licenza edilizia

Licenza edilizia La licenza edilizia: definizione, evoluzione normativa nella concessione edilizia e nel permesso di costruire, giurisprudenza rilevante

Cos’è la licenza edilizia

La licenza edilizia era, un tempo, un’autorizzazione rilasciata dalle autorità competenti per la realizzazione di interventi edilizi. Essa serviva a certificare che i lavori da eseguire fossero conformi alla normativa urbanistica e alle leggi edilizie locali. La licenza si distingue dalla concessione edilizia, in quanto originariamente era un vero e proprio atto di “permissio” da parte dell’amministrazione pubblica, che legittimava l’inizio dei lavori.

La licenza edilizia si basava sul presupposto che l’amministrazione avesse il diritto di autorizzare o vietare la costruzione di edifici, in funzione del rispetto delle norme di pianificazione territoriale, dell’estetica del paesaggio e delle esigenze di sicurezza.

Dalla licenza edilizia alla concessione edilizia

L’introduzione della legge 28 gennaio 1977, n. 10, segna un momento fondamentale nell’evoluzione della licenza edilizia, quando la licenza edilizia viene sostituita dalla concessione edilizia. In questo periodo, l’autorità comunale non rilasciava più una licenza “discrezionale”, ma una concessione che divenne un atto vincolato, basato sull’esistenza di determinate condizioni legali.

La concessione edilizia, a differenza della licenza, non dipendeva più dalla valutazione soggettiva dell’amministrazione, ma era subordinata alla verifica del rispetto di specifici requisiti stabiliti dal piano regolatore e dalle normative urbanistiche locali.

La concessione edilizia: un nuovo approccio

La legge n. 10/1977 stabilì che la concessione edilizia doveva essere rilasciata se l’opera proposta fosse conforme agli strumenti urbanistici, alla legislazione edilizia e alle prescrizioni del piano territoriale. Questo significava che i comuni non avevano più un margine di discrezionalità nel decidere se autorizzare o meno l’opera, ma erano obbligati a rilasciare la concessione se il progetto rispettava le normative. La concessione edilizia mirava a semplificare le pratiche burocratiche, rendendo l’iter edilizio più chiaro e uniforme.

La sostituzione con il permesso di costruire

Con l’entrata in vigore del Testo Unico dell’Edilizia (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380), la concessione edilizia venne sostituita dal permesso di costruire. Sebbene il permesso di costruire rappresenti una continuazione del principio giuridico della concessione edilizia, esso ha introdotto una maggiore semplificazione e velocizzazione dei procedimenti burocratici e ha ridotto le distinzioni tra interventi ordinari e straordinari.

La principale novità del permesso di costruire è che l’amministrazione non si limita a verificare la conformità dell’opera rispetto alle normative, ma ha anche il compito di valutare l’impatto dell’opera sull’ambiente e sulla qualità urbana. Inoltre, il permesso di costruire non è più rilasciato da un atto discrezionale dell’amministrazione, ma è subordinato a controlli puntuali su vari aspetti tecnici e normativi.

Giurisprudenza sulla licenza edilizia

Nel corso degli anni, la giurisprudenza ha avuto un ruolo fondamentale nell’evoluzione delle norme relative alla licenza edilizia e alle successive forme di autorizzazione edilizia. Diverse sentenze hanno cercato di chiarire la distinzione tra i vari tipi di autorizzazione e di interpretare la legittimità di determinate pratiche edilizie.

Cassazione civile n. 29166/2021

La licenza o concessione edilizia ha rilevanza solo nel rapporto tra la Pubblica Amministrazione e il privato richiedente, senza influenzare i rapporti tra privati, che restano regolati dal codice civile, dalle leggi speciali in materia edilizia e dai regolamenti locali. Pertanto, nelle controversie tra privati riguardanti opere edilizie, la presenza o assenza della concessione è irrilevante, salvo il caso di licenza in deroga. Il rispetto della concessione non garantisce di per sé l’assenza di violazioni dei diritti di terzi, così come la mancanza della licenza non comporta automaticamente un illecito, purché la costruzione sia conforme alle norme vigenti.

Cassazione n. 43840/2018

La mancata approvazione della licenza edilizia non incide sulla qualificazione di un’area come “cantiere”, secondo la definizione fornita dal D. Lgs. n. 81/2008. Diversamente, si rischierebbe di escludere dall’applicazione del diritto penale del lavoro attività edili abusive o completamente irregolari, favorendo l’elusione della normativa predisposta a tutela dei lavoratori, un’eventualità evidentemente inaccettabile.

