licenziamento superamento periodo comporto

Licenziamento: esclusi dal comporto i giorni di day hospital La Cassazione ha affermato che la nozione di ricovero doveva ritenersi comprensiva sia del ricovero ospedaliero vero e proprio, che si protrae per almeno 24 ore, sia del ricovero di durata giornaliera

Licenziamento per superamento del comporto

La vicenda in esame prende avvio dall’annullato del licenziamento intimato alla dipendente per superamento del periodo di comporto.

Al termine del giudizio di merito instaurato in relazione alla suddetta vicenda, la Corte territoriale aveva ritenuto che nessun onere di comunicazione degli accessi al pronto soccorso e del ricovero gravava sul dipendente, data la valenza puramente oggettiva dell’assenza per malattia, ai sensi dell’art. 2110 c.c. e che, pertanto, una volta sottratti i giorni di ricovero (comprensivi degli accessi al pronto soccorso), il recesso risultava intimato prima del superamento del periodo massimo di conservazione del posto di lavoro contrattualmente previsto ed era quindi nullo, per violazione della norma imperativa di cui all’art. 2110, comma 2 c.c.

Avverso tale sentenza società datrice di lavoro aveva proposto ricorso per Cassazione.

Non si computano i giorni di day hospital

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 15845-2024, ha rigettato il ricorso proposto e ha condannato la ricorrente alla rifusione delle spese del giudizio di legittimità.

A tal proposito, la Corte, per quanto qui rileva, ha esaminato il quadro normativo di riferimento, con particolare riguardo all’art. 38 del D.P.C.M. 12 gennaio 2017, ove è stabilito che “Il Servizio sanitario nazionale garantisce le prestazioni assistenziali in regime di ricovero ordinario ai soggetti che, in presenza di problemi o patologie acute, necessitano di assistenza medico-infermieristica prolungata nel corso della giornata, osservazione medico-infermieristica per 24 ore e immediata accessibilità alle prestazioni stesse”.

L’art. 42 prevede invece che “Nell’ambito delle attività di day hospital medico il Servizio sanitario nazionale garantisce le prestazioni assistenziali programmabili appartenenti a branche specialistiche diverse, volte ad affrontare patologie o problemi acuti che richiedono inquadramento diagnostico, terapia, accertamenti clinici, diagnostici o strumentali, nonché assistenza medico infermieristica prolungata, non eseguibili in ambulatorio. L’attività di day hospital si articola in uno o più accessi di durata limitata ad una sola parte della giornata, senza necessità di pernottamento”.

Sulla scorta di quanto sopra riferito, la Corte ha pertanto rilevato che “il ricovero ospedaliero si caratterizza per una durata di almeno 24 ore e presuppone, quindi, un pernottamento nella struttura sanitaria. Il day hospital ha invece una durata giornaliera, senza pernottamento, e si realizza attraverso uno o più accessi di durata limitata anche ad una sola parte della giornata”.

Alla luce del suddetto quadro normativo, la Corte ha esaminato il C.C.N.L. applicabile al caso di specie per stabilire se le parti sociali avevano adoperato le locuzioni “ricovero ospedaliero” e “day hospital” in maniera tassativa, escludendo altre forme di ricovero giornaliero, oppure in maniera esemplificativa, sì da comprendere anche altre possibili forme di ricovero presso le strutture sanitarie. Rispetto a tale dubbio interpretativo, la Corte ha riferito che l’espressione adoperata nel C.C.N.L. applicato “sottenda una nozione ampia di “ricovero”, comprensiva sia del “ricovero ospedaliero” vero e proprio che si protrae per almeno 24 ore e sia del ricovero di durata giornaliera. Infatti, non è logicamente plausibile che l’esclusione dal computo ai fini del comporto sia stata prevista solo per i giorni di day hospital e non per altre ipotesi ad esso completamente assimilabili, come ad esempio il “day surgery””.

La decisione

Ne consegue dunque che la Corte d’appello aveva correttamente interpretato il C.C.N.L. in esame, nel senso di escludere dal computo del comporto anche i giorni di accesso al pronto al soccorso, con la conseguenza che il ricorso della società datrice non può ritenersi fondato in relazione a tale doglianza.

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guida senza patente

Guida senza patente: due volte in un biennio è reato La Cassazione rammenta che il reato di guida senza patente, nell'ipotesi aggravata dalla recidiva nel biennio, non è stato depenalizzato

Guida senza patente

La guida senza patente per due volte in un biennio costituisce reato a tutti gli effetti in quanto condotta non penalizzata. Lo ha confermato la sesta sezione penale della Cassazione con sentenza n. 23043-2024.

