mobili sul pianerottolo

Mobili sul pianerottolo: vanno rimossi se ostacolano il passaggio   Mobili sul pianerottolo: vanno rimossi se il deposito prolungato impedisce agli altri condomini l’uso paritario dello spazio comune

Mobili sul pianerottolo: deposito illegittimo

Depositare mobili sul pianerottolo comune è illegittimo. La Cassazione lo ha precisato nell’ordinanza n. 30468/2024. La vicenda giudiziaria inizio quando diversi condomini decidono di depositare la loro mobilia nello spazio comune presente di fronte alle abitazioni e non provvedono più alla rimozione della stessa.

Violazione dell’uso paritario dello spazio comune

L’ azione legale viene intrapresa dal proprietario di due unità immobiliari comprese all’interno di due edificio condominiale contro altri condomini. Questi ultimi si sono resi responsabili di aver collocato mobili e arredi sui pianerottoli comuni, rendendoli di fatto utilizzabili. L’attore in causa chiede quindi la rimozione di questi oggetti e il ripristino dello stato dei luoghi. In primo grado, la domanda del ricorrente viene dichiarata inammissibile. La Corte d’Appello però ribalta la decisione, basandosi sui risultati di una consulenza tecnica d’ufficio (CTU). La Corte condanna i convenuti alla rimozione dei mobili. Il deposito degli stessi è infatti illegittimo perché impedisce agli altri condomini un uso paritario degli spazi comuni.

Parti comuni condominiali: diritto all’uso paritario

Il caso approda in Cassazione. In questa sede i ricorrenti contestato l’interpretazione dei dati emersi dalla CTU. La Corte di Cassazione però respinge il ricorso, sottolineando l’assenza di un errore revocatorio. Il ricorso si basa in effetti su presunti errori di valutazione, che non rientrano tra le cause di revocazione ai sensi dell’articolo 395 c.p.c. Le critiche mosse dai ricorrenti riguardano valutazioni di merito, già esaminate nei precedenti gradi di giudizio. Tali critiche non costituiscono quindi un errore revocatorio, ma rientrano nell’ambito dell’errore di giudizio, non suscettibile di revisione.

Per la Corte di Cassazione il ricorso è pertanto inammissibile e i ricorrenti vanno condannati al pagamento delle spese processuali e al risarcimento dei danni per lite temeraria, ai sensi dell’articolo 96 c.p.c. Il ricorso del resto è palesemente infondato ed evidenzia una grave negligenza, considerata la professionalità richiesta agli avvocati cassazionisti.

Uso delle parti comuni in condominio

La decisione della Corte Suprema chiarisce in sostanza un principio giuridico fondamentale per la convivenza condominiale, ossia che tutti i condomini hanno diritto a un uso paritario delle parti comuni. Il deposito di oggetti sui pianerottoli è illegittima perché viola il diritto di tutti i condomini di utilizzare liberamente gli spazi comuni. I condomini devono quindi agire con responsabilità, evitando utilizzi esclusivi o arbitrari degli spazi comuni.

 

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Assegnazione posti auto cortile condominiale L'assegnazione dei posti auto nel cortile condominiale: per una gestione corretta occorre evitare l’adozione di criteri discriminatori

Assegnazione posti auto e spazi comuni

L’assegnazione dei posti auto nel cortile condominiale rappresenta una questione centrale nella gestione degli spazi comuni. Spesso, questo tema genera contenziosi. Lo dimostra una recente vicenda giudiziaria che vede protagonista un condomino, proprietario di un box auto e un Condominio. Nel caso di specie il Tribunale di Roma ha sancito lillegittimità dell’assegnazione esclusiva e a tempo indeterminato di posti auto all’interno di un cortile condominiale. Un’assegnazione di questo tipo lede il diritto all’uso e al godimento paritario della cosa comune “uso e godimento che va apprezzato sulla scorta di un’astratta valutazione del rapporto di equilibrio che deve essere mantenuto fra tutte le possibili concorrenti fruizioni del bene stesso da parte dei partecipanti al condominio.” Lo ha stabilito il Tribunale di Roma, nella sentenza n. 13631/2024

Assegnazione posti auto cortile condominiale discriminatoria

Nel caso di specie il condominio convenuto si trova in una strada privata aperta al transito pubblico, dove una fascia di terreno di 5,70 metri, gravata da servitù di passaggio, viene utilizzata per il parcheggio. Su questa area però vengono installati dei paletti dissuasori in ferro con lucchetto, che riservano l’accesso ai soli condomini dotati di chiavi.

La gestione di questi posti auto era stata regolamentata da una delibera del 30 aprile 1996, che assegnava gli spazi a 17 condomini con alcune restrizioni, tra cui l’obbligo di parcheggiare una sola vettura a famiglia. Nel corso degli anni, questa decisione ha subito diverse modifiche. La delibera del 23 settembre 2021 ha infatti revocato la precedente disposizione e ha affermato che i posti auto spettassero   esclusivamente ai proprietari di appartamenti. La delibera del 14 febbraio 2022 invece ha reintegrato la delibera del 1996, ristabilendo l’assegnazione dei posti auto ai 17 condomini originali.

