edilizia pubblica incostituzionale residenza

Edilizia pubblica: incostituzionale chiedere la residenza La Corte Costituzionale ha bocciato la legge del Piemonte che richiedeva per ottenere un'abitazione di edilizia pubblica il requisito della residenza nel territorio regionale

Alloggio di edilizia pubblica e residenza

E’ incostituzionale richiedere la residenza o l’attività lavorativa pregressa e protratta nel territorio regionale al fine di ottenere un’abitazione di edilizia pubblica. “Non c’è alcuna ragionevole correlazione – infatti – fra l’esigenza di accedere al bene casa, ove si versi in condizioni economiche di fragilità, e la pregressa e protratta residenza o attività lavorativa nel territorio regionale”. Lo ha ribadito la Corte costituzionale con la sentenza n. 147-2024, che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, per contrasto con l’art. 3 Cost., dell’art. 3, comma 1, lettera b), della legge della Regione Piemonte 17 febbraio 2010, n. 3.

Ostacolo al diritto all’abitazione

La Corte ha sottolineato come “il requisito della pregressa e protratta residenza sul territorio regionale, così come quello della pregressa e protratta attività lavorativa, pone un ostacolo al soddisfacimento del diritto all’abitazione che deve invece fondarsi sulla situazione di bisogno o di disagio, rispetto alla quale la durata della permanenza pregressa nel territorio regionale non presenta alcun collegamento logico”.

Si tratta, infatti, di requisiti che, “proprio perché sganciati da ogni valutazione su tale stato di bisogno, sono incompatibili con il concetto stesso di servizio sociale, inteso quale servizio destinato prioritariamente ai soggetti economicamente deboli”. Né “valgono a indicare una prospettiva di radicamento sul territorio regionale”.

Incostituzionale sotto un triplice profilo

Il giudice delle leggi ha pertanto riscontrato che la legge piemontese viola l’art. 3 Cost. sotto un triplice profilo: “per intrinseca irragionevolezza, perché prevede requisiti del tutto non correlati con la funzione propria dell’edilizia sociale; perché determina una ingiustificata diversità di trattamento tra persone che si trovano nelle medesime condizioni di fragilità; e perché tradisce il dovere della Repubblica di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana”.

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rischio caldo istruzioni inps

Rischio caldo: le istruzioni Inps per l’accesso agli ammortizzatori Pubblicate le istruzioni Inps per l'accesso agli ammortizzatori sociali per le ondate di calore, come previsto dalla legge di conversione del decreto agricoltura

Pubblicate le istruzioni Inps per l’accesso agli ammortizzatori sociali per il rischio caldo. Con due messaggi, n. 2735/2024 e 2736/2024 l’istituto ha fornito le indicazioni per l’accesso agli ammortizzatori sociali previsti per eventi meteorologici avversi, in particolare le ondate di calore, come previsto dalla legge di conversione del decreto agricoltura.

Cosa prevede la legge di conversione del decreto agricoltura

“In considerazione dell’eccezionale ondata di calore che sta interessando tutto il territorio nazionale e dell’incidenza che tali condizioni climatiche possono determinare sulle attività lavorative e sull’eventuale sospensione o riduzione delle stesse, si riassumono le indicazioni circa le modalità con le quali richiedere le prestazioni di integrazione salariale e i criteri per la corretta valutazione delle istanze” anticipa l’Inps illustrando le novità introdotte dalla legge di conversione del decreto agricoltuar n. 63/2024. Nello specifico si tratta di:
  • cassa integrazione speciale operai agricoli (CISOA), per le sospensioni o riduzioni dell’attività lavorativa effetuate nel periodo dal 14 luglio al 31 dicembre 2024, nei casi di intemperie stagionali per gli operai agricolo a tempo indeterminato;
  • integrazione salariale ordinaria (CIGO) in favore dei settori edile, lapideo e delle escavazioni. Si applica per le sospensioni o ridiuzioi dell’attività lavoratoiva dall’1 luglio al 31 dicembre a causa di eventi oggettivamente non evitabili (EONE);
  • trattamenti di sostegno al reddito, in favore dei lavoratori di imprese operanti in aree di crisi industriale complessa.

