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Vendita di bene immobile con vizi gravi In caso di vendita di bene immobile con vizi gravi, il venditore può chiamare in causa il terzo costruttore per essere esonerato dalla responsabilità relativa ai difetti di costruzione?

Quesito con risposta a cura di Manuel Mazzamurro e Davide Venturi

 

Nell’ipotesi di vendita di bene immobile con vizi gravi, è possibile chiamare in causa il terzo costruttore: tuttavia il venditore non può trasferire la responsabilità derivante dalla mancata comunicazione all’acquirente dei vizi noti dell’immobile, trattandosi di una violazione del principio di correttezza e buona fede nei rapporti contrattuali, ai sensi dell’art. 1175 c.c., che rimane esclusivamente a carico del venditore (Cass., sez. II, 28 agosto 2024, n. 23233). 

Nel caso di specie, la Suprema Corte è stata chiamata a valutare a quali condizioni il venditore può essere esonerato dalla responsabilità relativa ai difetti di costruzione di un bene immobile.

In primo grado il venditore veniva condannato al pagamento di una somma a titolo di riduzione del prezzo di vendita, escludendo la responsabilità della società costruttrice sia perché il convenuto si era limitato a chiedere di essere da questa manlevato, senza tuttavia esperire una vera e propria azione ex art. 1669 c.c., sia perché sarebbe comunque trascorso il termine decennale dall’ultimazione dell’opera.

In secondo grado, viceversa, la società costruttrice veniva condannata a tenere indenne il venditore da tutte le conseguenze economiche derivanti dalla condanna.

Viene proposto quindi ricorso per Cassazione, contestando l’erronea applicazione dei principi di buona fede e correttezza nei rapporti contrattuali. In particolare, si obbiettava che, pur avendo riconosciuto la violazione dei principi di correttezza e buona fede nell’adempimento dei rapporti contrattuali ex art. 1175 c.c. a carico del venditore, venivano addebitate queste conseguenze economiche, derivanti da un suo personale comportamento, alla società costruttrice.

La Suprema Corte, nella decisione de qua, accogliendo il ricorso, ha stabilito che nell’ipotesi in cui il venditore sia a conoscenza di un vizio del rapporto contrattuale, occorre valutare in che misura ciò possa incidere, ai sensi del principio di buona fede e correttezza, nelle trattative e nell’esecuzione del contratto.

Nel caso di specie, il venditore era a conoscenza del vizio di costruzione imputabile alla società costruttrice, ma, ciò nonostante, non informava l’acquirente di questo difetto strutturale dell’immobile.

La disciplina contenuta nell’art. 1669 c.c. rappresenta un’ipotesi di responsabilità speciale di natura extracontrattuale atta a garantire la conservazione e la funzionalità di edifici destinati per loro natura a durare nel tempo, a tutela dell’incolumità e della sicurezza pubblica. Pertanto, fermo restando la responsabilità della società costruttrice per i vizi dell’immobile, che possono essere ascritti nel novero della responsabilità ex art. 1669 c.c., essa non può rispondere per gli ulteriori danni derivanti dal comportamento, contrario a buona fede e correttezza, tenuto dalla società venditrice durante le trattative e l’esecuzione del contratto.

Per tali ragioni, la Cassazione ha accolto questo motivo di ricorso e rinviato la causa al Giudice di merito, il quale dovrà valutare se il comportamento della società venditrice è stato conforme ai canoni di buona fede e correttezza.

(*Contributo in tema di “Vendita di bene immobile con vizi gravi”, a cura di Manuel Mazzamurro e Davide Venturi, estratto da Obiettivo Magistrato n. 78 / Ottobre 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)

cane catena

Reato tenere il cane alla catena sotto il sole Cane alla catena, sotto il sole e senza acqua: la condotta configura il reato di abbandono di animali art. 727 c.p.

Cane alla catena: reato di abbandono art. 727 c.p.

Reato tenere il cane alla catena. E’ integrato, infatti, il reato di abbandono di animali di cui all’art. 727 del codice penale che punisce chiunque abbandona animali domestici o che abbiano acquisito le abitudini della cattività. Alla stessa pena  è soggetto anche chiunque detenga animali in condizioni incompatibili con la loro natura e produttive di gravi sofferenze.

Il reato di abbandono si configura quindi anche quando un soggetto detenga un cane di grossa taglia a una catena di metallo pesante corte corta e stretta, in scarse condizioni igieniche, sotto il sole e senza acqua. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza n. 38792/2024.