L’attore ha contestato la validità della delibera del 14 febbraio 2022. Essa realizza una discriminazione tra condomini perché l’assegnazione esclusiva dei posti auto a un gruppo ristretto di condomini, a discapito degli altri, crea uno squilibrio ingiustificato nell’accesso ai beni comuni. L’assemblea inoltre doveva considerarsi illegittima. L’area interessata non apparteneva al condominio, ma alla società costruttrice, che ne aveva riservato la proprietà nel regolamento condominiale. Infine, anche in base a quanto  sancito dalla Cassazione, deve essere riconosciuto a ogni condomino il diritto a utilizzare le aree comuni in modo equo, senza che un uso esclusivo le renda inservibili per gli altri.

Turnazioni o assegnazioni temporanee

Il Tribunale ha accolto le istanze del ricorrente, dichiarando nulle le delibere del 30 aprile 1996 e del 14 febbraio 2022.  Secondo la giurisprudenza, il godimento delle parti comuni deve essere equo e proporzionato alle quote di proprietà, senza assegnazioni esclusive a tempo indeterminato. L’assemblea poi, come rilevato dall’attore, non aveva competenza per deliberare sull’area di proprietà della società costruttrice. Il ricorrente infine, anche se non usufruiva direttamente dell’area, aveva diritto a un uso proporzionale o turnario, conformemente alla sua quota di proprietà.

Da questa sentenza emergono alcune regole fondamentali per la gestione degli spazi comuni.

  • Le decisioni che incidono sull’uso delle aree condominiali devono rispettare il principio di parità tra i condomini e non possono avvantaggiare alcuni a scapito di altri.
  • L’assemblea può deliberare solo su beni comuni, qualsiasi decisione relativa a spazi di proprietà di terzi è nulla.
  • L’assegnazione di spazi comuni deve avvenire con criteri che garantiscano il diritto di fruizione per tutti i condomini, tramite turnazione o assegnazioni temporanee, per esempio.

 

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spese condominio

Spese condominiali: costruttore esonerato Spese condominiali: è valida e non viola il Codice del Consumo la clausola che esonera il costruttore venditore dal pagamento

Spese condominiali: valida la clausola di esonero

Valida la clausola del regolamento contrattuale che esonera il costruttore dal pagamento delle spese condominiali che si riferiscono alle unità immobiliari invendute. La clausola può essere modificata, ma occorre l’unanimità. Lo afferma la sentenza del Tribunale di Bari n. 4515-2024.

Violazione del regolamento condominiale

Il costruttore e venditore di un edificio condominiale contesta l’addebito delle spese condominiali poste a suo carico dal consesso condominiale in violazione dell’articolo 23 del regolamento contrattuale. Questa regola lo esonera, infatti, nella sua qualità di costruttore, dall’obbligo di contribuire alle spese condominiali relative alle proprietà invendute. Nella citazione l’attore chiede quindi la dichiarazione di nullità/annullamento delle due delibere che pongono a suo carico le spese ordinarie e di manutenzione dello stabile.

Il Condominio convenuto contesta la validità dell’art. 23 del Regolamento perché contrario alle regole previste dal Codice del Consumo. La clausola risulterebbe infatti abusiva.

Clausola di esonero dalle spese condominiali

Il Tribunale accoglie le richieste dell’attore ricordando che la giurisprudenza di legittimità, in diverse occasioni, si è pronunciata a favore delle clausole contenute nei regolamenti condominiali che esonerano il costruttore dal pagamento delle spese condominiali.

Il regolamento, nel caso di specie, ha natura contrattuale, per cui, sono valide e vincolanti per tutti i condomini, le clausole che, anche in violazione dell’art. 1123 c.c., dispongono in materia di spese condominiali. E’ legittima la deroga al criterio di riparto che si basa sulle quote millesimali stabilito dalla legge, anche se esonera dal pagamento uno dei condomini e nonostante la previsione dell’art., 1118 c.c.

Clausola di esonero: modificabile all’unanimità

La clausola che esonera il costruttore dal contribuire alle spese del condominio può comunque essere modificata, ma solo all’unanimità, costruttore beneficiario compreso. La delibera che venisse adottata a maggioranza invece sarebbe nulla perché così come il contratto richiede la volontà unanime per l’approvazione del regolamento contrattuale, tutti devono esprimersi a favore anche per la sua modifica. La deroga al criterio stabilito dall’art. 1223 c.c può essere contenuta in una convenzione di modifica contenuta nel regolamento condominiale o in una delibera approvata all’unanimità.

Clausola di esonero: vessatoria se crea squilibrio

Il Tribunale ricorda poi che la Cassazione nell’ordinanza n. 20007/2022 ha chiarito che: la validità della clausola regolamentare che esoneri il costruttore dal pagamento delle spese condominiali non può essere messa in dubbio nemmeno mediante il richiamo alla disciplina delle clausole vessatorie di cui al Codice del consumo, quanto meno nel rapporto tra condominio e impresa costruttrice.” 

