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Accesso agli atti ed esame della PA A fronte di un’istanza di accesso presentata ai sensi dell’art. 22, L. 241/1990, l’Amministrazione deve esaminarla anche con riferimento alla disciplina dell’accesso civico generalizzato?

Quesito con risposta a cura di Ilenia Grasso

 

Qualora l’interessato abbia fatto inequivoco riferimento alla disciplina dell’accesso oggetto della L. 241/1990, l’Amministrazione deve esaminare l’istanza unicamente sotto i profili dettati da tale ultima legge e non anche con riferimento all’accesso civico generalizzato.

In caso di mancata risposta dell’Amministrazione sull’istanza di accesso ai sensi della L. 241/1990 si forma, pertanto, il silenzio diniego, che l’interessato ha l’onere di impugnare entro il termine di decadenza, non potendo proporre l’azione ai sensi degli artt. 31 e 117 c.p.a. – Cons. Stato, sez. IV, 22 novembre 2022, n. 10275.

I Giudici ricordano che, qualora nella presentazione di un’istanza di accesso si sia fatto inequivoco riferimento alla disciplina dell’accesso documentale ex art. 22, L. 241/1990, l’Amministrazione destinataria della richiesta non è tenuta a valutare anche la sussistenza dei presupposti legittimanti l’accesso civico generalizzato ex art. 5, comma 2 del D.Lgs. 33/2013.

Come già chiarito dalla sentenza dell’Adunanza Plenaria del 2 aprile 2020, n. 10, solo nel caso in cui alla Pubblica Amministrazione sia rivolta un’istanza di accesso a documenti amministrativi che sia formulata in modo generico (ossia senza riferimento all’accesso c.d. tradizionale oppure all’accesso civico generalizzato) ovvero che contempli il richiamo di entrambi i predetti istituti (c.d. istanza cumulativa), questa ha il potere-dovere di esaminarla nella sua interezza e, dunque, anche con riferimento alla disciplina dell’accesso civico generalizzato.

Tale regola non deve, invece, essere seguita nel caso in cui l’interessato abbia fatto inequivoco riferimento alla disciplina dell’accesso oggetto della L. 241/1990: in tale ipotesi l’istanza dovrà essere esaminata unicamente sotto i profili dettati da tale ultima legge e non anche con riferimento all’accesso civico generalizzato.

Da tale premessa i Giudici fanno discendere, quale logica conseguenza, l’impossibilità per chi abbia formulato un’istanza di accesso documentale di azionare il rimedio di cui all’art. 117 c.p.a.

E infatti, il silenzio formatosi a fronte di un’istanza di accesso documentale, essendo un’ipotesi di silenzio-diniego, deve essere eventualmente impugnato con le forme e nei termini di cui all’art. 116 c.p.a.

Infine, si osserva che l’accesso chiesto da un’impresa per la difesa dei propri interessi in giudizio, in relazione ai procedimenti civili, penali e amministrativi pendenti a suo carico diretti a verificare eventuali impatti dell’attività gestita sulle matrici ambientali circostanti, non può essere qualificato come accesso alle informazioni ambientali di cui all’art. 1, D.Lgs. 195/2005.

Quest’ultimo, infatti, è finalizzato a far conoscere al pubblico e quindi alla collettività le informazioni che riguardano l’ambiente in un’ottica di trasparenza e di massima diffusione.

La ratio che lo caratterizza è, quindi, garantire un controllo diffuso sulla qualità dell’ambiente, circostanza che non si ravvisa a fronte di una richiesta espressamente finalizzata alla difesa degli interessi dell’impresa istante.

 

PRECEDENTI GIURISPRUDENZIALI
Conformi:    Cons. Stato, Ad. Plen., 2 aprile 2020, n. 10; CGARS, 9 giugno 2021, n. 122;
Cons. Stato, Sez. VI, ord., 13 aprile 2021, n. 3006
bonus casa

Bonus casa Quali sono, che caratteristiche hanno e come si ottengono i bonus casa confermati dal legislatore anche per il 2024

Bonus casa 50%

Il bonus casa del 50% è previsto fino al 31 dicembre 2024 per spese sostenute fino al limite massimo di  96.000 euro per determinati interventi agevolati.

