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Pensione anticipata: i 35 anni di contributi effettivi non servono Pensione anticipata: la Cassazione cambia orientamento e afferma che i 35 anni di contributi effettivi non servono

pensione anticipata

Pensione anticipata e contributi effettivi

Per la pensione anticipata non servono più i 35 anni di contributi effettivi versati. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione in due sentenze che vanno a sovvertire il precedente orientamento giurisprudenziale. Si tratta delle decisioni n. 24916/2024 e 24952/2024, entrambe del 17 settembre 2024, che hanno posto fine a due controversie tra due lavoratrici e l’INPS.

Pensione anticipata: valore dei contributi figurativi

In entrambi i casi le lavoratrici hanno convenuto in giudizio l’INPS per chiedere di far valere, ai fini della pensione anticipata (legge Fornero- Monti n. 214/2011), anche i contributi figurativi per malattia o disoccupazione. Le autorità giudiziarie adite però hanno respinto le domande delle lavoratrici. La pensione anticipata infatti, per disposizione di legge, non permetterebbe di accreditare i contributi figurativi per disoccupazione o malattia. Le due lavoratrici hanno quindi appellato le decisioni delle Corti perché il comma 10 dell’art. 24 del decreto legge n. 201/2011, convertito nella legge n. 214/2011, consente di conteggiare i contributi figurativi.

Cassazione: i 35 anni di contributi effettivi non servono

La Corte di Cassazione, in entrambe le cause, ricorda che il sistema pensionistico è stato modificato dalla riforma contenuta nella legge n. 214/2011. Le modifiche di questa legge hanno coinvolto anche la pensione anticipata, eliminando il requisito dei 35 anni di contribuzione effettiva.

Il comma 10 dell’art. 24 al comma 1 recita infatti testualmente: “A decorrere dal 1° gennaio 2019 e con riferimento ai soggetti la cui pensione è liquidata a carico dell’AGO e delle forme sostitutive ed esclusive della medesima, nonché della gestione separata di cui all’articolo 2, comma 26, della legge 8 agosto 1995, n. 335, l’accesso alla pensione anticipata è consentito se risulta maturata un’anzianità contributiva di 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne.”

La norma è chiara, essa cita l’anzianità contributiva e la sua durata, non specifica che deve essere effettiva.

Diversa è invece la formulazione del comma 11 dell’art. 24, il quale dispone che: “Fermo restando quanto previsto dal comma 10, per i lavoratori con riferimento ai quali il primo accredito contributivo decorre successivamente al 1° gennaio 1996 il diritto alla pensione anticipata, previa risoluzione del rapporto di lavoro, può essere conseguito, altresì, al compimento del requisito anagrafico di sessantatre anni, a condizione che risultino versati e accreditati in favore dell’assicurato almeno venti anni di contribuzione effettiva (…)”

La decisione dell’INPS, di rigettare le domande di pensione anticipata avanzata dalle lavoratrici, non trova quindi alcun fondamento normativo, al contrario, essa conduce alla disapplicazione della  legge.

Contributi effettivi se il primo accredito è successivo al 1° gennaio 1996

Il legislatore quando ha voluto includere tra i requisiti necessari per conseguire la pensione anticipata i soli contributi effettivi lo ha specificato. Poiché però il comma 10 dell’art. 24 del decreto legge n. 201/2011 non lo specifica, la contribuzione figurativa non può ritenersi esclusa.

La contribuzione effettiva è infatti richiesta per il lavoratore, il cui primo accredito contributivo, si verifica dopo il 1° gennaio 1996.

Con queste due sentenze la Cassazione cambia direzione rispetto al precedente orientamento giurisprudenziale. La Cassazione n. 30265/2022 riteneva infatti che la riforma conservasse il requisito dei 35 anni di contributi effettivi necessari per conseguire la pensione anticipata, in totale contrasto con la lettera della legge, come evidenziato dalle due sentenze 2024.

 

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