Nella vicenda, la Corte d’appello di Milano disponeva consegna all’autorità giudiziaria di Romania, di uno straniero destinatario di un mandato di arresto europeo per il reato di guida senza patente, già condannato per lo stesso reato alla pena di otto mesi di reclusione.

L’uomo adiva il Palazzaccio lamentando violazione di legge quanto al principio della doppia incriminazione. Il tema attiene ala necessità per l’ordinamento interno, ai fini della rilevanza penale della condotta di guida senza patente, che sussista la recidiva nel biennio precedente alla data di commissione del reato per cui si procede. Assume, inoltre, che la Corte di appello avrebbe dovuto dare esecuzione non solo alla sentenza del 2022 ma anche a quella del 2019 in quanto quest’ultima sarebbe il presupposto necessario affinché si configuri li reato per li quale è stata disposta la consegna.

Doppia punibilità

Per gli Ermellini il ricorso è inammissibile.

In più occasioni la giurisprudenza ha chiarito, premettono infatti, che “per la sussistenza del requisito della doppia punibilità di cui all’art. 7 della legge n. 69 del 2005, è necessario che l’ordinamento italiano contempli come reato, al momento della decisione sulla domanda dello Stato di emissione, il fatto per il quale la consegna è richiesta (cfr. Cass. n. 5749/2016).

Depenalizzazione reato guida senza patente

Inoltre, aggiungono i giudici, “la depenalizzazione dei reati puniti con la sola pena pecuniaria, prevista dall’art. 1, d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8, non si estende alle ipotesi aggravate punite con la pena detentiva, le quali, a seguito della trasformazione in illecito amministrativo delle fattispecie base, si configurano quali autonome figure di reato”.

Ne discende che “solo la fattispecie di guida senza patente, nell’ipotesi aggravata dalla recidiva nel biennio, non è stata depenalizzata dall’art. 1 d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 8 e si configura, pertanto, come fattispecie autonoma di reato di cui la recidiva integra un elemento costitutivo”.
Per l’integrazione della recidiva nel biennio, “idonea, ai sensi dell’art. 5 d.lgs. 5 gennaio 2016, .n 8, ad escludere il reato dall’area della depenalizzazione – precisa altresì la S.C. – non è sufficiente che sia intervenuta la mera contestazione dell’illecito depenalizzato, ma è necessario che questo sia stato definitivamente accertato”.

La condanna

Nel caso di specie, la Corte di appello dunque ritengono da piazza Cavour “ha fatto corretta applicazione dei principi indicati, avendo disposto la consegna, da una parte, limitatamente all’unico fatto che, per l’ordinamento interno, costituisce reato e per il quale, quindi, sussiste il requisito della doppia punibilità di cui all’art. 7 della legge n. 69 del 2005, e, dall’altra, in relazione alla sola pena di un anno di reclusione inflitta dal Tribunale romeno in ordine al fatto in questione.
Dichiarati inammissibili anche gli altri motivi, la S.C. condanna il ricorrente anche al pagamento delle spese processuali e a 3mila euro in favore della Cassa delle ammende.

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audio guida ciechi inps

Verbali di invalidità: il nuovo servizio Inps L'Inps ha reso noto di aver attivato il nuovo servizio di audio-guida personalizzata per i destinatari di verbali di cecità parziale e totale

Audio-guida per non vedenti

Nuovo servizio di audio-guida personalizzata e interattiva per i destinatari di verbali di cecità parziale e totale. E’ l’INPS a illustrare con il messaggio n. 2184/2024 la novità nell’ambito del PNRR.

L’audio-guida personalizzata e interattiva per i non vedenti, già in uso per l’utenza, segue a ruota gli altri servizi partiti in via sperimentale già nel dicembre scorso per gli invalidi civili.

Come funziona l’audio-guida

Il nuovo servizio mette a disposizione degli utenti le informazioni relative al giudizio medico-legale espresso e i dati più importanti riportati nel verbale sanitario, compreso l’eventuale riconoscimento di prestazioni economiche e le agevolazioni fiscali previste per legge. I contenuti sono stati altresì personalizzati con riferimento al nome del soggetto, ai diritti e agli obblighi nascenti dall’accertamento sanitario.

I servizi promossi tramite gli appositi link (call to action), spiega l’Inps, sono:

  • il servizio di Download del codice QRcode attestante lo status di invalidità civile (per richiedere subito le agevolazioni previste per legge);
  • il nuovo “Portale della disabilità” (punto di accesso unico alle informazioni e ai servizi in tema di invalidità civile, cecità civile, sordità, disabilità di cui alla legge 12 marzo 1999, n. 68, e handicap di cui alla legge 5 febbraio 1992, n. 104, per facilitare l’interazione degli utenti con l’Istituto);
  • il servizio “Fascicolo previdenziale” (per la verifica delle prestazioni erogate);
  • il servizio di richiesta “Deleghe identità digitale”;
  • il servizio di “Cassetta postale online” (per visualizzare/salvare la raccomandata inviata con allegato il verbale sanitario);
  • il servizio per richiedere la Disability card, che viene presentato con il relativo link di accesso al servizio solo nelle video-guide destinate a chi ne ha diritto.

