bonus asilo nido

Bonus asilo nido: i documenti da allegare Bonus asilo nido 2025: i chiarimenti INPS sui documenti da allegare alla domanda

Bonus asilo nido 2025: chiarimenti INPS

Con l’anno 2025, l’INPS ha introdotto alcune importanti precisazioni relative alla documentazione necessaria per ottenere il bonus asilo nido, l’agevolazione economica destinata alle famiglie per sostenere le spese di iscrizione e frequenza presso strutture per l’infanzia pubbliche o private autorizzate.

Documenti da allegare alla domanda

Attraverso la circolare n. 60 del 20 marzo 2025, l’Istituto ha fornito indicazioni operative sui documenti da presentare per accedere al contributo. A queste precisazioni si aggiunge il messaggio n. 1165 del 4 aprile 2025, che chiarisce i casi particolari in cui non è necessario allegare la fattura.

In particolare, l’INPS ha evidenziato che, quando il servizio di asilo nido è fornito da enti o istituzioni esonerati dall’applicazione dell’IVA e non obbligati all’emissione della fattura, è possibile sostituire tale documento con una ricevuta di pagamento rilasciata dalla struttura stessa.

Quando è valida la ricevuta di pagamento

La ricevuta può essere utilizzata in alternativa alla fattura, ma deve contenere specifici elementi identificativi, indicati nel messaggio INPS n. 1165/2025. In particolare, il documento deve riportare:

  • i dati anagrafici del minore iscritto;

  • il nome e i dati identificativi della struttura erogante;

  • l’importo del pagamento;

  • la data di versamento;

  • la causale (es. “retta asilo nido mese di marzo 2025”).

Tali requisiti garantiscono la tracciabilità del pagamento e l’idoneità del documento ai fini del riconoscimento del bonus.

Dove trovare informazioni su requisiti e domanda

Per conoscere nel dettaglio i requisiti d’accesso, gli importi aggiornati per il 2025 e le istruzioni per la compilazione e l’invio della domanda, è possibile consultare l’apposita pagina di servizio sul sito INPS.

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mancato deposito telematico

Mancato deposito telematico è sempre imputabile all’avvocato Mancato deposito telematico: imputabile all'avvocato se non sussistono problemi tecnici che lo impediscono

Mancato deposito telematico

Il mancato deposito telematico ricade sempre sulla responsabilità dell’avvocato. La Corte di Cassazione nella sentenza n. 9269/2025 ha enunciato questo principio, dichiarando improcedibile un ricorso contro un avviso di accertamento IMU perché lo stesso è avvenuto oltre i termini e in forma cartacea, senza giustificazioni valide.

Richiesta di autorizzazione al deposito cartaceo

La vicenda che porta la Cassazione a enunciare il principio esposto in materia di deposito, nasce da un contenzioso tra una contribuente e il Comune. Quest’ultimo aveva richiesto il pagamento dell’IMU per l’anno 2015. Dopo due gradi di giudizio sfavorevoli alla contribuente, il suo avvocato ha presentato ricorso in Cassazione. Il deposito però non è avvenuto nei tempi previsti (20 giorni dalla notifica), ed è stato fatto in formato cartaceo. La difesa ha tentato di giustificare il deposito cartaceo invocando difficoltà tecniche nel sistema telematico. L’avvocato ha ammesso la propria “mancata perizia” nell’uso della piattaforma informatica. Ha anche chiesto l’autorizzazione per il deposito in formato cartaceo, che la Prima Presidente ha concesso in via d’urgenza. Tuttavia, ha precisato che ogni valutazione definitiva spettava al Collegio.

Mancato deposito telematico, responsabile l’avvocato

La Corte per decidere al meglio chiede al Centro Elettronico di Documentazione (CED) di verificare eventuali disfunzioni informatiche. La risposta però è stata chiara: il sistema era pienamente funzionante nei giorni indicati. Nessun problema tecnico impediva il deposito telematico. Non sussistevano pertanto le condizioni di urgenza previste dalla normativa per autorizzare il deposito cartaceo.