Tenere il cane alla catena sotto il sole senza acqua è reato

Il tribunale condanna un soggetto per il reato di abbandono di animale. Per l’autorità giudicante l’uomo è responsabile penalmente per aver detenuto un cane di razza Rottweiler in condizioni incompatibili con la sua natura, produttive di gravi sofferenze e in condizioni igieniche precarie.

L’uomo deteneva infatti l’animale legato a una corda corta e fissa tanto da provocargli uno strozzamento. Il cane inoltre si trovava esposto in pieno sole, ma la ciotola dell’acqua era vuota.

L’imputato contesta la sanzione, la somma quantificata a titolo di risarcimento in favore della parte civile e la mancata concessione della sospensione condizionale della pena.

Negata la sospensione condizionale: condotta grave

Per la Cassazione il ricorso deve essere respinto. Il primo motivo appare del tutto infondato così come la seconda doglianza nella quale l’imputato ha lamentato il mancato riconoscimento della sospensione condizionale della pena.

La Cassazione al riguardo precisa che il giudice di merito ha motivato la decisione in maniera congrua ed esente da vizi logici. Lo stesso ha infatti valorizzato la gravità della condotta dell’imputato.

Nella sentenza impugnata è descritta la detenzione sotto il sole di un cane di grossa taglia al quale è stata fatta indossare una catena di metallo pesante, del tutto priva di moschettoni rotanti e attorcigliata attorno al collo. L’animale detenuto in simili condizioni era impossibilitato a muoversi, quindi non poteva raggiungere un riparo. L’animale inoltre non aveva a sua disposizione neppure una ciotola  piena d’acqua per abbeverarsi.

 

Leggi anche: Cane chiuso in casa senz’acqua: è reato

Allegati

processo estinto

Processo estinto se non si paga il contributo unificato Processo estinto in caso di omesso o parziale pagamento del contributo unificato: lo prevede l’art. 105 della bozza della manovra di bilancio

Estinzione processo senza contributo unificato

Processo estinto nel caso di omesso pagamento del contributo unificato. Lo prevede l’articolo 105 della bozza della manovra di bilancio 2025, che in materia di revisione delle spese di giustizia, dopo l’articolo 307 c.p.c aggiunge il nuovo 307 bis c.p.c.

Estinzione del processore: cosa prevede l’art. 307 c.p.c.

L’attuale formulazione dell’art. 307 c.p.c prevede diverse cause di estinzione del processo civile.

II primo comma ricollega l’estinzione del processo alla mancata riassunzione della causa nel termine perentorio di tre mesi, decorrente dalla scadenza del termine per la costituzione del convenuto art. 166 c.p.c o dalla data del provvedimento di cancellazione, se dopo la notifica nessuna delle parti si sia costituita entro il termine di cui all’art. 166 o se dopo la costituzione delle parti il giudice abbia disposto la cancellazione della causa dal ruolo.

Il secondo comma dispone invece l’estinzione del processo nel caso in cui, dopo la sua riassunzione, nessuna della parti si costituisca o il giudice ordini la cancellazione della causa dal ruolo.

Il terzo comma prevede infine che il processo si estingue anche quando il soggetto che vi è onerato non provveda, nei termini assegnati dal giudice o stabiliti dalla legge, a rinnovare la citazione o a proseguire, riassumere e integrare il giudizio.

Pagamento omesso o parziale: altri 30 giorni per pagare

La prima disposizione del nuovo art. 307 bis c.p.c è perentoria nella sua formulazione letterale. Essa impone infatti che Il processo si estingue per omesso o parziale pagamento del contributo unificato.” 

L’estinzione del processo però non è prevista in modo automatico. Il giudice infatti, nel corso della prima udienza, se verifica che il contributo unificato non è stato pagato o è stato pagato in parte, assegna alla parte interessata un termine di 30 giorni per provvedere al pagamento dell’intero importo o all’integrazione di quanto pagato fino a quel momento, rinviando l’udienza a una data immediatamente successiva.

Processo estinto se all’udienza di rinvio il contributo non risulta versato

Nel corso di questa nuova udienza il giudice, verificato il mancato pagamento del contributo nonostante la concessione del suddetto termine di 30 giorni, dichiara l’estinzione del processo.