Cassazione n. 2852/1983

La licenza edilizia ha la funzione limitata di eliminare un ostacolo di natura pubblicistica all’esercizio del diritto di edificare, senza tuttavia conferire all’attività del privato un carattere di interesse generale. Inoltre, esso non incide sugli eventuali vincoli di diritto privato che possano impedire la realizzazione dell’opera, i quali restano pienamente efficaci e non subiscono alcuna interferenza. Di conseguenza, anche quando la licenza è stata rilasciata legittimamente, il giudice ordinario conserva il potere di valutare la conformità della costruzione alle disposizioni del regolamento edilizio, in particolare per quanto riguarda il rispetto delle distanze legali.

 

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incidente probatorio

Incidente probatorio Cos’è l’incidente probatorio, procedimento, i requisiti e l’ammissibilità e la giurisprudenza recente della Cassazione

Cos’è l’incidente probatorio

L’incidente probatorio è un istituto del diritto processuale penale italiano che consente l’acquisizione anticipata di prove durante le indagini preliminari, garantendo che queste vengano raccolte con le stesse formalità previste per il dibattimento. Questo strumento è disciplinato dagli articoli 392 e seguenti del Codice di Procedura Penale (c.p.p.).

Definizione e finalità

L’incidente probatorio permette al pubblico ministero o alla persona sottoposta alle indagini di richiedere al giudice l’assunzione anticipata di una prova quando vi è il rischio che questa possa disperdersi o non essere più acquisibile in sede dibattimentale. L’obiettivo principale consiste quindi nel preservare l’integrità e la disponibilità delle prove fondamentali per il processo.

Procedimento

La richiesta di incidente probatorio deve essere presentata dal pubblico ministero o dalla persona sottoposta alle indagini entro i termini previsti per la conclusione delle indagini preliminari e comunque entro un termine sufficiente per l’assunzione della prova prima della scadenza di detti termini. Una volta ricevuta la richiesta, il giudice valuta se sussistono i presupposti di legge per procedere. Se la richiesta viene accolta, l’assunzione della prova avviene in contraddittorio tra le parti, con le stesse garanzie previste per il dibattimento.

Requisiti e ammissibilità dell’incidente probatorio

Secondo l’articolo 392 c.p.p., l’incidente probatorio è ammissibile nei seguenti casi:

  • Testimonianza a rischio: quando vi è fondato motivo di ritenere che un testimone non potrà essere esaminato durante il dibattimento perchè vi sono elementi per ritenere che la stessa sia soggetta a violenza, minaccia o offerta di denaro per dichiarare il falso o non deporre;
  • Prove soggette a modifiche: quando si teme che una prova possa subire alterazioni o non essere più disponibile in futuro.
  • Reati specifici: nei procedimenti per determinati reati, come quelli contro la libertà sessuale o che coinvolgono minori, l’incidente probatorio può essere richiesto per assumere la testimonianza della persona offesa, anche al di fuori delle ipotesi sopra indicate.

Giurisprudenza della Cassazione

La giurisprudenza ha più volte affrontato temi legati all’incidente probatorio. Ad esempio, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27104 del 23 maggio 2024, hanno stabilito che è abnorme, e quindi impugnabile per cassazione, il provvedimento con cui il giudice rigetta la richiesta di incidente probatorio riguardante la testimonianza della persona offesa in reati come maltrattamenti, motivando il rigetto con la non vulnerabilità della persona offesa o la possibilità di rinviare la prova. La Corte ha ritenuto tali presupposti come presunti per legge, rendendo il rigetto del tutto ingiustificato.

La Corte di Cassazione, Sez. VI penale, con la sentenza n. 17521 del 2 maggio 2024, invece ha esaminato un ricorso contro l’ordinanza del GIP che aveva respinto la richiesta di incidente probatorio avanzata dal Pubblico Ministero. La richiesta riguardava l’escussione di un minore, presunta vittima di maltrattamenti da parte del padre, ai sensi dell’art. 392, comma 1-bis, c.p.p.

La Cassazione ha chiarito che il rigetto della richiesta non interrompe il procedimento, ma rientra nella discrezionalità del giudice. Il GIP valuta la necessità e l’opportunità dell’incidente probatorio in base alle specificità del caso e alla tutela del minore.

Cassazione n. 42942/2024: A seguito della modifica dell’art. 603, comma 3-bis, c.p.p. introdotta dall’art. 34, comma 1, lett. i), n. 1, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 150, il giudice deve rinnovare l’istruttoria quando una diversa valutazione di una prova dichiarativa, considerata decisiva, riguarda una testimonianza raccolta tramite incidente probatorio. L’assenza di un’esplicita menzione delle prove acquisite con questa modalità non implica che il legislatore abbia voluto escluderle dalla rinnovazione.

