procura speciale e definizione accelerata

Procura speciale e definizione accelerata: chiarimenti delle SS.UU. Le Sezioni Unite della Cassazione chiariscono quando non è più necessaria la nuova procura speciale nei procedimenti di definizione accelerata, alla luce del correttivo Cartabia

La nuova linea sull’art. 380-bis c.p.c.

Procura speciale e definizione accelerata: con la sentenza n. 14986 del 4 giugno 2025, le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione hanno fatto chiarezza sull’ambito di applicazione dell’art. 380-bis c.p.c. come riformulato dal d.lgs. n. 164/2024 (cosiddetto “correttivo Cartabia”), stabilendo in quali casi non è più necessario allegare una nuova procura speciale in sede di istanza di decisione.

Quando si applica la nuova versione

Secondo la Suprema Corte, la nuova formulazione dell’art. 380-bis c.p.c. – che elimina l’obbligo di allegare una nuova procura speciale all’istanza di decisione – trova applicazione nei procedimenti in cui il termine per richiedere la decisione sia scaduto dopo il 26 novembre 2024, data di entrata in vigore del d.lgs. 164/2024.

La Cassazione chiarisce che la riforma è applicabile anche ai ricorsi notificati prima dell’1 gennaio 2023, purché non fosse stata ancora fissata l’adunanza camerale o l’udienza pubblica alla data di entrata in vigore della riforma.

Il principio tempus regit actum

Le Sezioni Unite richiamano il principio tempus regit actum, specificando che la riforma si applica agli atti processuali compiuti successivamente alla sua entrata in vigore. In tale contesto, l’atto rilevante è l’istanza di decisione: se presentata dopo il 26 novembre 2024, non è più necessario corredarla di una nuova procura speciale.

Nei procedimenti in cui, invece, il termine per l’istanza era già scaduto prima di quella data, l’assenza della procura speciale comporta l’estinzione del giudizio ai sensi dell’art. 391 c.p.c., trattandosi di un vizio processuale sopravvenuto.

Procura speciale e definizione accelerata: i casi anteriori

Nei ricorsi rientranti ancora nel regime previgente, la mancata allegazione della nuova procura speciale impedisce la prosecuzione del giudizio, poiché equivale alla mancanza di una rituale richiesta di decisione. In tali ipotesi, non si può ritenere che la causa sia stata definita in conformità alla proposta di manifesta inammissibilità, improcedibilità o infondatezza: l’estinzione dipende da un vizio autonomo, indipendente dal contenuto della proposta.

cartellino senza prezzo

Cartellino senza prezzo? Scatta la sanzione La Cassazione conferma l'obbligo di esposizione chiara e leggibile del prezzo di vendita nel cartellino

Prezzo non visibile nel cartellino

Cartellino senza prezzo: una griffe della moda è stata sanzionata per aver nascosto i cartellini del prezzo all’interno dei capi esposti. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 14826/2025, ha confermato che il prezzo di vendita deve essere sempre chiaramente visibile, a tutela del consumatore. L’informazione deve essere trasparente, accessibile e immediatamente percepibile, anche nei settori di lusso.

Il caso: cartellino senza prezzo

La vicenda trae origine da un verbale redatto dalla Guardia di Finanza, che aveva accertato l’assenza di indicazioni chiare sul prezzo di prodotti in vendita presso una nota boutique. I cartellini erano presenti, ma nascosti all’interno delle tasche dei vestiti o chiusi nelle borse. L’autorità comunale aveva inflitto una sanzione amministrativa da 1.032 euro, poi confermata in sede giudiziaria.

In primo grado, il Giudice di pace di Ferrara aveva accolto l’opposizione della maison, ritenendo sufficiente la presenza del cartellino anche se non visibile esternamente. Ma il Tribunale e poi la Cassazione hanno ribaltato il verdetto.

Visibilità e leggibilità requisiti inscindibili

Secondo la Seconda sezione civile della Corte, il cartellino del prezzo non deve solo esistere, ma anche essere posizionato in modo tale da risultare immediatamente visibile. La Corte ha chiarito che, sebbene “visibilità” e “leggibilità” non siano sinonimi, la chiara leggibilità imposta dall’art. 14 del D.lgs. 114/1998 comporta necessariamente anche una facile visibilità da parte del pubblico.

Un cartellino posto all’interno di un prodotto o nascosto tra le pieghe non risponde a tale requisito, violando così le disposizioni sul commercio al dettaglio.

La regola vale anche per il self-service

Particolare rilievo viene dato dalla Corte alla disposizione contenuta nel terzo comma dell’art. 14, che disciplina la vendita a libero servizio: in questi casi, l’esposizione del prezzo deve garantire una immediata percezione visiva da parte del consumatore. Da ciò discende che, se la visibilità è richiesta anche dove il cliente può manipolare il prodotto, a maggior ragione è necessaria nei casi in cui il contatto fisico con il bene non sia consentito.

