avvocati pubblici e badge

Avvocati pubblici: il badge non lede l’autonomia Il Consiglio di Stato chiarisce che l'obbligo di utilizzo del badge da parte degli avvocati degli enti pubblici non ne lede l'autonomia professionale

Avvocati pubblici e badge

Avvocati pubblici e badge: il rapporto di lavoro subordinato tra gli avvocati e la Regione permette che gli stessi siano assoggettati al meccanismo di rilevazione automatica delle presenze, senza che ne venga intaccata l’indipendenza. Lo ha stabilito il Consiglio di Stato con la sentenza n. 5878/2024.

La vicenda

Nella vicenda, il Tar accoglieva il ricorso di alcuni avvocati in servizio presso l’ufficio legale della Regione. Gli stessi avevano fatto ricorso contro la circolare che aveva esteso il meccanismo della rilevazione automatica delle presenze indistintamente a tutto il personale dipendente.
Gli avvocati ritenevano che l’obbligo di utilizzo del badge fosse incompatibile con l’indipendenza e l’autonomia professionale proprie della qualifica di avvocato della Regione.

La Regione Campania impugnava la sentenza innanzi a Palazzo Spada ritenendo che “l’autonomia professionale degli avvocati non è intaccata dalla rilevazione delle presenze che non incide sulle modalità con cui svolgono il proprio lavoro professionale”.

Il badge non lede l’autonomia degli avvocati

Il Consiglio di Stato ritene l’appello fondato.

“Non vi è dubbio che l’avvocatura degli enti pubblici costituisce un’entità organica autonoma nell’ambito della struttura disegnata dalla sua pianta organica a salvaguardia delle prerogative di libertà nel patrocinio dell’amministrazione che si caratterizza per l’assenza di ingerenza nelle modalità di esercizio della professione – affermano infatti i giudici amministrativi – ma resta pur sempre un dato normativo ineludibile cioè l’esistenza di un rapporto di lavoro subordinato nel caso di specie con la Regione”.

Ed allora, “fermo restando che tutte le attività esterne presso uffici giudiziari saranno riscontrate dall’Amministrazione attraverso le autodichiarazioni che gli avvocati presenteranno a tempo debito, in occasione della loro presenza presso gli uffici comunali non vi è alcuna ragione per cui non timbrino all’ingresso ed all’uscita. Tale modalità di controllo non lede in alcun modo la libertà di patrocinio ma è la conseguenza che, seppur con la particolarità prima ricordata, sono comunque dipendenti pubblici, e come tali soggetti al controllo del datore di lavoro”.

La giurisprudenza del CDS

Del resto, medesima conclusione era stata già affermata dal Consiglio di Stato con alcune sentenze, come la n. 5538/2018 e la n. 2434/2026. Quest’ultima sul punto afferma “con tali provvedimenti non si realizza un’ingerenza gerarchica nell’esercizio intrinseco della prestazione d’opera intellettuale propria della professione forense, e cioè «nella trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell’ente», ai sensi dell’art. 23 l. n. 247 del 2012, ma si sottopone l’attività a forme di controllo estrinseco, doverose e coerenti con la partecipazione dell’ufficio dell’avvocato dell’ente pubblico all’organizzazione amministrativa dell’ente stesso. L’art. 23 riferisce «la piena indipendenza ed autonomia» soltanto a questa «trattazione esclusiva e stabile degli affari legali dell’ente» e non trasforma affatto, ex lege, l’inerente ufficio in un organo distinto e comunque autonomo dal resto dell’ente locale. Non si ravvisa qui dunque alcuna incompatibilità con le caratteristiche di autonomia nella conduzione professionale dell’ufficio di avvocatura”.

La decisione

Da qui l’accoglimento dell’appello e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, il respingimento del ricorso di primo grado.

decreto carceri cosa prevede

Decreto carceri: in vigore la legge di conversione La legge di conversione del decreto carceri, che vuole rendere il carcere più umano e risolvere i problemi del sovraffollamento, è stata pubblicata in GU ed è in vigore dal 10 agosto 2024. Nel testo anche il rinvio del tribunale della famiglia

Decreto carceri: più agenti e misure per il sovraffollamento

La legge n. 112/2024 di conversione del decreto Carceri, dopo il sì definitivo della Camera sul ddl già approvato dal Senato, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore il 10 agosto 2024.

Il testo prevede misure urgenti, soprattutto in ambito penitenziario e rinvia di un anno l’entrata in vigore del Tribunale delle persone e della famiglia previsto dalla Riforma Cartabia.

Ecco le principali novità:

Assunzioni polizia penitenziaria

Il provvedimento prevede l’assunzione di 1000 unità (500 nel 2025 e 500 nel 2026) per rinforzare il corpo della polizia penitenziaria. Autorizza anche lo scorrimento delle graduatorie relative agli ultimi concorsi per funzionari e ispettori di polizia penitenziaria.

Incremento dei ruoli dirigenziali e indennità aggiuntiva

Il testo incrementa anche la dotazione organica dei dirigenti penitenziari. Nel corso dell’esame in Commissione è stata stabilita, con il nuovo articolo 2 bis, l’implementazione della dotazione organica del personale che fa parte della carriera dirigenziale penitenziaria del Ministero della Giustizia.

In sede referente è stato introdotto l’articolo 2 ter, che prevede un’indennità annua lorda, aggiuntiva per il personale del Comparto Funzioni Centrali dei ruoli del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria e del Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità.