A partire dal 1° gennaio 2025 il bonus verrà applicato nel rispetto dei suoi parametri originari, ossia nella misura percentuale del 36% per importi non superiori a 48.000 euro.

Il bonus consiste in una detrazione Irpef spalmata su 10 quote annuali dello stesso importo nella misura percentuale prevista del 50% per tutto il 2024 e poi del 36% nei limiti di spesa sopra indicati.

Gli interventi agevolati (art. 16-bis, d.P.R. n. 917/1986 TUIR e art. 16, comma 1, D.L. n. 63/2013) che beneficiano della detrazione sono quelli di manutenzione ordinaria e straordinaria, restauro conservativo e ristrutturazione sulle parti comuni degli edifici condominiali. Beneficiano del bonus gli stessi interventi, se effettuati su unità immobiliari singole di ogni categoria catastale e sulle loro pertinenze. Rientrano nella detrazione anche le opere di ricostruzione e ripristino di immobili danneggiati da determinati eventi calamitosi, l’eliminazione delle barriere architettoniche attraverso l’installazione di ascensori e montacarichi, determinate opere finalizzate al risparmio energetico, misure antisismiche e interventi di bonifica dall’amianto.

Ecobonus

Questa detrazione fiscale è nata per incentivare la realizzazione delle opere finalizzate a autoprodurre energia e ridurre i consumi energetici (isolamento termico delle parti comuni, sostituzione degli impianti termici). I riferimenti normativi della misura sono l’art. 1, co. 344–347, L. n. 296/2006 e l’art. 14, D.L. n. 63/2013.

Il bonus consiste in una detrazione, la cui aliquota percentuale varia in base all’opera realizzata e agli importi limite di spesa previsti  per le varie opere, da ripartire in 10 quote annuali dello stesso importo per spese sostenute fino al 31 dicembre 2024.

C’à ad esempio la detrazione minima del 50% per la sostituzione di serramenti e infissi per una spesa massima di 60.000 euro, così come la detrazione del 65% per l’acquisto e la posa di microgeneratori che vanno a sostituire gli impianti esistenti per importi di spesa fino a 100.000 euro.

Sismabonus

Il sisma bonus contemplato dall’art. 16, co. 1-bis-1-septies, D.L. n. 63/2013 è previsto per incentivare il miglioramento strutturale degli edifici attraverso la realizzazione di opere antisismiche e di interventi destinati alla messa in sicurezza statica che richiedono l’asseveramento di un tecnico abilitato.

Il limite di spesa per il quale è prevista la detrazione è lo stesso del bonus casa di 96.000 euro, ma le percentuali di detrazione variano in base all’opera e al passaggio di classe raggiunto grazie all’intervento sismico. Ad esempio la percentuale di detrazione è del 50% se le opere non determinano alcuna riduzione di classe, salgono invece all’85% se le opere vengono affidate a un’impresa che attraverso interventi di demolizione e successiva ricostruzione realizzano un miglioramento sismico di due classi.

Ecosismabonus

Questa particolare detrazione, contemplata dall’art. 14, co. 2-quater.1, D.L. n. 63/2013 è stata introdotta per favorire le opere sulle parti comuni dei condomini compresi all’interno delle aree sismiche 1, 2 e 3 e attuarne la contestuale riqualificazione energetica.

Due le detrazioni previste: dell’80% se le opere riducono il rischio di una classe, dell’85% se la riduzione è di due classi. Come per gli altri bonus la detrazione viene distribuita in dieci anni e il limite di spesa massimo è di 136.000 euro da moltiplicare per ogni edificio.

Bonus barriere architettoniche

Questo bonus, previsto dall’art. 119-ter, D.L. n. 34/2020 e modificato nel 2023, riguarda l’eliminazione delle barriere architettoniche attraverso la realizzazione di opere specifiche come  scale, ascensori, servoscale, piattaforme elevatrici e rampe.

La detrazione prevista è del 75% su importi di spesa che variano in base al tipo di edificio per il quale viene sostenuta:

  • fino a 30.000 euro per ogni unità immobiliare compresa in edifici formati da più di otto unità;
  • fino a 40.000 euro per ogni unità immobiliare parte di edifici composti da due a otto unità;
  • fino a 50.000 euro per edifici unifamiliari o unità parti di edifici plurifamiliari funzionalmente indipendenti e con uno o più accessi autonomi dall’esterno.