La giurisprudenza di legittimità in effetti ha qualificato il Condominio come un soggetto consumatore, ma non si deve confondere il rapporto tra questo soggetto e il singolo condomino moroso in relazione alle spese condominiali con quello che riguarda il costruttore – venditore e l’acquirente della singola unità.

La vessatorietà della clausola può essere fatta valere solo dal Condominio acquirente se la stessa provoca uno squilibrio dei diritti e degli obblighi che derivano dal contratto di compravendita e se incide sulla prestazione traslativa del bene, che si estende alle parti comuni, dovuta dall’alienante, o sull’obbligo di pagamento del prezzo gravante sullacquirente restando di regola estraneo al programma negoziale sinallagmatico della vendita del singolo appartamento l’obbligo del venditore di contribuire alle spese per le parti comuni in proporzione al valore delle restanti unità immobiliari che tuttora gli appartengano.”

 

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manutenzione autoclave

Manutenzione autoclave: spese da ripartire in base ai millesimi Per la manutenzione dell’autoclave le spese vanno ripartite in base ai millesimi di proprietà, non in proporzione all’uso

Manutenzione autoclave e riparto spese

Per la manutenzione dell’autoclave le spese tra i condomini vanno ripartite in base al criterio dei millesimi di proprietà e non in base all’uso. L’autoclave non va a innovare l’impianto idrico, si tratta di un’opera di conservazione dello stesso di cui rappresenta una componente. La sua utilità è pari per tutte le unità per cui non è applicabile il criterio di riparto in base all’uso. Lo ha previsto il Tribunale di Termini Imerese nella sentenza n. 1125/2024.

Tabelle millesimali per la manutenzione dell’autoclave

Alcuni condomini impugnano una delibera assembleare nella parte in cui, per la suddivisione delle spese di manutenzione dell’autoclave, applica le tabelle millesimali. Il Giudice di primo grado annulla la delibera  perché ritiene che l’applicazione delle tabelle millesimali per il riparto delle spese comporti per i condomini un onere superiore a quello previsto dall’articolo 1123 c.c, comma II. Gli impugnanti in effetti non sono proprietari e non utilizzano la piscina presente sul lato a monte del Condominio, per la quale l’autoclave viene impegnata in misura prevalente.

Le proprietà dei condomini sono servite dall’autoclave

Il Condominio appella la decisione facendo valere la correttezza delle tabelle millesimali impiegate per il riparto delle spese e adottate dalla delibera impugnata. Lo stesso fa presente che i condomini impugnanti sono proprietari di 6 unità immobiliari serviti dall’autoclave e che in realtà l’erogazione dell’acqua per riempire la piscina è del tutto occasionale. Con il secondo motivo il Condominio sottolinea come la delibera non abbia applicato un metodo diverso per la suddivisione delle spese dell’autoclave.

Autoclave: componente dell’impianto idrico

Per il Tribunale adito l’appello del Condominio è ammissibile e deve essere accolto nel merito.

L’autorità giudicante ricorda prima di tutto che l’autoclave è un bene comune art. 1117 c.c. Essa fa parte dell’impianto idrico del Condominio e raccoglie l’acqua dalla rete pubblica in un serbatoio di accumulo. L’acqua viene quindi prelevata e inviata tramite l’elettropompa al serbatoio di pressione, pressurizzata e distribuita nella rete del Condominio. L’autoclave costituisce quindi una componente essenziale dell’impianto che permette di condurre l’acqua nelle varie unità immobiliari. La sua natura condominiale comporta che le spese di manutenzione debbano essere suddivise tra tutti i condomini o a quelli che serve in base al valore proporzionale delle proprietà esclusive art. 1223 comma 1 e all’uso art. 1223 comma 2.

Riparto spese in base ai millesimi di proprietà

Il Tribunale ricorda però che la Cassazione ha chiarito che: “le spese relative alla installazione di detta autoclave restano soggette agli stessi criteri di ripartizione fissati per l’impianto idrico, mentre la circostanza che l’edificio sia composto di più piani, serviti in misura differente dalla pompa dell’autoclave, non è di per sufficiente a giustificare una diversa ripartizione secondo il criterio della proporzionalità alluso (artt. 1123 e 1124 cod. civ.).”

Per comprendere se questo principio sancito dalla Cassazione per le spese di installazione dell’autoclave possa essere applicato anche in relazione alle spese straordinarie di manutenzione   occorre appurare in che modo si qualifica l’autoclave.

Ora, se come affermato da una importante Cassazione l’autoclave è un’opera di conservazione dell’impianto idrico e non un’innovazione, le spese di installazione e di manutenzione hanno natura omogenea e quindi sono soggette alla stessa regolamentazione. Ne consegue che le spese di manutenzione dell’autoclave dovranno essere suddivise tra i condomini secondo i millesimi di proprietà e non secondo luso.”