Canali di accesso al servizio

L’utente con disabilità visiva in attesa di emissione del verbale sanitario, che abbia inserito i propri contatti nella sezione “Gestione consensi” dell’area riservata “MyINPS” con l’adesione ai Servizi Proattivi, riceve una notifica SMS o e-mail, non appena viene emesso il verbale, e trova depositato nella sua area riservata l’avviso “Il tuo verbale sanitario è stato emesso”, contenente un “Personal URL” che gli dà accesso all’audio-guida personalizzata con i dati principali del suo verbale sanitario.

Il testo della notifica SMS o e-mail invita l’utente ad accedere dal portale istituzionale www.inps.it all’area riservata “MyINPS”, autenticandosi con la propria identità digitale SPID, almeno di Livello 2, CNS o CIE 3.0.

L’utente, letto tramite “Jaws” il testo dell’avviso, interagendo con il link può aprire la propria audio-guida. Nella pagina del servizio trova un breve testo introduttivo che lo guida nell’ascolto delle tracce audio personalizzate e lo invita a utilizzare i link di accesso diretto ai servizi online dell’INPS dedicati.

Il servizio di audio-guida è accessibile anche mediante i servizi di notifica dell’avviso depositati nell’app “INPS Mobile” e nell’app “IO”. Pertanto, i destinatari possono accedere all’audio-guida tramite il link presente all’interno dell’avviso notificato anche dal proprio smartphone e tablet.

Il servizio di audio-guida resta a disposizione di ogni destinatario per sei mesi dall’emissione del verbale.

Infine, ricorda l’Inps, “l’aggiornamento dei propri contatti cellulare/e-mail nella sezione ‘Gestione consensi’ dell’area riservata MyINPS, con l’adesione ai Servizi Proattivi, è condizione necessaria per abilitare l’Istituto all’invio delle notifiche SMS/e-mail”.

equo compenso avvocati

Avvocati: equo compenso non retroattivo La Cassazione ha precisato che le norme sull’equo compenso professionale, in quanto successive alla convenzione oggetto di giudizio, non possono essere applicate retroattivamente

Crediti professionali avvocati

La vicenda che ci occupa prende avvio dal giudizio instaurato da uno studio legale per ottenere il pagamento, tramite 29 decreti ingiuntivi, dei crediti professionali allo stesso spettanti sulla base di una convenzione sottoscritta con un cliente. Il cliente si era opposto ed il Giudice di Pace adito aveva parzialmente accolto tale opposizione, ritenendo applicabile l’ultima convenzione sottoscritta dalle parti e “in ragione del pagamento stragiudiziale intervenuto, revocava i ventinove decreti ingiuntivi, considerando che l’importo versato per ciascuno di essi fosse superiore al dovuto”.

Avverso tale decisione lo studio legale aveva proposto appello dinanzi al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, il quale confermava gli esiti cui era giunto il Giudice di Pace.

Anche tale ultimo provvedimento giudiziario veniva impugnato dai legali dinanzi alla Corte di Cassazione.

Applicazione non retroattiva dell’equo compenso

La Corte di Cassazione, con ordinanza n.15407-2024, ha rigettato il ricorso proposto e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità.

Nel presente esame, assume particolare rilievo il motivo d’impugnazione formulato dallo studio legale in ordine alla ritenuta nullità della sentenza ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per violazione dell’art. 345 c.p.c. con riferimento agli artt. 1341 c.c. e 13 bis legge n. 247 del 2012 “per non avere il Giudice di merito preliminarmente verificato la validità anche ai sensi dell’art. 13 bis, c.d. legge sull’equo compenso, della convenzione”.

La Corte ha ritenuto non fondata tale doglianza poiché “L’invocato art. 13-bis della legge n. 247 del 2012 è stato introdotto dal d.l. 16 ottobre 2017, n. 148, convertito con modificazioni dalla l. 4 dicembre 2017, n. 172, quindi dopo la stipulazione della convenzione di cui trattasi – che entrambe le parti hanno indicato esser avvenuta nel 2013”.