Bonus mobili

Il bonus mobili è contemplato e regolato dall’art. 16, co. 2, D.L. n. 63/2013 e consiste in una detrazione del 50% in favore dei soggetti che possono fruire del bonus casa. L’agevolazione è prevista per l’acquisto di arredi e grandi elettrodomestici.

Per il 2024 la detrazione è riconosciuta nella percentuale del 50% su una spesa massima di 5.000 euro per ogni unità ristrutturata.

Bonus verde

Il bonus verde, di cui all’art. 1, comma 12, L. n. 205/2017, per tutto il 2024 permetterà ai contribuenti di beneficiare di una detrazione del 36% su un importo massimo di spesa di 5000 euro sostenuta per sistemare a verde le aree scoperte di edifici privati e di unità immobiliari e per costruire pozzi, impianti di irrigazione e per realizzare coperture a verde e giardini pensili.

parcheggio fuori dalle strisce

Parcheggio fuori dalle strisce: scatta la multa La Cassazione ricorda che l'art. 157, comma V del Codice della Strada dispone che, nelle aree di sosta all'uopo predisposte, i veicoli devono essere collocati nel modo prescritto dalla segnaletica

Parcheggio fuori dalle strisce

Multato chi parcheggia fuori dalle strisce. Lo ha confermato la seconda sezione civile della Cassazione, con l’ordinanza n. 4040-2024, rigettando il ricorso di un automobilista sanzionato per aver parcheggiato il proprio veicolo fuori dagli appositi stalli, in violazione dell’art. 157 CdS, comma 5.

L’uomo si rivolgeva al Palazzaccio ritenendo che nello spazio in cui aveva parcheggiato il proprio veicolo non vi erano segnaletiche orizzontali, tracciate soltanto sul lato della piazzetta, “sì da non costituire ostacolo per alcun genere di transito”. Per cui, la decisione del tribunale, a suo dire, era “contraria al principio secondo cui la sosta degli autoveicoli è libera al di fuori degli stalli”.

Ma gli Ermellini ritengono la tesi infondata.

Art. 157, comma V, Codice della Strada

Richiamando i principi di recente affermati, infatti, ribadiscono che “l’art. 157, comma V del Codice della Strada dispone che, nelle aree di sosta all’uopo predisposte, i veicoli devono essere collocati nel modo prescritto dalla segnaletica. La norma presuppone che la violazione sia stata consumata in zona ove la sosta è consentita ma solo con le modalità regolate dalla segnaletica. In tal senso, l’art.351 comma 2 del regolamento di esecuzione prescrive che, nelle zone di sosta nelle quali siano delimitati, mediante segnaletica orizzontale, gli spazi destinati a ciascun veicolo, i conducenti sono tenuti a sistemare il proprio mezzo nello spazio ad esso destinato, senza invadere gli spazi contigui” (cfr. Cass. n. 6930/2023).

Nel caso di specie, il tribunale ha accertato che il furgone del ricorrente era stato parcheggiato al di fuori della segnaletica orizzontale ma nella stessa piazza ove erano presenti, in diversi punti, segnali orizzontali, sicchè il parcheggio era avvenuto in prossimità degli stalli contrassegnati.

“La presenza degli stalli – concludono dalla S.C. rigettando il ricorso – non consentiva, quindi, il posizionamento del veicolo all’interno della piazza se non negli spazi delimitati dalla segnaletica orizzontale e non irregolarmente all’interno dell’area di sosta e a pochi metri dagli stalli e, dunque, in violazione dell’art. 157 C.d.S, comma 5″.

Allegati

Art. 187 C.d.S.

Art. 187 C.d.S. giurisprudenza Guida in stato di alterazione psicofisica causata dall’assunzione di sostanze stupefacenti: analisi dell’articolo 187 C.d.S. e giurisprudenza

Cosa prevede l’art. 187 C.d.S.

L’articolo 187 del Codice della Strada contempla e punisce il reato di guida in stato di alterazione psico fisica causato dall’assunzione di sostanze stupefacenti.

Le pene base previste per questo reato sono l’ammenda da 1.500 euro a 6.000 euro e l’arresto che va da sei mesi fino a un anno.

