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Gioco delle tre carte: è azzardo e non truffa Il gioco delle tre carte integra il reato di gioco d'azzardo (art. 718 c.p.) ma non quello di truffa (art. 640 c.p.)

gioco delle tre carte

Gioco delle tre carte: quale reato

Il gioco delle tre carte integra il reato di gioco d’azzardo (art. 718 c.p.) ma non quello di truffa (art. 640 c.p.). Lo ha precisato la terza sezione penale della Cassazione con la sentenza n. 43873/2024.

La vicenda

A ricorrere per cassazione avverso la sentenza con la quale la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la decisione di primo grado, è un uomo condannato per il reato di cui all’art. 718 cod. pen., per aver, in luogo pubblico e avendo allestito un banchetto, tenuto un gioco d’azzardo, consistito nel maneggiare delle campanelle allo scopo di far puntare denaro ai viaggiatori in transito e agli avventori del bar.

Il ricorso

Il ricorrente affida il ricorso ad un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge e vizio della motivazione, posto che la Corte territoriale ha disatteso le doglianze formulate con i motivi di appello, con le quali aveva rappresentato che il gioco delle tre carte o delle tre campanelle non possa essere qualificato come gioco d’azzardo connotato da aleatorietà, ma come gioco d’abilità del gestore o dello scommettitore, nè sono necessari, per la sua realizzazione, artifizi e raggiri.  Rappresenta, inoltre, di aver tenuto il banchetto ove si effettuava il gioco in modo occasionale, senza alcuna organizzazione.

Reato ex art. 718 c.p.

Per gli Ermellini, il ricorso, tuttavia, è manifestamente infondato.
In giurisprudenza, premettono, si è affermato che il gioco dei “tre campanelli” e quelli similari delle “tre tavolette” o delle “tre carte” “non configura il reato di truffa ma quello di
cui all’art. 718 cod. pen., in ragione del fatto che la condotta del soggetto che dirige li gioco non realizza alcun artificio o raggiro ma costituisce una caratteristica del gioco che rientra nell’ambito dei fatti notori, purché all’abilità ed alla destrezza di chi esegue il gioco non si aggiunga anche una fraudolenta attività del medesimo (Sez. 2, n. 48159 del 17/07/2019, Rv. 277805; Sez. 3, n. 19985 del 2020)”.
Si è quindi affermato, proseguono dalla S.C., “che, in tema esercizio abusivo dell’attività di pubblica scommessa su giochi di abilità, è necessaria la presenza di una struttura organizzativa costituita da mezzi e persone, anche se di natura non stabile e complessa (Sez. F, n. 26321 del 02/09/2020)”.

La decisione

Nel caso in disamina, il giudice a quo ha evidenziato che il ricorrente si era posizionato
presso un’area di servizio, aveva allestito un banchetto amovibile su cui conduceva il gioco delle
tre campanelle, era circondato da un capannello di persone, e ha affermato che il condurre in luogo pubblico il suddetto gioco, non richiedendo la predisposizione di attività specifiche di inganno, non integri il reato di truffa ma deve considerarsi come un gioco d’azzardo in quanto il partecipe al gioco può ottenere la vincita della somma in modo del tutto aleatorio, a prescindere da ogni abilità.

Il ricorso, dunque, è inammissibile, con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

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