Il precedente

La Corte ha richiamato un proprio orientamento consolidato con la sentenza n. 3115/2005, secondo cui un cartellino posto sotto l’oggetto in esposizione è da considerarsi “nascosto”. Anche se il prezzo è tecnicamente leggibile una volta individuato, non soddisfa l’obbligo normativo se non immediatamente visibile e riconducibile al prodotto esposto.

Trasparenza prezzi diritto del consumatore

Il principio espresso dalla Corte si inserisce nel solco della normativa italiana ed europea che mira alla tutela della trasparenza informativa nei rapporti di consumo. Il commerciante non può scegliere discrezionalmente dove collocare il prezzo, soprattutto se tale scelta comporta difficoltà per il cliente nel conoscere il costo del prodotto.

La Corte ha respinto anche l’argomento della maison, secondo cui nel settore moda la visibilità del prezzo sarebbe “non rilevante” rispetto a brand, allestimento e qualità del servizio: la normativa sul commercio non prevede deroghe per il lusso.

Allegati

polizze catastrofali

Polizze catastrofali: per grandi, medie, piccole e micro imprese Polizze catastrofali: cosa sono e in cosa consiste l’obbligo della stipula per le imprese di grandi, medie, piccole e micro dimensioni

Polizze catastrofali: cosa sono

Le polizze catastrofali sono polizze assicurative che la legge di bilancio 2024 (n. 213/2023) ha reso obbligatorie per tutte le imprese che hanno la sede legale in Italia, per proteggerle da eventi catastrofici e calamità naturali (Cat Nat). La normativa è conseguente ai fenomeni climatici che negli ultimi anni si sono abbattuti sul territorio italiano con ripercussioni negative anche sulle attività economiche e produttive.

Il decreto attuativo, DM n. 18 del 30 gennaio 2025 ha dettato le modalità di attuazione e di operatività degli schemi assicurativi dei rischi catastrofali.

Polizze catastrofali: il termine del 31 marzo 2025

L’articolo 1 comma 101 e successivi della legge di bilancio n. 213/2023 aveva stabilito l’obbligo di adeguamento al 31 dicembre 2024.

Il decreto Milleproroghe ha rinviato però tale obbligo al 31 marzo 2025.

Rinvio per medie, piccole e micro imprese

Il Senato il 21 maggio 2025 con 78 voti a favore, nessuno contrario e 53 astenuti ha approvato in via definitiva il “ddl di conversione con modificazioni, del decreto-legge 31 marzo 2025, n. 39, recante misure urgenti in materia di assicu­razione dei rischi catastrofali.” Il testo della nuova legge n. 78/2025 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore il 31 maggio 2025.

Fatta questa necessaria premessa, che cosa stabilisce il testo definitivo? Chi e quando deve sottoscrivere le polizze catastrofali?

Imprese obbligate e termini per la stipula

Le grandi imprese, con più di 250 dipendenti, devono stipulare dette polizze entro il termine del 30 giungo 2025, anche se l’obbligo è in vigore dal 31 marzo 2025. Il decreto infatti ha previsto per queste imprese un periodo transitorio di 90 giorni, fino al 30 giugno, per permettere alle aziende prive di contratto di adeguarsi.

Le medie imprese con un minimo di 50 dipendenti fino a un massimo di 250,   avranno invece altri sei mesi di tempo, ossia fino al 1° ottobre 2025, per stipulare i contratti assicurativi.

Per le micro e piccole imprese l’obbligo è  posticipato al 31 dicembre 2025.

La mancata stipula comporterà il mancato accesso a incentivi statali e risorse pubbliche per sviluppare l’attività. Le imprese che intendono chiedere determinati aiuti dovranno infatti dimostrare di essere in regola con la stipula.

Obbligo assicurativo: eccezioni

Sono esclusi dall’obbligo assicurativo gli immobili che non possono essere assicurati perchè:

  • costruiti o ampliati in assenza di un titolo edilizio valido o ultimati quando il titolo non era obbligatorio;
  • oggetto di sanatoria o con procedimento di sanatoria o condono in corso.

Indennizzo assicurativo

L’indennizzo spettante in caso di evento catastrofale spetta al proprietario dell’immobile se l’imprenditore assicura beni di proprietà altrui impiegati per l’attività di impresa, comunicando al proprietario la stipula della polizza. L’indennizzo, una volta corrisposto, deve essere impiegato solo per ripristinare i beni danneggiati. Se questa regola non viene rispettata all’imprenditore spetta comunque una somma per la riparazione del lucro cessante nel limite del 40% dell’indennizzo massimo indennizzabile.

Polizze catastrofali: le faq del MIMIT

Sul sito Ministero delle Imprese e del Made in Italy (MIMIT) sono presenti le FAQ sulle polizze assicurative contro eventi catastrofali. Le risposte chiariscono aspetti essenziali in merito all’obbligo assicurativo per le imprese e agli effetti sull’accesso ai benefici pubblici.

