nucleo familiare

Il nucleo familiare Il nucleo familiare: definizione, composizione, importanza ai fini ISEE e fiscali e giurisprudenza di rilievo

Il concetto di nucleo familiare

Il concetto di nucleo familiare è centrale in numerosi ambiti legali, economici e fiscali. Spesso utilizzato per calcolare l’ISEE (Indicatore della Situazione Economica Equivalente) e per determinare l’accesso a prestazioni sociali e benefici fiscali. Si tratta di un concetto che può sembrare semplice, ma che in realtà presenta alcune complessità, soprattutto per quanto riguarda le definizioni giuridiche e le implicazioni pratiche.

In questo articolo, esploreremo cosa si intende per nucleo familiare, chi ne fa parte e quale importanza riveste ai fini dell’ISEE e della fiscalità, facendo riferimento anche alla giurisprudenza pertinente.

Cos’è il nucleo familiare

Il nucleo familiare è definito come il gruppo di persone che, pur non essendo necessariamente legate da vincoli di parentela diretti, vivono insieme stabilmente e condividono le risorse economiche. La composizione è determinata dalla convivenza e dalla condivisione del reddito, ma anche da relazioni di affetto e supporto reciproco.

Secondo la normativa vigente, il nucleo familiare comprende, a titolo principale, le seguenti persone:

  1. il richiedente: la persona che richiede il beneficio (ad esempio, l’ISEE).
  2. il coniuge: se il richiedente è sposato, il coniuge fa parte del nucleo familiare.
  3. i figli: sono considerati membri del nucleo familiare i figli, sia minorenni che maggiorenni, se conviventi e non economicamente autosufficienti.
  4. i genitori: se i figli vivono con i genitori, questi ultimi sono inclusi nel nucleo familiare.

In alcune circostanze esso può includere anche altri membri, come i fratelli o altri parenti, se questi vivono insieme e contribuiscono al sostentamento comune.

Composizione ed eccezioni

In generale, il concetto di nucleo familiare si basa sulla convivenza e sul reddito condiviso. Tuttavia, la normativa prevede alcune eccezioni in casi particolari. Ad esempio, nel calcolo dell’ISEE, non sono considerati parte del nucleo familiare i figli che sono sposati o che vivono in autonomia, anche se continuano a risiedere nella stessa abitazione.

La definizione di nucleo familiare può differire leggermente a seconda dell’ente o della prestazione sociale per cui viene utilizzato. Ad esempio, per l’ISEE, il nucleo familiare comprende tutti i membri della famiglia che convivono stabilmente e che hanno un reddito condiviso, mentre per altri benefici fiscali o sociali, le regole possono variare.

Il nucleo familiare ai fini ISEE

L’ISEE è uno degli strumenti più importanti per determinare l’accesso a prestazioni sociali, bonus e agevolazioni fiscali. La sua formulazione dipende dalla composizione del nucleo familiare, quindi è essenziale conoscere correttamente chi ne fa parte per calcolare l’ISEE in modo accurato, visto che le regole relative alla composizione del nucleo famigliare per quanto riguarda questo indicatore sono piuttosto complesse.

Secondo la normativa ISEE, il nucleo familiare è composto dai membri della famiglia anagrafica alla data di presentazione della Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), con alcune eccezioni. La famiglia anagrafica include persone legate da vincoli di matrimonio, unione civile, parentela, affinità, adozione, tutela o affettivi, che coabitano o hanno dimora abituale nello stesso comune. Il nucleo familiare ISEE però è diverso dal concetto di “familiare a carico” ai fini fiscali.

Per calcolare l’ISEE, si può affermare in generale che devono sommarsi i redditi e i patrimoni di tutti i membri del nucleo familiare per poi dividerli per un parametro che tiene conto del numero dei componenti del nucleo stesso, dando così un valore equivalente. Questo valore determina l’accesso a benefici come:

  • Bonus Famiglia: agevolazioni fiscali per le famiglie con figli a carico.
  • Assegni Familiari: prestazioni economiche erogate dallo Stato alle famiglie con determinati requisiti di reddito.
  • Agevolazioni per servizi sociali: accesso a sussidi per la salute, l’istruzione, e altre prestazioni comunali.

Un nucleo familiare numeroso, ad esempio, può beneficiare di una riduzione dell’ISEE, mentre un nucleo familiare con pochi componenti, ma con redditi elevati, avrà un ISEE più alto, limitando l’accesso a prestazioni agevolate.

Importanza in ambito fiscale

Oltre agli aspetti relativi all’ISEE, il nucleo familiare riveste una notevole importanza anche in ambito fiscale. Le detrazioni fiscali e le agevolazioni per il carico familiare sono determinate in base alla composizione del nucleo, come nel caso delle detrazioni per figli a carico.

In particolare, le detrazioni per familiari a carico (come per i figli minorenni o per i coniugi non lavoratori) sono applicabili ai contribuenti che dichiarano di avere un nucleo familiare che soddisfa i requisiti previsti dalla normativa fiscale.

Alcune delle principali agevolazioni fiscali legate al nucleo familiare includono:

  • detrazione per figli a carico: permette di ottenere una riduzione dell’imposta dovuta in base al numero di figli che fanno parte del nucleo familiare;
  • bonus asilo nido: le famiglie con un ISEE basso possono beneficiare di questo bonus per coprire le spese di iscrizione e frequenza a strutture educative per bambini;
  • altri bonus e sgravi: le famiglie numerose o con determinate caratteristiche possono beneficiare di altre agevolazioni, tra cui il bonus famiglia e i bonus per la casa.

Giurisprudenza di rilievo

La giurisprudenza italiana ha contribuito a chiarire numerosi aspetti di questo istituto, specialmente in relazione ai benefici economici e fiscali. Le decisioni delle corti sono fondamentali per interpretare correttamente la legge in caso di contenziosi:

Cassazione n. 16786/2024: in tema di IMU, il concetto di abitazione principale non richiede necessariamente che l’intero nucleo familiare risieda e dimori nello stesso immobile. Questo significa che un contribuente può beneficiare dell’agevolazione IMU se risiede e dimora abitualmente in un determinato immobile, anche se il coniuge risiede in un comune diverso. Tuttavia, è fondamentale che l’immobile in questione sia l’unica abitazione principale del contribuente. Non è possibile, infatti, che entrambi i coniugi rivendichino l’agevolazione IMU per due abitazioni principali distinte, sia nello stesso comune che in comuni diversi.

