Penale, Penale - Primo piano

Impronte digitali come prova penale: valenza decisiva La Cassazione ha stabilito che le impronte digitali rilevate su un oggetto usato nel reato costituiscono prova sufficiente di colpevolezza, salvo prova contraria dell’imputato

impronte digitali

Impronte digitali: la valenza probatoria

La Corte di Cassazione, con la sentenza n.29834/2025, è tornata ad affrontare il tema della valenza probatoria delle impronte digitali nel processo penale. Il Supremo Collegio ha affermato che il rinvenimento di impronte papillari su un oggetto utilizzato per commettere un reato rappresenta di per sé prova sufficiente per affermare la responsabilità dell’imputato.

Tale principio comporta che l’onere di fornire una spiegazione alternativa ricade sull’interessato, il quale deve dimostrare come quelle impronte possano essere giunte sull’oggetto senza collegamento con l’azione criminosa.

I fatti del caso

Nel caso esaminato, le impronte digitali di un soggetto erano state rinvenute su un oggetto utilizzato dai responsabili per perpetrare un furto. La difesa aveva sostenuto che tale elemento probatorio fosse insufficiente a dimostrare la colpevolezza, invocando la necessità di ulteriori riscontri.

Il giudice di merito, tuttavia, aveva già ritenuto decisivo il rilievo dattiloscopico, ritenendo non credibile l’ipotesi di un contatto occasionale e privo di collegamento con il fatto criminoso. La questione è giunta quindi in Cassazione, che ha confermato l’impostazione dei giudici territoriali.

La motivazione della Cassazione

La Suprema Corte ha richiamato il consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui:

  • le impronte digitali costituiscono un elemento di prova particolarmente significativo, in quanto strettamente personale e difficilmente equivocabile;

  • il loro ritrovamento su un oggetto utilizzato nella commissione del reato consente di attribuire un elevato grado di attendibilità al collegamento tra impronta e condotta criminosa;

  • solo una dimostrazione contraria da parte dell’imputato può scalfire tale valenza probatoria, ad esempio fornendo una spiegazione plausibile sulla presenza delle impronte in circostanze estranee al reato.

La Cassazione ha così ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito, confermando la condanna.

Allegati