La Corte richiama i principi espressi in precedenti sentenze e alla luce di questi ricorda che solo eventi eccezionali ed estranei alla volontà dell’avvocato, possono giustificare il mancato deposito telematico. Le difficoltà soggettive o la scarsa dimestichezza con gli strumenti digitali non bastano. La procedura online, oggi obbligatoria, richiede preparazione e attenzione. L’errore dell’avvocato non può essere coperto da deroghe. Nel caso di specie comunque il legale non ha neppure avviato la procedura telematica. Non ha tentato cioè l’invio online del ricorso. Ha semplicemente scelto la via cartacea, ma così facendo, ha violato le norme sul deposito in Cassazione, rendendo improcedibile l’intero ricorso.

Avvocati: obbligatori strumenti previsti dalla legge

In conclusione, in assenza di reali impedimenti tecnici, come avvenuto nel caso di specie, l’omesso deposito telematico è frutto di negligenza. Nessuna deroga può coprire l’inadempienza. Il difensore ha l’obbligo di utilizzare correttamente gli strumenti previsti dalla legge. La decisione contiene un chiaro monito per la categoria forense. L’avvocato non può più permettersi incertezze sul piano tecnico. Il rispetto delle regole del processo telematico non è una facoltà, ma un dovere preciso, che se non viene rispettato presenta conseguenze inevitabili.

 

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cessione del quinto

Cessione del quinto: tassi dal 1° aprile 2025 L'INPS comunica che il MEF ha stabilito i tassi effettivi globali medi per i prestiti da estinguere tramite cessione del quinto in vigore da aprile 2025

Cessione del quinto, nuovi tassi

L’INPS, con il messaggio 4 aprile 2025, n. 1166, informa che il Ministero dell’Economia e delle finanze ha stabilito i Tassi Effettivi Globali Medi (TEGM) per i prestiti da estinguere tramite cessione del quinto dello stipendio e della pensione, in vigore dal 1° aprile 2025 al 30 giugno 2025.

Tassi da aprile 2025

Per i prestiti fino a 15mila euro, il tasso medio è fissato al 13,32%, con un tasso soglia usura di 20,65%. Per gli importi superiori a 15mila euro, il tasso medio scende a 9,23%, con un tasso soglia usura di 15,54%.

Tassi soglia TAEG

Inoltre, i tassi soglia TAEG per i prestiti concessi ai pensionati variano in base all’età del richiedente e all’importo del prestito: è possibile consultare le informazioni nel dettaglio all’interno del messaggio INPS.

 

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bonus psicologo

Bonus psicologo: dal 15 aprile scorrimento delle graduatorie L'INPS comunica che a partire dal 15 aprile 2025 darà avvio allo scorrimento delle graduatorie per il bonus psicologo

Bonus psicologo 2025, scorrimento graduatorie

A partire dal 15 aprile 2025, l’INPS darà avvio allo scorrimento delle graduatorie relative alle domande presentate nel 2024 per l’accesso al Bonus psicologo, misura finanziata con i fondi stanziati per l’anno 2023. Lo ha reso noto l’Istituto con il messaggio n. 1217 del 9 aprile 2025.

Consultazione esito della domanda

I nuovi beneficiari, che risultano ammessi grazie allo scorrimento, potranno consultare l’esito della domanda, l’importo riconosciuto e il codice univoco associato accedendo all’apposito servizio online disponibile sul portale INPS.

Importo e termini utilizzo

Il contributo – finalizzato a sostenere le spese per sedute di psicoterapia – ricorda l’INPS, prevede un rimborso fino a 50 euro per ogni seduta, entro il limite massimo stabilito in base all’ISEE del richiedente.

Il bonus può essere utilizzato entro 270 giorni dalla data del 15 aprile 2025. Decorso tale termine, il codice assegnato verrà automaticamente annullato.

Per maggiori dettagli e per accedere al servizio online, è possibile consultare la sezione dedicata sul sito ufficiale dell’INPS.

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trattenimento dello straniero

Trattenimento dello straniero: più garanzie per i migranti Convalida del trattenimento dello straniero: la Consulta boccia il rito senza contraddittorio previsto dal d.l. n. 145/2024

Convalida del trattenimento dello straniero

Trattenimento dello straniero: con la sentenza n. 39 del 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità parziale dell’art. 14, comma 6, del Testo unico sull’immigrazione (d.lgs. n. 286/1998), come modificato dal decreto-legge n. 145/2024, nella parte in cui richiama il rito camerale semplificato previsto per il mandato d’arresto europeo consensuale.