 

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posti auto condominio

Posti auto condominio Posti auto condominio: chi ne ha diritto, come si assegnano i parcheggi, cosa fare in caso di occupazione abusiva

Parcheggio in condominio, quali sono le regole

La disciplina dell’utilizzo dei posti auto in condominio rappresenta un tema molto dibattuto, poiché nel codice civile non si rinvengono norme che regolino esplicitamente la materia.

Per tale motivo, per comprendere la disciplina dei parcheggi in condominio è necessario riferirsi alle norme di carattere generale che regolano la gestione del condominio (e in particolare quelle che riguardano l’utilizzo dei beni comuni). E ad alcuni particolari provvedimenti legislativi che hanno individuato dei parametri tecnici a cui fare riferimento.

Chi ha diritto al parcheggio condominiale?

Per prima cosa, va evidenziato che l’art. 1117 c.c. ricomprende espressamente tra le parti comuni dell’edificio le aree destinate a parcheggio.

Pertanto, i posti auto condominio ricadono nella disciplina generale prevista dall’art. 1102 c.c. Tale norma, dettata in tema di comunione (e, quindi, applicabile anche in materia condominiale) prescrive che ogni comproprietario  ha diritto di servirsi della cosa comune, a condizione di non alterarne la destinazione e di non impedire agli altri comproprietari di farne uso a loro volta.

Ecco, pertanto, emergere il primo, importante aspetto relativo alla disciplina dei parcheggi condominiali. A prescindere dalla quantità di posti auto presenti nell’edificio (che potrebbe ben essere inferiore al numero di abitazioni), ogni condomino ha diritto di servirsene, purché rispetti la destinazione propria dell’area di sosta (e non la usi, quindi, per scopi diversi: ad esempio, come zona di deposito) e non ne ostacoli l’utilizzo da parte degli altri condomini.

È evidente che, in tutti quei casi in cui il numero di posti auto non risulti sufficiente per soddisfare le necessità di tutti i residenti, si pone il problema di regolare l’utilizzo degli stessi.

Ebbene, cominciamo col dire che il compito di individuare le modalità di utilizzo dei posti auto spetta all’amministratore, in ossequio a quanto previsto dall’art. 1130 c.c. comma primo n. 2, secondo il quale l’amministratore deve “disciplinare l’uso delle cose comuni e la fruizione dei servizi nell’interesse comune”.

Come vengono assegnati i posti auto in un condominio

Detto questo, la pratica insegna che il criterio più di frequente adottato per regolare l’utilizzo dei posti auto condominiali, quando questi siano insufficienti rispetto alle abitazioni, sia la turnazione.

Sta all’assemblea stabilire le modalità di dettaglio della turnazione, a cominciare dalla periodicità della stessa (ad es. settimanale, mensile od annuale.

A tale riguardo, è sufficiente una delibera adottata con la maggioranza prevista dall’art. 1136 comma secondo (maggioranza dei presenti che rappresenti una quota pari ad almeno metà del valore dell’edificio), dal momento che si tratta di una decisione che non viola i diritti esclusivi di alcun condomino e che non introduce alcuna innovazione, limitandosi a disciplinare l’uso di una cosa comune.

Cosa fare se un condomino parcheggia negli spazi comuni

Un breve accenno merita il caso pratico, abbastanza ricorrente nella vita quotidiana, relativo all’occupazione del posto auto condominiale da parte di chi non ne ha diritto, ad esempio da parte di un condomino che non rispetti la suddetta turnazione.

In tal caso, non è alla forza pubblica che bisogna rivolgersi, quanto all’amministratore di condominio, il quale potrà far leva non solo su eventuali sanzioni previste dal regolamento condominiale, ma anche sulla configurabilità del reato di violenza privata ex art. 610 c.p. (cfr. la recente sentenza n. 27559 del 26 giugno 2023 della Corte di Cassazione penale).

In aggiunta, il condomino può far valere le proprie ragioni chiedendo al Giudice competente il rilascio di un provvedimento di urgenza o di intervenire in via cautelare.

Posti auto condominio: legge ponte e legge Tognoli

Infine, va ricordato che la materia dei posti auto in condominio è stata oggetto anche di legislazione tecnica.

Legge ponte

A cominciare dalla c.d. “legge ponte” (legge n. legge 765 del 1967, modificativa della l. 1150/1942), in base alla quale in ogni edificio deve essere presente almeno un metro quadro di parcheggio ogni dieci metri cubi di fabbricato.

A tal riguardo, la giurisprudenza – con qualche oscillazione – ha evidenziato la natura pertinenziale di tali posti auto rispetto all’unità immobiliare, nel senso che, sebbene il proprietario possa vendere l’abitazione indipendentemente dal posto auto, all’acquirente va riconosciuto il diritto reale d’uso dell’area stessa. Rimane esclusa da questo regime, e quindi può essere venduta liberamente, l’area di parcheggio realizzata in periodo antecedente alla “legge ponte” ed ogni area realizzata in misura eccedente rispetto alla necessità dell’edificio (quindi nei fabbricati che prevedono un numero di posti auto maggiore rispetto a quello delle abitazioni).