Obbligo assicurativo e incentivi pubblici

Il Ministero precisa che la norma relativa allobbligo per le imprese di stipulare polizze assicurative contro calamità naturali – prevista dall’art. 1, comma 102 della Legge n. 213/2023 – non è immediatamente applicabile in modo automatico. Infatti, la disposizione stabilisce che la mancata sottoscrizione della polizza deve essere tenuta in considerazione nella concessione di contributi, agevolazioni e sovvenzioni pubbliche, ma non ne definisce in modo vincolante gli effetti.

Questo significa che l’inadempimento all’obbligo assicurativo non comporta automaticamente lesclusione dai benefici pubblici, ma richiede un’espressa valutazione da parte dell’ente erogatore, secondo i criteri stabiliti nei singoli provvedimenti attuativi.

Nessuna retroattività della norma

Il MIMIT chiarisce inoltre che la disciplina in questione non ha efficacia retroattiva. Pertanto, l’obbligo assicurativo e le eventuali conseguenze sulla concessione di agevolazioni pubbliche si applicano solo a partire dalla data di recepimento della norma da parte delle specifiche misure di incentivazione o dalle eventuali diverse decorrenze indicate nei relativi atti.

bullismo e cyberbullismo

Bullismo e cyberbullismo: cosa prevede il decreto attuativo Bullismo e cyberbullismo: il Consiglio dei Ministri ha approvato, in via definitiva, il decreto legislativo che rafforza il 114

Bullismo e cyberbullismo: il decreto approvato

Il Consiglio dei Ministri (dopo l’approvazione preliminare dei mesi scorsi) ha approvato in via definitiva il decreto legislativo per rafforzare la prevenzione e il contrasto del bullismo e del cyberbullismo, in attuazione della legge n. 70/2024, con cui si pone quindi in una linea di continuità.

Bullismo e cyberbullismo: emergenza infanzia

Il nuovo decreto potenzia il servizio telefonico “emergenza infanzia 114”, estendendone l’operatività anche a questi fenomeni per tutelare i minori. Il 114, attivo 24 ore al giorno 7 giorni su 7, offrirà una prima assistenza psicologica e giuridica, oltreché una consulenza psicopedagogica e segnalerà i casi gravi alle autorità. L’app del 114 includerà anche la geolocalizzazione (previa acquisizione del consenso) e un servizio di messaggistica istantanea. Il tutto ovviamente nel rispetto della privacy. I dati anonimi sui fenomeni del bullismo e del cyberbullismo nelle scuole, raccolti dal 114, saranno trasmessi annualmente al Ministero dell’Istruzione e del Merito per programmare azioni di sensibilizzazione. Il sito web del 114 garantirà inoltre un’ ampia accessibilità ai servizi.

Indagini statistiche su bullismo e cyberbullismo

L’ISTAT condurrà rilevazioni biennali su questi fenomeni giovanili la fine di identificarne le caratteristiche, i soggetti a rischio, i fattori e le conseguenze psicologiche che producono. La Presidenza del Consiglio dei Ministri invierà alle Camere un rapporto di sintesi con i risultati ISTAT e lo stato di attuazione delle misure nelle scuole secondarie.

Più responsabilità genitoriale

Il decreto aggiorna inoltre le comunicazioni dei fornitori di servizi online, richiamando però sul punto anche la responsabilità genitoriale prevista dall’ articolo 2048 del codice civile per i danni causati dai figli minori nel mondo online.

Campagne su uso responsabile della rete

La Presidenza del Consiglio promuoverà campagne informative sull’uso consapevole della rete e sui suoi rischi. Il Ministero dell’Istruzione e le scuole promuoveranno infine la conoscenza del numero 114, strumento fondamentale per esternare il disagio e chiedere aiuto.

 

Leggi anche: Bullismo e cyberbullismo: cosa prevede la nuova legge

autovelox tutor telelaser decreto

Autovelox, tutor e telelaser: cosa cambia  Il decreto sulle modalità e la collocazione degli autovelox e dei dispositivi di rilevazione della velocità è operativo dal 12 giugno 2025

Decreto autovelox: trasparenza e sicurezza

Il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dell’11 aprile 2024, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 28 maggio 2024, introduce importanti cambiamenti per autovelox, tutor e telelaser, a tutela degli automobilisti. Le regole diventano operative a partire dal 12 giugno 2025, come previsto dall’art. 6 dello stesso decreto.

Il provvedimento si occupa della segnalazione preventiva dei sistemi di rilevazione della velocità e dei luoghi di installazione di queste apparecchiature. Queste modifiche mirano a migliorare la sicurezza stradale e a garantire una maggiore trasparenza e correttezza nell’uso dei dispositivi di rilevazione della velocità, al fine di accertare le violazioni di cui all’articolo 142 del Codice della Strada.

La normativa rappresenta un passo avanti significativo nel controllo della velocità sulle strade italiane, limitando gli abusi e focalizzando l’uso dei dispositivi di rilevazione della velocità in aree veramente critiche.

Vediamo quali sono le principali novità introdotte dal provvedimento.