Tar Lazio n. 4584/2025: per individuare i parametri che consentono al titolare della pensione di vecchiaia di essere esonerato dal pagamento delle spese sanitarie è possibile interrogare le – banche dati telematiche a disposizione del Ministero dell’Interno (Punto Fisco, Anagrafe Tributaria, Ufficio Attività Produttive, INPS, Agenzia delle Entrate etc.), che “permettono di individuare in tempo reale il quadro completo della posizione economica del soggetto e di tutti i componenti del proprio nucleo familiare ovvero addivenire a tutte le informazioni descrittive del reddito, del patrimonio, degli affari, degli scambi, della produzione e dei consumi di ogni singolo contribuente, ovvero i dati identificativi di tutte le ditte regolarmente censite.”

 

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tabella unica nazionale

Macrolesioni: in scena la Tabella Unica Nazionale (TUN) Tabella Unica Nazionale risarcimento danni non patrimoniali: cosa prevede il regolamento che uniforma i criteri per i danni da lesione in vigore dal 5 marzo 2025

Tabella Unica Nazionale: cosa prevede il regolamento

Con l’approvazione definitiva della Tabella Unica nazionale per il risarcimento dei danni non patrimoniali da lesioni gravi conseguenti a sinistri stradali e responsabilità sanitaria, l’Italia, dopo vent’anni di dibattiti, possiede finalmente una regolamentazione più equa e uniforme dei risarcimenti per i danni non patrimoniali gravi.

Il Regolamento recante la Tabella Unica Nazionale (TUN), approvato in via definitiva il 25 novembre 2024 e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 40 del 18.02.2025  Serie generale, Supplemento Ordinario n. 4,  in vigore dal 5 marzo 2025, trasforma in modo significativo il  panorama normativo in materia di danno non patrimoniale.

La TUN, ossia la Tabella Unica Nazionale, prevista dall’articolo 138 del Codice delle Assicurazioni (D.Lgs. n. 209/2005), punta a uniformare i criteri di risarcimento per le lesioni fisiche e psico-fisiche gravi derivanti da sinistri stradali e responsabilità sanitaria.

L’introduzione della Tabella Unica Nazionale segna un passo fondamentale verso una maggiore equità e uniformità nel sistema risarcitorio italiano. Sebbene, per gli esperti, ci siano ancora aspetti da perfezionare, la TUN rappresenta un esercizio di civiltà giuridica che offre nuove certezze sia ai danneggiati che agli operatori del settore.

Con questo strumento si apre infatti la strada a una gestione più razionale e sostenibile dei risarcimenti, ponendo fine a decenni di disomogeneità e contenziosi.

Iter normativo: l’intervento del Consiglio di Stato

L’elaborazione della TUN ha incontrato diversi ostacoli, tra cui una sospensione significativa nel febbraio 2024, quando il Consiglio di Stato ha sollevato critiche su aspetti tecnici e giuridici del testo. Questi rilievi hanno spinto il Governo a rivedere il regolamento, senza però stravolgerne l’impianto originario.

Il risultato è un sistema tabellare che concilia i criteri previsti dall’articolo 138 con la consolidata giurisprudenza in materia di danno non patrimoniale. Il Consiglio di Stato, pur approvando il testo rivisto, ha evidenziato la necessità di mantenere un equilibrio tra la tutela dei diritti dei danneggiati e la sostenibilità economica per le imprese assicurative.

Obiettivi della Tabella Unica Nazionale

L’introduzione della TUN risponde a molteplici obiettivi.

  1. Superare le disomogeneità delle tabelle attualmente in uso, come quelle dei Tribunali di Milano e Roma.
  2. Garantire risarcimenti proporzionati e adeguati alle lesioni, riducendo disparità territoriali.
  3. Offrire parametri certi per la liquidazione dei danni, favorendo soluzioni stragiudiziali.
  4. Fornire uno strumento chiaro per avvocati, giudici, medici legali e compagnie assicurative.

Limiti delle tabelle preesistenti

Fino a oggi, l’assenza di un sistema unitario ha portato all’adozione di tabelle differenti a seconda della giurisdizione, con disallineamenti significativi, soprattutto per le lesioni più gravi. Ad esempio, mentre la tabella del Tribunale di Roma tende a riconoscere somme più alte, quella di Milano gode di un primato di applicazione grazie a un’ampia accettazione da parte della Cassazione.

Dal 5 marzo 2025, data di entrata in vigore del Regolamento, queste problematiche non riguarderanno più le vittime dei sinistri che si verificheranno dopo tale data.

Contenuti della Tabella Unica Nazionale

Il Regolamento introduce un sistema basato su coefficienti precisi che tengono conto de seguenti aspetti:

  • punti di invalidità: ogni punto, da 10 a 100, è associato a un valore economico progressivo;
  • età del danneggiato: il valore del punto diminuisce con l’aumentare dell’età;
  • danno morale: previsti incrementi percentuali in base alla gravità della lesione e alle particolari circostanze personali.

Il Regolamento contiene a tal fine tabelle distinte comprensive del danno morale con aumento minimo, medio e massimo.

Allegati: strumenti di calcolo

Il Regolamento comprende allegati che dettagliano i parametri per il calcolo dei risarcimenti:

– Allegato I: definisce i coefficienti moltiplicatori del punto per il calcolo del danno biologico e morale. La tabella 1A contiene il coefficiente moltiplicatore biologico del punto.

La tabella 1B invece contiene i coefficienti di riduzione legati all’età. La tavola II infine prevede il coefficiente moltiplicatore per il danno morale.

– Allegato II: include tabelle che indicano il valore da attribuire a ogni punto di invalidità (con coefficienti di variazione che tengono conto dell’età del soggetto) e tabelle che comprendono il danno morale con aumenti minimi, medi e massimi.

TUN: impatto sul sistema risarcitorio

L’approvazione della TUN apporta sicuramente benefici significativi. Un sistema tabellare unico infatti limita le discrezionalità nelle decisioni giudiziarie, la presenza di parametri chiari agevolano la risoluzione stragiudiziale delle controversie, una maggiore prevedibilità dei costi contribuisce alla stabilità del mercato assicurativo.