La domanda

Per quanto riguarda le istanze di CISOA per gli operai agricoli a tempo indeterminato, con riduzione dell’attività lavorativa pari alla metà dell’orario giornaliero contrattualmente stabilito e per periodi compresi dal 14 luglio 2024 al 31 dicembre 2024, l’Inps ricordai ai datori di lavoro di seguire le consuete modalità indicando quale causale dell’istanza “CISOA eventi atmosferici a riduzione”.

Per le domande di integrazione salariale ordinaria per eventi oggettivamente non evitabili (EONE), le istanze invece andranno presentate entro la fine del mese successivo a quello in cui ha avuto inizio l’evento di sospensione o riduzione dell’attività lavorativa.

Per maggiori info, consultare i messaggi dell’istituto con tutte le istruzioni per la presentazione delle domande.

particolarità causa compensare spese

Non basta la particolarità della causa per compensare le spese La Cassazione chiarisce che la particolarità della controversia non è sufficiente per compensare le spese di lite

Compensazione spese di lite

Non è sufficiente la “particolarità” della causa per compensare le spese di lite. Lo ha affermato la Cassazione nell’ordinanza n. 17966/2024 accogliendo il ricorso di un lavoratore. 

La vicenda

Nella vicenda, la Corte d’appello di Napoli respingeva il gravame di una Spa, confermando la sentenza di primo grado, che aveva accolto la domanda di un lavoratore volta ad ottenere la condanna della società datrice al pagamento di una somma a titolo di “conguaglio ore”. 
La Corte territoriale, tuttavia, aveva disposto anche la compensazione delle spese del grado per la “particolarità della controversia e le oscillazioni della giurisprudenza di merito sulla questione esaminata”.

Il ricorso

L’uomo adiva quindi il Palazzaccio dolendosi della compensazione “in assenza di soccombenza reciproca, essendo la società appellante totalmente soccombente” e denunciando la nullità parziale della sentenza per motivazione apparente atteso che la “particolarità” e le “oscillazioni giurisprudenziali” non si evincevano nè dal provvedimento nè dalle allegazioni processuali.  

L’art. 92 c.p.c.

Per gli Ermellini, l’uomo ha ragione.
Nel caso di specie, premettono, “di procedimento iniziato in primo grado nel 2020, trova applicazione l’art. 92 c.p.c. nella formulazione successiva alle modifiche apportate dall’art. 13, decreto-legge. n. 132/14, convertito dalla legge n. 162/14, secondo cui: ‘Se vi è’ soccombenza reciproca ovvero nel caso di assoluta novità della questione trattata o mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti, il giudice può compensare le spese tra le parti, parzialmente o per intero’; a seguito della sentenza della Corte Cost. n. 77 del 2018, la compensazione delle spese, parzialmente o per intero, può essere disposta ‘anche qualora sussistano altre analoghe gravi ed eccezionali ragioni’.
In base all’art. 92 c.p.c., come risultante dalle modifiche sopra citate, proseguono i giudici, “la compensazione delle spese di lite può essere disposta (oltre che nel caso di soccombenza reciproca), soltanto nell’eventualità di assoluta novità della questione trattata o di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o nelle ipotesi di sopravvenienze relative a tali questioni e di assoluta incertezza che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92, comma 2, c.p.c.”. 
La “particolarità” della controversia, dunque, peraltro “non meglio specificata nella sentenza impugnata né desumibile dalla materia del contendere, non corrisponde a nessuno dei presupposti idonei a legittimare, per dettato normativo, la compensazione delle spese”. E neppure le “oscillazioni della giurisprudenza di merito, nella specie neanche individuate attraverso puntuali citazioni di precedenti di segno diverso, sono riconducibili alle ipotesi contemplate dal citato art. 92, caratterizzate da elementi di novità idonei ad alterare o, comunque, ad interferire sulla originaria prospettazione difensiva o da altre analoghe ragioni connotate da eccezionalità e gravità”.
Da qui l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza.
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giurista risponde

Assicurazione responsabilità civile e clausola claims made In tema di assicurazione della responsabilità civile in ambito sanitario è valida la clausola claims made che preveda l’ultrattività della polizza per un periodo inferiore a dieci anni?

