Sanzioni tributarie: non si trasmettono agli eredi La Cassazione si è pronunciata sull'intrasmissibilità delle sanzioni tributarie agli eredi in base alla normativa vigente

Intrasmissibilità sanzioni tributarie agli eredi

Le sanzioni tributarie non si trasmettono agli eredi del contribuente deceduto. Tale principio trova fondamento nell’articolo 8 del decreto legislativo n. 472/1997, rubricato appunto «Intrasmissibilità delle sanzioni agli eredi», il quale stabilisce in modo esplicito che: «L’obbligazione al pagamento della sanzione non si trasmette agli eredi». E’ quanto ha rammentato la sezione tributaria della Cassazione, nell’ordinanza n. 8684/2025, esaminando il ricorso di una vedova del socio di una società di fatto, chiamata a rispondere del debito tributario del de cuius, in qualità di erede del predetto.

Sanzioni civili e amministrative: diverso regime

La S.C. si è quindi soffermata, sul diverso regime successorio delle sanzioni civili rispetto a quelle amministrative. “Mentre le sanzioni civili sono sanzioni aggiuntive, destinate a risarcire il danno ed a rafforzare l’obbligazione con funzione di deterrente per scoraggiare l’inadempimento, le sanzioni amministrative (di cui alla l. n. 689/1981) – hanno affermato quindi i giudici della S.C. – quelle tributarie (di cui alla l. n. 472/1997) hanno un carattere afflittivo ed una destinazione di carattere generale e non settoriale, sicché rientra nella discrezionalità del legislatore stabilire, nei limiti della ragionevolezza, quando la violazione debba essere colpita da un tipo di sanzione piuttosto che da un altro”.

A tale scelta, peraltro, “si ricollega il regime applicabile, anche con riferimento alla trasmissibilità agli eredi, prevista solo per le sanzioni civili, quale principio generale in materia di obbligazioni, e non per le altre, per le quali opera il diverso principio dell’intrasmissibilità, quale corollario del carattere personale della responsabilità (cfr. Cass. n. 15067 del 2008; Cass. n. 25315 del 2022)”.

Interessi sui tributi: quando sono trasmissibili

Diversa è la questione relativa agli interessi maturati sui tributi dovuti, i quali, a differenza delle sanzioni, sono considerati accessori dei tributi stessi e dunque trasmissibili agli eredi.

La decisione

Per cui, limitatamente alla doglianza sulle sanzioni, il ricorso della donna è accolto e la sentenza cassata.

Allegati

decreto priolo

Decreto Priolo: incostituzionale la competenza esclusiva Per la Consulta è incostituzionale la competenza esclusiva del Tribunale di Roma prevista dal “Decreto Priolo”

Decreto Priolo: l’intervento della Consulta

Con la sentenza n. 38 del 2025, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della norma contenuta nel decreto-legge n. 2/2023, noto come Decreto Priolo, nella parte in cui attribuisce in via esclusiva al Tribunale di Roma la competenza a decidere sui reclami proposti contro i provvedimenti che negano l’autorizzazione alla prosecuzione dell’attività in impianti strategici sottoposti a sequestro.

Il contesto normativo

La norma contestata si inseriva in un più ampio quadro normativo introdotto nel gennaio 2023, che disciplina i sequestri relativi a stabilimenti e impianti di interesse strategico nazionale. Su tale disciplina, la Corte si era già pronunciata con la sentenza n. 105 del 2024, ritenendo legittima la possibilità per il Governo di autorizzare, in via eccezionale, la prosecuzione dell’attività per un massimo di 36 mesi.

La questione di legittimità e i profili di costituzionalità

Il giudice naturale e la generalità della norma

La Corte ha preliminarmente escluso la violazione dell’articolo 25, primo comma, della Costituzione, osservando che la norma impugnata:

  • ha carattere generale e non riferito a singoli procedimenti;

  • risponde all’esigenza di uniformare l’interpretazione giurisprudenziale in una materia delicata;

  • è fondata su criteri oggettivi fissati dalla legge.

Violazione del principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.)