Esito diverso se l’omesso pagamento del contributo riguarda la domanda riconvenzionale, la chiamata in causa, l’intervento volontario nei confronti di tutti le parti o per proporre l’impugnazione incidentale. In questi casi infatti il giudice non dichiara il processo estinto, ma si limita a dichiarare improcedibile la domanda.

Si estinguono anche processo del lavoro ed esecutivo

Queste regole, come precisano le ultime disposizioni della norma, si applicano anche elle controversie del rito lavoro e del processo esecutivo, mentre non trovano applicazione nei procedimenti cautelari e possessori.

Le reazioni dell’Avvocatura alla norma

La norma ha suscitato subito le reazioni dei principali organismi dell’avvocatura. L’Organismo Congressuale Forense ritiene incostituzionale bloccare un processo subordinandolo a imposizioni o prestazioni patrimoniali. Chiede quindi che la norma venga stralciata dal testo della manovra. Il Movimento Forense critica la norma perché in questo modo si subordina l’accesso alla giustizia a un adempimento fiscale. L’Associazione Nazionale Forense ricorda che nel 2022 il Governo aveva ritirato una disposizioni simile in quanto incostituzionale.

L’AIGA infine ha espresso la propria contrarietà alla norma con un comunicato stampa del 24 ottobre 2024 (sotto allegato), in cui il Presidente Foglieni dichiara che: “la nuova previsione normativa rischia di porsi come ostacolo al diritto costituzionalmente garantito del cittadino di agire in giudizio per la tutela dei propri diritti ed interessi legittimi.”

 

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pensioni le misure

Pensioni: le misure più importanti della manovra Pensioni: la manovra conferma Ape Social, Opzione donna e Quota 103, novità invece per pensioni minime e per quelle dei residenti all’estero

Pensioni: le novità della manovra 2025

Pensioni le misure più importanti contenute nella manovra di bilancio 2025 che, nella sua versione iniziale, prima dell’esame parlamentare, prevede diverse novità in materia ma anche alcune conferme. 

Quota 103

Confermata quota 103 per chi è nel regime contributivo, ha raggiunto 62 anni di età e 41 anni di contributi. Più lunghi invece i tempi di attesa. I dipendenti privati dovranno attendere 7 mesi dalla presentazione della richiesta, i dipendenti pubblici 9 mesi.

Ape social

La manovra proroga Ape social per chi ha almeno 63 anni e 5 mesi di età e 30 anni minimi di contributi. I beneficiari dovranno essere:

  • disoccupati anche a causa di un licenziamento collettivo;
  • caregiver;
  • soggetti con provata riduzione della capacità lavorativa minima del 74%;
  • lavoratori impiegati in attività gravose.

Opzione donna

L’altra proroga riguarda opzione donna, di cui potranno beneficiare le donne che abbiano compiuto almeno 61 anni di età con 35 anni di contributi versati entro il 31 dicembre 2024. Le richiedenti devono però rientrare in determinate categorie:

  • disoccupate anche a causa di un licenziamento collettivo;
  • dedite all’assistenza del coniuge o di un parente di primo grado affetti da handicap grave da almeno 6 mesi;
  • con riduzione della capacità lavorativa in misura pari o superiore al 74%;
  • lavoratrici licenziate o alle dipendenze di imprese in cui è attivo il tavolo di confronto presso l’ex Mise per gestire le crisi aziendali.

Pensioni minime: misure antinflazione

L’articolo 25 della manovra è dedicato alle pensioni minime. Esso interviene per completare gli interventi transitori finalizzati al contrasto dell’inflazione registrata negli anni 2022 e 2023.

A tal fine la manovra va a modificare il comma 310 dell’art. 1 della legge di bilancio per il 2023 n. 197 del 17 dicembre 2022.