Quesito con risposta a cura di Umberto De Rasis, Maurizio Della Ventura e Federica Florio

 

In tema di assicurazione della responsabilità civile, la clausola claims made che non preveda un periodo di ultrattività decennale della polizza conforme alla previsione di cui all’ art. 11 L. 24/2017 non può essere dichiarata per ciò solo nulla, dovendosi piuttosto procedere a verificare se nel caso concreto, anche alla luce del rapporto tra rischio e premio, risulti effettivamente svuotare di ogni ragion pratica il contratto. – Cass., sez. III, 12 marzo 2024, n. 6490.

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso della compagnia di assicurazioni avverso la sentenza della Corte d’Appello che, dichiarata la nullità della clausola che limitava la validità della polizza al caso di richieste formulate entro dodici mesi dalla scadenza della stessa, l’ aveva sostituita con la clausola di ultrattività decennale di cui all’art. 11 L. 24/2017 in tema di responsabilità sanitaria.

I Giudici di legittimità ricordano a proposito che il potere di sostituzione della clausola claims made tratteggiato con la sentenza Cass., Sez. Un., 24 settembre 2018, n. 22437 presuppone anzitutto un corretto accertamento della nullità contrattuale e poi una corretta individuazione del sostrato sostitutivo che realizzi un equo contemperamento delle posizioni dei contraenti.

Nel caso di specie, invece, il giudice a quo era intervenuto ravvisando un “buco di copertura” dovuto alla mancata previsione di una clausola di ultrattività decennale, senza ulteriormente motivare se la specifica conformazione della clausola di ultrattività annuale, riguardata alla luce del rapporto tra rischio e premio, svuotasse effettivamente di ogni ragion pratica il contratto.

In altri termini la Corte d’Appello aveva considerato la previsione contenuta nel secondo periodo dell’art. 11, della legge Gelli Bianco quale regola generale in tema di copertura assicurativa in ambito sanitario, sanzionando con la nullità la convenzione non aderente a detto paradigma.

La Suprema Corte censura il difetto di motivazione e l’omessa indagine in concreto in ordine all’idoneità della clausola a realizzare gli interessi delle parti.

Si tratta di un’omissione ancor più significativa se si considera che in altre sedi la clausola claims made con previsione di ultrattività annuale è stata ritenuta valida dalla giurisprudenza di legittimità.

Infine, rileva che l’ultrattività decennale è prevista per la sola ipotesi della cessazione definitiva dell’attività professionale e che pertanto non costituisce un modello inderogabile in materia di assicurazioni sulla responsabilità civile del medico.

Contributo in tema di “Assicurazione della responsabilità civile”, a cura di Umberto De Rasis, Maurizio Della Ventura e Federica Florio, estratto da Obiettivo Magistrato n. 76 / Luglio 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

Referendum: come si usa la piattaforma per la raccolta firme digitali Pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 25 luglio il Dpcm 18 luglio 2024 che prevede l’attivazione della nuova piattaforma digitale per la raccolta delle firme per il referendum. Ecco come funziona

Referendum: piattaforma digitale raccolta firme

È stato pubblicato il 25 luglio in Gazzetta ufficiale il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri (Dpcm del 18 luglio 2024) che prevede l’attivazione della nuova piattaforma digitale dedicata alla raccolta delle firme per i referendum. Ne dà notizia il ministero della Giustizia sul proprio sito Gnewsonline.

La piattaforma è concepita per agevolare la sottoscrizione digitale dei referendum abrogativi o costituzionali, e delle iniziative legislative di natura popolare.

