Quesito con risposta a cura di Daniela Cazzetta e Alessandra Fantauzzi
In tema di omicidio stradale, il conducente che esegue una manovra di retromarcia in area urbana con mezzo privo di adeguata visibilità posteriore e in prossimità di esercizi frequentati da pedoni, ha l’obbligo di verificare che la traiettoria sia libera, anche prevedendo condotte imprudenti di terzi (condotta del pedone investito), in forza dei generali obblighi di prudenza, attenzione e gestione del rischio codificati dal Codice della strada. L’impatto con un pedone non visibile, in simili condizioni, integra colpa specifica, non potendo invocarsi né l’imprevedibilità né il caso fortuito. Integra il reato di fuga dopo sinistro (art. 189, comma 6, C.d.S.) la condotta di colui che, pur fermandosi brevemente, si allontani dal luogo dell’incidente senza rendersi identificabile né consentire accertamenti tecnici, anche se invita un terzo a chiamare i soccorsi. Il reato è autonomo rispetto alla mancata assistenza (art. 189, comma 7, C.d.S.), che si perfeziona con l’omesso accertamento dell’effettiva necessità di aiuto da parte dell’investitore prima di allontanarsi. – Cass., sez. IV, 14 aprile 2025, n. 14444 (Condotta del pedone investito).
Il caso posto all’attenzione del Giudice di Legittimità ineriva al caso di un’autista di autocarro che, nell’effettuare una manovra in retromarcia, investiva un pedone e ne causava il decesso. Nel merito si riteneva sussistessero tutte le condizioni del delitto ex art. 589bis c.p.: le circostanze fattuali potevano legittimamente far prevedere un simile percorso causale. Altresì, si configurava il reato di fuga dopo il sinistro, in quanto il reo si era limitato a fermarsi brevemente e a invitare uno dei testimoni a chiamare l’ambulanza, allontanandosi repentinamente. Il ricorrente, d’altra parte, evidenziava come la condotta del pedone ex se integrasse un grave profilo di colpa, avendo pressocché esclusivamente generato la situazione di pericolo.
I motivi dedotti dal reo risultavano manifestatamente infondati. In particolare, al vaglio del giudice di legittimità è sottoposto il principio di affidamento nei reati colposi commessi a seguito di violazioni del Codice della Strada; questo, inoltre, si connette al carattere personale e rimproverabile della responsabilità colposa, nel tentativo di delineare limiti plausibili ed umanamente esigibili. La Corte spiega, infatti, come l’affidamento sull’altrui diligenza viene meno in presenza di particolari obblighi di controllo o sorveglianza sui terzi, anche con riferimento alle circostanze del caso concreto. Il Codice della Strada, in particolare, estende al massimo gli obblighi di attenzione e prudenza di cui alcuni esempi si rinvengono agli artt. 141, 145 e 191 del medesimo. Il conducente deve essere in grado di padroneggiare il veicolo in ogni evenienza al punto da prevedere anche eventuali imprudenze altrui; in virtù di tale obiettivo deve adeguare la sua condotta alle circostanze concrete. Unico controlimite che permette di escludere la colpa del conducente sta nella effettiva prevedibilità dell’evento.
L’ imputato aveva avviato la manovra di retromarcia con un veicolo ingombrante in una strada posta in centro abitato ed in zona frequentata da pedoni, ben sapendo che una parte posteriore del suo mezzo non era a lui visibile e che l’autocarro non era dotato di strumenti ottici che gli consentissero una completa visibilità della parte posteriore. Nonostante ciò, egli ha proseguito nella sua manovra e senza adoperare adeguati accorgimenti per realizzarla in sicurezza (es. la collaborazione di una persona a terra). Le circostanze così come descritte evidenziano come l’evento verificatosi (colpire una persona presente sulla linea di arretramento senza essere vista) fosse non frequente, ma non eccezionale e pertanto non imprevedibile.
Passando al reato di fuga ex art. 189, comma 6, C.d.S., si ritiene integrata la fattispecie nel caso in cui il soggetto, coinvolto in un sinistro con danni alle persone, effettui soltanto una sosta momentanea, senza fornire le proprie generalità. Scopo del reato, infatti, è quello di evitare che il reo si renda irriconoscibile e non assuma la propria responsabilità rispetto al fatto cagionato. Il dovere di fermarsi sul posto dell’incidente deve durare per tutto il tempo necessario all’espletamento delle prime indagini rivolte ai fini dell’identificazione del conducente stesso e del veicolo condotto. Contestualmente, sotto il profilo oggettivo, si evidenzia come il bisogno dell’investito deve essere valutato prima che il conducente si allontani, seppur il fatto non si figuri quando non vi siano lesioni o morte o altri abbia già provveduto e non risulti più necessario, né utile o efficace l’ulteriore intervento dell’obbligato. A fortiori, l’elemento psicologico del dolo eventuale richiesto rafforza la spiegazione finora svolta: il conducente deve essere pressoché certo che la sua condotta non provochi danno alle persone in termini di immediatezza e che questo non possa avvenire anche solo nei termini della possibilità. Lo stesso concetto di fuga, inoltre, assorbe quello di mancata assistenza nella fattispecie complessa così delineata.