Il Giudice delle leggi ha ritenuto la disposizione lesiva degli articoli 3 e 24 della Costituzione, nella misura in cui nega alle parti la possibilità di partecipare all’udienza davanti alla Corte di cassazione nel giudizio sulla convalida del trattenimento dello straniero espulso o richiedente protezione internazionale.

La disciplina contestata

La norma impugnata prevedeva l’applicazione, anche al giudizio di legittimità sulla convalida del trattenimento, del procedimento camerale privo di contraddittorio previsto per il mandato d’arresto europeo consensuale (art. 22, comma 5-bis, quarto periodo, legge n. 69/2005). In base a tale schema, la Corte di cassazione decide in camera di consiglio, senza la presenza delle parti, entro sette giorni dalla ricezione degli atti.

Violazione del diritto di difesa

Secondo la Consulta, l’estensione di tale procedura al trattenimento amministrativo è manifestamente irragionevole, in quanto i due istituti presentano natura, finalità e struttura profondamente differenti.

Nel mandato d’arresto europeo consensuale, l’interessato presta il proprio consenso alla consegna, limitando l’oggetto del giudizio. Di contro, nel procedimento relativo alla convalida del trattenimento, vi è un confronto dialettico tra le parti e possono emergere profili di illegittimità sostanziale della misura restrittiva.

La soluzione indicata dalla Corte

A garanzia del diritto al contraddittorio e alla difesa, la Corte ha individuato nella disciplina prevista per il mandato d’arresto europeo ordinario (art. 22, commi 3 e 4, legge n. 69/2005) la norma più idonea a colmare la lacuna determinata dalla dichiarazione di illegittimità.

Tale procedura, pur mantenendo caratteri di celerità e semplificazione, prevede la partecipazione delle parti all’udienza camerale, salvaguardando così il nucleo essenziale delle garanzie giurisdizionali.

L’intervento del legislatore

La Corte costituzionale ha sottolineato che la sostituzione normativa operata ha valore provvisorio, nell’attesa di un eventuale intervento legislativo che possa rimodulare la disciplina del giudizio di legittimità in materia di trattenimento dello straniero, purché nel rispetto dei principi costituzionali e, in particolare, del diritto al processo e alla partecipazione attiva delle parti.

avviso di giacenza

Avviso di giacenza Cos’è l’avviso di giacenza, come funziona la compiuta giacenza degli atti giudiziari: guida con giurisprudenza

Cos’è l’avviso di giacenza

L’avviso di giacenza è un documento che il servizio postale lascia nella cassetta delle lettere quando non è possibile consegnare un atto o una raccomandata direttamente al destinatario. Questo avviso informa che il plico è disponibile per il ritiro presso l’ufficio postale entro un determinato periodo.

Disciplina della compiuta giacenza degli atti giudiziari

Nel contesto degli atti giudiziari, la “compiuta giacenza” si riferisce al periodo dopo il quale un atto non ritirato si considera comunque notificato al destinatario.

Secondo l’articolo 140 del Codice di Procedura Civile, se la consegna di un atto non può essere effettuata per irreperibilità, incapacità o rifiuto del destinatario, l’ufficiale giudiziario deposita una copia dell’atto presso la casa comunale e ne dà comunicazione tramite raccomandata con avviso di ricevimento.

La notifica si considera completata quando sono trascorsi dieci giorni da quando il destinatario, non trovato al suo domicilio, ha ricevuto l’avviso di deposito dell’atto presso il comune tramite raccomandata. Trascorsi infatti dieci giorni dalla data di deposito senza che il destinatario ritiri l’atto, la notifica si considera perfezionata per “compiuta giacenza”.

È importante notare che, anche se l’atto rimane in giacenza per un periodo più lungo (fino a 180 giorni per gli atti giudiziari), gli effetti legali della notifica si producono al decimo giorno dalla data di deposito.