Convenzioni compensi avvocati

Nella specie e per quanto qui rileva, la suddetta disposizione stabilisce che il compenso degli avvocati nei rapporti professionali regolati da convenzioni aventi ad oggetto lo svolgimento, anche in forma associata o societaria, delle attività esclusive di avvocato, in favore di imprese bancarie e assicurative, nonché di imprese non rientranti nelle categorie delle microimprese o delle piccole o medie imprese, si presumono unilateralmente predisposte dalle imprese suddette. La norma prevede altresì che si considerano vessatorie le clausole contenute nelle ripetute convenzioni che determinano, anche in ragione della non equità del compenso pattuito, un significativo squilibrio contrattuale a carico dell’avvocato.

Posto quanto sopra, il Giudice di legittimità ha concluso il proprio esame sul punto, affermando che la norma citata dal ricorrente “in quanto successiva alla convenzione di cui è causa, non poteva applicarsi retroattivamente. Né la norma introdotta dal d.l. n. 148 del 2017 ha valenza interpretativa, per farne discendere l’effetto dell’applicabilità retroattiva in mancanza dell’espressa previsione nel senso dell’interpretazione autentica e dei presupposti di incertezza applicativa di norme anteriori, che ne avrebbero giustificato l’adozione”.

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autovelox tutor telelaser decreto

Autovelox, tutor e telelaser: cosa cambia  Il decreto sulle modalità e la collocazione degli autovelox e dei dispositivi di rilevazione della velocità assicura sicurezza e trasparenza

Decreto autovelox: trasparenza e sicurezza

Il Decreto del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti dell’11 aprile 2024, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 28 maggio 2024, introduce importanti cambiamenti per autovelox, tutor e telelaser, a tutela degli automobilisti.

Il provvedimento si occupa della segnalazione preventiva dei sistemi di rilevazione della velocità e dei luoghi di installazione di queste apparecchiature. Queste modifiche mirano a migliorare la sicurezza stradale e a garantire una maggiore trasparenza e correttezza nell’uso dei dispositivi di rilevazione della velocità, al fine di accertare le violazioni di cui all’articolo 142 del Codice della Strada.

La normativa rappresenta un passo avanti significativo nel controllo della velocità sulle strade italiane, limitando gli abusi e focalizzando l’uso dei dispositivi di rilevazione della velocità in aree veramente critiche.

Vediamo quali sono le principali novità introdotte dal provvedimento.

Autovelox: uso limitato

Gli autovelox non possono essere installati sulle strade urbane che presentano limiti di velocità inferiori a 50 km/h, tranne il caso in cui non sia prevista la contestazione immediata da parte delle Forze dell’Ordine. Questo per evitare sanzioni ingiuste in aree urbane caratterizzate da un andamento a bassa velocità.

Sotto i 50 km contestazione immediata

Per velocità inferiori ai 50 km/h, è prevista la contestazione immediatamente per mezzo di dispositivi mobili nei contesti urbani. Qualora non sia  possibile collocare postazioni fisse o mobili visibili, si possono impiegare dispositivi a bordo di veicoli in movimento. Questo cambiamento assicura che le sanzioni siano immediate e verificabili sul posto.

Collocazione: parola ai Prefetti

Le decisioni relative alla collocazione degli autovelox spetta ai dai prefetti, non ai comuni come prima della riforma. Questo sposta il potere decisionale a un livello superiore, limitando l’installazione degli autovelox in quei tratti di strada ad alto tasso di incidenti o nei quali è problematico eseguire contestazioni immediate. Questa centralizzazione mira a ridurre gli abusi da parte dei comuni.

Misurazione media

Per le strade extraurbane, ove possibile, si predilige la misurazione della velocità media su un tratto di strada prestabilito, anziché quella istantanea.

Dispositivi a bordo dei veicoli

L’utilizzo di autovelox a bordo di veicoli in movimento è consentito solo su strade o tratti di strada dove non sia possibile installare postazioni fisse o mobili. In tal caso, la segnaletica di preavviso deve essere integrata da un pannello luminoso con la scritta “Autovelox mobile in servizio”.

Segnalazione

I limiti di velocità devono essere segnalati a una distanza non inferiore a 1 km, prima della postazione dell’autovelox. Questa misura, che ribadisce una normativa già esistente, garantisce agli automobilisti il tempo sufficiente per adeguare la velocità prima di incontrare un dispositivo di rilevazione. Il dispositivo deve essere posizionato inoltre in modo tale da essere ben visibile agli automobilisti, anche in condizioni di scarsa illuminazione.

Omologazione

Il decreto non risolve completamente la questione dell’omologazione degli autovelox, anche se ribadisce l’importanza di avere dispositivi omologati per evitare controversie legali. Gli autovelox dovranno infatti essere omologati, e i Comuni e le Province avranno 12 mesi per disinstallare quelli non conformi. I dispositivi devono essere sottoposti inoltre a taratura periodica con cadenza stabilita dal Ministero.