Legge Tognoli

Un altro importante provvedimento in materia è la c.d. legge Tognoli (legge n. 122 del 1989), che incentivò la creazione di posti auto in edifici ove l’area di parcheggio non era originariamente prevista o era prevista in misura insufficiente per le necessità delle rispettive abitazioni. Anche tali aree, per orientamento prevalente della giurisprudenza, sono da considerarsi quali pertinenze delle unità immobiliari ivi esistenti.

accesso agli atti condominiali

L’accesso agli atti condominiali è gratuito L’accesso agli atti condominiali è una facoltà dei condomini che non richiede l'esborso di somme ulteriori rispetto ai diritti di copia

Accesso agli atti del condominio

L’accesso agli atti condominiali non è subordinato al pagamento di alcuna somma. I condomini che chiedono l’accesso agli atti condominiali non devono pagare all’amministratore di condominio un compenso ulteriore rispetto a quello concordato al conferimento dell’incarico. Lo ha chiarito il Tribunale di Milano nella sentenza n. 15169/2024.

Richiesta di accesso agli atti: la vicenda

Due condomini convengono in giudizio l’amministratrice condominiale chiedendo che venga condannata alla consegna o alla messa a disposizione in copia dei documenti condominiali indicati nell’atto di citazione. Gli attori dichiarano di aver chiesto alla convenuta con due PEC inviate a distanza di un mese una dall’altra di poter prendere visione ed estrarre copia di alcuni documenti condominiali, previo pagamento dei relativi oneri e previo appuntamento. La convenuta però non ha fornito alcun riscontro a queste richieste. L’amministratrice contesta la domanda nel merito chiedendo nel rigetto. Dopo il fallito tentativo di mediazione la causa prosegue e giunge in decisione.  

Facoltà di visionare ed estrarre copia dei documenti

Il Tribunale rileva la fondatezza della richiesta dei condomini. Ogni condomino infatti ha la facoltà di chiedere e ottenere dall’amministratore condominiale l’esibizione dei documenti contabili anche al di fuori del rendiconto annuale dell’approvazione del bilancio. Il richiedente che avanza tali richieste non ha l’onere di specificare i motivi per i quali vuole prendere visione o estrarre copia dei documenti del condominio. Le richieste non devono naturalmente intralciare l’attività amministrativa e non devono essere contrarie ai principi di correttezza. I costi relativi devono   gravare sui richiedenti.

Illegittima la richiesta di una somma aggiuntiva

Nel caso di specie il Tribunale ritiene provata la duplice richiesta degli attori formulata a mezzo pec. L’amministratrice però ha subordinato detta richiesta al pagamento dell’importo è di 100,00 euro, in quanto attività soggetta a retribuzione separata, trattandosi di richieste personali dei singoli condomini.

Trattasi  però di una condizione del tutto illegittima. L’unico onere economico che può essere imposto al singolo condomino che richieda di estrarre copia di alcuni documenti condominiali è rappresentato dalla spesa necessaria per avere la copia della documentazione originale.

“Non può considerarsi legittima, pertanto, l’eventuale richiesta da parte dell’amministratore di un compenso aggiuntivo o di un rimborso forfettario, trattandosi comunque di attività connessa ed indispensabile allo svolgimento dei suoi compiti strutturali, e perciò da ritenersi compresa nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento dell’incarico per tutta l’attività amministrativa di durata annuale.” 

Per garantire che l’amministratrice rispetti la domanda attorea il Tribunale dispone quindi il pagamento di 20,00 euro per ogni giorno di ritardo (ai sensi dell’art. 614 bis c.p.c) nell’esecuzione del provvedimento di condanna, consistente nell’obbligo di consentire ai condomini la visione e l’eventuale copia dei documenti richiesti.

 

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case di ringhiera

Case di ringhiera: il bagno condominiale va ristrutturato Case di ringhiera: il Condominio nella qualità di custode delle cose comuni è obbligato a ristrutturare i servizi igienici comuni

Case di ringhiera: obbligo di manutenzione

Le case di ringhiera sono edifici condominiali caratterizzati dalla presenza di più appartamenti su un piano che condividono il medesimo ballatoio (balcone) e anche, come nel caso di specie, servizi igienici comuni a più unità abitative. Il  Condominio, in quanto custode dei beni e dei servizi comuni dell’immobile, ha l’obbligo di provvedere alla manutenzione ordinaria dei bagni. Se nel corso degli anni non vi provvede deve ristrutturarli, al fine di renderli idonei al loro utilizzo da parte dei condomini. Lo ha stabilito il Tribunale di Milano nella sentenza n. Trib-Milano-8442-2024.

Servizi igienici inservibili: condomina chiama in causa il Condominio

La condomina di una casa di ringhiera agisce in giudizio contro il Condominio per chiedere la sistemazione dei bagni comuni alle tre unità immobiliari del piano in cui si trova anche il suo appartamento. La donna fa presente di aver chiesto più volte al convenuto di sistemare i servizi igienici perché “in avanzato stato di degrado al punto da renderli inutilizzabili.”