Autovelox: uso limitato

Gli autovelox non possono essere installati sulle strade urbane che presentano limiti di velocità inferiori a 50 km/h, tranne il caso in cui non sia prevista la contestazione immediata da parte delle Forze dell’Ordine. Questo per evitare sanzioni ingiuste in aree urbane caratterizzate da un andamento a bassa velocità.

Sotto i 50 km contestazione immediata

Per velocità inferiori ai 50 km/h, è prevista la contestazione immediatamente per mezzo di dispositivi mobili nei contesti urbani. Qualora non sia  possibile collocare postazioni fisse o mobili visibili, si possono impiegare dispositivi a bordo di veicoli in movimento. Questo cambiamento assicura che le sanzioni siano immediate e verificabili sul posto.

Collocazione: parola ai Prefetti

Le decisioni relative alla collocazione degli autovelox spetta ai dai prefetti, non ai comuni come prima della riforma. Questo sposta il potere decisionale a un livello superiore, limitando l’installazione degli autovelox in quei tratti di strada ad alto tasso di incidenti o nei quali è problematico eseguire contestazioni immediate. Questa centralizzazione mira a ridurre gli abusi da parte dei comuni.

Misurazione media

Per le strade extraurbane, ove possibile, si predilige la misurazione della velocità media su un tratto di strada prestabilito, anziché quella istantanea.

Dispositivi a bordo dei veicoli

L’utilizzo di autovelox a bordo di veicoli in movimento è consentito solo su strade o tratti di strada dove non sia possibile installare postazioni fisse o mobili. In tal caso, la segnaletica di preavviso deve essere integrata da un pannello luminoso con la scritta “Autovelox mobile in servizio”.

Segnalazione

I limiti di velocità devono essere segnalati a una distanza non inferiore a 1 km, prima della postazione dell’autovelox. Questa misura, che ribadisce una normativa già esistente, garantisce agli automobilisti il tempo sufficiente per adeguare la velocità prima di incontrare un dispositivo di rilevazione. Il dispositivo deve essere posizionato inoltre in modo tale da essere ben visibile agli automobilisti, anche in condizioni di scarsa illuminazione.

Omologazione

Il decreto non risolve completamente la questione dell’omologazione degli autovelox, anche se ribadisce l’importanza di avere dispositivi omologati per evitare controversie legali. Gli autovelox dovranno infatti essere omologati, e i Comuni e le Province avranno 12 mesi per disinstallare quelli non conformi. I dispositivi devono essere sottoposti inoltre a taratura periodica con cadenza stabilita dal Ministero.

Distanze minime di segnalazione

Previste distanze minime da rispettare tra il cartello di segnalazione del limite di velocità e il dispositivo di rilevazione della velocità:

  • 200 metri nelle strade di scorrimento urbane.
  • 75 metri nelle altre strade urbane.
  • 1 chilometro nelle strade extraurbane.

Gli automobilisti possono contare in questo modo su una segnalazione posta a una distanza adeguata e avere il tempo necessario per adottare la condotta più corretta, riducendo sia il rischio di sinistri che di sanzioni amministrative.

Multa unica per infrazioni ravvicinate

Se un automobilista viene multato da più autovelox entro un’ora sullo stesso tratto di strada gestito da un unico ente, deve pagare una sola multa, quella più severa. Questo evita la sovrapposizione delle sanzioni in brevi intervalli di tempo.

Gestione alle Forze di polizia

Le spese di accertamento devono essere documentabili e includere solo i costi per l’individuazione del trasgressore nelle banche dati pubbliche. La gestione delle apparecchiature è riservata alle forze di polizia, con attività minori affidate ai privati.

Rispetto della privacy

I dispositivi di autovelox devono rispettare la normativa sulla privacy (GDPR e Codice Privacy). Il titolare del trattamento (es. la Polizia Stradale) deve adottare misure di sicurezza per proteggere i dati personali. I dati devono essere trattati solo per l’accertamento delle infrazioni stradali e conservati per il tempo strettamente necessario.

Le immagini che costituiscono prove di infrazione non devono essere inviate al domicilio del proprietario del veicolo con il verbale. Il proprietario del veicolo può richiedere di visionare le immagini per conoscere l’effettivo autore della violazione. In tal caso, i volti e le targhe di altri veicoli ripresi saranno oscurati.

I dati personali possono essere trattati solo per le finalità previste dalla legge e nel rispetto dei principi di minimizzazione e riservatezza.

È vietato l’utilizzo di autovelox che effettuino la ripresa frontale del veicolo se l’apparecchiatura memorizza immagini delle persone a bordo. Sono consentiti solo dispositivi che oscurano automaticamente i volti.

