assegno di divorzio

Assegno di divorzio: si può aumentare per le spese dei figli La Cassazione ammette la revisione dell’assegno di divorzio in caso di aumento delle spese per la crescita dei figli

Revisione assegno di divorzio per spese dei figli

Con l’ordinanza n. 16316/2025, la prima sezione civile della Cassazione ha chiarito che l’aumento delle spese legate alla crescita dei figli può giustificare la revisione dell’assegno di divorzio, anche in assenza di una formale domanda di modifica. L’obiettivo è tutelare il benessere dei minori e garantire l’equilibrio tra le risorse economiche dei genitori.

Il caso

Il caso nasce da un ricorso per cassazione contro una sentenza della Corte d’appello di Catanzaro. Quest’ultima, nel determinare le spese straordinarie a carico del padre, aveva escluso dal rimborso quelle relative alla scuola privata frequentata dai figli in Spagna, per via dell’elevato costo non più sostenibile dal genitore dopo il rientro in Italia e la perdita di benefici economici legati al lavoro all’estero.

La madre, tuttavia, aveva proposto appello incidentale chiedendo un aumento del contributo di mantenimento, inizialmente fissato in € 250,00 mensili per ciascun figlio, proprio per compensare l’esclusione delle spese scolastiche.

L’errore del giudice d’appello

Secondo la Cassazione, la Corte territoriale ha erroneamente trattato l’appello incidentale come una richiesta di revisione ai sensi dell’art. 9 della legge sul divorzio (L. 898/1970), trascurando che la madre aveva già chiesto un contributo più elevato (€ 1.000,00 totali) sin dall’originaria domanda di divorzio. Tale fraintendimento ha portato a un’errata applicazione dei criteri dell’art. 337-ter c.c., che richiedono un’analisi comparata e proporzionata delle risorse dei genitori.

Il principio affermato dalla Cassazione

La Suprema Corte ha affermato che, in materia di mantenimento dei figli, non è sufficiente richiamare il precedente assetto economico o proporre alternative ipotetiche (come l’iscrizione a scuole pubbliche). È necessario esaminare le esigenze attuali dei minori, le capacità economiche di entrambi i genitori e il tenore di vita mantenuto durante il matrimonio. Accogliendo il primo motivo di ricorso, la Cassazione ha cassato la sentenza impugnata e rinviato alla Corte d’appello di Catanzaro in diversa composizione, per un nuovo esame che tenga conto delle reali esigenze dei figli e delle risorse attuali di entrambi i genitori.

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contratto di ormeggio

Furto barca? Sì al risarcimento nel contratto di ormeggio La Cassazione conferma il diritto al risarcimento per furto dell’imbarcazione in porto: il contratto di ormeggio può includere responsabilità di custodia

Cos’è il contratto di ormeggio

Il contratto di ormeggio è un accordo atipico tra il diportista e il gestore del porto o marina, in cui il conduttore ottiene l’uso di uno spazio protetto per la propria imbarcazione. Non essendo disciplinato espressamente dal codice civile o navale, si caratterizza per una struttura minima essenziale: messa a disposizione dello spazio acqueo e sue pertinenze. Qualora includa servizi accessori come la custodia, si applicano disposizioni simili al deposito. 

Il caso sottoposto alla Cassazione

Con l’ordinanza n. 16318/2025, la Terza Sezione Civile ha esaminato un ricorso relativo al furto di un’imbarcazione ormeggiata. Il proprietario sosteneva che il gestore del porto avesse l’obbligo di custodia e quindi dovesse rispondere del danno subito.

La Corte ha rilevato che, se nel contratto è prevista la custodia, il porto assume un obbligo autonomo e non si limita a fornire il posto barca. Per escludere la propria responsabilità il gestore deve provare di aver vigilato con diligenza, impiegando misure adeguate alla prevenzione del furto.

La motivazione: dalla diligenza al risarcimento

La Cassazione ha ribadito che, in presenza di obbligo di custodia, si presume la responsabilità del gestore in caso di furto o danneggiamento. Per sottrarsi al risarcimento, la marina deve dimostrare:

  1. Un’attenta sorveglianza con standard conformi al “buon padre di famiglia”;

  2. Che l’evento sia stato causato da circostanze non imputabili a colpa. 

La mancata produzione di prove probanti in giudizio inficia la possibilità di escludere la responsabilità e legittima il risarcimento.