Comma 310 art. 1 legge di bilancio 2025

Questo il testo di risulta in seguito alle modifiche previste: Al fine di contrastare gli effetti negativi delle tensioni inflazionistiche registrate e attese per gli anni 2022 e 2023, per le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo INPS, in via eccezionale con decorrenza 1° gennaio 2023, con riferimento al trattamento pensionistico lordo complessivo in pagamento per ciascuna delle mensilità da gennaio 2023 a dicembre 2026, ivi compresa la tredicesima mensilità spettante, è riconosciuto in via transitoria un incremento, limitatamente alle predette mensilità e rispetto al trattamento mensile determinato sulla base della normativa vigente prima della data di entrata in vigore della presente legge, di 1,5 punti percentuali per l’anno 2023, elevati a 6,4 punti percentuali per i soggetti di età pari o superiore a settantacinque anni, e di 2,7 punti percentuali per l’anno 2024, di 2,2 punti percentuali per lanno 2025 e di 1,3 punti percentuali per lanno 2026.  L’incremento di cui al presente comma non rileva, per gli anni 2023 e 2024, 2025 e 2026 ai fini del superamento dei limiti reddituali previsti nel medesimo anno per il riconoscimento di tutte le prestazioni collegate al reddito. (…) Resta fermo che, ai fini della rivalutazione delle pensioni per gli anni 2023 e 2024, 2025 e 2026 il trattamento pensionistico complessivo di riferimento è da considerare al netto dell’incremento transitorio di cui al presente comma, il quale non rileva a tali fini e i cui effetti cessano in ogni caso, rispettivamente, al 31 dicembre 2023 e al 31 dicembre 2024, al 31 dicembre 2025 e al 31 dicembre 2026.” 

Pensione di vecchiaia: per lavoratrici con 4 o più figli

L’articolo 26 interviene sulle pensioni di vecchiaia delle lavoratrici attraverso la modifica dell’articolo 1, comma 40, lettera c) della legge n. 335/1995 La norma acquisisce così il seguente tenore letterale: Per i trattamenti pensionistici determinati esclusivamente secondo il sistema contributivo, sono riconosciuti i seguenti periodi di accredito figurativo: lett c) a prescindere dall’assenza o meno dal lavoro al momento del verificarsi dell’evento maternità, è riconosciuto alla lavoratrice un anticipo di età rispetto al requisito di accesso alla pensione di vecchiaia di cui al comma 19 pari a quattro mesi per ogni figlio e pari a sedici mesi complessivi nei casi di quattro o più figli.” 

Pensioni all’estero: stop perequazione automatica

L’ art. 27 della manovra prevede che, in via del tutto eccezionale, per il 2025, la rivalutazione automatica delle pensioni (art. 34 comma 1 legge n. 448/1998) non sarà riconosciuta ai pensionati che risiedono allestero e che percepiscono una pensione superiore al trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo di questi trattamenti. Qualora il trattamento pensionistico complessivo sia superiore al predetto importo e inferiore a tale limite aumentato dell’incremento disciplinato dal presente comma l’incremento è comunque attribuito fino a concorrenza del predetto limite maggiorato.” 

Previdenza complementare

L’art. 28 modifica l’art. 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, prevedendo che a partire dal 1° gennaio 2025, solo per raggiungere l’importo soglia mensile, in caso di opzione per la rendita, su richiesta dell’assicurato, possa essere computato insieme all’ammontare mensile della prima rata di pensione base, anche il valore teorico di una o più prestazioni di rendita delle forme pensionistiche di previdenza complementare richieste dall’assicurato.

 

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troppe scuole

Troppe scuole: autonomia regionale a rischio La Consulta ha bocciato la legge della regione Sardegna sul mantenimento delle autonomie scolastiche esistenti, in quanto eccessiva rispetto al contingente stabilito dallo Stato

Autonomia scolastica e contingente statale

Troppe scuole mettono a rischio l’autonomia regionale in materia scolastica. La Consulta, infatti, con la sentenza n. 168/2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della legge della Regione Sardegna (n. 2/2024) che prevedeva il mantenimento di tutte le autonomie scolastiche esistenti nell’anno 2023-2024.

Pur restando ferma “la competenza delle regioni a definire il tipo e l’ubicazione delle istituzioni scolastiche e a istituire nuovi plessi ovvero ad aggregare quelli esistenti, tenendo anche conto delle peculiari esigenze di ciascun territorio” ha affermato la Corte Costituzionale, alla luce di una sua precedente sentenza (n. 223/2023), è pur vero che la riforma statale (da ultimo con legge 197/2022) “impone alle regioni di rispettare il contingente di dirigenti scolastici e amministrativi determinato tramite decreto ministeriale”.

Troppe scuole, legge bocciata

La Corte ha, pertanto, ritenuto che la legge della Regione Sardegna n. 2 del 2024, “nel porsi l’obiettivo di mantenere tutte le autonomie scolastiche esistenti, dunque a prescindere dal contingente dirigenziale definito dallo Stato, si ponga in contrasto con l’art. 117, secondo comma, lettera n), Cost., che attribuisce alla competenza legislativa statale esclusiva la materia «norme generali sull’istruzione»”.