 

 

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incentivo al posticipo

Incentivo al posticipo del pensionamento: al via le domande Implementato dall'Inps il servizio per la presentazione della domanda di incentivo al posticipo del pensionamento

Incentivo posticipo pensionamento

Con il messaggio n. 799/2025, l’INPS ha reso noto di aver implementato il servizio per la presentazione della domanda di incentivo al posticipo del pensionamento.

Il servizio online, che gestisce le domande di pensione, consente la presentazione della domanda dell’incentivo, previsto dalla legge di bilancio 2023 (art. 1, legge 29 dicembre 2022, n. 197) e modificato dalla legge di bilancio 2025 (art. 1, legge 30 dicembre 2024, n. 207).

Come richiederlo

lavori usuranti

Lavori usuranti Lavori usuranti: cosa sono, chi rientra nell'elenco, qual è la normativa e come ottenere la pensione anticipata

Cosa sono i lavori usuranti

I lavori usuranti sono quelle attività lavorative caratterizzate da un’elevata gravosità fisica o da condizioni ambientali particolarmente difficili, che possono compromettere la salute del lavoratore nel lungo periodo. A causa di tali fattori, chi svolge queste mansioni ha diritto alla pensione anticipata rispetto ai requisiti ordinari previsti per la pensione di vecchiaia.

Quali sono i lavori usuranti

Secondo il D.Lgs. 67/2011, rientrano tra i lavori usuranti le seguenti categorie:

  • Lavori in galleria, cave o miniere con esposizione a polveri e agenti nocivi.
  • Lavori in cassoni ad aria compressa e ad alte pressioni.
  • Lavori svolti ad alte temperature, come in fonderie o forni industriali.
  • Lavori notturni svolti per almeno 64 notti all’anno.
  • Lavori su turni con almeno 6 ore tra mezzanotte e le 5 del mattino.
  • Conducenti di veicoli adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo, con capacità superiore a 9 posti.
  • Lavori di catena nell’industria manifatturiera, come il settore tessile o alimentare.

Perché danno diritto alla pensione anticipata?

L’esposizione prolungata a condizioni di lavoro gravose incide negativamente sulla salute del lavoratore, determinando un maggiore rischio di patologie professionali. Per questa ragione, la legge prevede misure previdenziali specifiche che consentono ai lavoratori usuranti di accedere alla pensione con requisiti ridotti.

Requisiti per la pensione anticipata

La pensione anticipata per i lavori usuranti può essere ottenuta con:

  • Quota 97,6: almeno 61 anni e 7 mesi di età, con 35 anni di contributi (per i dipendenti).
  • Quota 98,6: almeno 62 anni e 7 mesi di età, con 35 anni di contributi (per gli autonomi).
  • Pensione anticipata con Ape Sociale per chi ha almeno 63 anni di età e 36 anni di contributi.

Normativa di riferimento

Le principali norme che regolano i benefici previdenziali per i lavoratori usuranti sono:

  • D.Lgs. 67/2011: disciplina i requisiti per l’accesso alla pensione anticipata.
  • Legge 232/2016 (Legge di Bilancio 2017): introduce l’Ape Sociale per alcune categorie.
  • D.L. 4/2019: modifica alcuni requisiti di accesso alla pensione anticipata.

Come fare domanda lavori usuranti

La domanda deve essere presentata all’INPS entro il 1° maggio di ogni anno per poter usufruire del pensionamento anticipato nell’anno successivo.

Procedura:

  1. Verifica dei requisiti contributivi attraverso l’estratto conto INPS.
  2. Presentazione della domanda tramite:
    • Portale INPS (SPID, CIE o CNS);
    • Patronati e CAF;
    • Contact Center INPS (803 164 da rete fissa o 06 164 164 da cellulare).
  3. Attesa della certificazione INPS che confermi il diritto alla pensione anticipata.
  4. Presentazione della domanda di pensione vera e propria, una volta ottenuta la certificazione.

Giurisprudenza rilevante

La Corte di Cassazione e il Consiglio di Stato hanno emesso diverse sentenze sui lavori usuranti:

  • Cass. civ. n. 27390/2019: ha chiarito che l’attività lavorativa deve essere valutata nella sua continuità per stabilire il diritto alla pensione anticipata.
  • Cass. civ. n. 4568/2020: ha stabilito che anche i lavoratori part-time possono accedere ai benefici se dimostrano la continuità dell’attività usurante.
  • Cons. Stato n. 789/2021: ha affermato che l’onere della prova della natura usurante dell’attività spetta al lavoratore, ma l’INPS deve fornire criteri oggettivi di valutazione.

