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Antiriciclaggio: al via il “grande fratello” europeo In Gazzetta Ufficiale il pacchetto UE approvato a maggio 2024 per la lotta al riciclaggio del denaro sporco (Anti Money Laundering) e al finanziamento del terrorismo

In GU il pacchetto UE sull’antiriciclaggio

Il 30 maggio 2024 il Consiglio UE ha approvato il pacchetto antiriciclaggio AML (Anti Money Laundering), con il quale viene riscritta e ampliata la disciplina sulla lotta al riciclaggio del denaro sporco e al finanziamento del terrorismo. I testi del nuovo pacchetto di norme antiriciclaggio sono stati pubblicati nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea del 19 giugno 2024.

Questo pacchetto rappresenta un significativo passo avanti nella protezione del sistema finanziario europeo dalle attività illecite. Le nuove norme mirano a colmare le lacune esistenti e a garantire una maggiore trasparenza e cooperazione tra gli Stati membri.

Vediamo i punti salienti del pacchetto AML e le sue implicazioni per le istituzioni finanziarie e le imprese.

Punti centrali della riforma

Il regolamento, applicabile direttamente all’interno degli Stati membri dopo tre anni dall’entrata in vigore, contiene le norme dedicate al settore privato e armonizza tutte le regole antiriciclaggio nell’unione europea.

La normativa viene estesa al settore delle criptovalute, a chi commercia beni di lusso e agli agenti di calcio.

La direttiva definisce la collaborazione tra le varie autorità di informazione finanziaria nella lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo. Il provvedimento armonizza inoltre i formati degli estratti conto bancari, per individuare e confiscare più agevolmente i proventi degli illeciti penali.

Autorità antiriciclaggio

Nasce l’Autorità Antiriciclaggio, con funzione di vigilanza e supporto al settore finanziario e alle unità di informazione finanziaria. L’Autorità migliorerà anche l’efficienza della lotta al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo, grazie alla collaborazione con le Autorità nazionali di vigilanza, per fare in modo che i soggetti obbligati rispettino le regole. All’Autorità, che sarà operativa a partire dalla metà del 2025, spetterà inoltre il compito di sanzionare i soggetti obbligati in caso di trasgressione.

Registro titolari effettivi

Prevista la creazione di un registro dei titolari effettivi di beni immobiliari e di un database sulle cassette di sicurezza, le criptovalute e i conti correnti.

Tetto contanti 10mila euro

Il pacchetto prevede anche un tetto ai contanti di 10.000 euro, lasciando liberi però gli Stati membri di imporre tetti di importo inferiore. Prevista in ogni caso l’adeguata verifica dell’identità di quei soggetti che compiono operazioni in contanti per importi compresi tra i 3000 e i 10.000 euro,

Se le operazioni vengono compiute invece in criptovaluta, i soggetti obbligati dovranno procedere alla due diligence sui clienti che compiono transazioni di importo superiore ai 1000 euro.

Obiettivi del pacchetto AML

Il pacchetto AML si concentra su alcuni obiettivi chiave:

  • rafforzamento della cooperazione internazionale: la nuova normativa prevede una maggiore cooperazione e scambio di informazioni tra le autorità nazionali e internazionali. Questo include la creazione di una banca dati centralizzata per facilitare il monitoraggio delle transazioni sospette;
  • aumento della trasparenza: il pacchetto introduce requisiti più stringenti per la trasparenza delle operazioni finanziarie e la tracciabilità dei fondi. Le imprese saranno obbligate a fornire informazioni dettagliate sui beneficiari effettivi e sulle transazioni internazionali;
  • miglioramento della vigilanza: viene rafforzato il ruolo delle autorità di vigilanza con l’introduzione di nuovi strumenti e poteri per monitorare e sanzionare le attività illecite. Questo include la creazione di una nuova agenzia europea dedicata al contrasto del riciclaggio di denaro.

Impatto su istituzioni finanziarie e imprese

Le nuove normative AML avranno un impatto significativo sulle istituzioni finanziarie e sulle imprese in tutta l’UE. Le aziende dovranno adattare i loro processi e sistemi per conformarsi ai nuovi requisiti di segnalazione e trasparenza. Questo potrebbe comportare investimenti significativi in tecnologia e formazione del personale.