 

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JusDì

Online JusDì: la nuova rivista digitale del gruppo Simone Il gruppo editoriale Simone arricchisce la propria offerta editoriale con JusDì, la nuova rivista digitale collegata a IlDiritto.it

Online dal 12 giugno 2025 “JusDì”, la nuova rivista digitale del gruppo editoriale Simone. Collegata a Ildiritto.it, il quotidiano giuridico della Dike, nato nel 2024 per diventare un punto di riferimento per professionisti, studiosi e appassionati del diritto, JusDì è una pubblicazione esclusivamente online, fruibile su abbonamento, che si propone di offrire agli operatori del diritto uno strumento di informazione puntuale, autorevole e costantemente aggiornato. Ogni giorno, le sentenze più rilevanti vengono selezionate, commentate e massimate da una redazione qualificata.

Aggiornamenti quotidiani sulla giurisprudenza

Pensata come uno strumento operativo, aggiornato quotidianamenteJusDì propone l’analisi, la massimazione e il commento delle decisioni più significative della Corte di Cassazione, della Corte Costituzionale, del Consiglio di Stato, della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo e della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Tutto questo entro poche ore dal deposito del provvedimento, per offrire ai lettori un’informazione tecnica, ma espressa in modo chiaro, essenziale e immediatamente fruibile.

2mila commenti esportabili in pdf

La rivista è strutturata per offrire oltre 2.000 commenti all’anno, suddivisi per area tematica e facilmente consultabili grazie a un motore di ricerca evoluto disponibile sul sito www.jusdi.it. Ogni commento è esportabile in PDF per una fruizione immediata e funzionale.

La direzione e il comitato scientifico

La direzione responsabile è affidata alla giornalista Marina Crisafi, mentre la direzione scientifica è del dott. Valerio de GioiaConsigliere presso la Prima Sezione Penale della Corte di Appello di Roma e Consulente della Commissione Parlamentare di inchiesta sul femminicidio.

A supporto della direzione scientifica è stato costituito un Comitato Scientifico di alto profilo, articolato per aree tematiche, che affianca il lavoro redazionale contribuendo alla specializzazione e all’aggiornamento continuo dei contenuti:

  • Sezione amministrativa: Francesco Caringella, Presidente della V Sezione del Consiglio di Stato
  • Sezione civile: Giovanna Spirito, Avvocato
  • Sezione penale: Giuseppe Molfese, Magistrato
  • Sezione tributaria: Nicola Tasco, Avvocato

Info e abbonamenti

JusDì sarà disponibile in abbonamento annuale, attivabile in offerta lancio a soli €24, che comprende anche l’accesso a webinar accreditati di formazione, dedicati alle principali novità normative e giurisprudenziali.

Con JusDì, il Gruppo Editoriale Simone consolida il proprio impegno nell’offrire un’informazione giuridica tempestiva, autorevole e realmente utile, pensata per chi vive il diritto ogni giorno.

Online da giugno 2025 – Per maggiori informazioniwww.jusdi.it

bonus biciclette

Bonus biciclette: la guida Bonus biciclette 2025: cos’è, come funziona, requisiti necessari per fare domanda, come richiederlo, come trovare i bandi attivi

Cos’è il Bonus biciclette 2025

Il Bonus biciclette 2025, anche noto come incentivo mobilità sostenibile, è una misura volta a favorire l’acquisto di bici tradizionali, e-bike e cargo bike da parte di cittadini e imprese, nell’ottica di una mobilità urbana più ecologica ed efficiente. Questo contributo economico mira a ridurre l’inquinamento, il traffico urbano e a incentivare stili di vita salutari.

Il bonus bici è un’agevolazione economica che può consistere in:

  • un rimborso parziale sulla spesa sostenuta per l’acquisto;
  • un credito di imposta;
  • oppure un contributo diretto calcolato come percentuale sul prezzo del mezzo acquistato.

A seconda della Regione o Comune, possono essere attivati ulteriori bandi locali con condizioni specifiche.

La normativa di riferimento

Il bonus biciclette nazionale è stato originariamente introdotto con il Decreto Rilancio (D.L. 19 maggio 2020, n. 34), art. 229, convertito in L. 17 luglio 2020, n. 77, come misura emergenziale in seguito alla pandemia da COVID-19. Il successo dell’iniziativa ha portato a successive estensioni e nuove edizioni, anche a livello regionale e comunale.

Nel 2025, il bonus bici non è previsto in forma unitaria a livello nazionale, ma è attivo tramite iniziative regionali, comunali e fondi PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), con variazioni significative da territorio a territorio.

A chi spetta il bonus biciclette

Il Bonus biciclette 2025 può essere richiesto da:

  • persone fisiche residenti in Italia;
  • famiglie a basso reddito (in alcuni casi con limiti ISEE);
  • aziende e partite IVA che acquistano bici cargo o mezzi a pedalata assistita per uso professionale o consegne;
  • residenti in comuni che attivano bandi locali per la mobilità sostenibile;
  • soggetti che rottamano un vecchio veicolo inquinante (in base al singolo bando).

I requisiti variano in base all’ente che eroga il contributo (Ministero dell’Ambiente, Regioni, Comuni, o enti locali), pertanto è essenziale consultare il sito dell’ente di appartenenza.