 

codice fiscale per i neonati

Codice fiscale per i neonati: il servizio online L'Agenzia delle Entrate ha implementato un nuovo servizio online per il rilascio del codice fiscale per i neonati e anche per il duplicato della tessera sanitaria

Codice fiscale sprint per i neonati

Al via il nuovo servizio online per ottenere velocemente il codice fiscale per i neonati, se il Comune di residenza non lo ha comunicato ai genitori. Questi ultimi, infatti, adesso possono richiederlo direttamente online nell’area riservata del sito dell’Agenzia. E’ il nuovo servizio implementato dalle Entrate che hanno esteso anche la possibilità di richiedere il duplicato della tessera sanitaria direttamente online. Le regole sono indicate nel provvedimento del direttore dell’Agenzia del 5 marzo 2025.

Come fare richiesta per il codice fiscale neonati

Il nuovo servizio per la richiesta del certificato di codice fiscale, spiegano dal fisco, è disponibile in area riservata sul sito dell’Agenzia: per accedere è quindi necessario avere Spid o in alternativa le credenziali Cie (Carta d’identità elettronica) o CNS (Carta Nazionale dei Servizi). La richiesta può essere fatta da uno dei due genitori così come dai loro eventuali rappresentanti (come per esempio i tutori). Una volta entrati nell’applicativo, basta inserire i dati anagrafici della bambina o del bambino e allegare la copia dei documenti di nascita (certificato di nascita o dichiarazione di nascita resa presso l’ospedale). Non appena l’ufficio ha lavorato la richiesta, il sistema invia una email per avvisare che il certificato è disponibile online.

Duplicato tessera sanitaria online

Più semplice anche richiedere il duplicato della tessera sanitaria, a prescindere dalla tipologia (con o senza microchip).

Grazie al nuovo servizio, disponibile in area riservata sul sito dell’Agenzia, è innanzitutto possibile visualizzare e stampare una copia dell’ultima tessera sanitaria attiva, chiedere la riemissione su supporto plastificato e anche verificare l’indirizzo al quale sarà spedita, che normalmente coincide con l’indirizzo di residenza registrato in Anagrafe tributaria. Qualora si volesse far recapitare la tessera presso un indirizzo diverso da quello di residenza, il servizio consente di indicare direttamente online un diverso recapito di spedizione.

testamento olografo

Testamento olografo Testamento olografo: definizione, requisiti, differenza con altri tipi di testamento, validità e impugnazione, giurisprudenza

Cos’è il testamento olografo?

Il testamento olografo è una delle forme di testamento previste dall’ordinamento giuridico italiano ed è disciplinato dall’art. 602 del Codice Civile. Si tratta di un atto unilaterale con cui una persona dispone delle proprie volontà successorie, redatto senza l’intervento di un notaio e con piena autonomia del testatore.

Requisiti del testamento olografo

Affinché questo tipo di testamento sia valido, deve rispettare tre requisiti fondamentali:

  1. Autografia: deve essere scritto interamente a mano dal testatore , lo stampatello però non è ammesso a meno il testatore non scriva abitualmente i questo modo.
  2. Data: deve contenere l’indicazione del giorno, mese e anno di redazione.
  3. Firma: il testatore deve apporre la propria firma per identificare la paternità dell’atto.

La mancata osservanza di anche uno solo di questi elementi può comportare l’invalidità del testamento.

Differenze con altri tipi di testamento

Il testamento olografo si distingue dalle altre forme di testamento previste dal Codice Civile:

  • Testamento pubblico: redatto da un notaio alla presenza di due testimoni.
  • Testamento segreto: scritto dal testatore o da un terzo e consegnato sigillato a un notaio.

A differenza di queste forme, quello olografo non richiede l’intervento di terzi, garantendo riservatezza e nessun costo di redazione. Tuttavia, essendo un documento privato, presenta maggiori rischi di smarrimento, alterazione o contestazione.

Validità e impugnazione del testamento olografo

Il testamento olografo può essere impugnato dai soggetti legittimati per vari motivi:

  • Vizi di forma: mancanza di autografia, data o firma.
  • Incapacità del testatore: se redatto da una persona non in grado di intendere e volere.
  • Vizi della volontà: errore, dolo o violenza che abbiano influito sulla decisione del testatore.

Giurisprudenza rilevante

Alcune pronunce significative della Corte di Cassazione riguardano la validità del testamento olografo:

Corte di Cassazione n. 10065/2020: L’art. 590 c.c. consente agli eredi di confermare o eseguire una disposizione testamentaria nulla, ma la sua applicabilità presuppone l’effettiva esistenza di una volontà del de cuius espressa nel testamento. Di conseguenza, la norma non trova applicazione nei casi in cui sia accertata la falsità della sottoscrizione, poiché ciò esclude qualsiasi collegamento tra il testamento e la volontà del testatore.

Cassazione n. 31322/2023: Il testamento olografo, per essere valido, deve riportare la data completa di giorno, mese e anno, scritta di pugno dal testatore. Questa data è un elemento essenziale, la cui mancanza o alterazione da parte di terzi può invalidare il testamento. Se l’alterazione della data avviene contestualmente alla redazione del testamento, questo è nullo. Tuttavia, se l’intervento del terzo è successivo, il testamento rimane valido, purché sia possibile accertare la volontà originale del testatore.

