Civile, In evidenza - home page

Danno da shock: riconosciuto dalla Cassazione Danno da shock: per la S.C. va risarcito il cliente del supermercato che mangia la zuppa con dentro gli insetti

danno da shock

Danno da shock per il cliente del supermercato

Il risarcimento del danno da shock, spesso complesso da quantificare, è stato oggetto di attenzione da parte della Cassazione in un caso singolare quanto significativo. Nell’ordinanza n. 31730/2024 la Cassazione sottolinea come il giudice che intende discostarsi dalle conclusioni della CTU che riconosce il danno deve fornire una motivazione specifica per questa decisione, non una meramente apparente.

Danno da shock richiesta danni rigettata

La vicenda ha inizio nel 2011, quando un consumatore, mangiando una zuppa rustica acquistata presso un supermercato, ingerisce involontariamente alcuni insetti presenti nel prodotto. Questo evento gli causa dolori gastrici, documentati dal pronto soccorso con la diagnosi di “sindrome dispeptica”. Nel 2016, l’acquirente cita in giudizio il supermercato e il produttore, chiedendo il risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali subiti. Il Tribunale nel 2020 riconosce la responsabilità del supermercato per la vendita del prodotto contaminato e stabilisce un risarcimento di 3.000 euro. Contestualmente impone al supermercato di rifondere le spese processuali. Successivamente, il produttore e la sua compagnia assicuratrice vengono coinvolti nel procedimento. La causa prosegue infatti in appello. In questa sede il supermercato cerca di ribaltare la sentenza. La Corte d’appello però conferma la responsabilità del supermercato e accoglie l’appello incidentale, condannando il produttore a manlevare il supermercato e la compagnia assicurativa a coprire il produttore. La Corte tuttavia rigetta la richiesta dell’attore per i danni da shock psichico.

Motivi specifici se il giudice si discosta dalla CTU

Il caso arriva in Cassazione, dove gli Ermellini accolgono il ricorso dell’attore. La Suprema Corte rileva come la Corte d’appello abbia fornito una motivazione apparente nel rigettare il danno da shock. La stessa infatti non ha considerato adeguatamente le risultanze della consulenza tecnica d’ufficio (CTU). La consulenza, infatti, ha accertato l’esistenza di un danno biologico del 9% riconducibile all’evento. Essa si fonda su una valutazione psicodiagnostica, che include test strutturati e analisi del comportamento. Nonostante ciò, il giudice d’appello si è discostato dalle conclusioni, senza fornire però motivazioni sufficienti e dettagliate.

A questo proposito la Cassazione ricorda che il giudice che intende discostarsi dalle conclusioni di una CTU deve motivare in modo specifico la propria decisione. Una semplice adesione generica o un rigetto apodittico non sono sufficienti. Nel caso in esame, la Corte d’appello ha basato il proprio rigetto su rilievi frammentari, come una nota anamnestica del pronto soccorso, senza verificare l’attendibilità delle fonti o delle preesistenti condizioni psichiche del ricorrente.  

Nuova valutazione del danno da shock

La Cassazione evidenzia come la motivazione offerta dal giudice d’appello sia carente, perché non analizza in modo concreto le censure sollevate. La stessa inoltre non considera per nulla le indagini svolte dal CTU, svuotandone il significato. Questa carenza porta alla cassazione della sentenza d’appello e al rinvio del caso alla Corte d’appello in diversa composizione.

Questo caso sottolinea la complessità nell’accertare e risarcire il danno da shock. Per questo la Suprema Corte ha riaffermato l’importanza di una motivazione solida e analitica, soprattutto quando si discosta da una CTU. Il danno psichico, spesso difficile da provare, richiede infatti un esame accurato delle evidenze mediche e psicologiche.

Allegati