Osservazioni e criticità

Con la Tabella Unica il legislatore ha dimostrato senza dubbio di preferire i meccanismi di liquidazione adottati dal Tribunale di Milano, dimostrando così di essere stato in un certo senso influenzato dalle numerose pronunce in cui la Cassazione ha spesso indicato la tabella milanese come il modello di riferimento.

La Tabella capitolina è stata disattesa probabilmente perchè più gravosa dal punto di vista economica.

Una cosa è certa, la Tabella Unica razionalizza il sistema risarcitorio relativo al danno alla persona, senza trascurare la necessaria sostenibilità del sistema assicurativo.

 

 

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omessa fatturazione compensi

Omessa fatturazione compensi: per l’avvocato illecito permanente Il CNF ribadisce che l’omessa fatturazione di compensi percepiti dall’avvocato costituisce illecito deontologico permanente

Omessa fatturazione di compensi

Il Consiglio Nazionale Forense (CNF), con la sentenza n. 343/2024, pubblicata il 4 marzo 2025 sul sito del Codice Deontologico, ha ribadito un principio in materia di obblighi professionali degli avvocati: l’omessa fatturazione dei compensi percepiti costituisce un illecito deontologico permanente.

La vicenda

Nella vicenda, un avvocato veniva sanzionato dal CDD di Bologna con la sospensione dall’esercizio della professione per 6 mesi per una serie di violazioni disciplinari, tra cui l’aver incassato e trattenuto la somma di 800 euro ricevuta dai clienti per presentare istanza di conversione del pignoramento immobiliare a carico degli stessi.

Il Consiglio di disciplina, ritenendo accertato l’inadempimento del mandato professionale e utilizzo della somma ricevuta in deposito fiduciario, in difformità dall’incarico ricevuto e dall’accordo con i mandanti, sanzionava l’incolpato.

Quest’ultimo, inoltrava tempestiva impugnazione al CNF chiedendo tra l’altro di dichiarare la nullità della decisione per violazione del diritto di difesa (mancata audizione) ovvero abnormità (per violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato), dichiarare la prescrizione dell’azione disciplinare, ovvero il suo proscioglimento nel merito.

Il principio sancito dal CNF

In punto di prescrizione dell’azione disciplinare, il CNF dà torto al ricorrente, giacché contrariamente da quanto asserito dallo stesso, la violazione dei doveri deontologici contestati deve essere considerata di carattere permanente secondo i principi espressi in materia dal Consiglio e dalla Suprema corte di Cassazione (cfr., tra le altre, SS.UU., sentenza n. 22463 del 26 luglio 2023).

“L’avvocato ha l’obbligo, sanzionato dagli artt. 16 e 29 codice deontologico (già art. 15 cod. prev.), di emettere fattura tempestivamente e contestualmente alla riscossione dei compensi – ricorda infatti il CNF – restando irrilevante l’eventuale ritardo nell’adempimento in parola, non preso in considerazione dal codice deontologico. In particolare, la violazione di tale obbligo costituisce illecito permanente, sicché la decorrenza del termine prescrizionale ha inizio dalla data della cessazione della condotta omissiva”.

La decisione

Tuttavia, il ricorrente ha ragione sul punto della violazione del diritto di difesa, in quanto non era stato sentito nonostante l’espressa richiesta formulata in tal senso.

Tale censura, per il CNF, merita accoglimento poiché la decisione del CDD è stata assunta “all’esito di un procedimento non regolarmente svoltosi, secondo le fondamentali regole predisposte dalla legge, e senza che all’incolpato sia stato assicurato il pieno esercizio del diritto di difesa”.

Il Consiglio Nazionale Forense accoglie, dunque, il ricorso, dichiarando la nullità del provvedimento impugnato con restituzione degli atti al CDD di Bologna.

azione di spoglio

Azione di spoglio: guida e modello Azione di spoglio o reintegrazione: come è disciplinata dall’art. 1168 del Codice Civile: guida con modello di ricorso

Cos’è l’azione di spoglio o reintegrazione?

L’azione di spoglio o di reintegrazione è una delle azioni possessorie previste dal nostro ordinamento giuridico, attraverso la quale un soggetto può chiedere di essere reintegrato nel possesso di un bene che è stato illegittimamente sottratto o turbato. Il riferimento normativo principale è l’art. 1168 del Codice Civile, che stabilisce “Chi è stato violentemente od occultamente spogliato del possesso può, entro l’anno dal sofferto spoglio, chiedere contro l’autore di esso la reintegrazione del possesso medesimo. L’azione è concessa altresì a chi ha la detenzione della cosa, tranne il caso che l’abbia per ragioni di servizio o di ospitalità. Se lo spoglio è clandestino, il termine per chiedere la reintegrazione decorre dal giorno della scoperta dello spoglio. La reintegrazione deve ordinarsi dal giudice sulla semplice notorietà del fatto, senza dilazione.”

Se il bene è stato sottratto, si parla di spoglio, se invece si è verificata una turba al possesso (ad esempio, interferenze o disturbano l’uso pacifico del bene), si parla di turbativa, ma in questo caso l’azione prevista è quella di manutenzione disciplinata dall’articolo 1170 del Codice civile. 

I requisiti per l’azione di spoglio o reintegrazione

Per esercitare questa azione, il soggetto che ha subito lo spoglio deve soddisfare determinati requisiti:

  1. Possesso legittimo: il soggetto deve essere il possessore del bene, anche se non è il proprietario o anche il detentore, in questo caso però la detenzione non deve essere motivata da ragioni di servizio o di ospitalità.
  2. Sottrazione: deve esserci stata una sottrazione (spoglio) avvenuto in modo violento e occulto.
  3. Atto illecito da parte del soggetto che causa la sottrazione: l’azione che interrompe il possesso deve essere illegittima, quindi non deve esserci stato il consenso del possessore.
  4. Tempestività dell’azione: l’azione deve essere promossa senza indugi, poiché la legge prevede che il possessore per la reintegrazione debba agire entro un termine di 1 anno dal dal sofferto spoglio ossia dalla sottrazione del possesso.

Cos’è lo spoglio clandestino?