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cancello in condominio

Cancello in condominio: non serve la maggioranza dei due terzi La Cassazione chiarisce che l'installazione di un cancello in condominio non costituisce innovazione e può essere deliberata senza la maggioranza dei due terzi

Apposizione di cancello in condominio

Con la sentenza n. 16148/2025, la Corte di Cassazione ha ribadito un importante principio in tema di decisioni assembleari condominiali: l’installazione di un cancello all’ingresso di un’area comune non costituisce innovazione ai sensi dell’art. 1120 c.c., e pertanto non richiede la maggioranza qualificata prevista dal quinto comma dell’art. 1136 c.c.

Il fatto: il ricorso contro la delibera assembleare

La controversia trae origine dalla delibera adottata da un’assemblea condominiale nel 2009, con cui era stata approvata, a maggioranza semplice (501,38 millesimi), l’installazione e regolamentazione di un cancello nell’area scoperta antistante l’edificio. Alcuni condomini hanno impugnato la decisione, ritenendo violati i quorum richiesti per le innovazioni. Secondo i ricorrenti, l’intervento doveva essere approvato con almeno due terzi del valore dell’edificio, come richiesto dall’art. 1136, co. 5 c.c.

Il principio della Cassazione

La Corte di Cassazione ha confermato la decisione di merito che aveva rigettato l’impugnazione, ritenendo che l’intervento deliberato non rappresentasse un’innovazione bensì una modalità di regolamentazione dell’uso della cosa comune. In particolare, il cancello non modifica la destinazione della parte comune, né ne limita l’uso da parte dei condomini, ma si limita a disciplinare l’accesso all’area per motivi di sicurezza e decoro.

Interventi non qualificabili come innovazioni

Nel solco della giurisprudenza costante, la Corte ha ribadito che rientrano nei poteri dell’assemblea anche interventi come l’installazione di cancelli o sbarre, qualora finalizzati a tutelare l’utilizzo ordinato delle parti comuni e a prevenire l’ingresso di soggetti estranei. Tali interventi, se non alterano l’essenza del bene comune né incidono negativamente sui diritti dei condomini, non necessitano della maggioranza rinforzata prevista per le innovazioni.

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congedo parentale

Congedo parentale: la guida Congedo parentale: cos'è, normativa, a chi spetta, durata, indennità, come si chiede, a ore, autonomi e gestione separata, contributi

Cos’è il congedo parentale

Il congedo parentale, conosciuto anche come “astensione facoltativa“, in base alle definizione contenuta dall’articolo 2 del Dlgs n. 151/2001 è un diritto riconosciuto a lavoratrici e lavoratori dipendenti, che permette di prendersi cura dei figli nei primi anni di vita. Si tratta di un istituto centrale nella tutela della genitorialità e nella promozione dell’equilibrio tra la vita privata e quella lavorativa.

Il congedo parentale è un periodo di astensione dal lavoro che i genitori possono richiedere nei primi dodici anni di vita del figlio (oppure entro dodici anni dall’ingresso in famiglia in caso di adozione o affidamento). A differenza del congedo di maternità e paternità obbligatori, il congedo parentale è un diritto facoltativo che può essere fruito in modo frazionato o continuativo, su richiesta.

A chi spetta

Il congedo parentale spetta a entrambi i genitori, naturali o adottivi, che siano lavoratori:

  • dipendenti del settore pubblico o privato, a tempo determinato o indeterminato;
  • iscritti alla gestione separata INPS, con requisiti specifici, tra i quali la non titolarità di pensione e la non iscrizione ad altre forme di previdenza obbligatorie;
  • autonomi con precise limitazioni.

Durata del congedo parentale

Secondo l’articolo 32 D.lgs. n. 151/2001, che disciplina nello specifico il congedo parentale “Per ogni bambino, nei primi suoi dodici anni di vita, ciascun genitore ha diritto di astenersi dal lavoro secondo le modalità stabilite dal presente articolo. I relativi congedi parentali dei genitori non possono complessivamente eccedere il limite di dieci mesi, fatto salvo il disposto del comma 2 del presente articolo.”

