Bene culturale, cosa si intende
In mancanza di una definizione legislativa di bene culturale, anche dopo l’introduzione nel codice penale dei delitti contro il patrimonio culturale (artt. 518-bis e ss. c.p.), deve ritenersi sufficiente che la “culturalità” sia desumibile dalle caratteristiche oggettive del bene stesso (come la tipologia, la rarità, la localizzazione, ecc.). Questo è quanto affermato dalla terza sezione penale della Cassazione, nella sentenza n. 44354/2024.
La vicenda
Nella vicenda, il Tribunale di Firenze, rigettava l’istanza di riesame avverso il decreto di sequestro probatorio emesso dal Procuratore della Repubblica e avente ad oggetto una “lettera autografa” indirizzata a un vescovo del 1500, ipotizzandosi il reato di cui all’art. 518 quater c.p.
Avverso tale provvedimento, l’imputato, a mezzo dei difensori di fiducia, proponeva ricorso per Cassazione, denunciando, tra l’altro, l’insussistenza del reato presupposto e la mancata indicazione delle ragioni per le quali la missiva costituiva “un bene mobile di interesse religioso appartenente a enti e istituzioni ecclesiastiche”.
Bene culturale secondo la giurisprudenza
Per gli Ermellini, il ricorso è inammissibile per carenza d’interesse. Preliminarmente, però i giudici ricordano che “in mancanza di una definizione legislativa del bene culturale, la giurisprudenza ha adottato un approccio di tipo sostanziale ritenendo che l’accertamento dell’interesse culturale prescinda da un’espressa dichiarazione amministrativa reputandosi sufficiente che la ‘culturalità’ sia desumibile dalle caratteristiche oggettive dei beni (cfr., ex plurimis, n. 24988 del 16/7/2020), quali la tipologia, la localizzazione, la rarità o altri analoghi criteri”.
Tale orientamento, per la S.C., “appare in linea con la definizione di bene culturale che si rinviene nella Convenzione del Consiglio d’Europa sulle infrazioni relative ai beni culturali, cui la legge n. 22/2022, che ha introdotto nel codice penale gli artt. 518 bis e ss., costituisce strumento attuativo, che prescinde dalla preventiva dichiarazione di interesse culturale da parte dell’organo amministrativo”.
La Convenzione (lett. h del comma 2 dell’art. 2), inoltre riconduce alla categoria dei beni culturali i “manoscritti rari e incunaboli, libri antichi, documenti e pubblicazioni di particolare interesse (storico, artistico, scientifico, letterario, ecc.) singolarmente o in collezioni”.
La decisione
Nel caso di specie, la motivazione del Tribunale del riesame, che è giunto alla conclusione secondo cui, “a prescindere dal luogo del rinvenimento”, alla missiva consegnata ai Carabinieri può astrattamente attribuirsi la natura di “bene archivistico protetto e tutelato dalla Soprintendenza Archivistica per l’Umbria” si sottrae, quindi, alle censure difensive collocandosi nel solco segnato dal consolidato orientamento di legittimità innanzi indicato. Per cui, il ricorso è dichiarato inammissibile.