Le istituzioni finanziarie, in particolare, dovranno rafforzare i loro programmi di conformità e migliorare la loro capacità di rilevare e segnalare transazioni sospette.

figli separazione trasferimento padre

I figli dei separati non possono essere trasferiti La Cassazione ha affermato che il trasferimento della madre in località molto distante da quella del padre “potrebbe configurare una violazione del diritto alla bigenitorialità”

La richiesta di trasferimento dei figli minori

Il caso che ci occupa trae origine da un giudizio in materia di scioglimento del matrimonio, nell’ambito del quale la moglie aveva chiesto di essere autorizzata trasferirsi, unitamente ai figli minori, presso una località distante molti chilometri da quella di residenza del padre.

Il Tribunale di Napoli aveva accolto tale richiesta e la Corte territoriale aveva confermato tale decisione.

Avverso il provvedimento emessa dalla Corte d’Appello di Napoli, il marito aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

Il trasferimento ostacola la frequentazione con il padre

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 12282-2024, ha accolto, in merito alla contestazione sul trasferimento avanzata dal marito, il ricorso dallo stesso proposto e ha cassato il provvedimento impugnato rinviando la causa alla Corte d’appello di Napoli.

In particolare, la Corte ha affermato che “il trasferimento dei tre figli in località distante di parecchi chilometri da quella di residenza del padre non potrà non essere di ostacolo alla frequentazione del genitore coi figli” anche se al padre sia stata riconosciuta la possibilità di vedere i figli e di tenerli con sé.

Notevole distanza dal padre

La fondatezza della doglianza lamentata dal padre, ha spiegato la Corte dipende, nel caso di specie, dalla notevole distanza tra le due città “che non consente frequentazioni giornaliere”, ma al contrario solo visite di più giorni, data la notevole durata del viaggio. Inoltre, ha proseguito il Giudice di legittimità, i figli sono occupati con i vari impegni scolastici, sportivi ecc., rendendo ancora più difficoltose e sporadiche le frequentazioni con il padre.

Violazione diritto alla bigenitorialità

In questo senso, la Corte ha concluso il proprio esame sul punto ritenendo che “il trasferimento potrebbe configurare una violazione del diritto alla bigenitorialità”.

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corteggiamento insistente stalking

Stalking in caso di corteggiamento insistente La Cassazione ha affermato che la natura minatoria delle comunicazioni ripetutamente inviate dal colpevole portano legittimamente a qualificare i fatti avvenuti nel più grave ambito delineato dalla figura delittuosa degli atti persecutori

Minacce e molestie ripetute

La vicenda in esame prende avvio dalla decisione con cui la Corte d’appello di Milano aveva ritenuto l’imputato colpevole dei reati di cui all’art. 81 cpv e 609-bis c.p., poiché lo stesso aveva “con azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso (…) usato violenza sessuale” nei confronti della vittima “toccandole in più occasioni le cosce e la schiena” e per avere “minacciato e molestato la predetta, inviandole con insistenza messaggi telefonici, minacciando altresì il fidanzato della medesima”.

La donna vittima di tali comportamenti aveva subito uno stato d’ansia e di paura per la propria incolumità tanto che la stessa si era dimessa dal posto di lavoro in precedenza occupato alle dipendenze dell’imputato.

Avverso tale decisione l’imputato aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di Cassazione.

Corteggiamento ossessivo ed insistente

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22292/2024, ha rigettato il ricorso proposto e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

La Corte, dopo aver ripercorso i fatti di causa nonché i motivi d’impugnazione e la struttura dei reati contestati al ricorrente, si è soffermata, per quanto qui rileva, sull’elemento oggettivo della fattispecie delittuosa attribuita all’imputato.

Sul punto, la Corte ha rilevato che, posta la sussistenza, nel caso di specie, della pluralità di condotte illecite, sebbene elevate a “sistema di vita”, “la natura minatoria delle comunicazioni ripetutamente inviate (dall’imputato) portano legittimamente a qualificare i fatti avvenuti nel più grave ambito delineato dalla figura delittuosa degli atti persecutori”.

Corteggiamento idoneo ad integrare lo stalking?

Quanto appena affermato, ha evidenziato la Corte, prescinde dalla discussione in ordine alla possibilità che un “corteggiamento”, sebbene ossessivo ed insistente, sia idoneo o meno ad integrare la fattispecie delittuosa contestata, posto che, le modalità di estrinsecazione della condotta dell’imputato, hanno condotto la il Giudice di legittimità a confermare gli esiti cui era giunto il Giudice di merito, poiché ritenuto integrato l’elemento oggettivo descritto dalla fattispecie delittuoso di atti persecutori.