A queste sanzioni penali si affianca sempre quella di natura amministrativa che prevede la sospensione della patente per un periodo che varia da uno a due anni.

Se il soggetto che commette il reato guida il veicolo di un’altra persona, che non ha nulla a che fare con il reato commesso, allora la durata di sospensione della patente viene raddoppiato, pertanto la stessa varierà da due a quattro anni.

La sentenza di condanna comporta sempre anche la confisca del veicolo con cui il responsabile ha commesso il reato, a meno che il mezzo non appartenga a una terza persona.

La patente invece viene sempre revocata quando a commettere il resto è il conducente di veicoli particolari, come gli autobus per esempio.

Le pene base sono raddoppiate se chi guida in tale stato di alterazione provoca un incidente stradale. In questo caso, salvo eccezioni, è prevista la revoca della patente.

La pena dell’ammenda viene invece aumentata da 1/3 alla 1/2 se il reato viene commesso tra le ore 22.00 e prima delle 7.00 del mattino.

Gli Organi della Polizia stradale possono sottoporre i conducenti ad accertamenti, purché non invasivi e rispettosi della riservatezza, anche avvalendosi di apparecchiature specifiche.

L’esito positivo di questi test legittima la richiesta di sottoporre i conducenti ad accertamenti ulteriori e più approfonditi di natura clinico tossicologica, che possono essere eseguiti anche presso strutture sanitarie fisse, se non è possibile eseguire diversamente il prelievo o se il conducente si oppone.

Effettuati i test le strutture sanitarie rilasciano apposita certificazione. Copia del refero viene trasmessa al prefetto del luogo in cui la violazione è stata commessa. Il conducente viene quindi sottoposto a visita medica e la patente viene sospesa in via cautelare.

La sanzione della pena detentiva irrogata può essere sostituita con il decreto penale di condanna o con il lavoro di pubblico utilità, il cui svolgimento effettivo viene verificato dall’ufficio locale di esecuzione penale. L’esito positivo del lavoro di pubblica utilità comporta l’estinzione del reato e la riduzione alla metà della durata della sospensione della patente e la revoca della confisca.

Qualora invece il lavoro di pubblica utilità non venga svolto in base agli obblighi che comporta, il giudice, su richiesta, può disporre la revoca della pena sostitutiva con quella prevista in origine, così come sospendere la patente e confiscare il veicolo, come previsto in origine.

Giurisprudenza della Cassazione sull’art. 187  C.d.S.

La norma analizzata si presenta complessa e strutturata. Tanti gli spetti giuridici che hanno richiesto chiarimenti da parte della giurisprudenza. Si riportano per questa ragione le massime di alcune recenti sentenze su alcuni degli aspetti più significativi della norma.

Cassazione 4606/2023: prova dello stato di alterazione

Affinché si configuri il reato contravvenzionale di guida sotto l’influenza di sostanze stupefacenti   “lo stato di alterazione del conducente dell’auto non deve essere necessariamente accertato attraverso l’espletamento di una specifica analisi medica”. Il giudice può desumerla infatti anche   dagli accertamenti biologici capaci di dimostrare la precedente assunzione dello stupefacente, “unitamente all’apprezzamento delle deposizioni raccolte e del contesto in cui il fatto si è verificatoNel caso di specie la Cassazione ha ritenuto che la Corte di appello abbia correttamente ritenuto sufficiente, per accertare l’assunzione di cannabinoidi “il riscontro dell’analisi compiuto sulle urine in associazione ai dati sintomatici rilevati al momento del fatto sul conducente, costituiti da pupille dilatate, stato di ansia ed irrequietezza, difetto di attenzione, ripetuti conati di vomito, detenzione di involucri contenenti hashish”. 

Cassazione n. 40842/2023: consenso agli esami del sangue

In relazione al consenso all’esame ematico, la Cassazione rileva che i giudici territorialmente competenti abbiano applicato correttamente al caso di specie, principi consolidati per l’accertamento del tasso alcolemico,, ossia che il prelievo di campioni biologici (sangue ovvero urine e saliva) compiuto presso una struttura sanitaria non per motivi terapeutici, ma esclusivamente su richiesta della polizia giudiziaria, al solo fine di accertare il tasso alcolemico del soggetto per la ricerca della prova della sua colpevolezza, non richiede uno specifico consenso dell’interessato, oltre a quello eventualmente richiesto dalla natura delle operazioni sanitarie strumentali a detto accertamento”. 