L’attrice lamenta di non potere beneficiare pienamente della propria abitazione proprio a causa della inagibilità dei servizi igienici comuni.

Case di ringhiera: il Condominio custode deve ristrutturare i bagni comuni

Il Tribunale accoglie le richieste dell’attrice perché fondate. Il Condominio, nella sua qualità di custode dei beni e dei servizi comuni, ha l’obbligo di mantenerli in stato tale da non recare pregiudizio. Il Condominio pertanto ha l’obbligo di provvedere alla ristrutturazione dei servizi igienici comuni presenti nel piano in cui si trova l’unità immobiliare dell’attrice.

La CTU ha rivelato che il Condominio non ha adempiuto al proprio obbligo di custodia. I servizi igienici per cui è causa si trovano in effetti in una grave condizione di degrado tanto che l’attrice in effetti è impossibilitata ad utilizzarli e a concedere eventualmente in locazione il proprio appartamento.

Risarcimento mancato utilizzo dell’immobile

Il Tribunale condanna quindi il Condominio convenuto a risarcire l’attrice per il mancato utilizzo dell’immobile di sua proprietà per l’importo di Euro 10.436,00. Alla luce del disinteresse dimostrato fino ad oggi da parte del Condominio nei confronti delle richieste dell’attrice il Tribunale dispone altresì che, decorsi 40 giorni dalla pubblicazione della sentenza, il Condominio debba corrispondere all’attrice anche l’importo di 50,00 euro per ogni giorno di ritardo nell’adempiere all’ordine di ripristino dei servizi igienici.

 

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convocazione via whatsapp

Convocazione via WhatsApp: delibera condominiale annullabile Convocazione via WhatsApp all’assemblea condominiale: annullabile la delibera adottata, i messaggi sono informali e con valore preparatorio

Convocazione via WhatsApp: annullabile la delibera adottata

La convocazione via WhatsApp all’assemblea condominiale rende annullabile la delibera assunta. Questa modalità di convocazione viola l’articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile. La norma prevede infatti che la convocazione debba essere effettuata solo a mezzo posta raccomandata, pec, fax o consegna a mano. Lo ha chiarito il Tribunale di Avellino nella sentenza n. 1705/2024.

Impugnazione delibera nomina nuovo amministratore

La proprietaria di un’unità immobiliare impugna una delibera assembleare, chiedendo al giudice di dichiararne la nullità/annullabilità.

La donna riferisce di essere venuta conoscenza della nomina del nuovo amministratore avvenuta con delibera del 20 novembre 2023 tramite convocazione ricevuta in data 03 gennaio 2024. La stessa contesta la validità della suddetta delibera di nomina in quanto tenutasi in modo del tutto illegittimo. Questo perchè la convocazione degli aventi diritto non è avvenuta nei modi previsti dalla legge.

Annullabile o nulla la delibera condominiale

In giudizio la donna contesta la legittimità e l’efficacia della delibera assembleare per il mancato rispetto delle regole di convocazione previste dall’articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile. Fa presente al riguardo che i condomini hanno provveduto legittimamente all’auto

convocazione per la nomina del nuovo amministratore, tramite il modulo predisposto e consegnato da uno di loro all’amministratore dimissionario. La convocazione dell’assemblea fissata per il 19/20 novembre 2023 però è stata inoltrata ai condomini a mezzo WhatsApp.

Questo metodo di comunicazione è stato utilizzato anche per concordare la data dell’assemblea del 20 novembre 2023, a cui l’amministratore non ha preso parte, perchè affetto da Covid, tanto che l’assemblea è stata rinviata.

Per il convenuto le richieste della condomina devono essere respinte perché la delibera impugnata di fatto è stata sostituita da quella successiva del 22 marzo 2024 avente lo stesso oggetto di quella contestata in giudizio.

Informale e preparatoria la convocazione con WhatsApp

Il Giudice ricorda prima di tutto che l’articolo 66 delle disposizioni di attuazione del codice civile prevede che l’avviso di convocazione vada comunicato almeno 5 giorni prima della data dell’assemblea, per la prima convocazione e che lo stesso debba contenere tutta una serie di informazione necessarie a consentire ai singoli condomini di partecipare con cognizione di causa.

Per quanto riguarda le modalità di convocazione dell’assemblea lo stesso articolo stabilisce che debba essere comunicata ai condomini a mezzo raccomandata, fax, pec o consegna a mano.

Nel caso di speciele comunicazioni intervenute tra le parti mediante l’applicativo di messaggistica WhatsApp sono da considerarsi informali e di natura meramente preparatoria e non certo idonee a determinare una legittima convocazione dell’assemblea condominiale. I messaggi prodotti hanno tutti carattere preliminare; tutti fanno riferimento ad una successiva convocazione formale che poi non c’è stata, quanto meno con riferimento all’opponente.”

