Azione disciplinare avvocati
Con la sentenza n. 6549/2025, le Sezioni Unite Civili della Cassazione hanno risolto un contrasto giurisprudenziale in tema di prescrizione dell’azione disciplinare nei confronti degli avvocati.
Il caso: denigrazione colleghi e disciplinare
La vicenda trae origine da un esposto disciplinare presentato nei confronti di un avvocato, accusato di aver denigrato pubblicamente un collega attraverso affermazioni ritenute lesive della sua reputazione.
L’azione disciplinare era stata promossa a distanza di oltre tre anni dall’episodio contestato. L’incolpato, eccependo l’intervenuta prescrizione, contestava la tardività del procedimento. Tuttavia, il Consiglio nazionale forense aveva rigettato l’eccezione, ritenendo che il termine decorresse non dalla data dell’atto denigratorio, ma dalla scoperta del fatto da parte dell’autorità disciplinare.
La questione rimessa alle Sezioni Unite
La Corte di cassazione, rilevato un contrasto tra pronunce precedenti sull’individuazione del dies a quo della prescrizione disciplinare, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, le quali si sono espresse nel senso della decorrenza oggettiva del termine.
La prescrizione decorre dall’atto denigratorio
La Corte ha affermato il seguente principio: “In tema di procedimento disciplinare forense, la prescrizione dell’azione decorre dalla data di commissione del fatto, e non dal momento della sua conoscenza da parte dell’organo disciplinare, anche quando si tratti di condotte a carattere diffamatorio tra colleghi.”
Secondo le Sezioni Unite, la norma contenuta nell’art. 51, comma 2, L. n. 247/2012 stabilisce in modo chiaro che il termine di prescrizione è di cinque anni e decorre dalla commissione del fatto illecito, senza introdurre eccezioni analoghe a quelle previste per i reati penali in materia di reati occulti o permanenti.
Tutela dell’affidamento e certezza del diritto
La Corte ha ritenuto che una diversa interpretazione, fondata sul momento della conoscibilità soggettiva del fatto da parte dell’organo procedente, si porrebbe in contrasto con i principi di certezza del diritto, affidamento legittimo dell’incolpato e tutela del giusto processo, oltre a risultare priva di base normativa.
Viene ribadito che il procedimento disciplinare, pur avendo natura amministrativa, non può essere soggetto a criteri estensivi di decorrenza della prescrizione, pena la violazione del principio di legalità e della parità delle parti nel procedimento.
Nella motivazione si legge: “L’interpretazione che faccia decorrere il termine prescrizionale da un momento diverso da quello della commissione del fatto rischia di tradursi in una dilatazione indeterminata della responsabilità disciplinare, con effetti lesivi della stabilità del rapporto professionale.”
Applicando tale principio, le Sezioni Unite hanno annullato la decisione del CNF e dichiarato estinta per prescrizione l’azione disciplinare, rilevando che il fatto denigratorio si era verificato nel 2019, mentre il procedimento era stato avviato soltanto nel 2023, oltre il termine massimo di cinque anni.