Medici e istituti penitenziari

In base al nuovo art. 2 quater, i medici convenzionati che operano presso gli istituti penitenziari, fermo restando il rispetto degli accordi collettivi nazionali per quanto riguarda il servizio minimo in carcere, possono svolgere anche un altro incarico per il SSN, fino al completamento delle 38 ore a settimana.

Il nuovo art. 2 quinquies permette invece alle aziende e agli enti del SSN di avviare procedure concorsuali entro il 31 dicembre 2026 per assumere medici da destinare agli istituti penitenziari, stabilendo regole meno rigide di partecipazione.

Dati sanitari dei detenuti

Il nuovo articolo 6 bis prevede che il Ministero della Giustizia e quello della Salute condividano i dati sanitari dei detenuti affetti da patologie psichiche o dipendenze.

Misure per un “carcere più umano”

Durante l’esame in Commissione l’introduzione del nuovo art. 4 bis ha disposto la nomina di un Commissario straordinario per l’edilizia residenziale, per affrontare il grave problema del sovraffollamento.

Strutture residenziali

Il decreto istituisce inoltre un elenco di strutture residenziali in grado di accogliere i detenuti che devono reinserirsi socialmente una volta scontata la pena e che sono privi di abitazione e condizioni sociali, economiche e di salute in grado di consentirgli un sostentamento.

Colloqui telefonici

Il testo interviene sui benefici e sui trattamenti previsti per i detenuti. Un regolamento dovrà disciplinare l’incremento delle telefonate settimanali e mensili concesse. Nel frattempo si possono autorizzare colloqui telefonici in misura superiore a due al mese.

Reinserimento in società

Il decreto dedica particolare attenzione al reinserimento dei detenuti in società. L’articolo 5, nella sua nuova formulazione, prevede che il PM, prima di emettere l’ordine di esecuzione e dopo aver verificato l’esistenza di periodi di custodia cautelare o pena fungibile, trasmetta gli atti al magistrato di sorveglianza se il condannato ha 70 anni o più e se la pena residua che lo stesso deve espiare, tenuto conto delle detrazioni per la liberazione anticipata, è compresa tra i 2 e i 4 anni. Il tutto per disporre la detenzione domiciliare fino alla concessione di misure alternative. Procedura similare è prevista per i detenuti che si trovano agli arresti domiciliari per gravissime condizioni di salute.

Liberazione anticipata e benefici premiali

Il PM sarà tenuto a indicare nel dettaglio, all’interno dell’ordine di esecuzione della pena, le detrazioni previste dalle norme sulla liberazione anticipata. In questo modo il detenuto ha subito contezza del termine finale della pena da scontare. Nello stesso provvedimento il pm deve avvisare il condannato che la mancata partecipazione al processo di rieducazione comporterà la non applicazione delle detrazioni.

Il magistrato di sorveglianza sarà obbligato a verificare la presenza dei requisiti necessari per la concessione dei benefici premiali (semilibertà, affidamento in prova, detenzione domiciliare o analoghi).

Servizio di volontariato

In sede di esame in Commissione è stato introdotto anche il nuovo art. 10 bis che prevede per il condannato che non offra garanzie di reinserimento lavorativo, la possibilità di svolgere un servizio di volontariato o di utilità sociale senza remunerazione.

Minori e tossicodipendenti nelle comunità

I minori e i tossicodipendenti verranno trasferiti dalle carceri alle comunità sia per porre rimedio al sovraffollamento carcerario che perché necessitano di cure particolari.

Niente giustizia riparativa al 41-bis

Per i detenuti  al 41 bis, il carcere destinato a terroristi e mafiosi, infine, nessun accesso alla giustizia riparativa.

Allegati

Come cambia il processo in Cassazione La legge di conversione del dl Infrastrutture che prevede interventi urgenti di interesse strategico e modifiche al processo penale è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale ed è in vigore dal 21 agosto 2024

Dl Infrastrutture, in vigore la legge che cambia il processo in Cassazione

Ecco come cambia il processo in Cassazione. Il decreto legge n. 89/2024 (recante disposizioni urgenti per le infrastrutture, gli investimenti di interesse strategico, il processo penale e lo sport) approvato dal Governo il 24 giugno scorso è stato convertito in legge il 5 agosto 2024 e la relativa legge di conversione n. 120/2024 e il testo coordinato sono stati pubblicati in Gazzetta il 20 agosto per entrare in vigore il 21 agosto 2024.

Vai al dossier della Camera sul Dl Infrastrutture

Ecco le principali novità:

Processo penale più efficiente

La nuova legge interviene sugli articoli 610 “Atti preliminari” e 611 “Procedimento” del codice di procedura penale per rendere il processo penale in Cassazione più efficiente, prevedendone l’applicazione ai ricorsi che verranno presentati dopo il 30 giugno 2024.

Stop alle udienze pubbliche

La prima modifica riguarda gli atti preliminari del ricorso in Cassazione e in particolare il comma 5 dell’articolo 610 c.p.c che in base alla nuova formulazione assume il seguente tenore: “Almeno trenta giorni prima della data dell’udienza, la cancelleria ne dà avviso al procuratore generale e ai difensori, indicando che il ricorso sarà deciso in camera di consiglio, senza la presenza delle parti, salvo il disposto dellarticolo 611”.

Stop quindi alle udienze pubbliche in questa fase del giudizio, il ricorso in Cassazione sarà deciso in Camera di Consiglio senza le parti e non più in udienza, fatto salvo quanto previsto dal successivo articolo 611 c.p.c

Termini ridotti

Dopo questo nuovo periodo il provvedimento aggiunge il seguente “Nei procedimenti da trattare con le forme previste dallarticolo 127 il termine è ridotto ad almeno venti giorni prima delludienza.”  Nei procedimenti da trattare in camera di consiglio il termine viene portato ad almeno 20 giorni prima dell’udienza.