Lo ha chiarito la Cassazione nell’ordinanza n. 8895/2022 sancendo il seguente principio: In materia di notifiche di atti tributari tramite servizio postale, la validità della notifica è garantita anche in caso di assenza del destinatario. Se il postino non trova il destinatario a casa infatti lascia un avviso di giacenza nella cassetta postale, se poi il destinatario non ritira l’atto entro 10 giorni, la notifica si considera perfezionata. Questo vale anche se il destinatario ha ricevuto l’avviso di deposito (CAD) ma non è andato a ritirare l’atto. In questi casi, si presume che il destinatario abbia avuto conoscenza dell’atto, in base all’articolo 1335 del codice civile. Questo perché l’avviso di giacenza è stato consegnato all’indirizzo del destinatario, dandogli la possibilità di ritirare l’atto. La notifica quindi raggiunge il suo scopo quando l’avviso di giacenza entra nella sfera di conoscibilità del destinatario. Se  il destinatario sceglie di non ritirare l’atto, la notifica è comunque valida.

Come riconoscere il contenuto dell’avviso di giacenza

L’avviso di giacenza contiene informazioni utili per identificare il tipo di atto o comunicazione non consegnata. Ad esempio, il colore dell’avviso può fornire indicazioni preliminari: un avviso di colore verde è spesso associato a comunicazioni ufficiali o atti giudiziari. Inoltre, sull’avviso sono presenti codici numerici che identificano la natura del documento. Codici come 75, 76, 77, 78 e 79 indicano generalmente atti giudiziari o comunicazioni da parte di enti pubblici.

Queste informazioni permettono al destinatario di avere un’idea del contenuto della comunicazione e dell’ente mittente.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza ha più volte affrontato il tema della “compiuta giacenza” e degli effetti della notifica:

Cassazione n. 31724/2019: Se uno degli adempimenti richiesti dall’art. 140 c.p.c. viene omesso, la notificazione è nulla, ma può essere sanata se raggiunge comunque il suo scopo, ai sensi dell’art. 156 c.p.c. Ciò vale anche quando il destinatario riceve l’avviso di raccomandata riguardante il deposito del plico presso l’ufficio postale, ma decide di non ritirarlo, facendo scattare la compiuta giacenza. Tuttavia, la presunzione di conoscenza prevista dall’art. 1335 c.c può essere superata solo se il destinatario dimostra di essere stato, senza sua colpa, impossibilitato a prendere visione dell’atto.

Cassazione n. 32201/2018: Nella notificazione a destinatario irreperibile ex art. 140 c.p.c., l’avviso di ricevimento della raccomandata informativa non deve necessariamente attestare la consegna o la scadenza del termine di giacenza, né contenere tutte le annotazioni previste per le notifiche postali. Tuttavia, in base alla sentenza della Corte Costituzionale n. 3/2010, deve emergere l’eventuale trasferimento, decesso o altro impedimento che renda l’avviso non conoscibile dal destinatario.

 

 

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giurista risponde

Infiltrazioni: mancato godimento immobile per inagibilità procurata da terzi L’inutilizzabilità di un immobile per infiltrazioni causate da terzi dà luogo a un danno che deve essere risarcito in via presuntiva?

Quesito con risposta a cura di Sara Cattazzo e Rosanna Mastroserio

 

Nell’ipotesi di perdita della disponibilità e del godimento dell’immobile in conseguenza dell’attività colposa di terzi, il proprietario è tenuto ad allegare, quanto al danno emergente, la concreta possibilità di godimento perduta e, quanto al lucro cessante, lo specifico pregiudizio subito, sotto il profilo della perdita di occasioni di vendere o locare il bene a un prezzo o a un canone superiore a quello di mercato; a fronte della specifica contestazione del convenuto, la prova può essere fornita anche mediante presunzioni o il richiamo alle nozioni di fatto rientranti nella comune esperienza (Cassazione, sez. II, 2 dicembre 2024, n. 30791).

Nel caso di specie la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla risarcibilità del danno per mancato godimento di un immobile a causa dell’inagibilità procurata da un’attività colposa di terzi.

