la segretezza del processo penale, impedendo che determinate fasi delicate siano gestite automaticamente dal sistema. Per gli operatori giudiziari e i difensori, ciò comporta una maggiore attenzione nella preparazione e nel monitoraggio dei depositi.

La distinzione tra atti accettati automaticamente e atti che richiedono intervento manuale rafforza il controllo umano su procedure fondamentali, come l’iscrizione di una notizia criminis, e protegge l’integrità del sistema giuridico.

In questo modo si realizza un uso più efficace del processo penale telematico, bilanciando innovazione tecnologica e garanzie processuali. L’introduzione di limiti precisi all’accettazione automatica degli atti processuali rafforza il ruolo del Pubblico Ministero e tutela la riservatezza delle indagini, assicurando un controllo rigoroso nei procedimenti penali.

 

Leggi: Processo penale telematico: cos’è e come funziona

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