Con questa nuova iniziativa progettuale, curata dal Dipartimento per l’Innovazione Tecnologica della giustizia tramite la Direzione Generale dei Sistemi Informativi Automatizzati, il Ministero della Giustizia “ribadisce il proprio impegno nel promuovere strumenti innovativi volti a facilitare la partecipazione attiva dei cittadini e garantire processi democratici più accessibili e trasparenti”.

Come funziona il sistema

Il sistema, che ha ottenuto il parere del Garante per la protezione dei dati personali, è utilizzabile dai promotori di proposte referendarie e dagli uffici della Corte di Cassazione e delle Camere, per gestire tutte le fasi del processo di raccolta delle firme dei sostenitori in formato digitale. Il sistema effettua poi la verifica della presenza e validità delle firme, mediante interoperabilità con il sistema dell’Anagrafe Nazionale della Popolazione Residente (ANPR), presso le anagrafi dei comuni ove sono residenti i cittadini firmatari delle proposte.

“La piattaforma rappresenta un’innovazione cruciale per la partecipazione politica in Italia e pone il Ministero e il nostro Paese all’avanguardia nell’uso delle tecnologie digitali a supporto della democrazia”, ha dichiarato il Ministro della Giustizia Carlo Nordio.

Operatività piattaforma dal 25 luglio 2024

Ex art. 1 del decreto, l’operatività della piattaforma per la raccolta digitale delle sottoscrizioni in materia di referendum e di proposte di legge di iniziativa popolare è attestata a partire dalla data di entrata in vigore del Dpcm, ossia dal 25 luglio stesso.

Per cui, le firme degli elettori a sostegno delle proposte referendarie ex art. 75 e 138 Costituzione e dei progetti di legge ex art. 71, 2° comma, Cost., saranno raccolte in forma digitale.

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Come si utilizza la piattaforma

Il ministero ha pubblicato un utile vademecum sull’utilizzo della piattaforma , la quale è accessibile dall’area privata con la propria identità digitale (Spid, Cie, Cns o eIDAS), effettuando la scelta preliminare tra “cittadini” e “comitati promotori” e potendo così sostenere e gestire una o più proposte referendarie.

Una volta completata l’autenticazione, con un semplice click si può sostenere un’iniziativa tra quelle disponibili. Al termine, è possibile scaricare l’attestato di sottoscrizione.

La piattaforma consente anche di promuovere un referendum abrogativo, costituzionale o una legge di iniziativa popolare. Il sistema garantisce una procedura guidata intuitiva e strumenti utili, come la sezione che permette di visualizzare il numero di firme raccolte a livello territoriale per la specifica iniziativa.

Alla scadenza della raccolta firme si potrà scaricare un attestato, emesso dal ministero della Giustizia, di messa a disposizione dei dati e delle sottoscrizioni del quesito all’Ufficio referendum della Corte di cassazione.

Nell’homepage della piattaforma, sezione “Elenco iniziative”, sono presenti le proposte referendarie attive e quelle già chiuse, con dettagli sul quesito, i firmatari e i promotori dell’iniziativa. Per tutti coloro che si sono autenticati, é disponibile sulla Hp, in calce, una form per la richiesta di assistenza.

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matrimonio breve niente mantenimento

Matrimonio breve? Niente mantenimento Per la Cassazione, la breve durata del matrimonio deve essere valutata per stabilire la spettanza del diritto e quantificare l’assegno di mantenimento

Durata matrimonio e assegno di mantenimento

Se il matrimonio è di breve durata l’assegno di mantenimento può non spettare al coniuge richiedente. Lo ha precisato la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 20507-2024. 

La vicenda

La vicenda nasce nell’ambito di un giudizio di separazione giudiziale relativa a un rapporto coniugale da cui non sono nati i figli. La Corte d’Appello respinge l’impugnazione del marito gravato dal dover contribuire al mantenimento della moglie corrispondendo un assegno mensile di 3000 euro. Respinta la richiesta del marito di addebito della separazione alla moglie la Corte conferma il mantenimento in favore della donna alla luce dello squilibrio economico delle parti.