Mutui: validi anche senza indicazione del TAN Per la Cassazione, il contratto di finanziamento è valido se sono riportate analiticamente tutte le condizioni economiche, anche se non è espressamente indicato, in termini numerici, il TAN

TAEG e TAN nel contratto di mutuo

Il caso in esame, riguardante l’ingiunzione di pagamento di una somma data in mutuo e dei relativi interessi, ha dato l’occasione alla Corte di Cassazione di pronunciarsi, con ordinanza n. 16456-2024, sulla validità dei contratti di finanziamento privi dell’indicazione del “Tasso Annuo Nominale” (Tan).

La Corte ha anzitutto premesso che il TAEG e il TAN sono entità giuridiche diverse. In particolare, e per quanto qui rileva, il TAN “è il tasso di interesse dovuto al netto della capitalizzazione” ai sensi dell’art. 117, comma 4, del TUB. Mentre, il TAEG indica, in percentuale annua il costo effettivo del credito.

Ciò posto la Corte è poi passata all’analisi della specifica questione sottoposta alla sua attenzione, vale a dire l’obbligatorietà o meno dell’indicazione del TAEG e del TAN nel contratto di finanziamento e le conseguenze della loro eventuale assenza.

La mancata indicazione del TAEG e del TAN

In punto di validità del contratto di mutuo, la Corte ha specificato che l’obbligo di indicare il tasso d’interesse applicato, sussiste sicuramente con riferimento al TAEG, posto che lo stesso, rappresentando il dato aggregato del costo del credito, consente all’interessato di confrontare le condizioni di finanziamento che gli operatori bancari offrono sul mercato.

La mancata indicazione nei contratti bancari del TAEG determina, pertanto, quale conseguenza sul piano negoziale e civile, l’invalidità del contratto stesso poiché colpito da nullità.

Per quanto invece attiene al TAN, la disciplina di settore non prevede espressamente la sanzione della nullità per il caso di sua mancata indicazione all’interno del contratto bancario e occorre pertanto valutare se la nullità del negozio sia da escludere qualora “l’ammontare del saggio di interesse, non specificamente individuato, possa ricavarsi, in base a un calcolo aritmetico, dal testo del contratto che individui il TAEG”.

Condizioni finanziamento

Rispetto al suddetto dubbio interpretativo la Corte, dopo aver ripercorso il quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, ha condiviso gli esiti del Giudice di merito, in punto di validità del contratto, posto che nel caso specifico, anche se non era espressamente indicato in termini numerici il TAN, erano “analiticamente riportate tutte le condizioni relative al piano di finanziamento”.

Quanto sopra, ha riferito la Corte, può essere affermato in considerazione del fatto che nel contratto di finanziamento di cui trattasi erano indicati “il tasso di indicizzazione, gli interessi di mora, i criteri di indicizzazione, il TAEG o l’indicazione sintetico di costo richiesti dalle Istruzioni fornite dalla Banca d’Italia agli operatori di settore e che le condizioni contrattuali vanno integrate con il piano finanziario, anch’esso concordato dalle parti, dal quale si desume chiaramente il valore dell’operazione nel tempo attraverso il numero delle rate e l’ammontare di ciascuna di esse, con l’incidenza degli interessi, del tasso debitore, delle spese”. Con la conseguenza che, dal complesso del contratto, era possibile ricavare chiaramente il valore dell’operazione, nonché il TAN, desumibile dal piano di ammortamento approvato dalle parti.

La decisione

La Corte di Cassazione ha pertanto concluso il proprio esame condividendo la decisione adottata dalla Corte d’appello sul punto, ritenendo valido il contratto, posto che dal contratto ed i suoi allegati era possibile individuare agevolmente le condizioni economiche del contratto.

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criptofonini intercettazioni Cassazione

Criptofonini: i chiarimenti della Cassazione Le Sezioni Unite della Cassazione forniscono importanti chiarimenti in materia di acquisizione dei contenuti di comunicazioni scambiate con i criptofonini

Criptofonini: i principi di diritto delle Sezioni Unite

Le Sezioni Unite penali con la sentenze n. 23755/2024 e 23756-2024 mettono un punto fermo in materia di acquisizione di contenuti scambiati con i criptofonini, ossia smartphone dotati di sistemi di cifratura che ostacolano eventuali intercettazioni. Le decisioni, parzialmente sovrapponibili, sono state emesse in relazione a due procedimenti penali intrapresi nei confronti di soggetti nei cui confronti erano stati rilevati gravi indizi di colpevolezza per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti.