Nonostante ciò, la Consulta ha dichiarato la norma manifestamente irragionevole per due principali incongruenze:

1. Asimmetria nella competenza in base all’esito del provvedimento

La norma attribuisce la competenza al Tribunale di Roma solo nel caso di rigetto dell’autorizzazione a proseguire l’attività produttiva, lasciando al tribunale ordinario la competenza nel caso opposto (cioè se l’attività è autorizzata). Ne deriva una frammentazione processuale che fa dipendere il foro competente dal contenuto della decisione impugnata.

2. Rischio di procedimenti paralleli e contrasti decisionali

Lo spostamento selettivo della competenza favorisce la coesistenza di più procedimenti d’appello pendenti davanti a giudici diversi, connessi al medesimo impianto sequestrato. Tale situazione compromette non solo l’uniformità interpretativa auspicata dal legislatore, ma anche la coerenza delle decisioni nell’ambito dello stesso procedimento cautelare.

La decisione

La Corte costituzionale ha ritenuto che la norma contenuta nel “Decreto Priolo”, pur animata da finalità legittime, si ponga in violazione dell’articolo 3 della Costituzione, risultando irragionevole nella sua concreta attuazione. Per tale motivo, ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale, evidenziando l’incompatibilità con i principi di coerenza e parità di trattamento processuale.

ascolto del minore

L’ascolto del minore dopo la riforma Cartabia Ascolto del minore d’età: cosa è cambiato con la riforma Cartabia e cosa dice la giurisprudenza

Ascolto del minore

L’ascolto del minore è un principio fondamentale nei procedimenti giudiziari che lo riguardano. La normativa italiana, in conformità con le convenzioni internazionali, garantisce al minore capace di discernimento il diritto di esprimere la propria opinione in tutte le questioni che lo coinvolgono. Con la riforma Cartabia (D.lgs. 149/2022), il legislatore ha rafforzato e precisato le modalità di ascolto, introducendo importanti novità procedurali.

Normativa di riferimento

L’ascolto del minore trova fondamento in diverse fonti normative, tra cui:

  • Art. 12 della Convenzione ONU sui diritti del fanciullo (1989): riconosce al minore il diritto di essere ascoltato in tutti i procedimenti che lo riguardano.
  • Art. 315-bis c.c.: sancisce il diritto del minore ad essere ascoltato nei procedimenti che lo riguardano.
  • Art. 473-bis.4 c.p.c. (introdotto dalla riforma Cartabia): disciplina le modalità di ascolto nei procedimenti di famiglia e minorili.

Ascolto del minore: novità della riforma Cartabia

La riforma Cartabia ha introdotto significativi cambiamenti nella disciplina dell’ascolto del minore, tra cui:

  1. generalizzazione dell’obbligo di ascolto: l’ascolto è ora obbligatorio per tutti i minori capaci di discernimento, salvo che sia manifestamente contrario al loro interesse;
  2. formalizzazione della procedura: l’ascolto deve avvenire in un ambiente idoneo, con modalità tali da evitare qualsiasi forma di pressione psicologica sul minore;
  3. ruolo del giudice e dei consulenti tecnici: il giudice deve provvedere all’ascolto personalmente, con l’eventuale supporto di esperti in psicologia dell’infanzia;
  4. maggior attenzione alla tutela del minore: il minore può essere affiancato da un curatore speciale in caso di conflitto tra i genitori;
  5. nullità del provvedimento in assenza di ascolto: se l’ascolto non viene effettuato senza una giustificazione adeguata, il provvedimento può essere dichiarato nullo.

Giurisprudenza rilevante sull’ascolto del minore

Numerose pronunce giurisprudenziali hanno sottolineato l’importanza dell’ascolto del minore.

Cassazione n. 4561/2025

L’ascolto del minore rappresenta un principio fondamentale, ma non è un obbligo assoluto. Nei procedimenti riguardanti l’affidamento e la regolamentazione dei rapporti familiari, il giudice deve sempre valutare l’interesse del minore, potendo escludere l’audizione solo con una motivazione rigorosa e adeguata. La Riforma Cartabia ha introdotto maggiori tutele per garantire il diritto del minore a esprimere la propria opinione, ma ha comunque mantenuto un margine di discrezionalità per il giudice, il quale deve decidere caso per caso in base alle specifiche circostanze del procedimento.