L’uomo nel ricorrere in Cassazione solleva quattro motivi di doglianza, tra i quali assume particolare rilievo e interesse il terzo, con il quale invoca la nullità della sentenza per l’omesso esame di due fatti storici decisivi come la breve durata del matrimonio e la giovane età della richiedente, al fine di stabilire la spettanza e il quantum dell’assegno di mantenimento.

Esclusione diritto al mantenimento

La Cassazione dichiara inammissibile il primo, il secondo e il quarto motivo sollevati dal ricorrente, accoglie invece il terzo perché fondato.

Sull’assegno di mantenimento conseguente alla separazione la Cassazione a Sezioni Unite, nella pronuncia n. 32914/2022 ha osservato che “La separazione personale tra i coniugi non estingue il dovere reciproco di assistenza materiale, espressione del dovere, più ampio, di solidarietà coniugale, ma il venir meno della convivenza comporta significativi mutamenti:

  1. a) il coniuge cui non è stata addebitata separazione ha diritto di ricevere dall’altro un assegno di mantenimento, qualora non abbia mezzi economici adeguati a mantenere il tenore di vita matrimoniale, valutate la situazione economica complessiva e la capacita concreta lavorativa del richiedente, nonché le condizioni economiche dell’obbligato, che può essere liquidato in via provvisoria nel corso del giudizio, ai sensi dell’art. 708 del codice di procedura civile;
  1. b) il coniuge separato cui è addebitata la separazione perde, invece, il diritto al mantenimento e può pretendere solo la corresponsione di un assegno alimentare se versa in stato di bisogno”. 

Ai fini della corresponsione dell’assegno di mantenimento rileva anche la durata del matrimonio, anche se la Cassazione fino al 2017 ha circoscritto questo profilo alla quantificazione dell’assegno di mantenimento.

Con pronunce successive a questa data però la Corte ha stabilito che la breve durata del rapporto coniugale, se da una parte non esclude automaticamente il diritto all’assegno, dall’altra può non instaurare una comunione spirituale e materiale tra i coniugi. In queste ipotesi può quindi rappresentare una causa di esclusione del diritto al mantenimento.

La decisione

La decisione impugnata dal marito in effetti non ha preso in considerazione la durata estremamente breve del rapporto coniugale sotto il profilo della spettanza e della quantificazione, anche se in sede di merito era stato accertato che la donna si era allontanata dalla casa coniugale a pochi mesi dal matrimonio. La sentenza va quindi cassata affinché la Corte d’appello riesamini la decisione alla luce dei principi suddetti relativi al mantenimento conseguente alla separazione, tra i quali assume rilievo la breve durata del matrimonio.

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verbale assemblea condominiale

Verbale assemblea condominiale: può essere inviato via mail Per il tribunale di Genova, la trasmissione del verbale d'assemblea al condomino può essere eseguita anche con mail ordinaria

Invio verbale assemblea condominiale

Il verbale d’assemblea può essere inviato al condomino assente con ogni modalità, anche con mail. Lo ha affermato il tribunale di Genova, con sentenza n. 477/2024, decidendo una controversia relativa all’impugnazione di una delibera condominiale.

La vicenda

Nella vicenda, una condomina impugnava la delibera con cui l’assemblea aveva approvato opere straordinarie di manutenzione all’edificio, da pagare subito per beneficiare del bonus facciate, ritenendo la stessa illegittima e pregiudiziale in quanto non in grado di pagare la propria quota dei lavori. La quota peraltro veniva anticipata dall’amministratore a sua insaputa e le veniva chiesto successivamente il rimborso, per cui la donna lamentava anche l’illegittimità del comportamento dell’amministratore stesso.

Il condominio si costituiva sostenendo che la condomina era stata convocata via mail, al cui indirizzo era stato anche inviato il riparto straordinario deliberato al fine di consentire il pagamento nei termini e data la difficoltà della stessa a reperire i fondi necessari al pagamento della quota, erano seguiti diversi scambi di messaggi via whatsapp e via mail che avevano reso incontrovertibile la piena conoscenza da parte della signora sia della delibera assembleare sia dell’anticipo della quota a suo nome.