Con i principi sanciti dalle SU la Cassazione facilita lo scambio di prove digitali tra Italia e altri Stati UE, semplificando le procedure e tutelando i diritti fondamentali.

Prove digitali e ordini europei di indagine

Le Sezioni Unite penali n. 23755/2024 stabiliscono importanti principi in materia di prove digitali e ordini europei di indagine.

  • Il contenuto di comunicazioni scambiate per mezzo dei criptofonini, già acquisito e decifrato da un’autorità giudiziaria straniera, può essere trasmesso in Italia tramite ordine europeo di indagine. Non è necessaria la procedura di collaborazione tra autorità giudiziarie, ma valgono le norme sulla circolazione delle prove (artt. 238, 270 c.p.p. e 78 disp. att. c.p.p.).
  • Il Pubblico Ministero italiano può richiedere direttamente all’estero, tramite ordine europeo di indagine, le prove già in possesso delle autorità competenti, senza bisogno di autorizzazione preventiva dal giudice italiano.
  • L’autorizzazione del giudice italiano non è necessaria per acquisire il contenuto di comunicazioni già acquisite all’estero, neanche se si tratta di comunicazioni criptate. Questo vale sia per la disciplina nazionale che per quella europea (Direttiva 2014/41/UE).
  • La disciplina sui dati di traffico e ubicazione (art. 132 Decreto legislativo n. 196/2003) si applica solo alle richieste ai fornitori di servizi, non a quelle dirette ad altre autorità giudiziarie che già detengono tali dati. Il PM può quindi accedervi senza autorizzazione del giudice.
  • Il giudice italiano può escludere l’utilizzo di prove acquisite all’estero se rileva una violazione dei diritti fondamentali. La parte interessata deve però dimostrare tale violazione.
  • Non c’è violazione dei diritti fondamentali se la difesa non può accedere all’algoritmo di criptazione utilizzato. Il rischio di alterazione dei dati è escluso perché ogni messaggio è associato alla sua chiave di cifratura, che ne impedisce la decrittazione anche parziale.

Acquisizione prove digitali estere

Le Sezioni Unite penali n. 23756/2024 hanno chiarito le regole per l’acquisizione di prove digitali ottenute all’estero, in particolare tramite intercettazioni:

  • L’acquisizione di intercettazioni effettuate all’estero su piattaforme criptate o criptofonini non rientra nella collaborazione tra autorità giudiziarie (art. 234-bis c.p.p.), ma è disciplinata dall’art. 270 c.p.p.
  • Il Pubblico Ministero italiano può richiedere direttamente all’estero le prove già in possesso delle autorità competenti, senza bisogno di autorizzazione preventiva dal giudice italiano.
  • Le intercettazioni estere effettuate con un captatore informatico su un server criptato sono ammissibili.. Non è necessaria l’autorizzazione del giudice italiano, come previsto dalla Direttiva 2014/41/UE, perché la disciplina nazionale non la richiede.
  • Il giudice italiano può escludere l’utilizzo di intercettazioni esterne se rileva una violazione dei diritti fondamentali. La parte interessata deve però dimostrare tale violazione.
  • Non vi è violazione dei diritti fondamentali se la difesa non può accedere all’algoritmo di criptazione utilizzato. Il rischio di alterazione dei dati è escluso perché ogni messaggio è associato alla sua chiave di cifratura, che ne impedisce la decrittazione anche parziale.

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metadati mail lavoratori garante

Mail lavoratori: le indicazioni del Garante Il Garante Privacy aggiorna il documento sul trattamento dei metadati degli account e-mail utilizzati dei dipendenti

Metadati e-mail lavoratori: il provvedimento del Garante Privacy

Con il provvedimento n. 364 del 6 giugno 2024 il Garante Privacy ha provveduto ad aggiornare il documento “programmi e servizi informatici di gestione della posta elettronica nel contesto lavorativo e trattamento dei metadati”. Questo documento, che costituisce l’allegato 1 del provvedimento 3634, ne costituisce parte integrante.

Definizione e tempi conservazione metadati

Il provvedimento si occupa in particolare della definizione dei meta dati e della durata di conservazione dei meta dati degli account di posta elettronica utilizzati dei dipendenti. Questo perché c’è il rischio che i programmi di servizi informatici per la gestione della posta elettronica, anche in modalità cloud, possano procedere alla raccolta preventiva e generalizzata, per impostazione predefinita, dei meta dati degli account.