Camera di consiglio

La modifica che interviene sull’art. 611 c.p.p che si occupa del procedimento in Camera di Consiglio, prevede invece l’aggiunta al comma 1 del periodo in grassetto: “La corte provvede sui ricorsi in camera di consiglio. Se non è diversamente stabilito e in deroga a quanto previsto dall’articolo 127, la corte giudica sui motivi, sulle richieste del procuratore generale e sulle memorie senza la partecipazione del procuratore generale e dei difensori. Fino a quindici giorni prima dell’udienza il procuratore generale presenta le sue richieste e tutte le parti possono presentare motivi nuovi, memorie e, fino a cinque giorni prima, memorie di replica. Nei procedimenti da trattare con le forme previste dallarticolo 127 i termini per presentare motivi nuovi e memorie sono ridotti a dieci giorni e per presentare memorie di replica a tre giorni.” Ridotti quindi anche i termini per la presentazione di motivi nuovi e memorie.

Richieste irrevocabili

Il primo periodo del comma 1 ter è invece sostituito dal seguente: “Le richieste di cui al comma 1-bis sono irrevocabili e sono presentate alla cancelleria dal procuratore generale o dal difensore abilitato a norma dell’articolo 613 entro il termine perentorio di venticinque giorni liberi prima dell’udienza ovvero di quindici giorni liberi prima dell’udienza nei procedimenti da trattare con le forme previste dall’articolo 127”.

Con questa modifica si riducono invece i termini per la richiesta di trattazione in pubblica udienza o per la richiesta di trattazione in camera di consiglio con la loro partecipazione per la decisione sui ricorsi previsti dal comma 1 bis alle lettere a) e b).

Soppresso infine il comma 1-quinquies che prevede i termini per la notifica o la comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza nei procedimenti da trattare in Camera di Consiglio.

Infrastrutture di interesse strategico e sport

Quanto alle infrastrutture, il testo prevede diversi interventi sui settori di carattere strategico.

Si provvede a disciplinare l’aggiornamento dei piani economici e finanziari per le concessioni autostradali, si vuole garantire l’operatività tempestiva alla società che si occupa della costruzione del ponte sullo stretto di Messina, si razionalizzano compiti e funzioni dei commissari straordinari. Il decreto vuole dare un nuovo impulso al completamento delle opere della rete transeuropea dei trasporti, consentire l’avvio della operatività dell’Autorità per la laguna di Venezia, assicurare la realizzazione e il completamento delle opere stradali, idriche e delle ferrovie regionali, s accelerare gli interventi di bonifica nel sito di Cogoleto Stoppani, intervenire in materia di reperimento e stoccaggio della CO2 istituendo un comitato ad hoc, sostenere gli interventi strutturali della regione Liguria e il completamento del Polo universitario di Ingegneria e rafforza infine l’operatività della fondazione lirico sinfonica Petruzzelli e dei teatri di Bari.

Il titolo II contiene le norme sugli investimenti di interesse strategico rappresentanti dagli investimenti nel Continente africano, dall’attuazione del Piano Mattei e dalla internazionalizzazione delle imprese italiane.

Per quanto riguarda, infine, lo sport la nuova legge prevede la proroga di un anno della soppressione del vincolo relativo ai tesseramenti giovanili.

Allegati

permessi 104

Permessi 104: quanti figli possono prenderli Permessi 104: più lavoratori possono fruirne in via alternativa per assistere lo stesso soggetto disabile

Permessi 104: nuove regole

I permessi 104 sono previsti dall’art. 33 della legge n. 104/1992, che disciplina l’assistenza e l’integrazione sociale delle persone con handicap.

L’istituto è stato riformato piuttosto di recente dal decreto legislativo n. 105/2022, entrato in vigore il 13 agosto 2022. Quest’ultimo provvedimento normativo ha innovato la disciplina dei permessi 104 per adeguare il nostro ordinamento alla direttiva UE 2019/1158. Scopo della normativa Europea quello di conciliare al meglio lavoro e vita privata e garantire una maggiore condivisione delle responsabilità tra uomini e donne, nel pieno rispetto della parità di genere.

Con il messaggio n. 3096 del 5 agosto 2022 l’INPS ha fornito importanti chiarimenti sulle novità apportate dal decreto legislativo n. 105/2022, grazie al quale più lavoratori possono assistere lo stesso soggetto portatore di handicap, ma andiamo per gradi.

Permessi 104: chi ne ha diritto

I permessi sono previsti nella misura di tre giorni, anche consecutivi, al mese. Hanno diritto a chiedere questi permessi i lavoratori subordinati che hanno la necessità di assistere un soggetto disabile al quale sono legati da un rapporto di parentela, affinità o convivenza.

I permessi 104 possono essere richiesti infatti per assistere:

  • i genitori (anche adottivi o affidatari);
  • il coniuge o il soggetto a cui si è uniti per mezzo da un’unione civile;
  • il convivente;
  • un parente o un affine entro il 2° grado;
  • un parente o un affine entro il 3° grado purché i genitori del soggetto con handicap siano i genitori, il convivente o la parte dell’unione civile e questi abbiano già compiuto 65 anni, siano deceduti, mancanti o anch’essi invalidi.