Distanze minime di segnalazione

Previste distanze minime da rispettare tra il cartello di segnalazione del limite di velocità e il dispositivo di rilevazione della velocità:

  • 200 metri nelle strade di scorrimento urbane.
  • 75 metri nelle altre strade urbane.
  • 1 chilometro nelle strade extraurbane.

Gli automobilisti possono contare in questo modo su una segnalazione posta a una distanza adeguata e avere il tempo necessario per adottare la condotta più corretta, riducendo sia il rischio di sinistri che di sanzioni amministrative.

Multa unica per infrazioni ravvicinate

Se un automobilista viene multato da più autovelox entro un’ora sullo stesso tratto di strada gestito da un unico ente, deve pagare una sola multa, quella più severa. Questo evita la sovrapposizione delle sanzioni in brevi intervalli di tempo.

Gestione alle Forze di polizia

Le spese di accertamento devono essere documentabili e includere solo i costi per l’individuazione del trasgressore nelle banche dati pubbliche. La gestione delle apparecchiature è riservata alle forze di polizia, con attività minori affidate ai privati.

Rispetto della privacy

I dispositivi di autovelox devono rispettare la normativa sulla privacy (GDPR e Codice Privacy). Il titolare del trattamento (es. la Polizia Stradale) deve adottare misure di sicurezza per proteggere i dati personali. I dati devono essere trattati solo per l’accertamento delle infrazioni stradali e conservati per il tempo strettamente necessario.

Le immagini che costituiscono prove di infrazione non devono essere inviate al domicilio del proprietario del veicolo con il verbale. Il proprietario del veicolo può richiedere di visionare le immagini per conoscere l’effettivo autore della violazione. In tal caso, i volti e le targhe di altri veicoli ripresi saranno oscurati.

I dati personali possono essere trattati solo per le finalità previste dalla legge e nel rispetto dei principi di minimizzazione e riservatezza.

È vietato l’utilizzo di autovelox che effettuino la ripresa frontale del veicolo se l’apparecchiatura memorizza immagini delle persone a bordo. Sono consentiti solo dispositivi che oscurano automaticamente i volti.

 

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omesso mantenimento figli reato

Punibile il padre che non mantiene i figli per anni La Cassazione chiarisce che la causa di esclusione di cui all’art. 131-bis c.p., è applicabile al reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, solo se l’omesso versamento abbia carattere di mera occasionalità

Reato art. 570-bis c.p.

Nel caso in esame la Corte di appello di Torino aveva ritenuto che il padre fosse penalmente responsabile, ai sensi dell’art. 570 bis c.p., per non aver versato quanto stabilito in sede giudiziale alla figlia minore a titolo di mantenimento, attenuando poi il trattamento sanzionatorio in ragione delle riconosciute attenuanti generiche.

Avverso tale decisione il genitore condannato aveva proposto ricorso dinanzi alla Corte di cassazione contestando, in particolare, l’omesso riconoscimento in suo favore, da parte del Giudice di merito, della causa di non punibilità ex art. 131-bis c.p.

Occasionalità dell’omesso versamento ai fini della non punibilità

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 22806-2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso e ha condannato il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Rispetto alla suddetta contestazione, la Corte ha in particolare affermato che “la causa di esclusione della punibilità per la particolare tenuità del fatto di cui all’art. 131-bis cod. pen. è applicabile al reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare a condizione che l’omissione corresponsione del contributo al mantenimento abbia carattere di mera occasionalità”.

Ne consegue pertanto che, nell’ipotesi in cui la condotta illecita contestata si protragga nel tempo e si sostanzi in reiterate omissioni nel versamento del mantenimento “essendo l’abitualità nel comportamento ostativa al riconoscimento del beneficio e irrilevante la particolare tenuità di ogni singola azione od omissione, la causa di non punibilità in questione non potrà trovare applicazione”.

No alla tenuità del fatto

Nel caso in esame, l’imputato aveva protratto la condotta illecita per tre anni consecutivi con la conseguenza, ha affermato la Corte, che tale comportamento risulta inconciliabile con l’applicabilità dell’art. 131- bis c.p.

 

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concorso giudici tributari

Giudici tributari: pubblicato il bando di concorso Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il concorso pubblico per esami per la copertura di 146 posti di magistrati tributari a tempo indeterminato. Domande entro il 7 luglio

Concorso 146 giudici tributari

Sulla Gazzetta Ufficiale n. 46 del 7.6.2024 è stato pubblicato il provvedimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze con cui è stato indetto l’atteso bando di concorso “per la copertura di complessivi centoquarantasei posti di giudici tributari, a tempo indeterminato”.