Cassazione n. 5505/2017: La validità di un testamento olografo, ovvero scritto interamente a mano dal testatore, è strettamente legata alla sua autografia. L’intervento di terzi nella redazione dell’atto, anche solo guidando la mano del testatore, compromette questa caratteristica essenziale e rende il testamento nullo. La legge richiede che il testamento olografo sia scritto di pugno dal testatore in ogni sua parte, senza ausilio di mezzi meccanici o interventi esterni. Questo requisito garantisce che il documento rifletta la volontà autentica del testatore.

Fac-simile di testamento olografo

Di seguito un esempio di testamento olografo conforme alla normativa:

TESTAMENTO OLOGRAFO

Io, [Nome e Cognome], nato a [Luogo di nascita] il [Data di nascita], residente in [Indirizzo], nel pieno possesso delle mie facoltà mentali, dispongo delle mie volontà testamentarie nel modo seguente:

  1. Nomino erede universale [Nome del beneficiario] nato a [Luogo e data di nascita].
  2. Lascio a [Nome] la proprietà del mio immobile sito in [Indirizzo].
  3. Lascio a [Nome] la somma di [Importo] depositata presso [Istituto bancario].
  4. Dispongo che i miei beni vengano divisi secondo le quote di legge tra gli eredi legittimi.

Redatto a [Luogo], il [Data].

Firma: [Firma del testatore]

 

 

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sospensione cautelare avvocato

Sospensione cautelare avvocato: ha natura non sanzionatoria Sospensione cautelare avvocato: il CNF fornisce importanti precisazioni sulla natura e sull’applicazione della misura

Sospensione cautelare avvocato

La sospensione cautelare avvocato prevista e disciplinata dall’articolo 60 della legge n. 24772012 non ha natura sanzionatoria. Lo ha ribadito il CNF nella sentenza n. 336/2024, che ha chiarito anche altri aspetti della misura.

La vicenda

Un avvocato viene condannato alla pena della reclusione all’esito di un procedimento penale che lo ha visto imputato per diverse gravi fattispecie in concorso con altri soggetti. L’avvocato viene quindi sottoposto anche a procedimento disciplinare presso il consiglio distrettuale di disciplina, che si conclude con l’irrogazione della sospensione cautelare dall’esercizio della professione per otto mesi.

Sospensione cautelare avvocato eccessiva e dannosa

L’avvocato contesta di fronte al CNF diversi aspetti e presupposti che hanno condotto il CDD ad adottare il provvedimento di sospensione cautelare. Per questo ne chiede l’annullamento in via principale e, in via subordinata, la sua riduzione.

Negata la natura sanzionatoria

Per il CNF però le contestazioni sollevate da ricorrente in relazione alla sospensione cautelare avvocato risultano prive di fondamento, per diverse ragioni.

Sospensione cautelare: diversa la nuova legge

Prima di tutto il CNF ci tiene a ricordare che le SU nella sentenza n. 18984/2017 hanno chiarito che la sospensione cautelare prevista dall’articolo 60 della legge 247/2012 si distingue nettamente da quella disciplinata dall’articolo 43 del R.D.L. 1578/1933. La vecchia normativa prevedeva una misura atipica, applicabile in diverse situazioni che compromettevano l’immagine dell’avvocatura.

La nuova legge, invece, elenca specificamente i casi in cui la sospensione è legittima, eliminando il potere discrezionale. Inoltre, mentre la precedente sospensione era a tempo indeterminato, l’articolo 60 stabilisce un limite massimo di un anno e prevede l’annullamento della sospensione se, entro sei mesi, non viene emesso un provvedimento sanzionatorio. In sostanza, la nuova normativa ha introdotto maggiore certezza e limiti temporali alla sospensione cautelare.

Misura cautelare con finalità preventiva

La misura cautelare di sospensione poi ha lo scopo di prevenire la ripetizione di illeciti legati all’esercizio della professione forense e di proteggere chi potrebbe interagire con un avvocato che ha abusato del suo ruolo per scopi estranei alla difesa. La tutela della fiducia pubblica e dei clienti, insieme alla correttezza dei comportamenti, sono obiettivi fondamentali dell’ordinamento forense, pertanto la sospensione cautelare si affianca alle misure cautelari penali per garantire questi valori.

Procedimento disciplinare non necessario

La difesa del ricorrente ha anche contestato l‘eccessiva durata di otto mesi della sospensione cautelare, data la pendenza del processo penale e il rischio di un danno irreparabile in caso di assoluzione, e lamenta la mancanza di motivazione sulla durata della sospensione.