Lavoratori esclusi

Ci sono alcune categorie di lavoratori tuttavia, che per la natura dell’attività svolta, non possono chiedere i permessi previsti dalla legge 104. Si tratta in particolare dei seguenti lavoratori;

  • co.co;
  • autonomi;
  • tirocinanti;
  • addetti allo smart working e ai lavori domestici;
  • lavoratori agricoli a tempo determinato che lavorano a giornata.

Eliminato il referente unico

I permessi 104 possono essere fruiti sia dal lavoratore affetto da disabilità che dal caregiver che si occupa di assisterlo.

Non solo, il decreto legislativo n. 105/2022 nell’eliminare il referente unico per l’assistenza del portatore di handicap, consente a più lavoratori contemporaneamente e alternativamente di assistere lo stesso soggetto. Nel sistema previgente solo i genitori lavoratori potevano beneficiare entrambi dei permessi della 104 per assistere i figli.

L’articolo 33, così come riformulato e vigente dal 13 agosto 2022, al comma 3 prevede infatti che, fermo restano il limite dei tre giorni di permesso, il diritto può essere riconosciuto, su richiesta, a più lavoratori subordinati nel settore pubblico o privato, che possono fruirne in via alternativa tra di loro.

Il messaggio INPS n. n. 3096 del 5 agosto 2022 conferma e precisa infatti che “a fare data dal 13 agosto 2022, più soggetti aventi diritto possano richiedere l’autorizzazione a fruire dei permessi in argomento alternativamente tra loro, per l’assistenza alla stessa persona disabile grave.”

Domanda permessi 104: come fare

La domanda per poter fruire dei permessi 104 può essere presentata attraverso i canali consueti ossia attraverso il sito web dell’INPS, previa autenticazione con SPID, CNS o CIE, il contact center o gli istituti di patronato.

Con il messaggio n. 3141 del 07.09.2023 l’INPS ha comunicato inoltre l’integrazione dello sportello telematico per l’acquisizione delle domande, con la funzionalità “Variazione dati domanda”. Grazie a questa nuova funzionalità il richiedente può procedere alla variazione di una domanda già presentata in modalità telematica purché in fruizione nel mese di presentazione della  richiesta di variazione.

Sui permessi 104 leggi anche Licenziato chi abusa dei permessi 104

pec efficace ufficio chiuso

Pec efficace anche se l’ufficio è chiuso La Cassazione chiarisce che l'invio via pec si considera efficace anche se l'ufficio è chiuso in base alla data di ricezione

Deposito telematico

Anche se l’ufficio è chiuso, l’invio via pec è da considerarsi efficace in base alla data di ricezione entro le 24 ore dalla scadenza, mentre ai fini dell’avvio delle attività che l’amministrazione deve compiere entro un termine perentorio, occorre tenere conto della conoscenza effettiva dell’atto che avviene nell’orario di apertura dell’ufficio al pubblico. Lo ha chiarito la seconda sezione penale della Cassazione con sentenza n. 28067/2024.

La vicenda

Nella vicenda, la Corte d’appello di Caltanissetta dichiarava inammissibile l’impugnazione della sentenza di primo grado ritenendo superato il termine per il deposito della stessa.

L’imputato adiva la Cassazione denunciando, tra l’altro, inosservanza della legge processuale prevista a pena di decadenza (art. 606, comma 1, lett. c, ni riferimento agli artt. 585, comma 1, lett. a, cod. proc. pen. e 87 bis, comma 1, ultima parte del d.lgs. 150/2022), per avere la Corte di merito stimato intempestiva l’impugnazione della sentenza di primo grado, nonostante l’atto di appello fosse stato trasmesso a mezzo p.e.c., come consentito dall’art. 87 bis, cit., e pervenuto presso la Cancelleria del giudice a quo entro le ore 24.00 dell’ultimo giorno utile per il deposito dell’impugnazione.

Il processo telematico

Per gli Ermellini, il ricorso è ammissibile e fondato giacchè iI giudice dell’impugnazione non ha tenuto conto del fatto che l’atto era stato trasmesso tempestivamente (a normativa vigente) dal difensore dell’imputato. Il processo telematico (non ancora completamente attuato), proseguono dalla S.C. “trova però già nella legislazione d’urgenza legata ai recenti eventi pandemici il suo archetipo attuativo: cessata l’efficacia della normativa emergenziale al 31 dicembre 2022, il legislatore è intervenuto con la legge 03 dicembre 2022, n. 199 (di conversione del d.l. n. 162/2022), introducendo il comma 6 -bis all’art. 87 d.lgs. n. 150/2022 che riproduce in sostanza la vecchia disciplina emergenziale sul deposito telematico degli atti e prevede che il deposito di essi si intende eseguito al momento del rilascio della ricevuta di accettazione da parte dei sistemi ministeriali, secondo le modalità stabilite dal provvedimento”. Per cui, “il deposito è tempestivo quando è eseguito entro le ore 24 del giorno di scadenza”. E allo stato, “questa è la disciplina in vigore per li deposito degli atti, fino a quando non diventeranno concretamente operative le nuove disposizioni del processo penale telematico. L’art. 87 bis d.lgs. n. 150/2022, a sua volta introdotto dall’art. 5 quinquies della legge n. 199/2022, al comma 1, stabilisce – infatti – che, fino a quando non diventeranno operative le disposizioni sul processo penale telematico ovvero fino a quando, prima di quel momento, non divenga possibile l’inserimento di quello specifico atto nel portale telematico (nel qual caso non sarà più consentito li deposito a mezzo PEC), per tutti gli atti, documenti e istanze comunque denominati diversi da quelli previsti nell’articolo 87, comma 6 – bis, e da quelli individuati ai sensi del comma 6 – ter della medesima disposizione, «è consentito li deposito con valore legale mediante invio dall’indirizzo di posta elettronica certificata inserito nel registro generale degli indirizzi elettronici di cui all’articolo 7 del regolamento di cui al decreto del Ministro della giustizia 21 febbraio 2011, n. 44”.