Lo spoglio clandestino è una forma di sottrazione del possesso che avviene senza che il possessore sia consapevole del fatto. Si verifica quando una persona, senza il consenso del possessore, rimuove il bene o lo sottrae, ma in modo tale che il possessore non se ne accorga immediatamente. Ad esempio, può trattarsi di un’occupazione furtiva di un immobile o la sottrazione di beni in modo tale che il possessore non se ne accorga fino a quando non cercherà di esercitare i propri diritti.

Questa modalità di spoglio è particolarmente insidiosa, in quanto può rendere più difficile per il soggetto che ha subito il danno esercitare tempestivamente l’azione di reintegrazione. Per questo l’ordinamento prevede che in questo caso il possessore possa avviare l’azione di recupero del bene entro un anno dal momento in cui scopre di avere subito lo spoglio.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza ha affrontato diverse volte il tema dell’azione di spoglio o reintegrazione. Di seguito vengono riportate alcune sentenze significative in materia:

Cassazione n. 23870/2021: La norma deve essere intesa nel senso che, in materia di reintegrazione del possesso, il termine stabilito dall’art. 1168 c.c. per intraprendere l’azione inizia a decorrere, in caso di spoglio clandestino – ossia avvenuto all’insaputa del possessore – dal momento in cui la parte lesa è in grado di accorgersene, adottando la normale diligenza di una persona comune.

Cassazione n. 7/2014: La convivenza “more uxorio” è riconosciuta come una vera e propria formazione sociale con rilievo giuridico, distinguendosi dalla semplice ospitalità. Questo comporta che il convivente non proprietario abbia un diritto di fatto sulla casa in cui si svolge la vita comune, configurando una detenzione qualificata con base in un rapporto familiare. Di conseguenza, se il convivente proprietario estromette in modo violento o clandestino l’altro convivente, quest’ultimo può tutelare il proprio possesso attraverso l’azione di spoglio (Cass. 7214/2013).

Modello di ricorso per azione di reintegrazione

Di seguito un modello base di ricorso per azione di reintegrazione, da adattare in base al caso concreto:

TRIBUNALE DI [Città]

RICORSO EX ART. 1168 CODICE CIVILE

Il sottoscritto [Nome e Cognome del ricorrente], residente in [indirizzo], codice fiscale [CF],
in qualità di possessore del bene sito in [indirizzo del bene],
rappresentato e difeso dall’Avv. [Nome e Cognome], con studio in [indirizzo], e domiciliato presso lo stesso studio,
espone quanto segue:

– Il ricorrente è possessore del bene immobile sopra indicato, avendo esercitato su di esso il possesso in modo pacifico, continuo e non interrotto da [data di inizio del possesso].

– In data [data dell’evento] il ricorrente ha subito uno spoglio/turbativa del suo possesso da parte di [Nome del soggetto che ha effettuato lo spoglio/turbativa], che ha compiuto atti di [descrizione dell’atto illecito].

– Nonostante i tentativi di recupero della situazione, il ricorrente non è riuscito a riacquistare il pieno possesso del bene, trovandosi in una condizione di [descrizione dell’atto di spoglio o turbativa].

Tutto ciò premesso e ritenuto, il ricorrente, come sopra rappresentato e difeso

Chiede

che l’On.le Tribunale voglia reintegrare il suo possesso del bene, ai sensi dell’art. 1168 del Codice Civile, con l’ordine di [eventuale richiesta di risarcimento danni o altre misure].

Chiede, per questi motivi, che l’On.le Tribunale voglia:

  • Ordinare la reintegrazione nel possesso del bene sopra descritto.
  • Condannare il convenuto al risarcimento dei danni derivanti dall’atto illecito.

In fede,
[Data e firma del ricorrente]

 

 

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rottamazione quinquies

Rottamazione quinquies: la nuova sanatoria 2025 Rottamazione quinquies: come funziona la sanatoria che nel 2025 consentirà ai contribuenti di pagare i debiti arretrati con il fisco

Rottamazione quinquies: le novità del ddl

E’ stato già soprannominato rottamazione quinques” il disegno di legge 1375 che dal 25 febbraio è in corso di esame presso la Commissione permanente Finanze e Tesoro del Senato.

Il disegno di legge composto di due corposi  articoli prevede significativi elementi di novità.

  1. Il contribuente avrà la possibilità di suddividere il debito con il fisco in 120 rate mensili (la prima con scadenza 31 luglio 2025) per la durata complessiva di 10 anni, un tempo mai previsto dalle precedenti rottamazioni.
  2. Il contribuente, diversamente da quanto previsto da alcune definizioni agevolate precedenti, non dovrà versare rate iniziali di importo elevato.
  3. Il contribuente andrà incontro alla perdita del diritto alla rateizzazione solo se non riuscirà a pagare otto rate mensili del piano di rientro, che possono essere anche non consecutive. Un approccio meno rigido quindi, in linea con la volontà di andare incontro alle difficoltà economiche che possono colpire chiunque nel corso della vita e che rendono più difficile fare fronte agli impegni economici.

Debiti fiscali rientranti nella rottamazione

Al momento il testo prevede l’estinzione dei carichi affidati agli agenti della riscossione dal 1° gennaio 2000 fino al 31 dicembre 2023, senza dover corrispondere sanzioni, interessi, interessi di mora, aggi e somme ulteriori. Il contribuente si libera dal debito pagando solo il capitale e rimborsando le spese di notifica della cartella di pagamento e quelle per le procedure esecutive avviate.

Estensione rottamazione quinquies a regioni ed enti

L’articolo 2 del disegno di legge prevede che entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge anche gli enti territoriali potranno prevedere definizioni agevolate per il recupero delle somme non corrisposte dai contribuenti. Entro 30 giorni decorrenti dall’adozione del provvedimento per la definizione agevolata ne devono dare notizia mediante pubblicazione sul propri sito istituzione.

Come fare per aderire

Il disegno di legge prevede diversi passaggi per la rottamazione quinquies.