Peraltro, il condominio sosteneva che l’impugnazione era tardiva ex art. 1137 c.c. e che il verbale dell’assemblea era stato trasmesso all’attrice via mail, all’indirizzo da questa fornito e sempre utilizzato per le comunicazioni con l’amministrazione condominiale.

Eccezione di decadenza

Per il giudice, l’eccezione di decadenza è meritevole di accoglimento, considerato che se pure l’art. 66 disp. att. del codice civile “prevede specifiche forme, quali posta raccomandata, pec, fax o consegna a mano, per la comunicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea, queste non sono riferibili all’invio del verbale al condominio assente, la cui forma resta libera; valutato che l’onere della prova spetta al condominio e può essere raggiunta con ogni mezzo anche per presunzioni; considerato pertanto legittimo ed idoneo a far decorrere i termini per l’impugnazione anche il semplice invio del verbale assembleare a mezzo email all’indirizzo da sempre utilizzato tra le parti per le comunicazioni”.

Nella fattispecie, pertanto, sussistono indizi gravi, precisi e concordanti utili a dimostrare che l’attrice era pienamente a conoscenza del contenuto della delibera dalla stessa impugnata solo tardivamente. Per cui il ricorso è rigettato.

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enti contribuire finanze pubbliche

Tutti gli enti devono contribuire alle finanze pubbliche La Consulta dichiara non fondate le questioni di legittimità sollevate dalla regione autonoma Valle d'Aosta: anche i comuni valdostani devono contribuire alle finanze pubbliche

Enti territoriali contributo finanze pubbliche

Anche i comuni valdostani devono contribuire alle finanze pubbliche così come gli altri enti territoriali. Lo ha affermato la Corte Costituzionale con la sentenza n. 145-2024 dichiarando la non fondatezza delle questioni di legittimità costituzionale, sollevate dalla Regione autonoma Valle D’Aosta, dell’art. 6-ter, comma 4, del decreto-legge n. 132 del 2023, che ha modificato il comma 853 dell’art. 1 della legge n. 178 del 2020 (Bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2021 e bilancio pluriennale per il triennio 2021-2023). Il suddetto comma 853, insieme ai precedenti commi da 850 a 852, impone a tutti gli enti territoriali italiani (regioni, province, città metropolitane e comuni), compresi quindi i comuni valdostani, di versare un contributo a favore delle finanze statali in considerazione delle esigenze di contenimento della spesa pubblica e della necessità di rispettare gli obblighi imposti dall’Unione europea.

“Nessun ente territoriale, dunque – ha affermato la Consulta – può sottrarsi ai propri doveri finanziari nei confronti dello Stato, perché ciò significherebbe aggravare il peso del contributo per gli altri enti”.

La qlc

La Valle d’Aosta lamentava di dover pagare illegittimamente due volte il contributo, una in quanto regione e un’altra in qualità di rappresentante dei comuni valdostani, sostenendo che i comuni non dovessero pagare in quanto gli stessi sarebbero, da un punto di vista finanziario, un’unica entità insieme alla Valle D’Aosta e lamentava, altresì, l’assenza della procedura dell’accordo con lo Stato per determinare l’entità del contributo dovuto.

La decisione della Corte Costituzionale

La Corte costituzionale ha però ritenuto che la Regione Valle d’Aosta è semplicemente il soggetto che per legge ha il compito di eseguire e ricevere i pagamenti nei confronti dello Stato per conto dei comuni valdostani, senza che questi ultimi possano essere considerati un tutt’uno con la Regione, “cosicché è vero che quest’ultima paga due volte, ma in entrambi i casi correttamente, perché paga quanto da lei dovuto in qualità di regione e quanto dovuto dai propri comuni, dai quali poi potrà farsi rimborsare”. Neppure è violato il principio pattizio “perché lo Stato può imporre anche alle regioni a statuto speciale, quale è la Valle d’Aosta, contributi per il risanamento della finanza pubblica, quantificandone l’importo complessivo e rimettendo agli accordi tra gli enti territoriali e lo Stato solo i criteri di ripartizione del contributo per determinare l’importo dovuto da ciascun ente”.