Cassazione n. 3537/2024

Nel contesto dell’affidamento del minore, il suo ascolto non può essere considerato superfluo solo perché il giudice ritiene di aver già individuato la soluzione migliore per il suo interesse. Al contrario, il principio generale impone che il minore venga ascoltato prima che il giudice maturi una decisione sull’affidamento.L’unica eccezione a questa regola si verifica quando il minore rifiuta esplicitamente l’audizione, quando vi è un concreto rischio di pregiudizio da accertare in modo specifico e non astratto, oppure quando l’ascolto risulti superfluo, ossia non apporti alcun ulteriore beneficio ai suoi interessi, pur senza arrecare danno.

Cassazione n. 3456/2023

L’ascolto del minore è un diritto soggettivo che gli riconosce la possibilità di essere informato ed esprimere la propria opinione nei procedimenti che lo riguardano. Questo diritto integra una forma di partecipazione alle decisioni che incidono sulla sua sfera individuale e rappresenta uno strumento di tutela dei suoi interessi (Cass. n. 6129/2015). Pur non essendo formalmente parte del processo, il minore è considerato parte sostanziale, poiché portatore di interessi propri, che possono essere distinti o in contrasto con quelli delle altre parti. Pertanto, la legge impone che gli sia garantito il diritto al contraddittorio attraverso l’ascolto. Il mancato ascolto costituisce una violazione di tale diritto e vizia il provvedimento giudiziale (Cass. n. 16410/2020). Tuttavia, l’ascolto non è obbligatorio in tutti i procedimenti, ma solo in quelli che incidono su aspetti rilevanti della vita, della crescita o della tutela degli interessi del minore.

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impresa individuale

Impresa individuale Cos’è l’impresa individuale, qual è la normativa di riferimento e le caratteristiche, come aprirla e con quali costi

Cos’è l’impresa individuale

L’impresa individuale è una forma giuridica in cui un singolo individuo esercita un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi. In questo contesto, il titolare dell’impresa assume personalmente tutte le decisioni e le responsabilità connesse all’attività.

Caratteristiche dell’impresa individuale

  • Semplicità di costituzione: l’avvio è relativamente semplice e non richiede un capitale minimo iniziale;
  • Gestione autonoma: il titolare ha il pieno controllo sulle decisioni aziendali e può avvalersi di collaboratori o dipendenti per lo svolgimento dell’attività;
  • Responsabilità illimitata: il titolare risponde con tutto il suo patrimonio personale per le obbligazioni assunte dall’impresa.

Normativa di riferimento

In Italia, questo istituto è regolato dal Codice Civile, in particolare dagli articoli 2082 e seguenti, che definiscono l’imprenditore e le modalità di esercizio dell’attività d’impresa.

Differenza tra ditta e impresa individuale

I termini “ditta individuale” e “impresa individuale” sono spesso utilizzati erroneamente come sinonimi. La “ditta” però è uno dei segni distintivi di un’impresa, è infatti il nome che l’impresa utilizza per identificarsi sul mercato. L’impresa individuale invece caratterizza l’attività svolta dall’imprenditore in modo organizzato, economico e professionale.

Vantaggi e svantaggi dell’impresa individuale

Vantaggi

  • Costi di avvio ridotti: non è necessario un capitale sociale minimo e le procedure burocratiche sono meno complesse rispetto ad altre forme giuridiche.
  • Gestione semplificata: il titolare ha il controllo diretto su tutte le operazioni e decisioni aziendali.

Svantaggi

  • Responsabilità personale illimitata: il titolare risponde con il proprio patrimonio personale per i debiti dell’impresa.
  • Capacità finanziaria limitata: essendo basata su un’unica persona, l’impresa potrebbe avere accesso limitato a risorse finanziarie rispetto a società con più soci.