  • L’agente della riscossione nell’area riservata indica al contribuente i carichi che possono essere definiti.
  • Il debitore, entro il 30 aprile 2025 manifesta (o integra con i dati mancanti) la volontà di definire la propria posizione debitoria, compilando apposita dichiarazione in cui dichiara anche di rinunciare ai giudizi eventualmente pendenti. La presentazione della dichiarazione produce tutta una serie di effetti come la sospensione dei termini di prescrizione e di decadenza, l’impossibilità di avviare nuove procedure esecutive, la sospensione degli obblighi che derivano da dilazioni precedenti, l’impossibilità di procedere all’iscrizione di nuovi fermi amministrativi e ipoteche.
  • Entro il 30 giugno 2025 l’agente della riscossione comunica ai debitori che hanno fatto richiesta l’importo totale delle somme dovute per la definizione agevolata.
  • Il pagamento delle rate può essere effettuato con domiciliazione bancaria, con modelli di pagamento precompilati o presso l’agente della riscossione.
  • Concluso il pagamento delle somme agevolate l’agente è discaricato dal residuo e comunica entro il 31 dicembre 2030 a ciascun ente interessato, l’elenco dei debitori che si sono avvalsi della definizione e dei codici tributo per consentire ai creditori l’aggiornamento delle scritture.

Ratio della rottamazione quinquies

La gestione del contenzioso tributario e il recupero crediti dell’Agenzia delle Entrate sono fondamentali per il bilancio pubblico e il rapporto con i contribuenti. Le definizioni agevolate, soprattutto la  rottamazione quater, hanno favorito la regolarizzazione dei debiti fiscali, aumentando le entrate straordinarie e riducendo i procedimenti pendenti.

Occorre tenere presente che molti cittadini e imprese non evadono volutamente, ma affrontano difficoltà economiche aggravate da crisi e inflazione. L’accumulo di interessi e sanzioni rende il debito insostenibile, penalizzando chi vuole pagare, scoraggiando la regolarizzazione, e danneggiando i contribuenti e l’amministrazione finanziaria.

La previsione di una nuova rottamazione rappresenta un passo ulteriore dell’opera riformatrice finalizzata a creare un clima di collaborazione tra ente impositore e contribuente. I dati rivelano il successo delle precedenti rottamazioni, che hanno consentito a imprese e cittadini di ripianare i debiti fiscali beneficiando delle agevolazioni previste di volta in volta.

L’approccio che intende seguire lo Stato è quello fondato sulla solidarietà, l’equità e una visione a lungo termine per costruire un rapporto basato sulla trasparenza e sulla fiducia.

 

 

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Allegati

telemedicina

Telemedicina: ok alla piattaforma nazionale Il Garante Privacy ha dato il via libera allo schema di decreto del ministero della Salute che disciplina i trattamenti di dati personali nell'ambito della Piattaforma Nazionale di telemedicina

Telemedicina: ok Dm Salute

Dopo aver chiesto ed ottenuto maggiori garanzie a tutela dei dati trattati, il Garante privacy ha dato via libera allo schema di decreto del Ministero della salute che disciplina i trattamenti di dati personali nell’ambito della Piattaforma nazionale di telemedicina (PNT) prevista dal PNRR.

Valutazione d’impatto preventiva

Lo schema di decreto ha accolto le numerose modifiche chieste dal Garante. In particolare, rispetto alla prima bozza del decreto trasmessa dal Ministero, è stato introdotto l’obbligo della valutazione d’impatto preventiva, anche in considerazione della natura, dell’oggetto, delle finalità e dell’elevato numero di persone coinvolte.

Nello schema di decreto, tra l’altro, sono stati specificati la tipologia di dati trattati e delle operazioni eseguibili, i motivi di interesse pubblico rilevante e le misure specifiche e appropriate per tutelare i diritti degli interessati.

EDS

Sono stati individuati i servizi resi disponibili dalla PNT per finalità di cura e di governo, le modifiche alla disciplina dell’Ecosistema Dati Sanitari (EDS), i ruoli del trattamento e le specifiche finalità e i compiti attribuiti ai diversi soggetti coinvolti.

Su richiesta del Garante, particolare attenzione è stata posta sulle misure di sicurezza tecniche e organizzative per offrire garanzie adeguate al rischio.

Misure idonee

Lo schema di decreto prevede, tra l’altro, l’adozione di misure idonee ad attenuare il pericolo dell’utilizzo fraudolento di identità digitali, la cifratura dei dati mediante algoritmi robusti, l’introduzione di IPS (Intrusion Prevention System), il monitoraggio degli eventi di sicurezza, la gestione dei possibili incidenti e la tracciabilità delle operazioni.

Aggiornamento linee guida

L’Autorità ha evidenziato, infine, la necessità di aggiornare le “Linee guida per i servizi di telemedicina – requisiti funzionali e livelli di servizio” approvate con decreto del Ministero della salute nel 2022 in funzione della nuova disciplina sul FSE 2.0 e delle disposizioni del Regolamento europeo.

 

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decoro architettonico

Il decoro architettonico Decoro architettonico: definizione, normativa di riferimento, caratteristiche, possibili alterazioni e giurisprudenza di rilievo

Cos’è il decoro architettonico?

Il decoro architettonico è l’insieme delle linee estetiche e stilistiche che caratterizzano un edificio, conferendogli un aspetto armonico e uniforme. In ambito condominiale esso rappresenta un valore da tutelare, in quanto incide sull’armonia dell’edificio e sul valore economico delle singole unità immobiliari.

Normativa di riferimento

Il Codice Civile non fornisce una definizione specifica di decoro architettonico, ma la sua tutela emerge da diversi articoli:

  • 1120 c.c.: vieta le innovazioni che possano alterare il decoro architettonico dell’edificio;
  • 1122 c.c.: stabilisce che i condomini non possano compiere opere che danneggino il decoro architettonico;
  • 1102 c.c.: disciplina l’uso delle parti comuni, prevedendo che ogni condomino possa servirsi delle stesse, purché non ne alteri la destinazione o, secondo alcune pronunce dei giudici di merito e di legittimità, il decoro.

La giurisprudenza ha avuto un ruolo fondamentale nella definizione dei confini di questa tutela, stabilendo criteri e principi per valutare quando si verifichi un’alterazione dello stesso.

Caratteristiche del decoro architettonico

Le principali caratteristiche del decoro architettonico sono:

  1. uniformità stilistica: la facciata e le parti comuni devono mantenere un aspetto armonioso;
  2. coerenza estetica: qualsiasi intervento deve rispettare le linee originarie dell’edificio;
  3. impatto visivo: l’alterazione viene valutata in base all’impatto che una modifica ha sull’aspetto dell’edificio nel suo complesso.