Tali contestazioni però devono ritenersi infondate, poiché la sospensione cautelare ha una natura e finalità diverse dalla sanzione disciplinare, e la sua legittimità non dipende dall’esito del procedimento penale. Inoltre, l’assenza di motivazione sulla durata della sospensione non invalida la decisione, secondo l’orientamento del Consiglio Nazionale Forense, che richiede solo l’adeguatezza della misura rispetto all’offesa al decoro professionale. Il CNF ha comunque il potere di integrare la motivazione sulla quantificazione della sanzione.

Come precisato inoltre in una precedente sentenza del 2017 la sospensione cautelare, non essendo una sanzione, non richiede l’apertura formale di un procedimento disciplinare, ma decade se non viene comminata una sanzione entro sei mesi. Tuttavia, per essere legittima, l’organo disciplinare deve poter ragionevolmente ipotizzare che il reato contestato o accertato penalmente possa avere rilevanza deontologica, anche considerando l’eventuale prescrizione dell’azione disciplinare. In sostanza, la sospensione cautelare è legata alla potenziale sussistenza di un illecito disciplinare.

Sentenza definitiva non necessaria

Infondata infine anche la doglianza che ritiene necessaria la condanna definitiva in sede penale.

Per applicare la sospensione cautelare all’avvocato. Le SU della Cassazione n. 26148/2017 hanno precisato infatti che l’articolo 60, comma 1, della legge n. 247 del 2012, permette la sospensione cautelare di un avvocato senza attendere una sentenza penale definitiva, quando si verificano situazioni di particolare gravità che danneggiano l’immagine della professione. Questa misura urgente protegge il decoro della classe forense, intervenendo tempestivamente in casi di clamore pubblico, come l’applicazione di misure cautelari penali o condanne in primo grado per reati specifici. In sostanza, la legge privilegia la tutela immediata della reputazione della professione, piuttosto che attendere l’esito finale di un processo.

 

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bonus psicologo inps

Bonus psicologo: cos’è e come funziona Scopri a chi si rivolge, come funziona e i requisiti per accedere al beneficio del bonus psicologo

Cos’è il Bonus psicologo

Il Bonus psicologo è un contributo economico introdotto per aiutare le persone che soffrono di ansia, stress, depressione o fragilità psicologica a causa della pandemia e della crisi socio-economica. Il bonus copre fino a 50 euro a seduta di psicoterapia, per un importo massimo variabile in base al reddito ISEE.

A chi è rivolto

Il Bonus Psicologo è rivolto a tutti i cittadini italiani o residenti in Italia che:

  • hanno un ISEE inferiore a 50.000 euro;
  • hanno avuto gravi conseguenze di natura psicologica a causa della pandemia;
  • vogliono intraprendere un percorso psicoterapeutico.

Come fare domanda

Le domande per il bonus psicologo possono essere presentate esclusivamente online tramite il sito web dell’INPS utilizzando SPID, CIE o CNS.

Cosa serve per fare domanda

Per fare domanda per il Bonus Psicologo è necessario avere:

  • un ISEE in corso di validità inferiore a 50.000 euro;
  • SPID, CIE o CNS per accedere al portale INPS.

La domanda può essere presentata anche tramite il Contact Center INPS. Basta contattare il numero verde 803.164, gratuito da tutte le reti fisse o il numero 06 164.164 da rete mobile a pagamento con costo variabile al variare della tariffa del gestore.

Bonus psicologo come funziona

Una volta presentata la domanda e ricevuta l’approvazione, l’INPS eroga un codice univoco al beneficiario. Il codice deve essere consegnato allo psicologo per usufruire delle sessioni di terapia. Il bonus copre fino a 50 euro  a seduta, per un importo massimo che varia in base al reddito ISEE:

  • ISEE inferiore a 15.000 euro: massimo 1.500 euro;
  • ISEE tra 15.000 euro e 30.000 euro: massimo 1.000,00 euro;
  • ISEE tra 30.000 euro e 50.000 euro: massimo 500,00 euro.

Ci sono 270 giorni per utilizzarlo dall’approvazione: tempo limite per utilizzare il codice univoco e usufruire delle sessioni di terapia.

Bonus psicologo: i chiarimenti dell’INPS

Sulla misura, nel corso del 2024, l’INPS è intervenuto con diversi provvedimenti per fornire i dettagli necessari:

  • presentando una nuova Dichiarazione Unica corretta e completa;
  • presentando documenti idonei a provare che i dati inviati sono corretti e completi;
  • rettificando la DSU con efficacia retroattiva, se presentata tramite CAF, qualora sia stato commesso un errore materiale.

Il messaggio ricorda inoltre che il riconoscimento del bonus psicologo è subordinato al trasferimento dei fondi dalle Regioni all’INPS.