Come aprire un’impresa individuale

Per avviare un’impresa individuale, è necessario seguire questi passaggi:

  1. Apertura della Partita IVA: richiedere l’attribuzione del numero di Partita IVA presso l’Agenzia delle Entrate.
  2. Iscrizione al Registro delle Imprese: registrare l’impresa presso la Camera di Commercio competente territorialmente.
  3. Comunicazione di inizio attività: presentare la Segnalazione Certificata di Inizio Attività (SCIA) al Comune dove ha sede l’impresa.
  4. Iscrizione agli enti previdenziali: Registrarsi presso l’INPS e, se previsto, all’INAIL per le coperture assicurative obbligatorie.

Numero di dipendenti

Non esiste un limite specifico al numero di dipendenti che un’impresa individuale può assumere. Il titolare può decidere liberamente in base alle esigenze operative e alle capacità finanziarie dell’impresa.

Responsabilità per i debiti

Il titolare è personalmente responsabile per tutti i debiti e le obbligazioni dell’impresa. Ciò significa che, in caso di insolvenza, i creditori possono rivalersi sia sul patrimonio aziendale che su quello personale dell’imprenditore.

Costi di avvio

I costi per avviarla possono variare, ma generalmente includono:

  • Imposta di bollo e diritti di segreteria: circa 120€ – 400€, a seconda della Camera di Commercio locale;
  • Diritto annuale camerale: importo variabile in base al tipo di attività e alla provincia;
  • Spese per consulenze professionali: eventuali costi per commercialisti o consulenti per l’assistenza nelle pratiche burocratiche;

È consigliabile consultare gli enti locali o professionisti del settore per ottenere informazioni aggiornate sui costi specifici.

 

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collegato lavoro

Collegato lavoro: le indicazioni del Ministero Il collegato lavoro ha introdotto diverse novità, il Ministero con la circolare n. 6/2025 chiarisce alcuni punti fondamentali

Collegato lavoro: circolare n. 6 del 27 marzo 2025

Con la circolare n. 6 del 27 marzo 2025 il Ministero del lavoro interviene per illustrare gli interventi principali del collegato lavoro.

La circolare fornisce importanti dettagli sui seguenti articoli della legge n. 203/2024:

  • articolo 10 che va a modificare la disciplina della somministrazione contenuta nel decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81;
  • articolo 11 che contiene la norma di interpretazione autentica dell’articolo 21 comma 2 del decreto legislativo n. 81/2015 in materia di lavoro stagionale;
  • articolo 13 che integra l’art. 7 comma 2 del decreto legislativo n. 104/2022;
  • articolo 14 modifica l’articolo 23 della legge n. 81/2017 che si occupa della comunicazione di avvio e di conclusione dello smart working;
  • articolo 19, che modifica l’articolo 26 del decreto legislativo n. 151/2015 che contiene le norme in materia di risoluzione del contratto di lavoro con particolare riferimento alle dimissioni volontarie del lavoratore e alla risoluzione consensuale.

Vediamo brevemente le principali indicazioni della circolare sul collegato lavoro, suddivise per argomenti.

Contratto di somministrazione

Per i contratti di somministrazione stipulati dopo il 12 gennaio 2025, il limite di 24 mesi per il lavoro tramite agenzia si calcola solo considerando i periodi di missione a tempo determinato iniziati dopo quella data. Non si contano i periodi di missione svolti prima del 12 gennaio 2025.

Le agenzie di somministrazione inoltre possono inviare a tempo determinato senza specificare la causale i seguenti soggetti:

  • disoccupati che percepiscono da almeno 6 mesi indennità di disoccupazione non agricola o ammortizzatori sociali;
  • lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati definiti dalla normativa europea e da un decreto del Ministero del Lavoro.

Lavoro stagionale

Si deve considerare come lavoro stagionale l’attività a tempo determinato, svolta in specifici periodi dell’anno senza continuità, con alcune semplificazioni rispetto alla disciplina generale del lavoro a termine. Le attività stagionali includono quelle previste dal DPR n. 1525/1963 e quelle definite dai contratti collettivi nazionali, territoriali o aziendali sottoscritti dalle organizzazioni sindacali più rappresentative.