La legge regionale, infatti, per il giudice delle leggi, “viola il principio della necessaria corrispondenza tra dirigenti assegnati alle regioni e istituzioni scolastiche presenti sul territorio. La disposizione impugnata è anche in contrasto con la lettera g) del secondo comma dell’art. 117 Cost., in quanto, come esplicitato dalla sentenza n. 223 del 2023, la determinazione del contingente scolastico riguarda personale inserito nel pubblico impiego statale”.

accesso agli atti condominiali

L’accesso agli atti condominiali è gratuito L’accesso agli atti condominiali è una facoltà dei condomini che non richiede l'esborso di somme ulteriori rispetto ai diritti di copia

Accesso agli atti del condominio

L’accesso agli atti condominiali non è subordinato al pagamento di alcuna somma. I condomini che chiedono l’accesso agli atti condominiali non devono pagare all’amministratore di condominio un compenso ulteriore rispetto a quello concordato al conferimento dell’incarico. Lo ha chiarito il Tribunale di Milano nella sentenza n. 15169/2024.

Richiesta di accesso agli atti: la vicenda

Due condomini convengono in giudizio l’amministratrice condominiale chiedendo che venga condannata alla consegna o alla messa a disposizione in copia dei documenti condominiali indicati nell’atto di citazione. Gli attori dichiarano di aver chiesto alla convenuta con due PEC inviate a distanza di un mese una dall’altra di poter prendere visione ed estrarre copia di alcuni documenti condominiali, previo pagamento dei relativi oneri e previo appuntamento. La convenuta però non ha fornito alcun riscontro a queste richieste. L’amministratrice contesta la domanda nel merito chiedendo nel rigetto. Dopo il fallito tentativo di mediazione la causa prosegue e giunge in decisione.  

Facoltà di visionare ed estrarre copia dei documenti

Il Tribunale rileva la fondatezza della richiesta dei condomini. Ogni condomino infatti ha la facoltà di chiedere e ottenere dall’amministratore condominiale l’esibizione dei documenti contabili anche al di fuori del rendiconto annuale dell’approvazione del bilancio. Il richiedente che avanza tali richieste non ha l’onere di specificare i motivi per i quali vuole prendere visione o estrarre copia dei documenti del condominio. Le richieste non devono naturalmente intralciare l’attività amministrativa e non devono essere contrarie ai principi di correttezza. I costi relativi devono   gravare sui richiedenti.

Illegittima la richiesta di una somma aggiuntiva

Nel caso di specie il Tribunale ritiene provata la duplice richiesta degli attori formulata a mezzo pec. L’amministratrice però ha subordinato detta richiesta al pagamento dell’importo è di 100,00 euro, in quanto attività soggetta a retribuzione separata, trattandosi di richieste personali dei singoli condomini.

Trattasi  però di una condizione del tutto illegittima. L’unico onere economico che può essere imposto al singolo condomino che richieda di estrarre copia di alcuni documenti condominiali è rappresentato dalla spesa necessaria per avere la copia della documentazione originale.

“Non può considerarsi legittima, pertanto, l’eventuale richiesta da parte dell’amministratore di un compenso aggiuntivo o di un rimborso forfettario, trattandosi comunque di attività connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti strutturali, e perciò da ritenersi compresa nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell’incarico per tutta l’attività amministrativa di durata annuale.” 

Per garantire che l’amministratrice rispetti la domanda attorea il Tribunale dispone quindi il pagamento di 20,00 euro per ogni giorno di ritardo (ai sensi dell’art. 614 bis c.p.c) nell’esecuzione del provvedimento di condanna, consistente nell’obbligo di consentire ai condomini la visione e l’eventuale copia dei documenti richiesti.

 

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concordato preventivo

Concordato preventivo: per avvocati opzione neutra Cassa Forense fornisce chiarimenti agli iscritti sull'adesione al concordato preventivo biennale in scadenza il 31 ottobre prossimo

Concordato preventivo biennale avvocati

Concordato preventivo biennale: per Cassa Forense l’opzione è neutra, si paga sul reddito effettivo. Così l’ente previdenziale degli avvocati con un avviso pubblicato sul proprio sito detta chiarimenti sulla possibilità di adesione all’opzione introdotta dal Dlgs. 13/2024, in attuazione della riforma fiscale.

Gli avvocati che decidono di aderire al CPB continuano a versare la contribuzione previdenziale sulla base del reddito effettivamente prodotto” chiarisce infatti la Cassa. 