Questa modalità di comunicazione non garantisce la certezza della ricezione del messaggio. Essa non è un mezzo di comunicazione ufficiale come la pec o la raccomandata. Non c’è prova agli atti della convocazione ufficiale dei condomini all’assemblea del 20 novembre 2023. Vero però che la delibera successiva del 22 marzo 2024 avente il medesimo ordine del giorno di quella impugnata la sostituisce. Questo determina il venir meno dell’interesse della ricorrente all’impugnazione e la cessazione della materia del contendere.

 

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amministratore di condominio

L’amministratore di condominio può essere un agente immobiliare Corte UE: l’amministrazione condominiale è un'attività compatibile con quella di mediazione immobiliare per il diritto UE

Corte UE: compatibili amministrazione condominiale e mediazione

La Corte UE nella decisione del 4 ottobre 2024 ha stabilito che lamministratore di condominio può fare anche lagente immobiliare. Il quadro normativo italiano prevede l’incompatibilità tra l’esercizio della professione di agente immobiliare e amministratore di condominio. Questo in contrasto con la Direttiva 2006/123/CE che nel considerando 101 prevede la necessità, a tutto vantaggio dei consumatori, che i prestatori di servizi “abbiano la possibilità di fornire servizi multidisciplinari”.

La vicenda

La vicenda che viene portata all’attenzione della Corte UE ha inizio perché un’impresa individuale svolge contemporaneamente l’attività di amministratore condominiale e di agente immobiliare. Il Ministero dello Sviluppo economico, in seguito a una denuncia, chiede alla Camera di commercio competente di effettuare delle verifiche per appurare l’eventuale esistenza di un’incompatibilità o conflitto di interessi tra l’attività e di mediazione e di amministrazione condominiale. La Camera di Commercio ritiene che l’impresa svolga due attività incompatibili, per cui le vieta l’esercizio dell’attività di mediatore immobiliare, iscrivendola nel registro economico e amministrativo degli amministratori di condominio. L’impresa ricorre al TAR, che respinge il ricorso ritenendo che gli immobili gestiti nell’ambito dell’attività di amministratore possono essere indebitamente favoriti rispetto a quelli disponibili sul mercato, con conseguenze quanto all’imparzialità di cui dovrebbe dar prova un mediatore immobiliare.”

Questione pregiudiziale presentata dal Consiglio di Stato alla Corte UE

L’impresa appella la decisione al Consiglio di Stato, che si rivolge alla Corte UE per chiedere la pronuncia pregiudiziale anche sull’interpretazione dell’art. 25 della Direttiva 2006/123/CE e dell’art. 59 della Direttiva 2005/36/CE. La Direttiva 2005/36/CE disciplina in particolare l’accesso alle professioni regolamentate e il loro esercizio disponendo che gli Stati debbano riconoscere le qualifiche professionali riconosciute in uno o più Stati, che permettono al titolare di esercitare la relativa professione, senza discriminazioni.

La Direttiva 2006/123 invece contempla in particolare la possibilità di poter offrire ai consumatori servizi multidisciplinari.

L’articolo 25 di questa Direttiva prevede infatti che: Gli Stati membri provvedono affinché i prestatori non siano assoggettati a requisiti che li obblighino ad esercitare esclusivamente una determinata attività specifica o che limitino l’esercizio, congiunto o in associazione, di attività diverse.Tuttavia, tali requisiti possono essere imposti ai prestatori seguenti:

  1. le professioni regolamentate, nella misura in cui ciò sia giustificato per garantire il rispetto di norme di deontologia diverse in ragione della specificità di ciascuna professione, di cui è necessario garantire l’indipendenza e limparzialità;
  2. b) i prestatori che forniscono servizi di certificazione, di omologazione, di controllo, prova o collaudo tecnici, nella misura in cui ciò sia giustificato per assicurarne l’indipendenza e limparzialità.”

Mediazione immobiliare incompatibile con diverse attività

L’ordinamento italiano viola quanto sancito dall’articolo 25 della Direttiva 2006/123 perché l’articolo 5 della legge n. 39/1989 stabilisce diverse incompatibilità con lesercizio dellattività di mediazione. Questa attività risulta infatti incompatibile con:

  • lesercizio di attività imprenditoriale di produzione, vendita, rappresentanza o promozione dei beni afferenti al medesimo settore merceologico per il quale si esercita l’attività di mediazione; – con la qualità di dipendente di tale imprenditore;
  • con l’attività svolta in qualità di dipendente di ente pubblico o di dipendente o collaboratore di imprese esercenti i servizi finanziari di cui all’articolo 4 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59;
  • con l’esercizio di professioni intellettuali afferenti al medesimo settore merceologico per cui si esercita l’attività di mediazione e comunque in situazioni di conflitto di interessi.”