Periodo di prova

Per i contratti di lavoro iniziati dal 12 gennaio 2025, salvo condizioni più favorevoli previste dai contratti collettivi, il periodo di prova dura un giorno effettivo di lavoro ogni quindici giorni di calendario dall’inizio del rapporto. La durata minima è di due giorni, la massima è di quindici giorni per contratti fino a sei mesi e di trenta giorni per contratti tra sei e dodici mesi. I limiti massimo sono inderogabili anche da parte della contrattazione collettiva.

Comunicazioni smart working

Previsto il termine di cinque giorni per comunicare l’inizio, la fine e le modifichealla durata originario dello smart working.  Il nuovo termine è operativo per le comunicazioni obbligatorie del lavoro agile a partire dal 12 gennaio 2025 per i datori di lavoro privati.

Dimissioni e risoluzione consensuale

Il rapporto di lavoro si può concludere per dimissioni per fatti concludenti, in caso di assenza ingiustificata del lavoratore per un certo periodo di tempo. L’effetto si produce se il datore prende atto della presunta volontà del lavoratore e decide di concludere il rapporto. La durata dell’assenza che giustifica la conclusione del rapporto deve essere superiore ai 15 giorni se il CCNL non ne dispone una diversa.

 

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diritti e doveri dei coniugi

Diritti e doveri dei coniugi Diritti e doveri dei coniugi: quali sono, le norme di riferimento, le conseguenze previste dalla legge in caso di violazione

Diritti e doveri derivanti dal matrimonio

Il matrimonio in Italia comporta una serie di diritti e doveri dei coniugi, così come sanciti dall’articolo 143 del Codice Civile. Tali obblighi hanno lo scopo di garantire la stabilità e la collaborazione all’interno del rapporto coniugale, regolando gli aspetti fondamentali della vita matrimoniale.

L’articolo 143 del Codice Civile stabilisce che “con il matrimonio il marito e la moglie acquistano gli stessi diritti e assumono i medesimi doveri”. In particolare, i coniugi sono tenuti a rispettare i seguenti obblighi:

1. Obbligo di fedeltà

  • I coniugi devono mantenere reciproca fedeltà, evitando comportamenti che possano compromettere la fiducia e l’integrità del rapporto matrimoniale.

2. Obbligo di assistenza morale e materiale

  • I coniugi devono sostenersi reciprocamente, sia dal punto di vista morale che economico. Ciò implica un dovere di cura e supporto nei momenti di difficoltà.

3. Obbligo di collaborazione nell’interesse della famiglia

  • I coniugi devono contribuire al benessere familiare, sia attraverso il lavoro domestico che mediante attività lavorative esterne.

4. Obbligo di coabitazione

  • La convivenza è un elemento essenziale del matrimonio, salvo giustificati motivi che ne impediscano l’attuazione (ad esempio, esigenze lavorative o motivi di salute).

5. Obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia

I coniugi devono infine contribuire ai bisogni della famiglia, ciascuno in base alle proprie sostanze e alle rispettive capacità professionali o di lavoro casalingo.

Normativa diritti e doveri dei coniugi

Oltre all’articolo 143 del Codice Civile, ci sono altre norme che regolano i diritti e doveri dei coniugi:

  • Articolo 144 c.c.: disciplina l’accordo tra i coniugi sull’indirizzo della vita familiare e sulla residenza della famiglia in base alle esigenze di entrambi e della stessa.
  • Articolo 145 c.c.: regola l’intervento del giudice in caso di disaccordo sulla convivenza o su altri affari essenziali della famiglia.
  • Articolo 146 c.c.: prevede l’esonero dall’assistenza morale e materiale nei confronti del coniuge che si allontana senza giusta causa dalla residenza familiare.
  • Articolo 147 c.c.: sancisce i doveri dei coniugi verso i figli.