La nota Adepp

L’Ente rammenta che il decreto 13/2024, che ha introdotto il CPB, all’articolo 30 prevede che: «Gli eventuali maggiori o minori redditi ordinariamente determinati, rispetto a quelli oggetto del concordato, non rilevano, ai fini della determinazione delle imposte sui redditi nonché dei contributi previdenziali obbligatori…».

Proprio tale inciso ha spinto l’Adepp, l’associazione che rappresenta le Casse di previdenza dei professionisti, a fare un comunicato per chiarire che, sul fronte previdenziale, “questa norma non si possa applicare agli enti di previdenza cosiddetti privatizzati, perché oltre a lederne l’autonomia potrebbe incidere sulla stabilità finanziaria”.

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non bastano i viaggi

Non bastano i viaggi col compagno per l’addio all’assegno Revoca assegno divorzile: non provano la una nuova famiglia di fatto della ex moglie i viaggi e le vacanze con il nuovo compagno

Revoca assegno divorzile

Non bastano i viaggi col compagno, per disporre la revoca dell’assegno divorzile. Non provano, infatti, la nuova famiglia di fatto nè i viaggi e le vacanze estive della coppia formata dalla ex moglie e dal nuovo compagno, nè la frequentazione domestica e la corresponsione di somme di denaro nel periodo in cui l’ex marito non le versava gli assegni. Lo ha chiarito la Cassazione nella sentenza n. 27043/2024.

Assegno divorzile: la Corte lo dimezza

Un ex marito si rivolge al Tribunale per chiedere la revoca dell’assegno di divorzio di 1000 euro mensili spettante all’ex moglie. L’autorità giudiziaria accoglie il ricorso con decreto. La Corte d’appello accoglie invece parzialmente il reclamo della ex moglie e riduce l’assegno a 500,00 euro a partire dal 22 giugno 2017.

Nuova famiglia di fatto giustifica revoca?

L’ex marito ricorre la decisione in Cassazione. L’uomo contesta alla Corte d’appello di non aver valorizzato l’esistenza della nuova famiglia di fatto della ex moglie solo a causa della non coabitazione. Nel secondo motivo lamenta la mancata valutazione di plurimi elementi indiziari che dimostrano l’esistenza della suddetta famiglia di fatto. Con il terzo motivo evidenzia la non contestazione da parte della ex moglie della relazione con il nuovo compagno dal 2010.

La revoca dell’assegno non è automatica

La Cassazione esamina i tre motivi di doglianza e li respinge perchè inammissibili.

Gli Ermellini ricordano che secondo il più recente orientamento la nuova stabile convivenza di fatto dell’ex partner, giudizialmente accertata, incide sul diritto all’assegno di divorzio, sulla sua revisione e sulla sua quantificazione. Il nuovo progetto di vita intrapreso con il terzo e i reciproci doveri di assistenza morale e materiale non determinano però automaticamente e integralmente la perdita dell’assegno divorzile. La coabitazione assume valenza indiziaria per dimostrare il rapporto di fatto, l’assenza di coabitazione, al contrario, non è decisiva ai fini della revoca. In assenza della stabile coabitazione occorre quindi accertare l’effettivo legame di convivenza per appurare se lo stesso costituisca un ostacolo al diritto all’assegno divorzile.

Viaggi e vacanze non provano la nuova famiglia di fatto

La Corte d’appello ha negato la revoca dell’assegno di divorzio perché dagli elementi emersi non è stata documentata con certezza la formazione di una nuova famiglia di fatto da parte della ex moglie. Pacificamente assente la stabile convivenza (…) non documentano con sufficiente certezza la formazione di una famiglia di fatto, non essendo prova sufficiente di una sostanziale comunione e condivisione di vita e di impegni economici i viaggi e le vacanze estive della coppia, la frequentazione domestica documentata, né la dizione di somme di denaro nel periodo (marzo 2010-2018) in cui (lex marito) non le versava gli assegni.” 

La Corte di merito quindi, contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, non ha valorizzato solo la mancata coabitazione. Dal corredo probatorio complessivo la Corte ha dedotto la mancata dimostrazione della nuova famiglia di fatto dell’ex moglie. I motivi di doglianza del marito non colgono nel segno perché sono diretti in modo improprio a ottenere una rivisitazione dei fatti nel merito, ossia dei fatti storici e dei risultati istruttori.