Chi può partecipare al concorso

L’art. 2 del bando individua i requisiti richiesti per poter accedere al concorso, tra i quali viene in rilievo il possesso, alla data di presentazione della domanda, “del diploma di laurea in giurisprudenza conseguito al termine di un corso universitario di durata non inferiore a quattro anni, ovvero del diploma di laurea magistrale in Scienze dell’economia (classe LM-56) o in Scienze economico-aziendali (classe LM-77) o di titoli degli ordinamenti previgenti a questi equiparati”.

Come presentare domanda

La domanda di partecipazione al concorso deve essere inviata esclusivamente per via telematica; a tal proposito il candidato dovrà autenticarsi con SPID/CIE/CNS/eIDAS, mediante la compilazione del form di candidatura sul Portale unico del reclutamento «inPA», previa registrazione sullo stesso portale.

La domanda potrà essere presentata entro il 7 luglio 2024.

L’art. 3 del bando disciplina poi in maniera dettagliata il contenuto e le modalità di compilazione della domanda di partecipazione.

Le prove

L’art. 6 del bando disciplina le modalità di svolgimento della prova preselettiva, della quale verrà data comunicazione in GU 4ª Serie speciale «Concorsi ed esami» – n. 78 del 27 settembre 2024, nonché sul sito istituzionale del Mef.

La prova preselettiva

La prova preselettiva consiste nella soluzione di 75 quesiti a risposta multipla da risolvere nel tempo massimo di 60 minuti, nelle seguenti materie:

  • diritto civile (quindici quesiti);
  • diritto processuale civile (quindici quesiti);
  • diritto tributario (quindici quesiti);
  • diritto processuale tributario (quindici quesiti);
  • diritto commerciale (quindici quesiti).

Alla prova preselettiva verranno attribuiti i seguenti punteggi:

  • +1 punto per ogni risposta esatta;
  • -0,33 punti per ogni risposta errata o multipla;
  • 0 punti per ogni mancata risposta.

La prova scritta

Alla prova scritta è ammesso un numero di candidati pari a tre volte i posti messi a concorso. Accedono, altresì, alla prova scritta coloro che hanno riportato lo stesso punteggio dell’ultimo candidato che risulta ammesso.

La prova scritta consiste nello svolgimento di due elaborati, tra i seguenti:

  • elaborato teorico vertente sul diritto tributario;
  • elaborato teorico vertente sul diritto civile o commerciale;
  • prova teorico-pratica consistente nella redazione di una sentenza in materia tributaria.

Saranno ammessi alla prova orale i candidati che otterranno un punteggio non inferiore a diciotto trentesimi in ciascun elaborato della prova scritta.

La prova orale

L’ultima prova concorsuale, ovvero quella orale, verte sulle seguenti materie:

  • diritto tributario e diritto processuale tributario;
  • diritto civile e diritto processuale civile;
  • diritto penale tributario;
  • diritto costituzionale e diritto amministrativo;
  • diritto commerciale;
  • diritto dell’Unione europea;
  • contabilità aziendale e bilancio;
  • elementi di informatica giuridica;
  • colloquio in una lingua straniera, indicata dal candidato all’atto della domanda di partecipazione al concorso, scelta fra le seguenti: inglese, spagnolo, francese e tedesco.

Conseguono l’idoneità i candidati che otterranno un punteggio non inferiore a “sei decimi in ciascuna delle materie della prova orale, e un giudizio di sufficienza nel colloquio nella lingua straniera prescelta, e comunque una votazione complessiva – tra prova scritta e prova orale – non inferiore a novanta punti. Non sono ammesse frazioni di punto”.

I titoli di preferenza del concorso giudici tributari

L’art. 12 individua, a parità di merito, quali sono i titoli di preferenza nel concorso per giudici tributari, tra cui rilevano i seguenti:

  • avere svolto, con esito positivo, l’ulteriore periodo di perfezionamento presso l’ufficio per il processo ai sensi dell’art. 50, comma 1-quater, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114;
  • avere completato, con esito positivo, il tirocinio formativo presso gli uffici giudiziari ai sensi dell’art. 37, comma 11, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, pur non facendo parte dell’ufficio per il processo, ai sensi dell’art. 50, comma 1-quinquies, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114;
  • aver svolto, con esito positivo, lo stage presso gli uffici giudiziari ai sensi dell’art. 73, comma 14, del decreto-legge 21 giugno 2013, n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98;
  • essere titolare o avere svolto incarichi di collaborazione conferiti da ANPAL Servizi S.p.a., in attuazione di quanto disposto dall’art. 12, comma 3, del decreto-legge 28 gennaio 2019, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 marzo 2019, n. 26.