Irrilevante l’apertura al pubblico dell’ufficio

L’appello spedito a mezzo p.e.c. entro le ore 24.00 del quindicesimo giorno dal deposito della sentenza accompagnata da motivazione contestuale doveva, pertanto, certamente ritenersi tempestivo. Nè può, in contrario, proseguono i giudici, ” esser considerato l’unico arresto in apparente, ma non effettivo, dissenso (Sez. 6, n. 8599 del 2/12/2021, dep. 2022, Rv. 283105, in motiv., sub 5. e 5.2., pag. 5 e ss.), che sembrerebbe valorizzare l’orario di apertura al pubblico dell’ufficio giudiziario”. Tale ultima sentenza si riferisce, infatti, “alla differente fattispecie processuale che mette in stretta sequenza connettiva, li termine utile per l’impugnazione incidentale nel sub-procedimento cautelare (le ore 24.00 del giorno ultimo) e il dies a quo di decorrenza del termine indicato al comma 5 dell’art. 309 cod. proc. pen. Tale ultima pronuncia prende in considerazione, infatti, ai fini della tempestività dell’istanza di riesame, la data e l’ora di ricezione telematica (le ore 24 dell’ultimo giorno utile dei dieci concessi dal legislatore processuale); mentre ai fini della tempestività della trasmissione degli atti da parte dell’Autorità procedente (5 giorni) individua il dies a quo, in quello in cui la Cancelleria (secondo l’orario di apertura al pubblico, che solo in questo caso riprende a spiegare effetti procedimentali) ha preso lettura della comunicazione, inviata a mezzo p.e.c. in ora di chiusura al pubblico dell’ufficio”.

Si tratta di profili, si legge in motivazione, “che nell’ambito del sistema normativo delineato dal legislatore processuale sono connessi e complementari, nel senso che al deposito tempestivo della richiesta nella cancelleria del Tribunale consegue, di solito, la conoscenza dell’impugnazione da parte dello stesso Tribunale e, quindi, il decorso del termine previsto per la trasmissione degli atti da parte dell’Autorità procedente; momenti che, tuttavia, possono non coincidere a seguito della entrata in vigore della legge n. 176 del 2020 (il cui principio ha poi trovato conferma nella disciplina attualmente vigente), giacché è possibile che l’istanza sia utilmente ‘trasmessa’ in un dato giorno (entro le ore 24, in orario di chiusura al pubblico dell’ufficio giudiziario), ma che della stessa l’ufficio venga obiettivamente a conoscenza il giorno successivo (quando l’ufficio si apre al rapporto col pubblico)”.

In tali casi, dunque, “il termine previsto dall’art. 309, comma 5, cod. proc. pen. non può che decorrere da quando l’atto che innesca la sequenza procedimentale che il legislatore intende sollecitare è ‘conosciuto’, cioè dal momento in cui l’ufficio viene a conoscenza della richiesta di riesame. Diversamente, la reale estensione del termine perentorio (5 giorni) del sub-procedimento dipenderebbe da variabili rimesse alla mera volontà dell’istante, che trasmettendo l’atto per via telematica in orario in cui certamente l’ufficio non è aperto al pubblico (ad es. oltre le ore 20) provocherebbe la riduzione di un giorno del termine perentorio previsto dalla legge per la tempestiva trasmissione degli atti”.

Il principio di diritto

Il principio che orienta la fattispecie, conclude quindi la Cassazione, può pertanto essere declinato nei seguenti termini: “L’estensione oraria (ore 24.00) del termine utile per proporre impugnazione per via telematica spiega effetti in relazione all’attività ricettiva dell’amministrazione; mentre ai fini dell’avvio delle attività che l’amministrazione deve compiere entro un dato termine perentorio, per effetto della tempestiva presentazione dell’istanza, non può che tenersi conto della conoscenza effettiva dell’atto che innesca il procedimento e, dunque, dell’orario di apertura al pubblico dell’ufficio”.
Da qui, l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata.

Allegati

organismi di mediazione

Organismi di mediazione: adeguamento a gennaio Per gli organismi di mediazione, il ministero della Giustizia ha rinviato il termine per l'adeguamento dei requisiti di iscrizione al 31 gennaio 2025

Organismi di mediazione, ok alla proroga

Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto con cui il ministero della Giustizia ha rinviato l’adeguamento ai requisiti di iscrizione per gli organismi di mediazione e i responsabili degli stessi.