 

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legge bilancio 2025

Legge bilancio 2025:  cosa prevede Legge bilancio 2025: confermati alcuni bonus per la famiglia, decontribuzioni per il lavoro e più risorse alla sanità

Legge di bilancio 2025: aperta la discussione sul testo

La prima versione della legge di bilancio 2025, dopo la firma del Presidente Mattarella e la bollitura della Ragioneria di Stato è pronta. Aperta la discussione sulla manovra, che si compone di 144 articoli. Da lunedì 28 ottobre il testo arriverà in Commissione Bilancio alla Camera.

Legge di bilancio 2025: le misure principali

La manovra di bilancio 2025 contiene importanti novità in materia fiscale, lavoro, famiglia, sanità e infrastrutture.

Materia fiscale: riordino delle deduzioni e lotta all’evasione

Il testo prevede la modifica del testo unico delle imposte sui redditi. L’imposta lorda si determinerà, applicando al reddito complessivo, al netto degli oneri deducibili, le seguenti aliquote per scaglioni:

  • del 23% (fino a 28.000 euro);
  • del 35% (per importi superiori ai 28.000 euro fino a 50.000);
  • del 43% se si superano i 50.000,00 euro.

La manovra interviene in materia di detrazioni per i figli e per le spese collegate agli interventi di recupero del patrimonio edilizio e di riqualificazione energetica degli edifici.

Per contrastare l’evasione fiscale il testo mette mano ai pagamenti elettronici, alle modalità di indicazione del CIN nelle dichiarazioni fiscali e nella certificazione unica e alla tracciabilità delle spese.

Famiglia: bonus e altri sostegni

La manovra incrementa di 500 milioni le risorse per sostenere gli indigenti nell’acquisto dei beni di prima necessità.

Il Fondo di garanzia per la prima casa viene incrementato di 130 milioni per il 2025 al fine di sostenere i soggetti nel pagamento del mutuo per la prima casa.

Per incentivare la natalità è previsto il riconoscimento una tantum dell’importo di 1000 euro dal mese successivo alla nascita o all’adozione che si verifichino a partire dal 1 gennaio 2025.

I congedi parentali vengono rafforzati prevedendo che le lavoratrici e i lavoratori dipendenti che hanno cessato il congedo di maternità o di paternità dal 1° gennaio 2024 e dal 1° gennaio 2025 beneficeranno, d dell’incremento all’80% della retribuzione dell’indennità del congedo a partire dal 2025.

Per il bonus nido e le forme di assistenza domiciliare previste dalla stessa normativa la manovra propone di escludere dal computo dell’ISEE l’assegno unico.

Lavoro: decontribuzioni e benefici

L’articolo 35 della manovra prevede la decontribuzione per le lavoratrici madri, anche se l’importo deve essere ancora precisato.

La decontribuzione è prevista anche per le lavoratrici autonome che non hanno optato per il regime forfettario, che sono madri di due o più figli fino al 18° anno del figlio più piccolo.

La decontribuzione spetta alle lavoratrici titolari di una retribuzione o di un reddito che non superi i 40.000,00 euro.

In favore delle donne vittime di violenza, la manovra incrementa il Fondo per le politiche relative ai diritti e alle pari opportunità di 3 milioni di euro a partire dal 2025.

Dal 1° gennaio 2024 fino alla data di entrata in vigore del  Protocollo di modifica dell’Accordo tra la Repubblica italiana e la Confederazione svizzera i lavoratori frontalieri potranno svolgere fino al 25 % della loro attività di lavoro dipendente in modalità telelavoro dal proprio domicilio perdere il suddetto status di lavoratore frontaliero.

Prevista la possibilità di incrementare le risorse destinate ai trattamenti accessori del personale dipendente di determinate amministrazioni.

Dal 1° luglio 2026 il Ministero della giustizia potrà stabilizzare i dipendenti assunti a tempo determinato nella qualifica ricoperta se hanno lavorato per almeno 24 mesi continuativi  e risultino in servizio al 30 giugno 2026.

Sanità: più fondi e accordi per la mobilità

La manovra incrementa il livello del finanziamento del fabbisogno sanitario nazionale standard a cui concorre lo Stato a partire dall’importo di 1.302 milioni di euro per il 2025. Negli anni successivi  la manovra prevede importi sempre crescenti, fino ad arrivare a 8.898 milioni di euro annui a partire dal 2030.