Cosa sono i metadati

I metadati a cui si riferisce il provvedimento sono informazioni registrate nei log che vengono generati dai sistemi server che gestiscono lo smistamento della posta elettronica e delle postazioni relative alle interazioni tra i server interagenti e tra questi ultimi e i client. Ne costituiscono un esempio gli indirizzi email di mittente e destinatario, gli indirizzi IP dei server o dei client, gli orari  di invio, di trasmissione, ritrasmissione e ricezione, la dimensione dei messaggi e gli allegati.

I metadati di cui si occupa il provvedimento non vanno confusi con il contenuto del messaggio di posta elettronica. Questi dati infatti restano a disposizione dell’utente lavoratore. In relazione al contenuto testuale della e-mail pertanto non sono previsti nuovi adempimenti o responsabilità a carico del titolare del trattamento.

Conservazione dei metadati

Detto questo, il Garante della Privacy fornisce le informazioni necessarie ai datori di lavoro per consentire il funzionamento corretto e l’utilizzo regolare della posta elettronica, comprese le garanzie necessarie di sicurezza informatica.

In particolare,  quanto riguarda la disciplina dei controlli a distanza precisa il Garante precisa che lattività di raccolta e conservazione dei soli mercati/log necessari ad assicurare il funzionamento delle infrastrutture del sistema della posta elettronica, allesito di valutazioni tecniche nel rispetto del principio di responsabilizzazione, si ritiene che possa essere effettuata, di norma, per un periodo limitato a pochi giorni; a titolo orientativo, tale conservazione non dovrebbe comunque superare i 21 giorni… Eventuale conservazione per un termine ancora più ampio e sì potrà essere effettuata, solo in presenza di particolari condizioni che ne rendano necessario lestensione, comprovando adeguatamente (…) le specificità della realtà tecnica e organizzativa del titolare. Spetta in ogni caso il titolare adottare tutte le misure tecniche organizzative per assicurare il rispetto del principio di limitazione della finalità, laccessibilità selettiva da parte dei soli soggetti autorizzati e adeguatamente istruiti e la tracciatura degli accessi effettuati”.  

Responsabilità dei datori di lavoro

Sulle eventuali responsabilità dei datori di lavoro  il Garante ricorda che la raccolta generalizzata e la conservazione dei meta dati che si riferiscono all’utilizzo della posta elettronica da parte dei dipendenti, per lunghi periodi di tempo, in mancanza di idonei requisiti giuridici, può consentire al datore di lavoro di acquisire informazioni personali e relativi alle opinioni del dipendente che non rilevano per valutarne l’attitudine professionale.

I titolari dei trattamenti sono tenuti ad effettuare la raccolta e la conservazione dei log nel rispetto dei principi di correttezza e di trasparenza. I lavoratori pertanto devono essere adeguatamente informati sul trattamento dei loro dati se si riferiscono a comunicazione elettroniche che li riguardano. A tal fine gli stessi devono essere resi edotti delle caratteristiche del trattamento, con particolare riguardo alla durata della conservazione dei dati e ad eventuali controlli.

I tempi di conservazione dei meta dati devono essere proporzionati alle finalità da perseguire. La mancata definizione in misura proporzionale dei tempi di conservazione comportano la violazione del principio di limitazione della conservazione, contemplato dall’articolo 5 del GDPR.

I datori di lavoro pubblici e privati per evitare responsabilità amministrative e penali devono quindi adottare tutti gli accorgimenti necessari per conformare i trattamento dei dati dei dipendenti alla disciplina di protezione dei dati e a quella di settore. Il datore di lavoro è tenuto quindi, in relazione ai servizi forniti in modalità cloud o as a service, a rispettare la normativa di protezione dei dati personali anche con riferimento al periodo di conservazione dei metadati.

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regolamento condominio termine convocazione

Regolamento condominio: può prevedere termini più ampi per le convocazioni L’art. 66 disp. att. c.c. non rientra infatti tra le disposizioni inderogabili da parte del regolamento condominiale

Termine convocazione assemblea

Il termine previsto per la convocazione dell’assemblea può essere derogato dal regolamento di condominio, in quanto l’art. 66 disp. att. c.c. non rientra tra le disposizioni inderogabili. È quanto ha precisato il tribunale di Bari con sentenza n. 1994/2024, esprimendosi su una vicenda avente ad oggetto l’impugnazione di una delibera assembleare.