Quando c’è alterazione del decoro architettonico?

L’alterazione si verifica quando un’opera o una modifica effettuata da un singolo condomino incide negativamente sull’armonia estetica dell’edificio. Alcuni esempi tipici includono:

  • la chiusura di balconi con infissi di colore o materiale difforme rispetto agli altri;
  • l’installazione di condizionatori o antenne in posizioni visibili e disarmoniche;
  • la modifica della facciata con verniciature o rivestimenti non coerenti con lo stile originale;
  • l’installazione di tende, infissi o inferriate in contrasto con le linee estetiche dell’edificio.

Giurisprudenza rilevante

La Corte di Cassazione ha emesso diverse sentenze in materia di decoro architettonico, chiarendo i criteri per determinare l’esistenza di un’alterazione:

Cassazione civile n. 851/2007: Il decoro architettonico di un edificio condominiale, tutelato dall’art. 1120 c.c., si riferisce all’estetica complessiva derivante dall’insieme delle linee e delle strutture che definiscono l’armonia e l’identità dello stabile. Pertanto, qualora interventi innovativi ne compromettano l’integrità, la tutela opera indipendentemente dalla loro visibilità o dal punto di osservazione, poiché mira a preservare le caratteristiche architettoniche unitarie dell’edificio, a prescindere da circostanze contingenti.

Cassazione civile n. 10350/2011:  Mentre l’aspetto architettonico, disciplinato dall’art. 1127 c.c in relazione al diritto di sopraelevazione dei condomini, implica una valutazione della compatibilità con lo stile dell’edificio (Cass., sez. 2, n. 1025/2004), il decoro, tutelato dall’art. 1120 c.c., si manifesta nell’armonia complessiva delle linee e delle strutture, garantendo un’estetica coerente e unitaria dell’immobile (Cass., sez. 2, n. 10350/2011).

Cassazione civile n. 27527/2005: il decoro architettonico di un edificio si riferisce alla sua estetica complessiva, determinata dall’insieme delle linee, delle strutture e degli elementi ornamentali che ne caratterizzano l’aspetto, conferendogli un’identità armonica e riconoscibile. Esso non si limita alla semplice bellezza dell’edificio, ma rappresenta un principio di coerenza stilistica che garantisce l’unitarietà visiva delle sue parti. Esso si manifesta nella fusione equilibrata degli elementi costruttivi e decorativi, che insieme definiscono la fisionomia dell’immobile. La sua tutela ha lo scopo di preservare questa armonia estetica nel tempo, evitando alterazioni che possano comprometterne l’integrità visiva e il valore sia architettonico che economico.

 

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pensione di reversibilità

Pensione di reversibilità Pensione di reversibilità: definizione, beneficiari, riduzioni per reddito del beneficiario, perdita, coma fare domanda e giurisprudenza

Cos’è la pensione di reversibilità?

La pensione di reversibilità, detta anche “pensione ai superstiti”, è una prestazione economica erogata dall’INPS ai familiari superstiti di un pensionato deceduto. Se il lavoratore era ancora in attività al momento del decesso e aveva maturato almeno 15 anni di contributi o 5 anni (di cui almeno 3 negli ultimi 5 anni), la prestazione viene riconosciuta sotto forma di “pensione indiretta”.

A chi spetta la pensione di reversibilità?

L’INPS eroga la pensione di reversibilità ai seguenti soggetti, secondo un ordine di priorità stabilito dalla normativa vigente:

  1. coniuge superstite (o l’unito civilmente): inclusi il coniuge separato e divorziato (se titolare di assegno divorzile e non risposato);
  2. figli: minori, studenti fino a 26 anni (se a carico del defunto) o inabili al lavoro;
  3. genitori: se a carico del defunto e di età superiore a 65 anni.
  4. fratelli e sorelle: se inabili al lavoro, a carico del defunto e non titolari di altra pensione.

Importo della pensione di reversibilità

L’importo della pensione varia in base al rapporto di parentela con il defunto:

  • Coniuge: 60% della pensione del deceduto.
  • Coniuge e un figlio: 80%.
  • Coniuge e due o più figli: 100%.
  • Un solo figlio: 70%.
  • Due figli: 80%.
  • Tre o più figli: 100%.
  • Genitori, fratelli e sorelle: 15% ciascuno, fino a un massimo del 100%.

Riduzione per reddito

L’importo della pensione di reversibilità può essere ridotto in base al reddito del beneficiario. Per il 2025 questi i tagli:

  • Nessuna riduzione se il reddito non supera i 23.579,22 euro;
  • Riduzione del 25% se il reddito è compreso tra 23.579,22 e 31.438,96 euro;
  • Riduzione del 40% se il reddito è compreso tra 31.438,96 e 39.298,70 euro;
  • Riduzione del 50% per redditi che superano i 39.298,70 euro.

Quando si perde la pensione di reversibilità?

La pensione di reversibilità può essere revocata nei seguenti casi:

  • Nuovo matrimonio del coniuge superstite: viene erogata un’indennità pari a due annualità della pensione e poi cessata.
  • Perdita dei requisiti di età o di dipendenza economica per figli, genitori, fratelli e sorelle.
  • Condanna per omicidio del pensionato da parte del beneficiario (art. 463 c.c.).

Come fare domanda

La richiesta va presentata online tramite il sito dell’INPS, tramite patronato o al Contact Center INPS al numero 803 164 (gratuito da rete fissa) o 06 164 164 da cellulare.

Documenti necessari

  • Documento d’identità e codice fiscale del richiedente.
  • Certificato di morte del pensionato/lavoratore deceduto.
  • Autocertificazione di stato di famiglia.
  • Dichiarazione reddituale del richiedente.
  • Se separato/divorziato: sentenza di separazione/divorzio e attestazione assegno divorzile.

Giurisprudenza rilevante

La Corte di Cassazione ha emesso diverse sentenze fondamentali in materia:

Cassazione n. 14287/2024: Chi era a carico di un familiare che percepiva una pensione di reversibilità, e non una pensione diretta, non ha diritto a ottenere, a sua volta, la pensione di reversibilità alla morte di quest’ultimo.