Graduatorie 2024

Con il messaggio 2584/2024 l’INPS ha comunicato la pubblicazione delle graduatorie per l’erogazione del bonus psicologo, distinte per Regioni e Province autonome di residenza.

I beneficiari sono stati individuati tenendo conto del valore dell’indicatore della situazione economica equivalente (ISEE) più basso e, a parità del valore ISEE, dell’ordine cronologico di presentazione delle domande, nei limiti dell’ammontare delle risorse.

Ultime sul bonus psicologo

I beneficiari accedendo dalla home page del portale Inps alla pagina dedicata alla prestazione, troveranno il link di accesso al servizio (“Utilizza il servizio”), per il quale è richiesta l’autenticazione con la propria identità digitale, SPID di livello 2 o superiore, Carta di identità elettronica (CIE) 3.0 o Carta Nazionale dei servizi (CNS); una volta autenticati, i soggetti richiedenti possono visionare l’esito della richiesta e, in caso di esito positivo, l’importo del contributo riconosciuto e il codice univoco assegnato per usufruire delle sedute di psicoterapia.

Ulteriori risorse

Con il messaggio n. 811/2025, l’INPS ha comunicato lo stanziamento di ulteriori risorse a valere sui fondi 2023 per il bonus psicologo. In particolare, sono stati stanziati 5 milioni di euro destinati a Regioni e province autonome per finanziarie sessioni di psicoterapia. Le graduatorie verranno aggiornate a partire dal 15 aprile 2025.

femminicidio

Femminicidio: reato autonomo Approvato dal Consiglio dei ministri che introduce il delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per la tutela delle vittime

Il delitto di femminicidio

Il femminicidio diventa reato autonomo. Oggi, 7 marzo, 2025, il Consiglio dei Ministri ha approvato un disegno di legge che introduce nel codice penale il delitto di femminicidio e altri interventi normativi per il contrasto alla violenza nei confronti delle donne e per la tutela delle vittime.

Cosa prevede il testo

Il testo, si legge nel comunicato stampa di palazzo Chigi, appronta un intervento ampio e sistematico per rispondere alle esigenze di tutela contro il fenomeno di drammatica attualità delle condotte e manifestazioni di prevaricazione e violenza commesse nei confronti delle donne.

Nuova fattispecie penale di femminicidio

Si introduce la nuova fattispecie penale di “femminicidio” che, per l’estrema urgenza criminologica del fenomeno e per la particolare struttura del reato, viene sanzionata con la pena dell’ergastolo. In particolare, si prevede che sia punito con tale pena “chiunque cagiona la morte di una donna quando il fatto è commesso come atto di discriminazione o di odio verso la persona offesa in quanto donna o per reprimere l’esercizio dei suoi diritti o delle sue libertà o, comunque, l’espressione della sua personalità”. In linea con tale intervento, le stesse circostanze di commissione del reato sono introdotte quali aggravanti per i delitti più tipici di codice rosso, con la previsione di un aumento delle pene previste di almeno un terzo e fino alla metà o a due terzi, a seconda del delitto.

Le altre novità

Inoltre, il testo:

  • prevede l’audizione obbligatoria della persona offesa da parte del pubblico ministero, non delegabile alla polizia giudiziaria, nei casi di codice rosso;
  • introduce specifici obblighi informativi in favore dei prossimi congiunti della vittima di femminicidio;
  • prevede il parere, non vincolante, della vittima in caso di patteggiamento per reati da codice rosso e connessi obblighi informativi e onere motivazionale del giudice;
  • nei casi in cui sussistano esigenze cautelari, prevede l’applicazione all’imputato della misura della custodia cautelare in carcere o degli arresti domiciliari;
  • interviene sui benefici penitenziari per autori di reati da codice rosso;
  • introduce, in favore delle vittime di reati da codice rosso, un diritto di essere avvisate anche dell’uscita dal carcere dell’autore condannato, a seguito di concessione di misure premiali;
  • rafforza gli obblighi formativi dei magistrati, previsti dall’art. 6, comma 2, della legge n. 168 del 2023;
  • estende alla fase della esecuzione della condanna al risarcimento il regime di favore in tema di prenotazione a debito previsto per i danneggiati dai fatti di omicidio “codice rosso” e di femminicidio;
  • introduce una disposizione di coordinamento che prevede l’estensione al nuovo articolo 577-bis dei richiami all’articolo 575 contenuti nel codice penale.

Convenzione di Istanbul

L’intervento si inserisce anche nel quadro degli obblighi assunti dall’Italia con la ratifica della Convenzione di Istanbul e nel solco delle linee operative disegnate dalla nuova direttiva (UE) 1385/2024 in materia di violenza contro le donne, nonché delle direttive in materia di tutela delle vittime di reato.