Adeguamento prorogato al 31 gennaio 2025

Il decreto ministeriale del 9 agosto 2024 ritenuta l’opportunità, stante l’approssimarsi della scadenza originaria del 15 agosto 2024 e la complessità della procedura amministrativa di adeguamento, infatti, il differimento al 31 gennaio 2025 dei termini previsti dagli articoli 42, comma 1, ultima parte, e 43, comma 1, del Dm Giustizia n. 150/2023

Accolte le istanze dell’avvocatura

In tal modo, vengono accolte le istanze dell’avvocatura consentendo a organismi e mediatori di avere più tempo per conformarsi alle nuove disposizioni. Sia il Consiglio Nazionale Forense che l’Organismo Congressuale Forense (OCF) nei giorni scorsi infatti avevano chiesto a gran voce la proroga data la complessità delle procedure di adeguamento e dell’avvicinarsi della scadenza iniziale del 15 agosto.

servizi catastali online

Servizi catastali online: la guida delle Entrate E' online "Il Sistema Catastale" 2024, la guida dell'Agenzia delle Entrate aggiornata ad agosto sui servizi a favore di cittadini e operatori

“Il Sistema Catastale” 2024

Servizi catastali online: è stato pubblicato, sul sito dell’Agenzia delle entrate, “Il Sistema Catastale”, volume dedicato al sistema informativo catastale e cartografico aggiornato ad agosto 2024.

Lo strumento contiene anche un riepilogo dei servizi catastali online a disposizione di cittadini e professionisti. 

L’obiettivo

La pubblicazione ha l’obiettivo di mettere a conoscenza dei lettori l’evoluzione del sistema informativo catastale e lo sviluppo dei servizi geotopocartografici di supporto alle tematiche fiscali nel campo immobiliare e ai più ampi ambiti del diritto civile e del governo e la tutela del territorio per l’intero Paese.

“I contenuti del volume evidenziano le attività introdotte per la digitalizzazione dei servizi e delle procedure di aggiornamento degli archivi catastali e cartografici, fortemente orientati alla semplificazione, telematizzazione e all’integrazione dei processi, per garantire piena efficacia ed efficienza a tutto il sistema informativo immobiliare” si legge su FiscoOggi, la rivista online dell’Agenzia delle Entrate.

Il SIT

Da circa tre anni, l’Amministrazione del catasto si è dotata della nuova piattaforma web del Sistema integrato del Territorio – Sit, che consente l’avvio di attività innovative per l’integrazione delle informazioni immobiliari, la qualità e coerenza dei dati catastali, la corretta integrazione con le titolarità catastali (i soggetti) dei registri immobiliari, per compiere al meglio il mandato istituzionale richiesto dal legislatore per la costituzione dell’Anagrafe immobiliare integrata.

I contenuti del Sistema Catastale

Il volume, oltre a dare indicazioni sulle attività realizzate e quelle in cantiere per lo sviluppo innovativo dei servizi, informa sulle caratteristiche degli archivi digitali e cartacei. Sono descritte “le principali procedure informatiche per l’aggiornamento degli archivi censuari, planimetrici e cartografici del catasto terreni e dei fabbricati”. Il volume descrive inoltre “i servizi offerti per la consultazione delle informazioni catastali e cartografiche, sia ad accesso libero sia in area riservata, sulle piattaforme online dell’Agenzia, disponibili per tutte le categorie di utenti, privati cittadini, professionisti ed enti della Pubblica amministrazione”.

Nella nuova edizione ci sono anche le più recenti novità di carattere normativo-giuridico e dei documenti di prassi, le informazioni quantitative con i principali dati segnaletici di consistenza degli archivi di catasto terreni e dei fabbricati, il rilascio dei nuovi servizi sulla piattaforma telematica Sister, nonchè una sezione dedicata al sistema catastale tavolare del “Libro fondiario” vigente in alcuni territori della Penisola.

diritto di proprietà

Diritto di proprietà Il diritto di proprietà nell’ordinamento italiano: il contenuto, i modi di acquisto e i limiti imposti dalla legge. In particolare: la funzione sociale prevista dalla Costituzione

Cosa si intende per diritto di proprietà

Il diritto di proprietà è il più importante ed esteso dei diritti reali, cioè di quei diritti che individuano il potere del soggetto su una cosa. Come dispone l’art. 832 del codice civile, il titolare del diritto di proprietà su un bene ha diritto di goderne in modo esclusivo e di disporne a proprio piacimento (ad esempio, di venderlo o di donarlo), entro i limiti previsti dall’ordinamento.

Per comprendere quali siano tali limiti, occorre fare riferimento al dettato costituzionale in tema di proprietà.

Il diritto di proprietà nella Costituzione. La funzione sociale

Secondo l’art. 42 della Costituzione, la proprietà deve avere una funzione sociale. Ciò significa che lo scopo di tale istituto non è meramente quello di soddisfare l’interesse del suo titolare: esempi di limitazioni del diritto di proprietà per perseguire una funzione sociale sono la previsione di un prezzo calmierato per gli affitti (si pensi al c.d. equo canone, nell’esperienza dell’ordinamento italiano), l’acquisto per usucapione (di cui si dirà oltre) e l’espropriazione del bene.

Quest’ultima ipotesi è espressamente prevista dal terzo comma della norma appena citata, il quale dispone che la proprietà privata può essere espropriata per motivi di interesse generale, salvo il riconoscimento di un indennizzo in favore del titolare. L’entità di tale indennizzo deve essere giusta, a norma dell’art. 834 c.c., pur non dovendo corrispondere al valore di mercato del bene; a tal riguardo, la Corte Costituzionale ha parlato di “serio ristoro” del sacrificio del privato (in questo senso, vedasi la risalente sentenza Corte Cost. n. 5/1980).

Come si può acquistare il diritto di proprietà?

Su un piano più generale, l’art. 42 Cost. dispone che la proprietà può essere pubblica o privata (a seconda della natura del soggetto titolare del bene) e che la stessa è “riconosciuta e garantita” dalla legge, che ne determina i modi di acquisto ed i limiti.