Cosa si può acquistare con il bonus bici

L’incentivo può essere utilizzato per acquistare:

  • bici muscolari (tradizionali);
  • bici elettriche o a pedalata assistita (e-bike);
  • bici cargo, anche a uso professionale;
  • accessori per la mobilità ciclabile (solo se previsti dal bando);
  • in alcuni casi, anche monopattini elettrici, handbike o mezzi per persone con disabilità.

Il mezzo deve essere nuovo, conforme alla normativa europea e acquistato presso rivenditori autorizzati.

Qual è l’importo del bonus

L’importo del Bonus bici 2025 varia in base al tipo di incentivo attivato:

  • contributo percentuale del prezzo, con tetti massimi stabiliti (es. Euro 500 – Euro 1.000);
  • credito di imposta (es. fino a Euro 750 detraibili dalla dichiarazione dei redditi, se previsto da leggi statali);
  • bonus rottamazione per chi dismette un vecchio veicolo inquinante.

Per il bonus e-bike 2025, alcune Regioni e Comuni (es. Lombardia, Piemonte, Trentino Alto Adige, Bologna, Firenze) hanno già pubblicato o stanno predisponendo bandi con importi che variano da Euro 200,00 a Euro 1.500,00 in funzione del modello, della finalità (uso personale o professionale) e della disponibilità del fondo.

Come ottenere il bonus biciclette 

Le modalità per richiedere il Bonus biciclette cambiano a seconda dell’ente erogatore. Generalmente, la procedura prevede:

  1. Registrazione sul portale dedicato del Ministero dell’Ambiente (se nazionale) o della Regione/Comune;
  2. Inserimento della domanda online, con:
    • copia del documento d’identità;
    • codice fiscale;
    • ISEE (se richiesto);
    • fattura o scontrino parlante;
    • eventuale dichiarazione di rottamazione del veicolo inquinante.

Alcuni bandi prevedono l’invio prima dell’acquisto (prenotazione del contributo), altri consentono di chiedere il rimborso dopo l’acquisto.

Attenzione: i fondi sono spesso limitati e distribuiti secondo l’ordine cronologico di presentazione delle domande, fino a esaurimento.

Dove trovare bandi attivi

Per sapere se il tuo Comune o Regione ha attivato il bonus biciclette:

  • consulta il sito ufficiale del Ministero dell’Ambiente e Sicurezza Energetica;
  • accedi ai siti istituzionali delle Regioni e dei Comuni;
  • verifica eventuali bandi su Decathlon, LaBicicletteria.eu, o piattaforme specializzate in mobilità sostenibile;
  • chiedi informazioni presso CAF, patronati o rivenditori autorizzati.

 

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Cassonetti sotto la finestra? Delibera condominiale annullabile Cassonetti sotto la finestra? Il tribunale annulla la delibera condominiale se lede il diritto di proprietà e ignora soluzioni alternative praticabili

Cassonetti sotto la finestra e delibera

Cassonetti sotto la finestra e annullabilità della delibera: posizionare i contenitori dei rifiuti condominiali in prossimità di una finestra privata può portare all’annullamento della delibera assembleare, se ciò comporta un pregiudizio diretto al diritto di proprietà e non risulta giustificato da esigenze oggettive del condominio. Lo ha stabilito il Tribunale di Latina con sentenza n. 1025/2025, richiamando i principi di buon uso delle parti comuni e proporzionalità delle scelte collettive.

Cassonetti sotto la finestra e odori molesti

La causa prende avvio da una decisione dell’assemblea condominiale che aveva stabilito il collocamento dei cassonetti per la raccolta differenziata a pochi metri dalla finestra di un appartamento. La condomina interessata ha impugnato la delibera, lamentando un’interferenza ingiustificata con il proprio diritto di godimento dell’unità immobiliare, a causa delle esalazioni provenienti dai rifiuti.

Il giudice ha accolto la domanda, ritenendo che la scelta dell’assemblea configuri un uso anomalo delle parti comuni e un sacrificio sproporzionato degli interessi individuali, soprattutto in presenza di alternative praticabili.

Odori e distanze: i criteri di valutazione del tribunale

Il Tribunale ha fondato il proprio giudizio su presunzioni semplici ex art. 2729 c.c., richiamando massime di esperienza secondo cui la vicinanza di rifiuti organici alle finestre può comportare odori sgradevoli e limitazioni al pieno utilizzo dell’abitazione, specialmente nei mesi estivi.

Rilevata una distanza inferiore ai 4 metri tra i cassonetti e la finestra, il giudice ha fatto riferimento, in via analogica, all’articolo 889 c.c. in materia di distanze tra costruzioni, trattandosi di una lacuna normativa in ambito condominiale e igienico-sanitario. In mancanza di norme locali specifiche, ha considerato quella distanza non idonea a garantire condizioni igieniche accettabili.

Le fotografie allegate dall’attrice, ritenute non contestate, hanno rafforzato la prova del disagio, contribuendo alla valutazione complessiva dell’illegittimità della delibera.