In primo e secondo grado il proprietario di un appartamento danneggiato da alcune infiltrazioni provenienti da una soprastante terrazza aveva chiesto, nei confronti del condominio e del proprietario dell’immobile di cui la terrazza era proiezione, di essere risarcito, fra l’altro, dei danni derivanti dalla mancata utilizzazione del proprio appartamento. La domanda in questione era stata rigettata in entrambi i gradi di giudizio sulla scorta dell’assunto secondo cui il danno derivante dalla mancata disponibilità dell’immobile era stato solo allegato, ma non provato dal presunto danneggiato, il quale, per poter ottenere il risarcimento, avrebbe dovuto dimostrare di aver ricevuto concrete richieste di locazione o di vendita dell’immobile.

Il danneggiato, con il ricorso per cassazione, ha quindi lamentato la mancata applicazione, da parte della Corte di merito, degli approdi della giurisprudenza di legittimità a Sezioni Unite in tema di prova presuntiva del danno da mancato godimento del bene.

La Corte di cassazione, con la decisione in commento, ha accolto questo motivo di ricorso.

Nel proprio percorso argomentativo la Corte ha richiamato Cass., Sez. Un., 15 novembre 2022, n. 33645, la quale, operando una mediazione fra la teoria normativa del danno e quella causale, ha affermato che in caso di occupazione senza titolo di un immobile da parte di un terzo, il danno da perdita del godimento del bene possa essere provato anche in via presuntiva.

In particolare, la Corte ha ricordato i passaggi fondamentali della citata sentenza delle Sezioni Unite, ovverosia che in caso di occupazione illegittima di un immobile: i) il danno evento è rappresentato dalla lesione del diritto di godere della cosa e non già da un pregiudizio cagionato al bene oggetto del diritto di proprietà; ii) il danno conseguenza è la perdita della concreta possibilità di godimento – diretto o indiretto – del bene, quale conseguenza immediata e diretta della violazione del diritto di godimento; iii) il danneggiato ha l’onere di allegare la concreta possibilità di godimento perduta e, a fronte della specifica contestazione del convenuto, ha l’onere di fornirne la prova, anche mediante le nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza o mediante presunzioni semplici.

La pronuncia in commento ha precisato che il principio affermato da Cass., Sez. Un., 15 novembre 2022, n. 33645 debba trovare applicazione anche nel caso – come quello oggetto del giudizio – in cui la perdita del godimento sia dovuta all’inagibilità dell’immobile causata da un’attività colposa di terzi.

Sulla scorta di tale ricostruzione, la Suprema Corte ha rilevato come il giudice di seconde cure avesse erroneamente rigettato la domanda di risarcimento del danno per la perdita della disponibilità e del godimento dell’immobile ed ha rinviato la causa alla Corte d’appello, per l’applicazione del principio di diritto riportato nella massima.

 

(*Contributo in tema di “Infiltrazioni: mancato godimento di un immobile a causa dell’inagibilità procurata da terzi”, a cura di Sara Cattazzo e Rosanna Mastroserio, estratto da Obiettivo Magistrato n. 82 / Febbraio 2025 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)

terzo mandato

Divieto del terzo mandato: incostituzionale la legge campana Corte costituzionale: è illegittima la legge campana che consente il terzo mandato al presidente della Giunta regionale

Divieto del terzo mandato

La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità dell’articolo 1 della legge della Regione Campania n. 16 del 2024, nella parte in cui consente al presidente uscente della Giunta regionale, già in carica per due mandati consecutivi, di candidarsi per un terzo mandato.

La norma impugnata prevedeva formalmente il divieto di immediata rieleggibilità per chi avesse già ricoperto la carica di presidente per due mandati consecutivi. Tuttavia, lo stesso articolo disponeva che il computo dei mandati avrebbe dovuto iniziare “dal mandato in corso alla data di entrata in vigore della presente legge”, neutralizzando così, di fatto, il limite dei due mandati consecutivi in vista della prossima consultazione elettorale.