Cassazione n. 31247/2023: violazione degli obblighi del lavoro di pubblica utilità

La Cassazione chiarisce che se il comportamento del condannato inadempiente che tuttavia non si è sottratto completamente al lavoro di pubblica utilità “ma ne abbia violato gli obblighi dopo una prima fase esecutiva caratterizzata da svolgimento regolare” comporta:

  • l’applicazione della sanzione penale per il reato commesso ai sensi dell’art. 56 D.Lgs. n. 274/2000;
  • il prolungamento della durata della pena originaria che è stata sostituita per effetto della revoca. Al fine di scongiurare un inasprimento senza motivo del trattamento punitivo, in contrasto con la finalità rieducativa del reo a cui tende anche il lavoro di pubblica utilità occorre applicare il seguente principio di diritto: “l’inosservanza degli obblighi inerenti il lavoro di pubblica utilità può comportarne la revoca, ma l’adozione di tale provvedimento impone al giudice, quanto agli effetti della revoca stessa, di tener conto del periodo di lavoro espletato sino al momento della commessa trasgressione e, previa effettuazione del ragguaglio dei giorni di lavoro non prestato con la pena detentiva sostituita secondo i criteri di cui al D.Lgs. n. 274 del 2000, art. 58, di scomputarlo dalla restante pena ancora da eseguire nelle forme ordinarie”. 
equo compenso

Avvocati: l’equo compenso entra nel Codice Deontologico Il CNF ha approvato la nuova norma deontologica che sanziona il legale che concorda compensi troppo bassi o comunque ingiusti

Nuova norma deontologica equo compenso

Via libera alla nuova norma deontologica in materia di equo compenso prevista dalla legge 49/2023. Il Consiglio Nazionale Forense nella seduta del 23 febbraio scorso ha approvato il testo del nuovo art. 25-bis in linea con l’obiettivo della legge di “garantire che gli avvocati ricevano un adeguato compenso per la loro attività professionale, contrastando al tempo stesso il fenomeno delle parcelle troppo basse o addirittura gratuite”.

La nuova norma è stata elaborata dalla Commissione deontologica del Consiglio Nazionale Forense, approvata in prima battuta dal CNF nell’ultima seduta amministrativa del 2023 e inviata, come previsto dalla legge professionale forense, ai Consigli dell’Ordine per la necessaria consultazione. Completati tutti i passaggi, il CNF ha approvato quindi la disposizione in via definitiva con piccole integrazioni.

Le sanzioni previste

Due le sanzioni disciplinari previste dalla nuova norma del codice deontologico forense. L’avvocato, infatti, precisa il CNF nella nota ufficiale, “non può concordare o preventivare un compenso che, ai sensi e per gli effetti delle vigenti disposizioni in materia di equo compenso non sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta, e non sia determinato in applicazione dei parametri forensi vigenti”. In caso di violazione, ciò comporterà “l’applicazione in sede disciplinare della censura”. Inoltre, “nei casi in cui l’avvocato stipuli una qualsiasi forma di accordo con il cliente, la norma richiede l’obbligo ad avvertire per iscritto il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare i criteri stabiliti dalla legge, pena la nullità della pattuizione”. In tal caso, la violazione di questa seconda disposizione normativa “comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento”.

L’iter

Le modifiche al codice deontologico degli avvocati entreranno in vigore dopo la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, completando l’iter previsto dall’ordinamento forense.

Il testo del nuovo art. 25-bis

Di seguito il testo del nuovo art. 25-bis Cdf:

Art. 25-bis – Violazioni delle disposizioni in materia di equo compenso

  1. L’avvocato non può concordare o preventivare un compenso che, ai sensi e per gli effetti delle vigenti disposizioni in materia di equo compenso non sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta, e non sia determinato in applicazione dei parametri forensi vigenti.
  2. Nei casi in cui la convenzione, il contratto, o qualsiasi diversa forma di accordo con il cliente cui si applica la normativa in materia di equo compenso siano predisposti esclusivamente dall’avvocato, questi ha l’obbligo di avvertire, per iscritto, il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia.
  3. La violazione del divieto di cui al primo comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dell’obbligo di cui al secondo comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.