Eccesso di potere e alternative ignorate

Il provvedimento impugnato è stato ritenuto viziato da eccesso di potere, poiché ha sacrificato il diritto individuale senza che vi fosse una reale esigenza collettiva. La motivazione addotta dall’assemblea – ovvero la mancanza di spazi alternativi – è stata smentita dalla consulenza tecnica d’ufficio, che ha invece individuato il locale autoclave come area idonea, previa minima modifica.

Secondo il giudice, l’attività deliberativa del condominio deve rispettare il principio di equilibrio tra interesse collettivo e diritti dei singoli, evitando soluzioni irragionevoli o sproporzionate. La mancata considerazione dell’alternativa concretamente realizzabile ha reso la motivazione della delibera meramente apparente e quindi invalida.

Allegati

accompagnamento alla pensione

Accompagnamento alla pensione Accompagnamento alla pensione: cos’è, normativa di riferimento, come funziona, tipologie, compatibilità e tassazione

Accompagnamento alla pensione: cos’è

L’accompagnamento alla pensione è un insieme di strumenti e misure che consentono ai lavoratori di uscire anticipatamente dal mondo del lavoro, garantendo loro un reddito ponte fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia o anticipata. Si tratta di una soluzione flessibile e complementare al sistema previdenziale, che interessa principalmente le grandi aziende in fase di ristrutturazione, ma può riguardare anche prestazioni individuali a sostegno dei lavoratori in uscita.

Con “accompagnamento alla pensione” si fa riferimento quindi a strumenti di transizione dal lavoro alla pensione, che garantiscono un sostegno economico per i lavoratori che cessano anticipatamente l’attività, ma che non hanno ancora raggiunto i requisiti per accedere alla pensione.

Tali strumenti includono:

  • isopensione (ex art. 4, L. n. 92/2012);
  • assegno straordinario dei fondi di solidarietà bilaterali (es. settore bancario);
  • contratti di espansione (Dlgs n. 148/2015);
  • ape sociale (dl n. 50/2017);
  • altre misure di accompagnamento previste nei CCNL o da accordi aziendali.

Normativa di riferimento

Le prestazioni di accompagnamento sono regolate da un quadro normativo composito. Tra i riferimenti principali:

  • legge n. 92/2012 (Riforma Fornero): istituisce l’isopensione per esuberi;
  • dlgs n. 148/2015: introduce i contratti di espansione e i fondi di solidarietà;
  • legge di Bilancio 2023 e 2024: prorogano misure come l’Ape sociale.

Come funziona l’accompagnamento alla pensione

Il funzionamento dipende dallo strumento utilizzato. In generale, il percorso prevede:

  1. l’accordo tra lavoratore e datore di lavoro (individuale o collettivo);
  2. la verifica dei requisiti (età, contributi, distanza dalla pensione);
  3. l’erogazione di un reddito ponte a carico dell’azienda o del fondo di solidarietà;
  4. la copertura contributiva figurativa da parte dell’INPS fino al pensionamento effettivo.

Le principali forme di accompagnamento alla pensione

1. Isopensione (ex art. 4, L. 92/2012)

  • riservata ad aziende con più di 15 dipendenti;
  • consente il pensionamento anticipato a coloro che hanno maturato i requisiti minimi di tipo anagrafico e contributivo per la pensione di vecchiaia (67 anni) o per la pensione anticipata  (41 anni e 10 mesi di contributi per le donne; 41 anni e 10 mesi per gli uomini) entro 7 anni dalla fine del rapporto di lavoro, fino al 2026;
  • prevede una copertura contributiva integrale da parte del datore di lavoro;
  • l’importo erogato è pari alla pensione maturata al momento dell’uscita.

2. Assegno straordinario dei fondi di solidarietà bilaterali

  • riguarda comparti regolati da fondi di solidarietà INPS (bancari, assicurativi, ecc.).
  • il lavoratore percepisce un assegno mensile fino al raggiungimento della pensione;
  • consente il pensionamento anticipato a coloro che hanno maturato i requisiti minimi di tipo anagrafico e contributivo per la pensione di vecchiaia (67 anni) o per la pensione anticipata  (41 anni e 10 mesi di contributi per le donne; 41 anni e 10 mesi per gli uomini) entro 5 anni dalla fine del rapporto di lavoro.

3. Contratto di espansione

  • riguarda aziende con almeno 50 dipendenti (soglia ridotta negli ultimi anni).
  • prevede una riduzione del personale e la formazione per i dipendenti rimanenti;
  • il lavoratore può uscire fino a 5 anni prima della pensione, con accompagnamento a carico dell’azienda e dell’INPS.

4. APE Sociale

  • prestazione assistenziale a carico dello Stato, prorogata fino al 31 dicembre 2025.
  • riguarda i lavoratori che si trovano in condizioni svantaggiate (disoccupati, caregiver, invalidi, lavori gravosi);
  • fornisce un reddito mensile massimo di 1.500 euro fino al pensionamento.