Una svolta epocale

“Oggi il Governo compie un altro passo avanti nell’azione di sistema che sta portando avanti fin dal suo insediamento per contrastare la violenza nei confronti delle donne e per tutelare le vittime. Il Consiglio dei ministri ha varato un disegno di legge estremamente significativo, che introduce nel nostro ordinamento il delitto di femminicidio come reato autonomo, sanzionandolo con l’ergastolo, e prevede aggravanti e aumenti di pena per i reati di maltrattamenti personali, stalking, violenza sessuale e revenge porn. Norme che considero molto importanti e che abbiamo fortemente voluto per dare una sferzata nella lotta a questa intollerabile piaga.  Ringrazio i Ministri che hanno lavorato al provvedimento e che ci hanno permesso di raggiungere, alla vigilia della Festa della Donna, questo importante risultato”. Sono le parole della premier Meloni.

Il Guardasigilli Nordio nella conferenza stampa a margine del Cdm ha parlato di “grande svolta”, che oltre a risolvere problemi tecnici costituisce una “manifestazione potente di attenzione dello Stato a questa problematica che è emersa in questi ultimi anni in maniera così dolorosa, e che deve avere un riconoscimento penale di prima levatura”.

decreto caivano

Decreto Caivano: prova semplificata secondo il favor minoris La Corte Costituzionale ha dichiarato l'illegittimità della disposizione del Decreto Caivano nella parte in cui indica il Gip per la prova minorile semplificata

Decreto Caivano: l’intervento della Consulta

Decreto Caivano: la prova minorile “semplificata” va decisa dal giudice collegiale e interpretata secondo il “favor minoris”. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 23/2025, decidendo le questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 27-bis del d.P.R. numero 448 del 1988, inserito dall’articolo 8, comma 1, lettera b), del decreto-legge numero 123 del 2023, convertito nella legge numero 159 del 2023 (“decreto Caivano”), sollevate, in riferimento agli articoli 3 e 31, secondo comma, della Costituzione, dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale per i minorenni di Trento.

Prova minorile semplificata

La Corte ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 2 della disposizione censurata, per violazione dell’articolo 31, secondo comma, della Costituzione, nella parte in cui indica «giudice per le indagini preliminari», anziché «giudice dell’udienza preliminare, ai sensi dell’art. 50-bis, comma 2, del regio decreto 30 gennaio 1941, n. 12 (Ordinamento giudiziario)».

Infatti, quale istituto di protezione della gioventù, rammenta la Corte, anche la prova minorile “semplificata”, introdotta dalla norma censurata, richiede la composizione pedagogicamente qualificata dell’organo giudicante, quindi un collegio integrato dagli esperti educatori, così come è previsto per la messa alla prova minorile ordinaria.

Favor minoris

Le ulteriori questioni sono state dichiarate non fondate «nei sensi di cui in motivazione», essendo possibile attribuire alla norma un significato adeguato al “favor minoris”, nel senso che:

– il programma rieducativo non può essere elaborato senza l’intervento dei servizi minorili, che seguono poi il minore durante lo svolgimento della prova e rimettono al giudice la relazione conclusiva;

– la proposta del pm di accesso alla prova “semplificata” è atto di esercizio dell’azione penale, quindi può intervenire solo quando sia sufficientemente definito, oltre al fatto-reato, anche il quadro esistenziale del minore;

– nell’applicazione dell’istituto, giudice e PM possono avvalersi dei mezzi conoscitivi di cui agli articoli 6 e 9 del d.P.R. 448/1988, non ostando la clausola di invarianza finanziaria, inserita dal “decreto Caivano” per forme atipiche di impegno dei servizi;

– il termine di sessanta giorni fissato dalla norma censurata per il deposito del programma rieducativo non è perentorio, sicché, qualora per giustificate ragioni non riesca a rispettarlo, la difesa del minore può ottenerne una proroga;

– come per il progetto di intervento nella prova minorile ordinaria, neppure nella prova “semplificata” è precluso al giudice integrare o modificare il programma rieducativo, purché consulti le parti e i servizi minorili;

– oltre ad attività di lavoro, la prova “semplificata” può avere ad oggetto anche attività di carattere socio-relazionale, e gli stessi eventuali impegni lavorativi non devono compromettere i percorsi scolastico-educativi in atto.

La decisione

«In virtù della pronuncia sostitutiva sulla composizione del giudice e dei descritti adeguamenti interpretativi» – si legge, infine, in sentenza – «la norma censurata si sottrae alla richiesta di ablazione radicale, anche in ragione del fatto che il nuovo istituto, per come modificato in sede di conversione del d.l. n. 123 del 2023, non preclude ulteriori percorsi procedimentali, incluso quello della messa alla prova ordinaria».