Per rafforzare il monitoraggio dell’appropriatezza prescrittiva e garantire la completa alimentazione del Fascicolo sanitario elettronico, tutte le prescrizioni a carico del Servizio sanitario nazionale (SSN), dei Servizi territoriali per l’assistenza sanitaria al personale navigante, marittimo e dell’Aviazione civile (SASN) e a carico del cittadino saranno effettuate in formato elettronico.

Ogni Regione dovrà sottoscrivere accordi bilaterali per governare la mobilità sanitaria interregionale e le relative risorse finanziarie, con tutte le regioni con le quali la mobilità sanitaria attiva o passiva assuma dimensioni in grado di provocare una distorsione  nell’erogazione dell’assistenza sanitaria.

Investimenti e infrastrutture nella manovra 2025

Per consentire il completamento degli interventi relativi alla banda ultra larga nelle zone bianche del territorio nazionale, il  Ministro delle imprese e del Made in Italy, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, potrà concedere contributi fino a 220 milioni di euro per ogni anno dal 2027 al 2029 se sussistono motivate esigenze del soggetto che li attua.

Il testo autorizza anche la spesa di 37 milioni di Euro per gli eventi del Giubileo e 16,5 milioni di Euro per gli eventi minori di Roma Capitale.

Per sostenere lo sviluppo dell’offerta turistica sul territorio nazionale  con decreto verranno stabiliti i criteri, le modalità e le condizioni per concedere agevolazioni finanziarie per sostenere gli investimenti privati e realizzare interventi complementari.

 

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gratuito patrocinio

Gratuito patrocinio anche per lo straniero senza codice fiscale Il gratuito patrocinio spetta all’extracomunitario privo di codice fiscale Italiano se fornisce i propri dati anagrafici

Gratuito patrocinio: spetta anche allo straniero privo di codice fiscale

Il gratuito patrocinio è previsto per il cittadino extracomunitario non residente anche se non possiede il codice fiscale italiano. E’ infatti sufficiente che costui fornisca i propri dati anagrafici e dichiari il suo domicilio estero. Lo ha precisato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 38751/2024.

Rigetto istanza patrocinio gratuito: codice fiscale mancante

Il Giudice unico del Tribunale di Milano rigetta la richiesta di ammissione al gratuito patrocinio avanzata da un cittadino extracomunitario. Il Giudice ha rilevato la mancata indicazione del codice fiscale. Quello fornito era stato ricavato infatti da un applicativo e il difensore non ha depositato la documentazione richiesta a integrazione. Il richiedente contesta la decisione al Tribunale, che però la rigetta. Il richiedente non ha fornito il codice fiscale e non ha indicato il suo domicilio fiscale stabile in Italia. In questo modo è impossibile controllare la sua situazione reddituale, presupposto fondamentale per l’ammissione al patrocinio gratuito.

Dati anagrafici e domicilio fiscale sostituiscono il codice fiscale

L’istante nel ricorre in Cassazione sostiene che per i soggetti che non risiedono nel territorio dello Stato l’obbligo di indicare il codice fiscale deve intendersi adempiuto con l’indicazione dei dati  anagrafici e del domicilio o sede legale all’estero. Dati che lo stesso ha fornito mediante autocertificazione.

Patrocinio per l’extracomunitario se fornisce i dati anagrafici

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso perché fondato.

L’articolo 6 comma 2 del d.p.r. n. 605/1973 dispone che lobbligo di indicazione del numero di codice fiscale dei soggetti non residenti nel territorio dello Stato, cui tale codice non risulti attribuito, si intende adempiuto con l’indicazione dei dati di cui allart. 4 dello stesso d.p.r. con leccezione del domicilio fiscale, in luogo del quale va indicato il domicilio o sede legale allestero.” 

Il richiamato art. 4 richiede, per l’attribuzione del numero di codice fiscale delle persone fisiche il cognome, il nome, il luogo e la data di nascita, il sesso e il domicilio fiscale.

Nel caso di specie il ricorrente ha dichiarato di non possedere il codice fiscale, ma di aver indicato i dati anagrafici e il proprio domicilio fiscale all’estero. Dalle norme analizzate non emerge l’onere per il cittadino straniero non residente di procurarsi un codice fiscale italiano per provare la richiesta di ammissione al patrocinio gratuito, fermo restando l’obbligo di allegare il reddito prodotto, risultante dall’ultima dichiarazione dei redditi presentata nel paese di residenza.

 

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