Quanto ai modi di acquisto, essi possono essere a titolo originario (cioè, quando l’acquisto avviene indipendentemente dalla volontà di un altro soggetto) o a titolo derivativo, come avviene nelle comuni compravendite o donazioni (atti inter vivos) o nelle successioni (atti mortis causa, richiamati anche dall’art. 42 Cost. ultimo comma); particolari modi acquisto della proprietà sono, inoltre, l’espropriazione per pubblica utilità, di cui si è detto sopra, o la confisca.

I modi di acquisto della proprietà a titolo originario sono puntualmente elencati dall’art. 922 del codice civile e sono l’occupazione, l’invenzione, l’accessione, la specificazione, l’unione o commistione e l’usucapione.

Quest’ultima, come più sopra accennato, si sostanzia in un istituto che tutela la funzione sociale della proprietà e valorizza l’operato del soggetto che, pur non effettivo titolare della proprietà sul bene, ne ha esercitato il possesso per un determinato periodo di tempo come se ne fosse stato il proprietario (ad esempio, un soggetto che abbia coltivato, e quindi reso fruttuoso anche per la collettività, un terreno non suo).

Per maggiori dettagli, vi rimandiamo a Usucapione e buona fede

La disciplina civilistica della proprietà

Con particolare riguardo alla proprietà fondiaria (terreni e costruzioni), la normativa civilistica pone una dettagliata disciplina in tema di rispetto delle distanze tra gli immobili, dell’apertura di luci e vedute (es. finestre), di comunione forzosa dei muri, di scarico delle acque etc. (artt. 873 e ss. cod. civ.).

Analogamente, viene disciplinata l’estensione della proprietà, la quale si estende lungo la sua superficie in orizzontale (con diritto del proprietario di recintarne i confini) e in modo verticale, “nella sua proiezione verso il sottosuolo e verso lo spazio aereo soprastante” (artt. 840 e ss. c.c.).

Le azioni a difesa della proprietà

In questo breve excursus sulle linee generali che definiscono il diritto di proprietà nel nostro ordinamento, vanno necessariamente ricordate le azioni a difesa della proprietà, previste dal codice civile, e in particolare le c.d. azioni petitorie previste dagli artt. 948 ss. del codice civile.

Nello specifico, l’azione di rivendicazione (art. 948 c.c.) mira a consentire al proprietario che abbia perso il possesso del bene di rivendicare lo stesso e recuperarlo. Con l’azione negatoria (art. 949 c.c.), invece, il proprietario mira a far accertare il proprio diritto e a far dichiarare l’inesistenza dei diritti affermati da altri sulla cosa.

In tema di diritto di proprietà, ricordiamo anche alcuni casi specifici, come la comunione (in cui la proprietà su un bene spetta a più soggetti) e il condominio; la c.d. proprietà intellettuale su opere e invenzioni (si veda l’articolata disciplina su marchi e brevetti); e la c.d. proprietà fiduciaria.

sospensione termini processuali

Sospensione termini processuali Sospensione termini processuali: scopo, funzionamento e casi in cui non si applica in materia civile, penale e amministrativa

Sospensione termini processuali: come funziona

La sospensione dei termini processuali è un istituto in base al quale devono essere esclusi dal calcolo delle scadenze processuali i giorni compresi tra il 1° e il 31 agosto di ogni anno. Il decorso dei termini riprende pertanto a decorrere al termine del periodo di sospensione, ossia a partire dal 1° settembre. Per il calcolo corretto della scadenza del termine occorre quindi sommare i giorni decorsi prima del 1° agosto con quelli successivi al 31 agosto.

Se il decorso dei termini ha inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio è differito al termine di questo periodo.

Sospensione dei termini processuali: ratio

L’obiettivo della sospensione feriale è quello di garantire alle parti, anche durante il periodo delle ferie estive, il diritto di difesa.

In passato il periodo della sospensione feriale dei termini processuali era di 45 giorni ossia dal 1° di agosto al 15 di settembre. La legge n. 162/2014 ha però accorciato il termine a 31 giorni per permettere lo smaltimento del contenzioso in arretrato. Questa scelta ha comportato in automatico la riduzione delle ferie estive dei magistrati e degli avvocati.

Disciplina normativa

La sospensione dei termini processuali è disciplinato dalla legge n. 742/1969. Gli articoli 2 e 2 bis elencano in quali casi la disciplina della sospensione dei termini processuali non si applica in ambito penale. Gli articoli 3 e 4 si occupano invece dei casi in cui la sospensione dei termini processuali non trovi applicazione in certi procedimenti civili in cui hanno competenza diverse autorità giudiziarie. L’articolo 5 infine stabilisce in quali casi la sospensione non si applica in materia amministrativa.

Sospensione feriale termini processuali: casi di esclusione

Da quanto appena detto, emerge che la sospensione dei termini processuali non si applica a tutti i provvedimenti. Ci sono dei casi in cui l’istituto è escluso per certi procedimenti in materia civile, penale e amministrativa.

Esclusione in materia civile

L’articolo 3 della legge 742/1969 stabilisce che la sospensione dei termini processuali non si applica alle cause e ai procedimenti indicati dall’articolo 92 dell’ordinamento giudiziario, la cui disciplina è contenuta nel Regio decreto n. 12/1941 e a quelli previsti dall’articolo 429 c.p.c che riguardano le seguenti materie:

  • alimenti;
  • corporazioni;
  • amministrazioni di sostegno, interdizioni e inabilitazioni;
  • procedimenti cautelari;
  • adozione di provvedimenti contro gli abusi familiari;
  • sfratto e opposizione all’esecuzione;
  • dichiarazione e revoca dei fallimenti;
  • controversie in materia di lavoro.