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rivalutazione pensione avvocati

Avvocati: pensioni rivalutate del 5,4% Approvato dai ministeri l'adeguamento Istat 2024 delle pensioni erogate da Cassa Forense agli avvocati

Adeguamento Istat 2024

Il Ministero del Lavoro, di concerto con i Ministeri della Giustizia e dell’Economia e Finanze, ha approvato la rivalutazione ISTAT per il 2024 delle pensioni erogate da Cassa Forense, nella misura del 5,4%, sulla base della variazione dell’indice dei prezzi rispetto al 2023, elaborata dall’ISTAT. Lo ha reso noto l’ente previdenziale degli avvocati con un comunicato pubblicato sul proprio sito.

Le altre rivalutazioni

Nella stessa misura del 5,4% saranno rivalutati il tetto reddituale e i coefficienti utili ai fini del calcolo delle pensioni, nonché gli importi dei contributi minimi nei seguenti termini:

  • contributo minimo soggettivo per il 2024: euro 3.355,00 (importo del 2023 = euro 3.185,00 maggiorato della rivalutazione ISTAT del 5,4%).
  • contributo minimo integrativo per il 2024: euro 850,00 (importo del 2023 = euro 805,00, maggiorato della rivalutazione ISTAT del 5,4%).

Pagamento contributi minimi

La Cassa ricorda, inoltre, che “è possibile generare e stampare i moduli di pagamento dei contributi minimi 2024 per le scadenze previste collegandosi al sito internet della Cassa Forense www.cassaforense.it tramite la sezione “Accessi riservati/posizione personale” e utilizzando i codici personali Pin e Meccanografico”.

Le prime tre rate, a titolo di acconto, saranno calcolate sulla base della contribuzione dell’anno 2023 non rivalutata, mentre la quarta rata, il 30 settembre, verrà determinata a saldo e includerà la rivalutazione ISTAT (+5,4%) e il contributo di maternità.

I contributi minimi, ad ogni modo, possono essere pagati in un’unica soluzione entro il 30 settembre, senza sanzioni.

Rivalutazione pensioni da giugno

Quanto alla rivalutazione delle pensioni, informa infine la Cassa, già dal mese di giugno saranno pagati i nuovi importi, unitamente agli arretrati maturati dal 1° gennaio 2024.

correttivo codice crisi impresa

Crisi d’impresa: approvato il terzo correttivo Il provvedimento approvato dal Governo rappresenta il terzo intervento correttivo al Codice della crisi d'impresa e dell'insolvenza, inserendosi nell'ambito dell'attuazione degli obblighi previsti dal PNRR

Correttivo Codice della crisi

Nella seduta del 10 giugno u.s., il Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro della Giustizia, ha approvato, in esame preliminare, uno schema di decreto legislativo contenente le disposizioni integrative e correttivo al Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019 n. 14.

Il Ministro della Giustizia ha reso noto che “Con l’intervento di oggi in materia di crisi d’impresa e di insolvenza, il Governo tende la mano ad aziende e professionisti in difficoltà. L’obiettivo di questo correttivo è fare in modo che – proprio come avviene per una malattia – l’eventuale crisi possa essere individuata e affrontata il prima possibile. Facendo chiarezza su molti istituti, da un lato infatti aiutiamo le imprese a non muoversi troppo tardi, dall’altro rafforziamo gli strumenti preventivi e stragiudiziali di esame della difficoltà dell’impresa e di ricerca delle possibili soluzioni. È un altro impegno del Pnrr rispettato e un concreto aiuto al nostro sistema produttivo”.

Di cosa si occupa il terzo correttivo al Codice della crisi

Il decreto legislativo in esame introduce il terzo correttivo al Codice e si prefigge di correggere alcuni difetti di coordinamento normativo venuti in rilievo a seguito dei precedenti correttivi, di porre rimedio ad alcuni errori materiali e ad aggiornare la normativa di riferimento, nonché di fornire chiarimenti di natura interpretativa.

Transazioni fiscali e composizione negoziale

Nell’ambito del cosiddetto correttivo-ter sono state introdotte delle misure in tema fiscale, legate alla transazione, anche al fine di realizzare un migliore coordinamento delle misure volte a fronteggiare la crisi d’impresa.

Tra le novità più rilevanti dello schema decreto legislativo in esame, emerge la possibilità di liquidare in prededuzione i crediti sorti durante la liquidazione giudiziale o controllata, o successivamente alla domanda di accesso a uno strumento di regolazione della crisi o dell’insolvenza.

La composizione negoziata è accessibile, non solo ad imprese in stato di crisi o insolvenza, ma anche a quelle in condizioni di mero squilibrio finanziario; nell’ambito della composizione negoziata è inoltre prevista la possibilità di proporre la transazione fiscale tra il debitore e le agenzie fiscali dei tributi, quali imposte dirette come IRES e IRAP, e per le ritenute d’acconto, ad eccezione dei tributi che costituiscono risorse proprie dell’Unione Europea, quali ad esempio l’IVA e i debiti previdenziali. La transazione consente di procedere al pagamento del debito fiscale sia parzialmente che in maniera dilazionata.