La decisione

Secondo la Corte, tale previsione contrasta con l’art. 122, comma 1, della Costituzione, che demanda alle Regioni la disciplina delle condizioni di eleggibilità e incompatibilità “nei limiti dei principi fondamentali stabiliti con legge della Repubblica”. Uno di tali principi è contenuto nella legge statale n. 165 del 2004, la quale introduce il limite dei due mandati consecutivi per i presidenti delle Regioni che abbiano optato, tramite i propri statuti, per l’elezione diretta del presidente della Giunta.

Il giudizio della Consulta riafferma, dunque, l’efficacia vincolante dei principi fondamentali stabiliti dalla legge statale per le Regioni a statuto ordinario in materia elettorale, garantendo uniformità e coerenza nell’ordinamento repubblicano.

genitore sulla cie

La Cassazione ripristina la parola “genitore” sulla CIE La parola “genitore” sulla CIE è maggiormente rappresentativa della realtà sociale attuale delle famiglie con due padri o con due madri

Cassazione: “genitore” sulla CIE

C’è la possibilità di indicare il termine “genitore” sulla CIE al posto delle tradizionali diciture “padre” e “madre”? Su questo tema si è espressa la Corte di Cassazione (sentenza n. 9216/2025) sul ricorso del Ministero dell’Interno avverso le sentenze di primo e secondo grado, entrambe favorevoli a una coppia omogenitoriale.

“Genitore”: rappresentazione più aderente alla realtà

La vicenda portata all’attenzione degli Ermellini prende origine dal Tribunale di Roma, che ordina al Ministero dell’Interno di modificare la modalità di compilazione della CIE per un minore con due madri – una biologica, l’altra adottiva.

Il giudice stabilisce che, disapplicando il decreto ministeriale del 31 gennaio 2019, occorre riportare sulla carta la dicitura “genitore” o, in alternativa, formule inclusive come “padre/genitore” e “madre/genitore”.

La decisione viene confermata anche dalla Corte d’Appello di Roma. Il modello ministeriale impone in effetti una rappresentazione familiare non più aderente alla realtà giuridica, come dimostrato dalla presenza, sempre più frequente, di famiglie con due genitori dello stesso sesso. In particolare, l’adozione in casi particolari – disciplinata dalla legge 184/1983 – è idonea a creare un legame di piena parentela, e quindi a legittimare la richiesta di un’identificazione coerente del genitore adottivo anche nei documenti d’identità del minore.

“Padre e madre” sulla CIE: discriminatorio

Il Ministero dell’Interno di fronte alla Cassazione solleva però tre motivi di doglianza nei confronti della sentenza della Corte d’Appello.

Il primo denuncia un vizio di motivazione della sentenza della Corte d’Appello, perché carente e generica. La Cassazione però ritiene infondata la critica. La Corte territoriale ha infatti esaminato tutte le doglianze, rigettandole in modo esplicito e motivato, sottolineando come la scelta del Ministero generi discriminazione e irragionevolezza, precludendo al minore la possibilità di ottenere una CIE valida per l’espatrio.

Il secondo motivo contesta la disapplicazione del decreto ministeriale, perché lesiva del principio di bigenitorialità e contraria al quadro normativo vigente. Anche in questo caso però la Cassazione dimostra di pensarla diversamente. Gli Ermellini ricordano che il decreto in questione ha carattere meramente tecnico e non normativo. Lo stesso inoltre si pone in contrasto con l’art. 3, comma 5, del T.U.L.P.S., che consente l’indicazione del termine “genitori” nella CIE. Il termine neutro è più adeguato per rappresentare la realtà giuridica di famiglie con due madri o due padri. In questo modo si tutela il diritto del minore all’identità e alla verità affettiva e giuridica della propria famiglia.

Il terzo motivo infine sostiene che l’indicazione dei termini “padre” e “madre” è obbligatoria in virtù della disciplina dello stato civile, la quale prevede solo tali qualificazioni. La Cassazione però esclude la fondatezza anche di questo motivo. Il caso di specie infatti non riguarda una modifica degli atti di stato civile, ma unicamente le modalità di compilazione della CIE. L’adozione in casi particolari in ogni caso produce effetti pieni, inclusa la nascita di relazioni parentali con i familiari dell’adottante, come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 79/2022.