Entro i limiti stabiliti, il diritto di astenersi dal lavoro per congedo parentale spetta a:

  • Madri lavoratrici: possono richiedere un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, dopo aver terminato il periodo di congedo di maternità;
  • Padri lavoratori: possono richiedere un periodo continuativo o frazionato non superiore a sei mesi, a partire dalla nascita del figlio. Questo periodo può essere esteso a sette mesi nel caso specificato al comma 2, ossia nel caso in cui il lavoratore eserciti il diritto di astensione dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato per un periodo non inferiore a 3 mesi. In questo caso il limite complessivo dei congedi parentali è di 11 mesi.
  • Genitori singoli o con affidamento esclusivo: nel caso in cui vi sia un solo genitore, oppure un genitore al quale sia stato affidato il figlio in via esclusiva ai sensi dell’articolo 337-quater del Codice Civile, il congedo può durare per un periodo continuativo o frazionato non superiore a undici mesi. In quest’ultimo caso, l’altro genitore perde il diritto al congedo non ancora utilizzato. A tal fine, una copia del provvedimento di affidamento viene trasmessa all’INPS dal pubblico ministero.

Indennità e pagamento del congedo parentale

La retribuzione durante il congedo parentale è regolata dall’art. 34 del D.lgs. 151/2001 e varia in base all’età del figlio e alla durata della fruizione.

La norma stabilisce che, per i periodi di congedo parentale e fino al dodicesimo anno di vita del figlio a ogni genitore spetta:

  • per tre mesi, non trasferibili, un’indennità del 30% della retribuzione, che può essere elevata, in alternativa tra i genitori, per due mesi complessivi fino al sesto anno di vita del bambino nella misura dell’80% della retribuzione;
  • e per la durata massima di un altro mese fino al sesto anno di vita del bambino, all’80% della retribuzione.
  • In alternativa tra loro i genitori hanno diritto anche a un periodo ulteriore di congedo di 3 mesi al massimo. Per questi mesi l’indennità è del 30% della retribuzione.
  • Se il genitore è uno solo lo stesso ha diritto a un’indennità del 30% della retribuzione per un periodo massimo di nove mesi.
  • In caso di affidamento esclusivo a un solo genitore a questo spetta in via esclusiva l’indennità che spetterebbe alla coppia.

Come richiedere il congedo parentale

La richiesta deve essere presentata:

  1. al datore di lavoro con un preavviso di almeno 5 giorni (salvo casi di urgenza);
  2. all’INPS tramite i seguenti canali:
    • portale INPS con SPID, CIE o CNS;
    • contact center INPS;
    • patronato o intermediario abilitato.

Congedo parentale a ore

È possibile, previo accordo con il datore di lavoro, usufruire del congedo anche in forma orizzontale (ad ore). Questo permette una maggiore flessibilità per conciliare il lavoro con la genitorialità.

Lavoratori autonomi e iscritti alla gestione separata

Anche i lavoratori autonomi e gli iscritti alla gestione separata INPS possono fruire del congedo parentale, ma a condizioni più limitate.

I genitori che siano lavoratori autonomi hanno diritto a un congedo parentale massimo di tre mesi per ogni figlio, che possono utilizzare nel primo anno di vita del figlio o entro un anno dall’ingresso del minore adottato o in affido. Il congedo spetta però se il lavoratore autonomo abbia provveduto a versare i contributi relativi al mese che precede il congedo e a condizione che lo stesso si astenga effettivamente dal lavoro.

I lavoratori iscritti alla gestione separata hanno diritto al congedo parentale, a determinate condizioni, entro i primi dodici mesi di vita del bambino (dalla nascita o dall’ingresso del minore adottato o in affidamento). Ogni genitore ha diritto a 3 mesi di congedo indennizzato, che non può trasferire all’altro genitore. I genitori hanno diritto inoltre a altri tre mesi di congedo indennizzati in alternativa per un periodo complessivo di 9 mesi.

Congedo parentale e contribuzione figurativa

I periodi di congedo parentale sono coperti da contribuzione figurativa, ai fini pensionistici, solo per i periodi indennizzati. I periodi non retribuiti non generano contribuzione utile alla pensione, salvo il riscatto volontario.

 

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bonus bollette 2025

Bonus Bollette 2025 Bonus bollette 2025: cos'è, requisiti ISEE, come si ottiene, tempi di erogazione e trasparenza in bolletta

Bonus Bollette 2025: cos’è

Il governo italiano con il decreto bollette n. 19/2025, convertito in legge e in vigore dal 30 aprile 2025, ha introdotto un contributo straordinario di 200 euro destinato ad aiutare le famiglie per fare fronte all’impatto dell’inflazione energetica. Questo bonus, erogato per il pagamento delle utenze domestiche (luce, gas, acqua), mira a fornire un sollievo economico diretto ai nuclei familiari in possesso di certi requisiti ISEE.