Cassazione civile SU n. 22434/2018: Il coniuge divorziato che ha ricevuto l’assegno divorzile in un’unica soluzione non ha diritto alla pensione di reversibilità. Ai fini del riconoscimento di tale prestazione, secondo l’art. 9 della L. 1 dicembre 1970, n. 898, modificato dalla L. 6 marzo 1987, n. 74, è necessario che l’ex coniuge sia titolare di un assegno divorzile attuale e concretamente fruibile al momento della morte dell’ex coniuge. La semplice esistenza di un precedente diritto all’assegno, se già estinto mediante pagamento in un’unica soluzione, non è sufficiente per ottenere la pensione di reversibilità.

Cassazione civile n. 24694/2021: La pensione di reversibilità non spetta alle convivenze di fatto terminate prima dell’entrata in vigore della legge n. 76/2016 sulle unioni civili.

Nel caso esaminato, il partner superstite di un architetto deceduto prima della legge aveva richiesto l’applicazione retroattiva della norma per ottenere la pensione di reversibilità. La Corte d’Appello aveva accolto la richiesta, basandosi sull’art. 2 della Costituzione e senza coinvolgere la Corte Costituzionale. Tuttavia, la Cassazione ha annullato la decisione, ribadendo il principio di irretroattività delle leggi ed escludendo un contrasto diretto con la Costituzione.

 

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ddl nucleare

Ddl nucleare: cosa prevede Ddl nucleare sostenibile: approvata dal Consiglio dei Ministri la delega al governo in materia di energia nucleare sostenibile, ecco cosa prevede

Ddl nucleare sostenibile, ok dal Governo

E’ stato approvato il 28 febbraio 2025, dal Consiglio dei ministri il Ddl nucleare sostenibile. Il testo, contenente “delega al Governo in materia di energia nucleare sostenibile” è stato approvato in esame preliminare, su proposta del presidente Giorgia Meloni e del ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica Gilberto Pichetto Fratin.

Obiettivi e mix energetico italiano

Il ddl è volto all’inserimento del nucleare sostenibile e da fusione nel cosiddetto “mix energetico italiano” e interviene in forma organica sotto i profili economico, sociale e ambientale, nel quadro delle politiche europee di decarbonizzazione con orizzonte temporale il 2050, coerentemente con gli obiettivi di neutralità carbonica e di sicurezza degli approvvigionamenti.

L’intervento, si legge nel comunicato stampa di palazzo Chigi, ha lo scopo di:

  • garantire la continuità nell’approvvigionamento energetico in presenza di un incremento costante della domanda e favorire il raggiungimento dell’indipendenza energetica;
  • concorrere agli obiettivi di decarbonizzazione necessari a fronteggiare il cambiamento climatico;
  • garantire la sostenibilità dei costi gravanti sugli utenti finali e la competitività del sistema industriale nazionale.

Linee di intervento principali

Di seguito le linee di intervento principali:

Superamento delle esperienze nucleari precedenti

Si assicura una cesura netta rispetto agli impianti nucleari del passato (cosiddetti di “prima” o di “seconda generazione”), destinati alla definitiva dismissione, salvo eventuale riconversione, e l’utilizzo delle migliori tecnologie disponibili, incluse le tecnologie modulari e avanzate. In quest’ottica, si valuterà l’istituzione di un’Autorità indipendente competente per la sicurezza nucleare, con compiti di regolazione, vigilanza e controllo sulle infrastrutture nucleari.

Disciplina organica ciclo di vita dell’energia nucleare

Si prevede una disciplina organica dell’intero ciclo di vita dell’energia nucleare (eventuale fase di sperimentazione – progettazione – autorizzazione degli impianti – esercizio degli impianti – gestione, stoccaggio e smaltimento dei rifiuti radioattivi – smantellamento degli impianti).

Coordinamento e dialogo con i gestori delle reti elettriche

Lo sviluppo della nuova politica nucleare viene valutato anche nel suo impatto sull’assetto complessivo del sistema elettrico nazionale, incluso quello sul mercato elettrico.

Garanzie

I promotori dei progetti nucleari devono fornire adeguate garanzie finanziarie e giuridiche per coprire i costi di costruzione, gestione e smantellamento degli impianti e per i rischi, anche a loro non direttamente imputabili, derivanti dall’attività nucleare.

legittima difesa

Legittima difesa Legittima difesa: cos’è, quali sono i suoi presupposti, cosa è cambiato con la riforma del 2019, eccesso e giurisprudenza rilevante

Cos’è la legittima difesa

La legittima difesa, disciplinata dall’art. 52 del Codice Penale, è una causa di giustificazione che esclude la punibilità di chi commette un reato per proteggere un diritto proprio o altrui da un’aggressione ingiusta. Il principio si fonda sull’idea che la reazione difensiva sia necessaria e proporzionata all’offesa ricevuta.

Con la riforma della legittima difesa introdotta nel 2019 (L. 36/2019), il legislatore ha introdotto significative novità, soprattutto in tema di difesa domiciliare. Tuttavia, la giurisprudenza continua a giocare un ruolo cruciale nel definire i limiti tra difesa legittima ed eccesso colposo.

Definizione e disciplina (art. 52 c.p.)

L’articolo 52 del Codice Penale prevede:

“Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio o altrui contro il pericolo attuale di un’offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa.”

In sintesi, per essere legittima, la difesa deve avere queste caratteristiche:

  • Necessità: non esiste un’altra via per proteggere il diritto minacciato.
  • Attualità del pericolo: la minaccia deve essere imminente e concreta.
  • Ingiustizia delloffesa: l’aggressione deve essere illegittima.
  • Proporzionalità: la reazione deve essere commisurata all’offesa subita.

Presupposti

Perché possa applicarsi la scriminante della difesa legittima, devono sussistere contemporaneamente i seguenti presupposti:

  1. Pericolo attuale di un’offesa ingiusta:
    • Il pericolo deve essere immediato e concreto. Non è sufficiente un semplice timore generico.
    • L’offesa deve riguardare un diritto proprio o altrui (vita, integrità fisica, proprietà).
  2. Necessità della difesa:
    • La difesa è legittima solo se è l’unica possibilità per evitare il danno.
    • Non devono esserci alternative come la fuga o la richiesta immediata di aiuto.
  3. Proporzionalità tra offesa e difesa:
    • La reazione deve essere adeguata e commisurata alla gravità della minaccia.
    • Non è necessario che ci sia simmetria, ma la difesa non deve essere eccessiva rispetto al pericolo.