 

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agenzia entrate riscossione guida servizi

Agenzia Entrate Riscossione: la nuova guida ai servizi Online la nuova guida "I servizi di AdeR a portata di click" sui servizi telematici messi a disposizione dei cittadini dall'Agenzia delle Entrate Riscossione (Ader)

Guida servizi online Agenzia Entrate Riscossione

Dopo l’Agenzia delle Entrate, anche l’Ader pubblica una guida ai servizi telematici messi a disposizione dei cittadini per spiegare in modo pratico e intuitivo come operare direttamente online e in piena autonomia e verificare, ad esempio, la situazione debitoria, chiedere una rateizzazione delle cartelle, le informazioni oppure fissare un appuntamento.

I servizi di AdeR a portata di click” è un comodo vademecum che nasce con l’obiettivo di agevolare l’utilizzo dei servizi accessibili dal sito di Agenzia delle entrate-Riscossione e dall’app Equiclick senza doversi recare allo sportello, racchiudendo in un unico documento tutte le funzioni a disposizione di cittadini e imprese, con o senza registrazione, e quelle dedicate agli intermediari fiscali nella sezione Equipro.

La guida, frutto della sinergia tra Agenzia delle entrate-Riscossione e Agenzia delle entrate e pubblicata sui rispettivi siti internet istituzionali, fa parte della collana L’Agenzia informa ed è strutturata per consentire di trovare subito il servizio desiderato, grazie anche ai link diretti che portano alle pagine di interesse.

La prima parte è dedicata ai canali di contatto (area pubblica e riservata del sito internet, contact center, App Equiclick, posta elettronica certificata, sportello territoriale oppure online), la seconda descrive passo dopo passo le modalità operative per utilizzare i servizi disponibili.

Servizi a portata di click

Con i servizi attivi sul sito www.agenziaentrateriscossione.gov.it e sull’app Equiclick, cittadini e imprese possono svolgere la maggior parte delle operazioni a distanza. Quelli fruibili in area pubblica, cioè senza necessità di registrazione, consentono per esempio di effettuare i pagamenti o richiedere la modulistica. Si può anche scrivere al Servizio contribuenti, prenotare un appuntamento allo sportello territoriale oppure ricevere supporto per la Definizione agevolata.

In area riservata, dove si accede con l’identità digitale (Spid, Cie o Cns), è possibile per esempio visualizzare la propria situazione debitoria, chiedere la sospensione legale della riscossione o una rateizzazione fino a 120mila euro ottenendo subito il piano dei pagamenti. Gli intermediari fiscali hanno a disposizione la sezione EquiPro, accessibile con le credenziali Agenzia delle Entrate (Entratel o Fisconline), da cui possono operare per conto dei propri clienti.

Gli altri canali

Nel vademecum anche le indicazioni sui servizi che possono essere richiesti attraverso la posta elettronica certificata (Pec) come, ad esempio, la rateizzazione delle cartelle. Inoltre, per chi non ha familiarità con gli strumenti digitali o non può utilizzare il computer è disponibile il contact center di Agenzia delle entrate-Riscossione al numero unico 06 0101, sia da telefono fisso che da cellulare (costo della chiamata secondo il piano tariffario applicato dal proprio operatore) a cui i contribuenti possono rivolgersi anche per chiedere di fissare un appuntamento in uno degli sportelli sul territorio.

multa zlt cassazione

Ztl: basta una multa Addio alle multe seriali per chi gira nella Ztl con permesso scaduto, per la Cassazione basta una sola multa

Cassazione: multe Ztl

Le violazioni, anche in tempi diversi, della medesima norma relativa alla circolazione di un veicolo non avente i requisiti amministrativi richiesti dalla legge devono essere considerate come un’unica infrazione. Così la seconda sezione civile della Cassazione seconda nell’ordinanza n. 19680-2024.