Nel caso di specie, i proprietari di un appartamento convenivano in giudizio il condominio chiedendo al giudice di dichiarare “illegittimo, inesistente, nullo e/o annullabile, inefficace e quindi, annullare l’intero deliberato assunto” dall’assemblea con condanna del convenuto alla soccombenza processuale.

In particolare deducevano di aver espresso la volontà di distaccarsi dal condominio e, a fronte dell’opposizione di quest’ultimo, di aver intrapreso procedura di mediazione, conclusasi con esito negativo e di aver ricevuto, infine, l’avviso di convocazione di assemblea straordinaria in ritardo, non potendo prendere parte alla stessa, al termine della quale l’organo assembleare aveva rigettato la domanda di fuoriuscita dalla comunione.

Da qui la richiesta di annullamento della delibera condominiale, in quanto adottata in violazione dell’art. 14 comma 2 del regolamento di condominio, il quale disponeva la convocazione a cura dell’amministratore almeno dieci giorni prima della data fissata per l’adunanza, e dell’art. 1105 comma 3 c.c.

Il regolamento di condominio

Il giudice dà loro ragione. Come noto, afferma infatti il tribunale, “a lume dell’art. 1138 c.c., qualora in un edificio il numero dei condomini sia superiore a dieci, è necessaria la predisposizione di un regolamento, il quale oltre a contenere le norme circa l’uso delle cose comuni, la ripartizione delle spese e per la tutela del decoro dell’edificio, disciplina pure l’attività amministrativa della cosa comune”.

Le norme del regolamento, prosegue il giudice, “non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino”, e in nessun caso derogare alle disposizioni che costituiscono “norme inderogabili” per espresso dettato normativo; ben potendo, tuttavia, derogare alle altre norme di legge, “rientrando tale facoltà nell’alveo della libertà negoziale riconosciuta ai singoli”.

Tra le norme inderogabili, afferma quindi il giudicante, “sicuramente non rientra l’art. 66 disp. att. c.c, nella parte in cui prevede un termine entro cui la convocazione assembleare deve essere comunicata ai singoli condomini, a maggior ragione ove – come avvenuto nella specie – il regolamento stabilisca un termine più ampio – di giorni dieci e, dunque, in melius – rispetto a quello – di giorni cinque – previsto dall’art. 66 cit.”.

Ritardo nell’avviso di convocazione

Peraltro, osserva il tribunale, “è principio ormai consolidato quello secondo cui ogni condomino, avendo il diritto di intervenire all’assemblea, deve perciò essere messo in condizione di poterlo fare, con la conseguente necessità che l’avviso di convocazione, quale atto unilaterale recettizio, sia non solo inviato ma anche ricevuto nel termine stabilito dalla legge o, come nella specie, dal regolamento condominiale, avendo riguardo alla riunione dell’assemblea in prima convocazione”.

Da quanto precede derivata, pertanto, “che il mancato rispetto di tale termine di ricezione dell’avviso da parte dell’avente diritto costituisce motivo di annullamento della delibera assembleare, ai sensi dell’art. 1137 c.c.”.

Conclusione che, peraltro, trova conforto, nel testo ora vigente dell’art. 66 comma c.c., il quale dispone che “in caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati”.

La decisione

Per cui, facendo applicazione delle enunciate coordinate ermeneutiche al caso di specie, la comunicazione della convocazione dell’assemblea è da ritenersi tardiva, e, per l’effetto, annullabile. Da qui, l’accoglimento della spiegata domanda.

 

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Magistrati e avvocati dello Stato: stipendi più alti Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il Dpcm che prevede l'incremento con decorrenza 1° gennaio 2024 degli stipendi del personale di magistratura ed equiparati in virtù delle variazioni Istat

Adeguamenti stipendi e indennità magistrati e avvocati dello Stato

Parte l’adeguamento triennale degli stipendi e delle indennità dei magistrati e degli avvocati dello Stato. Lo prevede il dpcm del 3 giugno scorso pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 18 giugno, in virtù delle variazioni comunicate dall’Istat.