Violazione doveri coniugali 

La violazione dei doveri matrimoniali può comportare diverse conseguenze di natura giuridica:

1. Separazione per colpa

Se uno dei coniugi viene meno ai propri doveri matrimoniali in maniera grave, l’altro coniuge può richiedere la separazione con addebito. Questo significa che il coniuge responsabile perderà alcuni diritti, come l’eventuale assegno di mantenimento.

2. Domanda di divorzio

In caso di rottura irreversibile del rapporto coniugale, il mancato rispetto dei doveri coniugali può essere una delle cause scatenanti il divorzio.

3. Riflessi economici

La violazione degli obblighi di assistenza materiale può portare a richieste di risarcimento danni o all’obbligo di versare un assegno di mantenimento in favore del coniuge economicamente più debole.

 

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dazi americani

Dazi americani: cosa comportano Dazi americani: come funzionano, da quando verranno applicati i dazi alle importazioni e gli errori di calcolo di Trump

Cosa sono i dazi americani

Il Presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha annunciato i dazi americani che verranno applicati nei confronti di tutti i Paesi del mondo.

Nell’annunciare le gabelle ha mostrato una tabella, in cui sono elencati tutti gli Stati che verranno colpiti dai dazi e a lato di ciascun Paese le tariffe che verranno applicate, in misura percentuale.

Vedi la “Tabella pazza” pubblicata dall’ANSA

Le tariffe entreranno in vigore dal 5 al 9 di aprile, a scaglioni.

I dazi del 10% entreranno in vigore alle ore 6.00 di sabato 5 aprile, mercoledì 9 aprile alla stessa ora invece entreranno in vigore quelli con una percentuale superiore al 10%. I dazi superiori al 10% colpiranno molti Stati, tra i quali figurano la Cina e l’Unione Europea.   

Come funzionano i dazi americani

Il criterio che viene adottato dall’amministrazione del Presidente Trump si basa su un calcolo molto semplice. In pratica gli Stati Uniti applicheranno dazi pari alla metà di quello che essi subiscono dai vari Stati.

Tanto per fare un esempio, la Cina applicherebbe agli Stati Uniti dazi doganali nella misura del 67%, mentre l’Europa, Italia compresa, applicherebbe la misura percentuale del 39%. Ebbene nei confronti di Cina ed Europa, tanto per fare un esempio, Trump applicherà dazi doganali pari alla metà ossia 39% alla Cina e il 20% all’Europa.

Gli errori di calcolo di Trump  

Il Presidente Trump applica però, nei confronti dei vari Stati, Europa compresa, stime meramente teoriche. Il suo unico obiettivo consiste in pratica nell’azzerare le perdite che gli Stati Uniti subiscono a causa dei dazi che verrebbero imposti dagli altri Paesi agli Stati Uniti. I calcoli corretti però sono ben più complessi. Quelli di Trump infatti non tengono conto di diverse variabili, come stanno evidenziando importanti economisti italiani.

Il Presidente Trump tiene conto solo del disavanzo commerciale degli Stati Uniti rispetto agli altri Paesi. Dato che risulta dal mero confronto del valore delle importazioni dei beni, senza considerare i servizi.

C’ poi la questione dell’Iva, che Trump considera erroneamente un dazio e che quindi, a suo dire, contribuirebbe anch’essa al disavanzo degli Stati Uniti.

Sul punto però occorre fare chiarezza. Un dazio infatti è un’imposta diretta che colpisce solo i beni importati in un Paese per scoraggiarne il consumo attraverso l’aumento del costo rispetto ai beni prodotti internamente al Paese stesso. In questo modo il dazio protegge l’economia interna rendendo meno appetibili i prodotti stranieri.

L’Iva, invece, è un’imposta che colpisce tutti i beni che vengono consumati all’interno di un Paese. Essa non si applica in modo diverso in base alla provenienza del bene. L’Iva infatti non persegue il fine di limitare le importazioni, non ha quindi una finalità protezionistica.

Se non si imponesse l’Iva sui prodotti americani, applicandola solo ai prodotti interni, quelli americani verrebbero privilegiati perché meno costosi. A tutto danno della nostra economia.