Compatibilità e tassazione

Le prestazioni di accompagnamento in genere non sono cumulabili con redditi da lavoro dipendente o autonomo, salvo deroghe previste dai contratti collettivi. L’importo percepito è assoggettato a tassazione IRPEF, come reddito assimilato a pensione.

 

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casa familiare

La casa familiare Casa familiare: cos’è, cosa accade in caso di separazione e come funziona l’assegnazione

Cosa si intende per casa familiare

La casa familiare, spesso detta anche casa coniugale, è l’immobile in cui si è svolta la vita quotidiana della famiglia e dove sono stati costruiti gli affetti, le abitudini e la routine domestica. Quando una coppia si separa, la sorte di questo bene diventa spesso oggetto di conflitto, poiché incide direttamente sulla tutela dei figli minori o economicamente non autosufficienti.

L’ordinamento italiano, in un’ottica di protezione della prole, prevede regole specifiche in merito all’assegnazione della casa familiare, disciplinata dall’art. 337-sexies del codice civile.

Occorre inoltre precisare che la casa familiare non è semplicemente un bene immobile: giuridicamente, è l’abitazione destinata alla vita della famiglia, indipendentemente dal regime patrimoniale scelto dai coniugi (comunione o separazione dei beni) o dall’intestazione del bene. L’assegnazione, quindi, non riguarda il diritto di proprietà, ma la destinazione d’uso dell’immobile in funzione dell’interesse superiore dei figli.

Normativa di riferimento: art. 337-sexies c.c.

L’art. 337-sexies c.c. stabilisce che:

“Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.”

Questo principio si applica nei procedimenti di:

  • separazione personale dei coniugi;
  • divorzio;
  • cessazione della convivenza more uxorio (anche per coppie non sposate con figli).

Il giudice può assegnare la casa familiare al genitore collocatario dei figli, anche se non è proprietario o intestatario dell’immobile, purché ciò sia ritenuto nell’interesse prevalente della prole.

Chi ha diritto alla casa familiare dopo la separazione

In caso di separazione o divorzio:

  • se ci sono figli minorenni o maggiorenni non autosufficienti, la casa viene assegnata al genitore con cui i figli convivono stabilmente. Se la casa, ad esempio, è di proprietà esclusiva del padre, ma i figli vivono con la madre, la casa viene in genere assegnata alla madre per garantire la stabilità abitativa dei minori;
  • se non ci sono figli, l’assegnazione della casa segue i principi della proprietà, dell’uso o del possesso, salvo diversi accordi tra le parti.

Effetti dell’assegnazione della casa coniugale

L’assegnazione della casa non trasferisce la proprietà, ma comporta:

  • il diritto di abitazione gratuito per l’assegnatario;
  • la possibilità di registrare l’assegnazione nei pubblici registri immobiliari (art. 2643 c.c.);
  • il divieto per il proprietario di vendere o locare l’immobile in modo da pregiudicare il diritto dell’assegnatario.

Quando l’assegnazione può essere revocata

Il diritto all’uso della casa familiare non è eterno: può cessare quando:

  • I figli diventano economicamente autosufficienti o lasciano la casa;
  • cambiano le condizioni di affidamento (es. affidamento esclusivo all’altro genitore);
  • il genitore assegnatario convive con un nuovo partner in modo stabile, come riconosciuto dalla giurisprudenza di Cassazione.

La casa familiare nei rapporti patrimoniali

Per quanto riguarda il regime di ripartizione delle spese:

  • le spese di manutenzione ordinaria spettano al genitore assegnatario;
  • le spese straordinarie e le imposte gravano invece sul proprietario;
  • se la casa è in comproprietà, il coniuge non assegnatario può chiedere lo scioglimento della comunione, dopo la cessazione del diritto di abitazione.

Giurisprudenza di legittimità

La Cassazione è intervenuta più volte a sciogliere le questioni più controverse relative alla casa familiare.

Cassazione n. 308/2008: la casa familiare non è solo un luogo fisico, ma un vero e proprio centro di vita dove si coltivano affetti, interessi e abitudini quotidiane. Questo ambiente è fondamentale per la crescita e lo sviluppo della personalità dei figli. Di conseguenza, l’abitazione serve a proteggere i minori e a garantire il loro diritto di continuare a vivere nel proprio ambiente domestico, come stabilito dagli articoli 29, 30 e 31 della Costituzione.

Cassazione n. 18603 del 2021: l’assegnazione della casa familiare si discosta dalle logiche patrimoniali o di mantenimento del coniuge in caso di separazione o divorzio. Il suo scopo principale è esclusivamente la tutela degli interessi dei figli.

Cassazione n. 8764/2023: per decide se un ex coniuge ha diritto all’assegno di divorzio, occorre considerare il termine “patrimonio” in un senso molto ampio. Questo significa che è necessario valutare ogni fattore che possa aumentare le risorse economiche della famiglia o anche solo dell’ex coniuge. Tra questi fattori rientra anche l’assegnazione della casa familiare.

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