Stipendi e indennità su del 6,69%

In particolare, l’art. 1 prevede che “le misure degli stipendi del personale di cui alla legge 19 febbraio 1981, n. 27, dell’indennità prevista dall’art. 3, primo comma, della stessa legge e dell’indennità integrativa speciale in vigore alla data del 1° gennaio 2021, sono incrementate del 6,69 per cento, con decorrenza 1° gennaio 2024, con conseguente conguaglio, con la medesima decorrenza 1° gennaio 2024, degli acconti corrisposti negli anni 2022 e 2023″.

Acconti per il triennio successivo

L’art. 2 prevede, inoltre, che l’indennità prevista dall’art. 3, primo comma, della stessa legge e l’indennità integrativa speciale in vigore alla data del 1° gennaio 2024, come determinate dall’art. 1 del decreto, “sono ulteriormente incrementate, per ciascuno degli anni 2025 e 2026, del 2,01 per cento, con decorrenza, rispettivamente, dal 1° gennaio 2025 e dal 1° gennaio 2026, a titolo di acconto sull’adeguamento triennale successivo”.

Risorse

L’art. 3, prevede infine che al relativo onere, che costituisce spesa avente natura obbligatoria, si provvede a valere sulle disponibilità dei pertinenti capitoli di bilancio delle amministrazioni interessate.

Il decreto è stato trasmesso alla Corte dei Conti e registrato l’11 giugno 2024.

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tfr tfs procedura riscatto

TFR e TFS: nuova procedura online L'INPS ha dettato le istruzioni per la nuova procedura per l'inoltro delle domande telematiche di riscatto TFS e TFR

TFS/TFR: nuova procedura di riscatto online

E’ disponibile sul sito dell’INPS, la nuova procedura che consente all’iscritto e agli enti datori di lavoro (solo per le amministrazioni statali), l’inoltro delle domande telematiche per il riscatto del trattamento di fine servizio (TFS) e del trattamento di fine rapporto (TFR). E’ lo stesso istituto a dettare le istruzioni con il messaggio n. 2243/2024.

Funzionalità disponibili per il cittadino

In particolare, le funzionalità disponibili per il cittadino sono le seguenti:

  • domanda di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per gli iscritti all’ex INADEL);
  • richiesta di anticipata estinzione delle rate residue di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per gli iscritti all’ex INADEL);
  • registrazione dell’avvenuto pagamento di anticipata estinzione (sia per gli iscritti all’ex ENPAS che per gli iscritti all’ex INADEL);
  • richiesta di esonero dal pagamento delle rate residue di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per gli iscritti all’ex INADEL);
  • rinuncia al riscatto ai fini TFS/TFR (sia per gli iscritti all’ex ENPAS che per gli iscritti all’ex INADEL);
  • consultazione delle domande inoltrate (sia per gli iscritti all’ex ENPAS sia per gli iscritti all’ex INADEL).

Funzionalità disponibili per il datore di lavoro

Le funzionalità disponibili per l’Ente datore di lavoro, invece, sono le seguenti:

  • domanda di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS);
  • richiesta di anticipata estinzione delle rate residue di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS);
  • richiesta di esonero dal pagamento delle rate residue di riscatto ai fini TFS/TFR (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS);
  • nuova domanda di riscatto ai fini TFS/TFR a rettifica della precedente già inoltrata (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS);
  • consultazione delle domande inoltrate (solo per le Amministrazioni statali-iscritti ex ENPAS).

Come accedere alla nuova procedura

La nuova procedura online è disponibile, comunica l’istituto sul proprio sito, accedendo tramite SPID, almeno di Livello 2, CNS, CIE 3.0, PIN dispositivo (rilasciato dall’Istituto solo per i residenti all’estero non in possesso di un documento di riconoscimento italiano e, pertanto, impossibilitati a richiedere le credenziali SPID) ed eIDAS (electronic IDentification Authentication and Signature), digitando nel campo “Ricerca” della homepage le parole “Riscatti TFS e TFR”.

Le istanze di riscatto TFS/TFR già inoltrate sono accessibili alla voce di menu “Consultazione domande inoltrate” della procedura; il manuale è consultabile nell’apposita sezione “Manuali” del sito istituzionale.

Gli utenti possono utilizzare anche i servizi offerti dagli Istituti di Patronato riconosciuti dalla legge o chiamare il Contact Center Integrato al numero verde 803164 (gratuito da rete fissa) o il numero 06164164 (da rete mobile a pagamento in base alla tariffa applicata dai diversi gestori).

pec rinnovo deposito telematico

Pec non funzionante: nuovo deposito entro 20 giorni Se la parte decade incolpevolmente dalla facoltà di depositare, la stessa può nuovamente depositare, entro venti giorni o domandare la rimessione in termini

Assenza di una delle pec previste per il deposito telematico

Il caso in esame prende avvio da un contenzioso avente ad oggetto il prestito di una somma di denaro da parte della banca e la connessa richiesta da parte del cliente, destinatario della stessa, di riduzione dell’ipoteca in ragione della riduzione del debito residuo.