Dal punto di vista pratico il bonus si traduce in uno sconto di 600 auto totali, suddiviso in tre rate mensili da 200 euro ciascuna e applicato direttamente in bolletta. Il bonus da 200 euro si va a sommare al già esistente bonus sociale luce e gas. Chi ha già diritto al bonus sociale per disagio economico potrà quindi arrivare a uno sconto annuale superiore ai 500 euro.

Requisiti ISEE bonus bollette 2025

Il contributo da 200 euro è destinato a clienti domestici con ISEE 2025 che rientrano in specifiche fasce di reddito. Queste includono:

  • coloro che sono già titolari del bonus sociale previsto per chi si trova in una situazione di saggio economico (ISEE fino a 9.530,00 euro e ISEE fino 20.000 per inutile famigliari che hanno almeno 4 figli a carico);
  • i nuclei famigliari con ISEE fino a 25.000 euro.

Come si ottiene il bonus 

La procedura per accedere al contributo è stata notevolmente semplificata. Non è richiesta infatti alcuna domanda specifica. Lo sconto verrà automaticamente accreditato in bolletta una volta verificato il requisito economico tramite la presentazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) e l’ottenimento di un’attestazione ISEE valida.

Comunicazione trasparente

Tutti i fornitori di energia elettrica, sia quelli del mercato libero che quelli del mercato a maggior tutela, sono tenuti a riportare in bolletta una comunicazione chiara e trasparente. Questa comunicazione informerà i clienti con ISEE fino a 25.000 euro che il bonus straordinario è stato concesso automaticamente da ARERA e INPS, basandosi sulla DSU presentata. Questa misura di trasparenza mira a garantire che i beneficiari siano pienamente consapevoli del sostegno ricevuto e del suo funzionamento.

Erogazione del bonus bollette 2025

L’erogazione del contributo straordinario è prevista nel primo trimestre utile dopo la presentazione della DSU. Le modalità operative sono state definite dall’ARERA (Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) con la delibera 135/2025/R/eel. Il documento prevede l’erogazione del contributo unitamente al bonus sociale elettrico per il periodo compreso tra il 1° aprile 2025 e il 31 luglio 2025.

Tempistiche

L’attivazione del bonus sarà automatica a partire da giugno 2025 e verrà gestita dal Gestore del Sistema Informativo Integrato (SII). Quest’ultimo, basandosi sui dati ISEE trasmessi mensilmente dall’INPS, identificherà i titolari delle forniture elettriche idonei al contributo. In seguito attiverà il bonus straordinario in automatico e notificherà i fornitori per l’inserimento dello sconto direttamente in bolletta.

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tolleranza del 5%

Tutor autostrade: la tolleranza del 5% è obbligatoria per legge La Cassazione chiarisce: le multe per eccesso di velocità rilevate col tutor devono applicare una tolleranza del 5%, con minimo di 5 km/h

Tutor e limiti di velocità

La Cassazione, con ordinanza n. 15894/2025, ha ribadito un principio fondamentale in materia di sanzioni per eccesso di velocità: anche quando l’infrazione è rilevata tramite sistema “tutor”, deve essere applicata la tolleranza del 5% prevista dal regolamento di esecuzione del Codice della Strada, in base all’art. 345, comma 2.

La riduzione ha un minimo garantito di 5 km/h, anche quando la percentuale applicata risulterebbe inferiore.

Il caso: contestazione di una multa per tutor

Nel caso esaminato, l’automobilista aveva impugnato una sanzione per eccesso di velocità accertata mediante sistema tutor, lamentando la mancata applicazione della prevista riduzione tecnica. I giudici di merito avevano respinto il ricorso, ma la Cassazione ha accolto il motivo, riconoscendo la violazione del diritto alla corretta applicazione della norma tecnica.

La normativa di riferimento

L’articolo 345 del Regolamento di esecuzione del Codice della Strada stabilisce che, per le rilevazioni elettroniche, i valori di velocità devono essere considerati al netto della tolleranza tecnica, pari al 5% della velocità rilevata, e comunque mai inferiore a 5 km/h.

La Corte sottolinea che non si tratta di una facoltà, ma di un obbligo normativo, che garantisce l’affidabilità della rilevazione automatica.

Tolleranza del 5%: più tutele per gli automobilisti

Con questa decisione, la Cassazione rafforza la tutela dei conducenti contro errori di calcolo o rigidità applicativa dei sistemi automatici. Chi riceve una multa con tutor può sempre verificare se è stata applicata correttamente la tolleranza e, in caso contrario, contestarla dinanzi al giudice di pace.