Corte UE: l’amministratore di condominio può essere anche mediatore immobiliare

La Corte UE nell’interpretare l’art. 59 della Direttiva 2005/36 ritiene la questione pregiudiziale irricevibile. Quando procede all’interpretazione dell’art. 25 della Direttiva 2006/123 per verificare se questa disposizione osti a una normativa nazionale che preveda l’incompatibilità tra attività di mediazione e di amministrazione condominiale la Corte fornisce un importante chiarimento.

Per l’autorità giudiziaria europea infatti l’articolo 25 della Direttiva 2006/123/Ce che si occupa dei servizi nel mercato interno deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale che prevede, in via generale, un’incompatibilità tra l’attività di mediazione immobiliare e quella di amministratore di condomini, esercitate congiuntamente.”

 

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passaggio di consegne

Il passaggio di consegne tra amministratori di condominio La documentazione oggetto di passaggio di consegne tra amministratori in ambito condominiale. Il rendiconto e il verbale di consegna

L’obbligo di consegna della documentazione

Il passaggio di consegne tra amministratori di condominio rappresenta un momento di delicata importanza nella gestione dell’immobile, sia per garantire l’opportuna continuità nei rapporti che coinvolgono il condominio, sia per scongiurare l’emergere di responsabilità a carico dell’amministratore uscente.

In primo luogo, va rilevato che, a norma degli artt. 1129 ottavo comma e 1130 del codice civile, l’amministratore è tenuto alla corretta conservazione di tutta la documentazione inerente all’attività del condominio ed è altresì obbligato a trasmetterla al soggetto che gli succede al termine del suo incarico.

Verbale di consegna

All’atto della consegna della documentazione, è opportuno che venga redatto un apposito verbale di consegna in cui vengono indicati i vari documenti oggetto del passaggio di consegne.

Il verbale di consegna va sottoscritto da entrambi gli amministratori, quello uscente e quello subentrante, ma va evidenziato che la firma di quest’ultimo non costituisce ricognizione di debito riguardo ad eventuali anticipazioni di pagamento dichiarate dal vecchio amministratore.

Né tanto meno quest’ultimo può rifiutarsi di consegnare la documentazione anche qualora si ritenga in credito di somme da lui anticipate per conto del condominio.

Il rendiconto e i documenti oggetto di consegna

Ovviamente, assieme alla consegna della documentazione, l’amministratore uscente dovrà rendere conto della situazione di cassa.

A tal fine, il passaggio di consegne riguarderà anche documenti come fatture, estratti conto bancari e bilanci, attraverso i quali si realizza il rendiconto.

Altra documentazione solitamente oggetto di passaggio di consegne tra amministratori di condominio è rappresentata dal regolamento del condominio, dalle tabelle millesimali, dalle eventuali polizze assicurative stipulate dal condominio e dalle certificazioni relative agli impianti presenti nell’immobile.

Ulteriore documentazione può consistere nei preventivi relativi ai lavori da farsi, nei documenti afferenti ad eventuali contenziosi in corso e nella documentazione inerente ai contratti d’appalto o di lavoro subordinato (es. portierato, impresa di pulizie, giardinaggio).

Il rifiuto di effettuare il passaggio di consegne in condominio

L’eventuale rifiuto della consegna della documentazione afferente all’attività condominiale può esporre l’amministratore uscente a responsabilità nei confronti dei condomini.

A tal fine, al gestore subentrante è riservato il diritto di agire in giudizio per ottenere la consegna dei documenti, se del caso anche con procedimento cautelare d’urgenza ex art. 700 c.p.c., oggi disciplinato dalle norme sul nuovo rito semplificato.

Diverse pronunce della Cassazione penale (v. Cass. n. 29451/13) hanno inoltre evidenziato come il rifiuto di consegnare la documentazione o di ottemperare al provvedimento d’urgenza deliberato dal Tribunale, espongono l’amministratore uscente a responsabilità penale per appropriazione indebita ex art. 646 c.p. o per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento giudiziario ex art. 388 c.p. (salvo il risarcimento del danno causato al condominio, ostacolato nella propria attività dalla mancata consegna della documentazione).

Passaggio di consegne amministratori di condominio: i tempi

Tra il momento in cui viene deliberata in assemblea la scadenza del mandato con il vecchio amministratore e quello in cui avviene il passaggio di consegne in favore del nuovo amministratore possono passare alcune settimane, secondo gli accordi tra i soggetti interessati.

In tal caso, nel periodo intercorrente alla formalizzazione dell’insediamento del nuovo gestore, l’amministratore di condominio uscente è legittimato a compiere gli atti di ordinaria amministrazione, come il pagamento delle bollette o gli interventi che presentano carattere di urgenza.

Altri adempimenti del nuovo amministratore di condominio

Tra gli altri adempimenti a carico del nuovo amministratore, vi è anche la comunicazione del proprio incarico all’Agenzia delle Entrate, in modo che quest’ultima possa associare il nome del nuovo amministratore al codice fiscale del condominio.

Inoltre, l’amministratore subentrante ha diritto di ricevere dalla banca (presentando il verbale assembleare di nomina) o direttamente dal vecchio amministratore le credenziali del conto corrente intestato al condominio.

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