Per quanto qui rileva, all’esito del giudizio di merito, la Banca, controricorrente dinanzi alla Corte di Cassazione, dopo aver notificato il controricorso, aveva depositato due istanze di remissione in termini, rilevando che il controricorso era stato depositato via pec e che il depositante, dopo avere ricevuto il messaggio di “avvenuta consegna”, non aveva ricevuto nessun ulteriore messaggio di superamento dei controlli automatici e manuali (c.d. “terza” e “quarta” busta). Solo successivamente, aveva appreso che nessun ricorso risultava pervenuto.

Deposito del controricorso avvenuto tempestivamente

La Corte di Cassazione, con ordinanza n. 16552/2024, ha ripercorso i fatti e le doglianze formulate in relazione all’istanza di remissione, affermando che, secondo la normativa vigente ratione temporis “il deposito telematico di atti del processo civile avvia una procedura informatica all’esito della quale il depositante deve ricevere quattro messaggi di posta elettronica certificata (PEC)”, vale a dire:

  • il messaggio che attesta l’inoltro del deposito (ricevuta di accettazione, comunemente detta “RAC”);
  • il messaggio di avvenuta consegna del messaggio alla posta elettronica dell’ufficio giudiziario ricevente (ricevuta di avvenuta consegna, comunemente detta “RdAC”);
  • il messaggio attestante il superamento dei controlli automatici da parte del gestore del sistema informatico dell’ufficio giudiziario ricevente (c.d. “terza PEC”);
  • il messaggio attestante il superamento dei controlli manuali, a cura della Cancelleria dell’ufficio giudiziario ricevente, e la definitiva accettazione del deposito e conseguente visibilità al giudice ed alle controparti (c.d. “quarta PEC”).

Inoltre, l’art. 13 del d.m. 21.2.2011 n. 44, così come vigente all’epoca dei fatti, da un lato prevedeva che il deposito telematico nel processo civile si intendesse ricevuto dall’ufficio “nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del Ministero della giustizia”; e dall’altro stabiliva che “il gestore dei servizi telematici restituisce al mittente l’esito dei controlli effettuati dal dominio giustizia nonché dagli operatori della cancelleria o della segreteria, secondo le specifiche tecniche stabilite ai sensi dell’articolo 34”.

Ricevuta di avvenuta consegna

Posto tale quadro normativo, la Corte di legittimità ha rilevato che l’orientamento formatosi sull’argomento in seno alla stessa riteneva che, ai fini della tempestività del deposito, era sufficiente la generazione da parte del sistema della ricevuta di avvenuta consegna, fermo restando che tale ricevuta aveva solo un effetto “prenotativo”, mentre l’efficacia del deposito restava “subordinata al superamento dei successivi controlli automatici e manuali; se questi andranno a buon fine, il deposito si riterrà compiuto sin dal momento della generazione della ricevuta di avvenuta consegna; se invece i suddetti controlli non andassero a buon fine, invece, il deposito non potrà dirsi effettuato”.

Nuovo deposito telematico

Per quanto atteneva, invece, ai rimedi attivabili dalla parte che era incolpevolmente decaduta dalla facoltà di depositare l’atto, a causa della mancata o tardiva generazione della terza o della quarta PEC, era consentito alla stessa, o di procedere nuovamente al deposito, entro venti giorni decorrenti dal momento in cui il depositante aveva appreso dell’esito negativo del precedente deposito, oppure di domandare la rimessione in termini se erano risultate incolpevoli sia la violazione del termine per il deposito, sia la mancata ripresa della procedura.

Rimessione in termini

Facendo applicazione delle suddette regole e linee interpretative, la Corte ha ritenuto che, nel caso di specie, l’insuccesso del primo tentativo di deposito fu incolpevole. Rispetto a tale circostanza la Banca aveva ripreso la procedura di deposito in un termine che poteva ritenersi ragionevole. Con la conseguenza che il controricorso depositato con l’istanza di rimessione in termini aveva prodotto “gli effetti di un rinnovato e tempestivo deposito”.