Corretto indicare “genitore” sulla CIE

La decisione finale della Cassazione conferma quindi le sentenze dei giudici di merito, ritenendo corretta la disapplicazione del decreto ministeriale e legittima la scelta di indicare sulla CIE la parola “genitore“. In questo modo sì riafferma il principio per il quale la pubblica amministrazione è tenuta a rappresentare fedelmente, anche nei documenti ufficiali, le diverse forme familiari oggi riconosciute dalla legge.

In conclusione la dicitura “padre/madre” non più essere considerata universalmente rappresentativa. La società cambia, e con essa anche il diritto: a ogni famiglia deve essere garantita dignità e visibilità giuridica, senza discriminazioni.

 

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bonus barriere architettoniche

Bonus barriere architettoniche Bonus barriere architettoniche: cos'è, come funziona, interventi che ne beneficiano nel 2025, limiti di spesa, requisiti e fruizione

Bonus barriere architettoniche: cos’è

Il bonus barriere architettoniche è una misura fiscale introdotta per incentivare l’eliminazione degli ostacoli alla mobilità negli edifici, promuovendo l’accessibilità per persone con disabilità o difficoltà motorie. È una detrazione IRPEF prevista dall’art. 119-ter del decreto legge n. 34/2020, vigente anche per il 2025, ma con alcune importanti novità normative che hanno ristretto l’ambito applicativo.

In che cosa consiste  

Il bonus al momento consiste in una detrazione fiscale del 75% delle spese sostenute per realizzare interventi finalizzati all’eliminazione di barriere architettoniche su edifici esistenti. È riconosciuto anche in assenza di persone disabili all’interno dell’edificio, purché l’intervento rispetti i requisiti previsti dal DM 236/1989, che disciplina i criteri tecnici per l’accessibilità e l’adattabilità degli edifici.

Novità 2025: cosa cambia 

A partire dal 1° gennaio 2025, il bonus ha subito una stretta normativa in seguito all’approvazione della legge di bilancio 2024 (legge n. 213/2023).

Sono ora ammessi esclusivamente gli interventi conformi alle prescrizioni del DM 236/1989 (accessibilità, adattabilità e visibilità degli edifici privati ed edilizia residenziale pubblica sia sovvenzionata che agevolata), con un’effettiva finalità di superamento delle barriere:

  • ascensori;
  • piattaforme elevatrici esterne;
  • rampe di accesso;
  • scale e servo-scala.

Chi può beneficiare del bonus

Il beneficio spetta a:

  • persone fisiche (in qualità di proprietari, nudi proprietari, usufruttuari, affittuari o comodatari);
  • condomini, per lavori sulle parti comuni;
  • enti pubblici e privati che non svolgono attività commerciale;
  • società e imprese, nel caso di immobili strumentali o beni patrimoniali;
  • professionisti, anche in forma associata;

L’edificio deve risultare esistente: il bonus non si applica a nuove costruzioni.

Importo massimo e limiti di spesa

La detrazione è pari al 75% delle spese sostenute, con un massimale di spesa variabile in base alla tipologia di edificio:

  • 50.000 euro per edifici unifamiliari o unità immobiliari indipendenti con accesso autonomo;
  • 40.000 euro per ciascuna unità immobiliare nei condomìni da 2 a 8 unità;
  • 30.000 euro per ciascuna unità nei condomìni con più di 8 unità.

La detrazione può essere fruita in 5 quote annuali di pari importo.

Fruizione del bonus barriere architettoniche

Il bonus può essere fruito:

  1. direttamente in dichiarazione dei redditi come detrazione IRPEF;
  2. tramite sconto in fattura (se il fornitore lo accetta);
  3. con cessione del credito a soggetti terzi, secondo i limiti e le modalità previsti dalle normative vigenti (oggi più restrittive rispetto al passato).

Requisiti tecnici e documentazione necessaria

Per accedere al bonus è necessario:

  • rispettare i requisiti tecnici del DM 236/1989;
  • ottenere una dichiarazione del progettista o tecnico abilitato che attesti la conformità dell’intervento;
  • effettuare il pagamento con bonifico parlante, indicando causale, codice fiscale del beneficiario e partita IVA del destinatario;
  • trasmettere all’ENEA la documentazione (per interventi con risparmio energetico correlato).

 

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