La riforma del 2019: cosa è cambiato

Nel 2019, la Legge n. 36/2019 ha modificato l’art. 52 c.p., introducendo nuove disposizioni, soprattutto in materia di difesa domiciliare.

  1. Presunzione di legittima difesa in casa (art. 52, comma 2 e 3 c.p.)
  • È sempre considerata legittima la difesa quando l’offesa avviene nella propria abitazione.
    o in un luogo di privata dimora (es. ufficio, negozio, garage).
  • Si presume la proporzionalità della difesa se l’aggressore entra con violenza, minaccia o inganno.
  1. Esclusione della punibilità per eccesso colposo (art. 55 c.p.)
  • L’eccesso colposo (reazione sproporzionata per errore o paura) è escluso quando l’azione difensiva è avvenuta in una situazione di grave turbamento, determinata dal pericolo per la propria o altrui incolumità.

Quando c’è eccesso di legittima difesa (art. 55 c.p.)

L’eccesso colposo di legittima difesa, previsto dall’art. 55 c.p., si verifica quando la reazione:

  • È sproporzionata rispetto al pericolo.
  • Non è necessaria per evitare l’
  • È frutto di colpa (imprudenza, negligenza, errore nella valutazione del pericolo).

Esempi concreti:

  • Sparare all’aggressore in fuga, quando il pericolo è cessato.
  • Colpire mortalmente un ladro disarmato, che non rappresenta una minaccia immediata.

Riforma 2019:
In caso di grave turbamento emotivo (es. un’aggressione notturna in casa), l’eccesso colposo può essere non punibile.

La legittima difesa putativa

La legittima difesa putativa (art. 59 c.p.) si verifica quando il soggetto:

  • Crede erroneamente di trovarsi in una situazione di pericolo attuale.
  • Reagisce come se fosse necessario difendersi.

È rilevante solo se l’errore è giustificabile dalle circostanze (es. buio, rumori sospetti, contesto minaccioso).

Esempio:

Una persona spara a un intruso credendo sia armato, ma si scopre che l’aggressore era disarmato. La legittima difesa putativa potrebbe essere riconosciuta, se l’errore era oggettivamente plausibile.

Giurisprudenza sulla legittima difesa

Ecco una serie di massime della Cassazione in materia:

Cassazione, sentenza n. 49883/2019

La legge 26 aprile 2019, n. 36 ha introdotto una specifica causa di non punibilità per chi, agendo per la salvaguardia della propria o altrui incolumità, si trovi in stato di minorata difesa ovvero in stato di grave turbamento derivante dalla situazione di pericolo in atto. Tuttavia, tale causa di non punibilità non è applicabile quando l’azione difensiva illecita, pur riconducibile a un eccesso colposo, non sia motivata dalla volontà di proteggere la propria o altrui incolumità, ma sia invece esclusivamente finalizzata alla difesa dei beni propri o altrui. In altre parole, se l’azione difensiva, pur viziata da un eccesso colposo, è volta a salvaguardare l’incolumità personale, essa può rientrare nella causa di non punibilità prevista dall’art. 55, co. 2, c.p., anche in presenza di uno stato di minorata difesa o grave turbamento.

Cassazione n. 37427/2020

L’attenuante della provocazione e l’esimente della legittima difesa si distinguono nonostante entrambe derivino da un’offesa ingiusta altrui. La differenza principale risiede nella necessità, per la legittima difesa, che l’offesa sia in corso al momento della reazione, mentre per la provocazione ciò non è richiesto. In particolare, la provocazione può essere riconosciuta anche quando l’offesa si è già conclusa, purché permanga nello stato d’animo dell’agente un’ira determinata da essa. Al contrario, la legittima difesa presuppone un pericolo attuale: se l’offesa è cessata, non può essere invocata. Tuttavia, se l’offesa è ancora in atto e la reazione è proporzionata, la legittima difesa risulta applicabile.

Cassazione n. 46921/2023

La legittima difesa putativa si basa sugli stessi presupposti di quella reale, con la differenza che il pericolo, anziché essere effettivo, è solo supposto dall’agente a causa di un errore nella valutazione dei fatti. Tale errore esime da responsabilità se scusabile, mentre comporta colpa ai sensi dell’art. 59 u.c. c.p. se dovuto a negligenza. In ogni caso, deve derivare da circostanze concrete che, sebbene mal interpretate, possano giustificare la convinzione di trovarsi in pericolo. Non basta, quindi, il solo stato d’animo dell’agente: l’errore deve trovare riscontro in elementi oggettivi che abbiano indotto la falsa percezione del pericolo. La legittima difesa putativa è dunque configurabile solo se l’erronea convinzione della necessità di difendersi si basa su dati reali, seppur inidonei a creare un pericolo attuale, ma tali da rendere plausibile la percezione soggettiva di una minaccia, in relazione al contesto in cui si svolge l’azione difensiva.

Casistica: quando è legittima difesa e quando no

Caso È legittima difesa? Motivazione
Spara a un ladro che entra di notte con un’arma  Sì Difesa proporzionata e pericolo attuale.
Colpisce un aggressore che lo minaccia con un coltello  Sì Necessità di difendere l’incolumità.
Insegue e spara all’aggressore in fuga  No Pericolo cessato, è eccesso colposo.
Spara per errore a una persona che credeva armata Dipende Possibile difesa putativa.
Reagisce a un’aggressione notturna in casa, colpendo mortalmente l’aggressore Sì (2019) Applicabile la presunzione di legittima difesa.

Differenze con lo stato di necessità (art. 54 c.p.)

Aspetto Legittima difesa (art. 52 c.p.) Stato di necessità (art. 54 c.p.)
Pericolo Proviene da un’aggressione ingiusta di terzi Deriva da cause naturali o situazioni indipendenti da terzi
Reazione Contro l’aggressore Può danneggiare anche soggetti innocenti
Necessità Difesa di sé o di altri Salvaguardia della propria o altrui incolumità
Esempio Difesa da un ladro armato Sfonda una porta per salvarsi da un incendio

 

 

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