La vicenda

La vicenda in esame origina dall’opposizione di un’automobilista avverso una cinquantina di verbali di violazione del Codice della Strada notificati in più tranches per aver circolato nella zona a traffico limitato sprovvista della prescritta autorizzazione, nell’arco di un paio di mesi.

La donna deduceva di essere incorsa in errore incolpevole, avendo – al momento della commissione delle diverse infrazioni – la convinzione di essere ancora titolare del permesso di circolare nella zona a traffico limitato, non avendo l’amministrazione comunale inviato alcuna comunicazione a distanza di circa due anni dal cambio di residenza dell’opponente, né avrebbe mai irrogato e notificato alcuna sanzione amministrativa prima di quelle oggetto di impugnazione.

Il Giudice di Pace, in parziale accoglimento dei ricorsi, annullava tutti i verbali tranne uno, determinando in euro 94,08 la somma da irrogare quale sanzione amministrativa pecuniaria. Il Comune proponeva appello e la donna si difendeva con appello incidentale.

Il giudice del gravame rigettava sia l’appello principale sia quello incidentale, confermando la sentenza del giudice di prime cure e l’amministrazione, a questo punto, adisce il Palazzaccio.

Il ricorso

Con l’unico motivo di ricorso il comune deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, comma 2, legge 24 novembre 1981; dell’art. 198 D.Lgs. n. 285/1992, in riferimento all’art 360 comma 1, n. 3) cod. proc. civ. ritenendo la sentenza in palese contrasto, innanzitutto, con i principi espressi dalla Corte di legittimità in tema di scusabilità dell’errore di fatto sulla condotta illecita: “la mera tolleranza, ovvero la mancanza di controlli, non è in alcun modo idonea a configurare la buona fede del trasgressore e ad escludere l’elemento soggettivo dell’illecito” (Cass. n. 657/1999).

In secondo luogo, pur avendo il giudice accertato che si tratta di una pluralità di condotte, a dire del comune, “ne ha erroneamente ed illogicamente dedotto la riconducibilità dell’aspetto colposo delle violazioni alla sola prima infrazione commessa in forza di un’improbabile unificazione delle singole condotte. Invece, la configurazione di tali illeciti come un tutt’uno presupporrebbe il loro inquadramento nella categoria giuridica del concorso formale, tuttavia espressamente escluso per le violazioni alla disciplina in tema di zona traffico limitato ed aree pedonali dall’art. 198, comma 2, CdS”.

La decisione della Cassazione

Per gli Ermellini, il Comune ha torto.

“Le violazioni, anche in tempi diversi, della medesima norma (art. 7, comma 9, CdS) relativa alla circolazione di un veicolo non avente i requisiti amministrativi richiesti dalla legge (nel caso che ci occupa: mancanza del permesso di accesso a ZTL) devono, semmai, essere considerate come un’unica infrazione in quanto reiterazioni del medesimo illecito amministrativo (reiterazione specifica), ai sensi della legge vigente ratione temporis (v. art. 8-bis legge n. 689/1981; l’art. 198-bis CdS avente analogo contenuto è entrato i vigore il 06.08.2022, dunque successivamente alla commissione delle infrazioni), stante la sostanziale omogeneità degli illeciti perpetrati, e avuto riguardo alla natura dei fatti che le costituiscono e alle modalità della condotta” affermano innanzitutto i giudici.

Inoltre, proseguono, “a mente del comma 5 dell’art. 8-bis menzionato: ‘Le violazioni amministrative successive alla prima non sono valutate, ai fini della reiterazione, quando sono commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria’”.

Per cui, la Cassazione rigetta il ricorso e conferma la soluzione adottata dal giudice di seconde cure laddove ritiene valido ed efficace un unico verbale di contestazione: “non si tratta, infatti, di escludere l’elemento soggettivo del trasgressore con riferimento alle violazioni successive (il che vale a rispondere alla prima delle censure elevate dal ricorrente), quanto piuttosto – in applicazione della disposizione citata – di elidere la valutazione delle violazioni amministrative successive alla prima (Cass. n. 2965 del 16.02.2016)”.

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