La sospensione è esclusa anche in tutti qui casi in cui il Presidente del Tribunale apponga una dichiarazione di urgenza in calce alla citazione o al ricorso con decreto non impugnabile quando il ritardo nella trattazione potrebbe recare pregiudizio alle parti. La stessa regola vale quando la dichiarazione di urgenza viene disposta dal giudice istruttore o dal collegio se la causa è già iniziata, sempre con provvedimento non impugnabile.

Esclusione in materia penale

L’articolo 2 della legge n. 742/1969 dispone la non applicazione della sospensione dei termini processuali nei seguenti casi:

  • procedimenti relativi a imputati in stato di custodia cautelare, se la parte o il difensore rinunciano alla sospensione dei termini;
  • indagini preliminari relative a procedimenti per reati di criminalità organizzata;
  • reati la cui prescrizione maturi durante la sospensione o nei successivi 45 giorni;
  • quando durante il periodo di sospensione sono prossimi a scadere o scadano i termini della custodia cautelare;
  • quando devono essere disposti atti urgenti (art. 467 c.p.p), ossia assunzione di prove non rinviabili;
  • quando corti di appello e tribunali trattino cause relative a imputati, detenuti o reati che possono prescriversi o che hanno carattere di urgenza.

L’articolo 2 bis della legge n. 742/1969 invece esclude la sospensione feriale dei termini  nei procedimenti relativi all’applicazione di una misura di prevenzione, se è stata provvisoriamente disposta una misura personale o interdittiva o il sequestro dei beni:

  • se gli interessati o i loro difensori dichiarino di rinunciare espressamente alla sospensione dei termini;
  • o se il giudice, dietro richiesta del pubblico ministero, dichiari l’urgenza del procedimento con ordinanza motivata.

Esclusione in materia amministrativa

L’articolo 5 della legge n. 742/1969 infine prevede che la sospensione dei termini processuali in materia amministrativa non si applica nei procedimenti relativi alla sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato.

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assegnazione casa familiare

Assegnazione casa familiare: comprende anche i mobili Per la Cassazione, l'assegnazione della casa familiare si estende anche agli arredi e ai mobili essendo legata alla collocazione dei figli

Assegnazione della casa familiare

L’assegnazione della casa familiare si estende anche agli arredi essendo legata alla collocazione dei figli. E’ quanto stabilito dalla prima sezione civile della Cassazione nell’ordinanza n. 16691/2024.

La vicenda

Nella vicenda, con sentenza il tribunale di Trieste riconosceva il diritto all’assegno divorzile all’ex moglie e le assegnava la casa coniugale. Il marito impugnava il provvedimento innanzi la Corte d’appello lamentando, tra l’altro, che la casa coniugale di sua proprietà comprendeva anche gli arredi, per cui l’assegnazione degli stessi era giuridicamente insostenibile, in quanto “legislativamente non prevista” e ne chiedeva, pertanto, la restituzione. La corte territoriale gli dava ragione. E la questione approdava in Cassazione dove l’ex moglie, tra le varie doglianze sosteneva che “gli arredi devono essere considerati parte integrante dell’habitat domestico tutelato dall’art. 337 sexies c.c.”.

Assegnazione casa familiare comprende gli arredi

Per gli Ermellini, il motivo è fondato. “L’assegnazione della casa familiare – affermano infatti – si estende anche a mobili ed arredi, essendo indissolubilmente legata alla collocazione dei figli minori o maggiorenni non autosufficienti, i quali hanno diritto di conservare l’habitat domestico nel quale sono nati o cresciuti, composto delle mura e degli arredi. L’assegnazione della casa coniugale ad uno dei coniugi, ai sensi dell’art. 155, comma 4, c.c., ricomprende, per la finalità sopraindicate, non il solo immobile, ma anche i mobili, gli arredi, gli elettrodomestici ed i servizi, con l’eccezione dei beni strettamente personali che soddisfano esigenze peculiari dell’altro ex coniuge (Cass., n. 5189/1998; Cass, n. 878/1986; Cass., n. 7303/1983)”.

Il logico collegamento, proseguono dal Palazzaccio, “tra immobile e mobili ai fini di tutelare l’interesse del minore alla conservazione dell’ambiente familiare va ribadito anche se la proprietà dell’immobile è di proprietà esclusiva del coniuge non proprietario dei beni mobili al fine di garantire al minore quel complesso di comfort e di servizi che durante la convivenza ha caratterizzato lo standard di vita familiare. In tale direzione è principio costantemente ribadito da questa Corte che il collegamento stabile con l’abitazione del genitore, caratterizzato da coabitazione anche non quotidiana ma compatibile con assenze giustificate da motivi riconducibili al percorso formativo, purché vi faccia ritorno periodicamente e sia accertato che la casa familiare sia luogo nel quale è conservato il proprio habitat domestico. Uno degli indici probatori può essere la circostanza che l’effettiva presenza sia temporalmente prevalente in relazione ad una determinata unità di tempo (Cass., n. 29977/2020; Cass., n. 16134/2019, Cass., n. 21749/2022)”.

La decisione

Nella specie, la Corte territoriale ha del tutto omesso di esaminare e porre in relazione con il diritto all’assegnazione della casa familiare nella sua completezza, la non autosufficienza economica della figlia maggiorenne delle parti, non oggetto di contestazione e la sua collocazione presso la predetta casa familiare. Per cui il ricorso principale è accolto e la sentenza cassata con rinvio.

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