L’accordo in questione viene automaticamente annullato qualora, successivamente al suo raggiungimento, è stata avviata una procedura di liquidazione, viene effettuato un accertamento di insolvenza, o se l’imprenditore non completa i pagamenti previsti entro 60 giorni dalla scadenza stabilita nell’accordo.

Accordi di ristrutturazione

Il decreto in esame si occupa anche di disciplinare le condizioni al ricorrere delle quali il Tribunale può autorizzare l’omologazione degli accordi di ristrutturazione, anche in assenza dell’adesione delle Agenzie fiscali e/o dell’INPS.

In particolare, il Tribunale ha la facoltà di autorizzare l’omologazione degli accordi di ristrutturazione, a condizione che:

  • l’accordo non abbia carattere liquidatorio;
  • i crediti vantati dai creditori che aderiscono alla ristrutturazione rappresentano almeno un quarto del totale dei debiti, e il soddisfacimento dei crediti tributari e contributivi non deve essere inferiore al 60%;
  • il trattamento riservato all’Amministrazione finanziaria o agli enti previdenziali deve essere equivalente o superiore a quello che otterrebbero in caso di liquidazione giudiziale;
  • l’adesione dei creditori pubblici deve essere decisiva per il raggiungimento delle soglie di efficacia degli accordi.

Il ruolo dei professionisti

Nel decreto legislativo in esame, i professionisti assumono un ruolo centrale nel processo di gestione e risanamento delle imprese in crisi.

I professionisti, iscritti in albi professionali, sono infatti chiamati a intervenire in varie fasi del processo di crisi, dall’identificazione precoce delle criticità, fino alla loro risoluzione attraverso misure di risanamento.

Inoltre, la formazione e l’esperienza acquisite in ruoli, quali l’attestatore, il curatore, il commissario giudiziale o il liquidatore giudiziale, negli ultimi cinque anni, sono validi per consentire l’iscrizione dei professionisti all’elenco dei gestori della crisi, consolidando ulteriormente il ruolo dei professionisti nel quadro legislativo di riferimento.

La segnalazione anticipata delle crisi di impresa

Altra modifica rilevante riguarda la segnalazione anticipata delle crisi di impresa, poiché lo schema di decreto introduce l’attenuazione o l’esclusione della responsabilità dei sindaci che abbiano segnalato tempestivamente le condizioni di crisi di cui siano venuti a conoscenza all’organo amministrativo.

web scraping

Web scraping: le linee guida del Garante Pubblicato in Gazzetta Ufficiale il provvedimento del Garante privacy contenente le indicazioni per difendere i dati personali dal web scraping

Intelligenza artificiale e web scraping

Il Garante privacy ha pubblicato le indicazioni per difendere i dati personali pubblicati online da soggetti pubblici e privati in qualità di titolari del trattamento dal web scraping, la raccolta indiscriminata di dati personali su internet, effettuata, da terzi, con lo scopo di addestrare i modelli di Intelligenza artificiale generativa (IAG). Il documento tiene conto dei contributi ricevuti dall’Autorità nell’ambito dell’indagine conoscitiva, deliberata lo scorso dicembre ed è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 7 giugno 2024.

In attesa di pronunciarsi, all’esito di alcune istruttorie già avviate tra le quali quella nei confronti di OpenAI, sulla liceità del web scraping di dati personali effettuato sulla base del legittimo interesse, l’Autorità ha ritenuto necessario fornire a quanti pubblicano online dati personali in qualità di titolari del trattamento talune prime indicazioni sull’esigenza di compiere alcune valutazioni in ordine all’esigenza di adottare accorgimenti idonei a impedire o, almeno, ostacolare il web scraping.

Misure da adottare

Nel documento l’Autorità suggerisce alcune tra le misure concrete da adottare: la creazione di aree riservate, accessibili solo previa registrazione, in modo da sottrarre i dati dalla pubblica disponibilità; l’inserimento di clausole anti-scraping nei termini di servizio dei siti; il monitoraggio del traffico verso le pagine web per individuare eventuali flussi anomali di dati in entrata e in uscita; interventi specifici sui bot utilizzando, tra le altre, le soluzioni tecnologiche rese disponibili dalle stesse società responsabili del web scraping (es: l’intervento sul file robots.txt.).

Si tratta di misure non obbligatorie che i titolari del trattamento dovranno valutare, sulla base del principio di accountability, se mettere in atto per prevenire o mitigare, in maniera selettiva, gli effetti del web scraping, in considerazione di una serie di elementi: lo stato dell’arte tecnologico; i costi di attuazione, in particolare per le PMI.