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diritto di difesa

Avvocati: il diritto di difesa non può aggravare la sanzione Il CNF stabilisce che l’esercizio del diritto di difesa da parte dell’avvocato non può comportare un aggravamento della sanzione disciplinare, salvo condotte ostruzionistiche o dilatorie

Diritto di difesa e aggravamento sanzione

Con la sentenza n. 427/2024, pubblicata il 13 giugno 2025 sul sito del Codice deontologico, il Consiglio Nazionale Forense ha affermato un principio di particolare rilievo per il sistema deontologico forense: l’esercizio del diritto di difesa non può, di per sé, giustificare l’irrogazione di una sanzione disciplinare aggravata. La pronuncia, pubblicata il 13 giugno 2025 sul sito del Codice deontologico forense, rafforza il ruolo della difesa quale diritto inviolabile anche nell’ambito dei procedimenti disciplinari a carico degli avvocati.

Nessuna aggravante per la difesa legittima

Secondo quanto chiarito dal CNF, la sola scelta dell’incolpato di contestare la propria responsabilità disciplinare non può essere considerata un’aggravante ex art. 22, comma 1, lett. b), del Codice deontologico forense, a meno che tale atteggiamento non si traduca in una condotta concretamente defatigatoria, dilatoria o ostruzionistica.

L’articolo citato prevede infatti che la sanzione possa essere irrogata in misura più grave quando il comportamento del professionista durante il procedimento disciplinare aggravi la propria posizione, ma ciò non può derivare dal semplice esercizio del diritto di difendersi.

Opposizione alla responsabilità disciplinare

Nel caso oggetto della decisione, un avvocato era stato sottoposto a procedimento disciplinare per presunta violazione deontologica e aveva scelto di contestare le accuse. Il Consiglio territoriale di disciplina aveva ritenuto tale difesa – articolata ma corretta nei toni e nei contenuti – elemento idoneo ad aggravare la sanzione, ravvisando un atteggiamento non collaborativo.

Il CNF ha riformato la decisione, ritenendo che l’esercizio del diritto di difesa, se attuato in modo lecito e rispettoso, non possa in alcun modo essere interpretato come causa di inasprimento della sanzione. Anzi, ha sottolineato che il diritto di difendersi è un principio fondamentale anche in sede disciplinare, e che ogni valutazione sanzionatoria deve tener conto esclusivamente della gravità della condotta contestata, non del modo in cui il professionista sceglie di difendersi.

Motivazione della decisione

La sentenza sottolinea che:

  • il diritto di difesa è garantito dall’ordinamento anche nei procedimenti disciplinari;

  • la mancata ammissione di responsabilità non può equivalere a un comportamento ostruzionistico;

  • solo atteggiamenti concretamente dilatori, elusivi o irrispettosi possono configurare aggravanti.

Il CNF ha dunque precisato che la sanzione deve essere proporzionata esclusivamente ai fatti contestati e provati, non alla strategia difensiva dell’incolpato, quando questa sia esercitata legittimamente.

responsabilità medica

Responsabilità medica: colpa del dentista per danni al “nervo” La Cassazione conferma la responsabilità medica penale del dentista per danni anatomici durante un’estrazione dentaria

Responsabilità medica

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22474/2025, ha riconosciuto la responsabilità medica penale di un odontoiatra che, durante l’esecuzione di un intervento di estrazione dentaria, ha provocato l’interruzione della corticale ossea mandibolare. Il paziente ha riportato danni anatomici permanenti e sintomi post-operatori invalidanti, elementi che hanno portato alla condanna del professionista per lesioni colpose.

La condotta colposa: oltre il rischio consentito

Secondo i giudici, l’intervento è stato condotto con imperizia e negligenza, violando le regole di buona pratica clinica. L’interruzione della corticale, pur essendo un rischio teoricamente possibile, non rientrava tra gli eventi inevitabili in un’estrazione eseguita correttamente, come accertato dalla consulenza tecnica.

La motivazione della Cassazione

La Suprema Corte ha sottolineato che la responsabilità non deriva dalla scelta di procedere all’estrazione, ma dalla modalità con cui è stata eseguita la manovra chirurgica. L’odontoiatra ha omesso di adottare cautele e tecniche conservative volte a evitare il danno. Ne deriva una responsabilità per lesioni colpose, aggravata dalla natura permanente delle conseguenze subite dal paziente.

