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Avvocato molesta l’aspirante segretaria: quale sanzione? L'avvocato che molesta l'aspirante segretaria durante il colloquio merita una pena più severa dell'avvertimento

Avvocato molesta aspirante segretaria: giudizio disciplinare

Un avvocato molesta l’aspirante segretaria durante un colloquio. Lo stesso viene quindi condannato alla pena sospesa della reclusione di 9 mesi e allinterdizione dai pubblici uffici per la stessa durata. L’imputato avrebbe toccato con intenzioni inequivoche la mano e i fianchi della donna recatasi presso il suo studio per un colloquio di lavoro.

L’aspirante segretaria denuncia l’avvocato, che viene sottoposto anche a procedimento disciplinare. Il legale è ritenuto responsabile di aver violato i doveri di probità, dignità e decoro (art. 9 comma 2 codice deontologico) e l’obbligo di comportarsi in modo da non compromettere la dignità della professione e l’affidamento dei terzi (art. 63 codice deontologico).

Per i suddetti motivi il Consiglio distrettuale di disciplina lo sanziona con la sanzione dell’avvertimento.

Avvertimento: pena inappropriata per l’avvocato molestatore

Il procuratore generale però impugna la decisione ritenendo inappropriata la sanzione irrogata.

Il CNF accoglie l’impugnazione e sanziona l’avvocato con la sospensione dallesercizio dellattività professionale per la durata di 6 mesi. Il Consiglio nazionale Forense ritiene che la condotta dell’avvocato abbia violato l’articolo 9 del Codice deontologico. La norma sancisce in particolare i doveri di dignità, probità e decoro. L’avvocato però non avrebbe violato l’articolo 63 comma 3 del Codice deontologico, ma la legge penale. Inappropriata quindi la sanzione dell’avvertimento prevista da quest’ultima norma.

Corretta la sospensione di 6 mesi per l’avvocato che molesta

L’avvocato impugna la decisione davanti alla Corte di Cassazione contestando la violazione dell’articolo 4 comma 2 del Codice deontologico che rimanda alla violazione consapevole della legge penale. Per il legale la rilevanza penale della condotta non lo avrebbe sottratto dall’applicazione dell’art. 63 del codice deontologico, ma avrebbe potuto comportare a suo carico l’applicazione delle aggravanti previste dall’articolo 22 comma 2 del codice deontologico.

Per le Sezioni Unite Civili della Cassazione (sentenza n. 26369/2024), il CNF ha individuato correttamente di sussumere la violenza sessuale nella previsione generale invece che in quella speciale. Rispetta la proporzione la decisione di non far rientrare un fatto sanzionabile penalmente nella previsione deontologica che sanziona la condotta   in misura più lieve. Conforme a misura anche la decisione di escludere l’applicazione dell’art. 63 del codice deontologico. In base alla tesi del ricorrente si finirebbe infatti per punire con l’avvertimento qualsiasi illecito extraprofessionale.

La Cassazione del resto afferma ormai da tempo che:il giudice disciplinare è libero di individuare l’esatta configurazione della violazione tanto in clausole generali, quanto in diverse norme deontologiche o anche di ravvisare un fatto disciplinarmente rilevante in condotte atipiche non previste da dette norme.”

Infondato il motivo con cui il ricorrente contesta la violazione dell’art. 653 c.p.c da parte del giudice penale. Se il giudice aveva infatti escluso l’aggravante contemplata dall’art. 61 n. 11 cp ossia di abuso di relazioni d’ufficio, il CNF ha disposto la sospensione semestrale dalla professione perché l’avvocato avrebbe tenuto la condotta sanzionata abusando della propria posizione di datore rispetto alla soggettiva sudditanza in cui si trovava l’aspirante impiegata al ruolo di segretaria.

Inammissibile infine il motivo con cui l’avvocato precisa che la sanzione della sospensione possa essere irrogata solo in due casi, ossia in presenza di comportamenti o responsabilità gravi o quando non sussistono ragioni per irrogare la censura. La correttezza della scelta della sanzione non è infatti censurabile in sede di legittimità.

 

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