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dot INPS

DOT INPS: assistente virtuale per aziende e intermediari Come funziona DOT, l’assistente virtuale AI dell’INPS per aziende e intermediari, dove attivarlo e quali servizi consente di gestire in modo semplice e veloce

Cos’è DOT: assistente virtuale evoluto

L’INPS ha lanciato Desktop On Text (DOT), un assistente virtuale basato su intelligenza artificiale, pensato per supportare le aziende e gli intermediari nelle loro interazioni con i servizi dell’Istituto. DOT INPS, novità, comunicata con il messaggio n. 1872 del 13 giugno 2025, rappresenta un significativo passo avanti nel percorso di digitalizzazione dell’ente.

Principali funzionalità di DOT

DOT permette di utilizzare comandi vocali o testuali per aprire, cercare o eseguire funzioni all’interno del portale INPS. Possono essere attivate fineste dedicate e multiple contemporaneamente, rendendo l’esperienza utente fluida e personalizzabile. 

Tra le funzioni già attive:

  • Comunicazione bidirezionale dal Cassetto Previdenziale;

  • Ricerca e download dei moduli ufficiali;

  • Avvio di task guidati (“Smart‑Task”);

  • Accesso diretto alla sezione Imprese e Intermediari

A chi si rivolge

DOT è dedicato a:

  • aziende e Datori di lavoro;

  • consulenti del lavoro, commercialisti e altri intermediari abilitati;

  • associazioni di categoria

Come attivare l’assistente DOT

Due percorsi di accesso:

  1. Cassetto Previdenziale del Contribuente
    Effettua il login con SPID, CIE o CNS e clicca sull’icona DOT presente in basso a destra

  2. Portale INPS – Percorso: Imprese e Liberi Professionisti
    Vai su Esplora Imprese e Liberi ProfessionistiStrumenti, quindi clicca su Desktop Virtuale DOT

Perché usare DOT: vantaggi concreti

  • Rapidità: accesso immediato ai servizi, senza navigazione complessa;

  • Efficienza: task automatizzati e orientati alla semplificazione;

  • Versatilità: gestione multicanale delle finestre di servizio;

  • Flessibilità: supporto sia vocale sia testuale.

L’INPS ha pubblicato un video dimostrativo per mostrare in azione le potenzialità di DOT

Il percorso di innovazione digitale

DOT si inserisce in un processo di trasformazione digitale dell’INPS incentrato su AI, cloud e servizi mobili, volto a rendere più accessibili, intuitivi e automatizzati i servizi pubblici. 

notifica regolare

Notifica regolare non garantisce conoscenza effettiva del processo Notifica regolare e processo ignoto: la Cassazione chiarisce i limiti della conoscenza effettiva

Notifica regolare e processo ignoto

Notifica regolare e processo ignoto: con la sentenza n. 16899/2025, la sesta sezione penale della Cassazione è tornata a esaminare il delicato rapporto tra regolarità formale della notifica dell’atto di citazione a giudizio e la conoscenza effettiva del processo da parte dell’imputato, ribadendo un principio cardine in materia di diritto alla difesa: “La regolarità della notifica dell’atto di citazione in giudizio non implica necessariamente la conoscenza effettiva del processo da parte dell’imputato”.

Il caso esaminato

Nel caso specifico, l’imputato era stato giudicato in contumacia a seguito della notifica, formalmente regolare, dell’atto di citazione in giudizio presso il domicilio eletto. Tuttavia, lo stesso imputato aveva successivamente dedotto di non aver mai avuto conoscenza effettiva del procedimento e di non aver potuto esercitare il proprio diritto di difesa.

La Corte di merito aveva ritenuto sufficiente, ai fini della validità del processo, la sola regolarità formale della notifica, rigettando la richiesta di restituzione nel termine per proporre impugnazione.

La decisione della Cassazione

La Sesta Sezione, accogliendo il ricorso dell’imputato, ha censurato la decisione del giudice di merito, ricordando che il diritto alla difesa, sancito dall’art. 24 Cost. e dagli articoli 6 e 14 della Convenzione EDU, non può essere ridotto al rispetto formale delle regole procedurali, ma impone che l’imputato sia posto concretamente in condizione di conoscere e partecipare al processo.

Secondo la Corte, la notifica “regolare” non garantisce automaticamente la conoscenza effettiva del processo da parte del destinatario. È necessario verificare in concreto se l’imputato abbia avuto effettiva consapevolezza dell’instaurazione del procedimento, specie nei casi di elezione di domicilio risalente o presso terzi, situazioni che possono determinare un’informazione solo apparente.

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