 

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Autorità per i servizi di pubblica utilità

Autorità per i servizi di pubblica utilità Autorità per i servizi di pubblica utilità: cosa sono, quali funzioni svolgono, le autorità più importanti, indipendenza e regolamentazione

Cosa sono le autorità per i servizi di pubblica utilità

Le autorità per i servizi di pubblica utilità sono enti indipendenti istituiti dallo Stato per vigilare sulla gestione e sull’erogazione di servizi essenziali. Il loro scopo principale è garantire che tali servizi siano accessibili, di qualità e forniti a condizioni eque.

Le autorità per i servizi di pubblica utilità svolgono un ruolo cruciale nella regolazione e nel controllo dei settori che forniscono servizi essenziali ai cittadini, garantendo efficienza, trasparenza e concorrenza leale. Queste autorità operano in ambiti strategici come energia, telecomunicazioni, trasporti e acqua, assicurando che i servizi siano erogati in conformità con le normative vigenti e nel rispetto dei diritti degli utenti.

Funzioni principali

Le autorità di regolazione hanno diverse funzioni, tra cui:

  • regolazione del mercato: stabiliscono le norme per il corretto funzionamento del settore di riferimento, evitando monopoli e garantendo la concorrenza;
  • tutela dei consumatori: proteggono gli utenti da pratiche commerciali scorrette e vigilano sulla qualità del servizio;
  • controllo e vigilanza: verificano che gli operatori rispettino le regole e possono irrogare sanzioni in caso di violazioni;
  • definizione delle tariffe: stabiliscono i criteri per la determinazione dei prezzi dei servizi essenziali, evitando abusi e garantendo equità;
  • promozione dell’innovazione: incentivano l’adozione di nuove tecnologie per migliorare l’efficienza e la sostenibilità dei servizi pubblici.

Le principali autorità per i servizi di pubblica utilità

In Italia, le principali autorità di regolazione dei servizi pubblici sono:

  1. ARERA (Autorità di Regolazione per Energia, Reti e Ambiente)
    • Regola i settori dell’energia elettrica, del gas, del servizio idrico e dei rifiuti.
    • Garantisce la trasparenza delle tariffe e la tutela dei consumatori.
  1. AGCOM (Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni)
    • Vigila sui settori delle telecomunicazioni, radiotelevisione e servizi postali.
    • Regola la concorrenza tra operatori e tutela il pluralismo dell’informazione.
  1. ART (Autorità di Regolazione dei Trasporti)
    • Supervisiona il settore dei trasporti, dalle ferrovie agli aeroporti, garantendo accesso equo alle infrastrutture.
  1. ANAC (Autorità Nazionale Anticorruzione)
    • Contrasta la corruzione negli appalti pubblici e garantisce la trasparenza nell’azione amministrativa.

Indipendenza

Le autorità di regolazione presentano la peculiarità di operare con indipendenza rispetto al potere politico e agli operatori economici per garantire l’imparzialità nelle decisioni.

Regolamentazione

La loro attività è regolata da specifiche normative nazionali e, in alcuni casi, da direttive dell’Unione Europea.

 

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giurista risponde

Pubblico impiego, procedure concorsuali e titoli di preferenza È necessaria la comunicazione già all’atto di partecipazione al concorso del possesso del titolo preferenziale?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

No, i giudici di Palazzo Spada evidenziano che non è necessaria la comunicazione già all’atto di partecipazione al concorso del possesso di titoli di preferenza quale elemento fondamentale, determinante la perdita del titolo medesimo (Cons. Stato, sez. V, 3 dicembre 2024, n. 9667).

Il Consiglio di Stato, nella fattispecie in esame, ha evidenziato che non è necessaria la comunicazione, già all’atto di partecipazione al concorso, del possesso del titolo preferenziale quale elemento fondamentale, determinante la perdita del titolo medesimo.

L’art. 5 del D.P.R. 487/1994 prevede che i titoli di preferenza sono valutabili sebbene non dichiarati nella domanda di partecipazione, ma posseduti all’atto della stessa ed esibiti nei termini previsti dal bando, in caso di superamento delle prove selettive.

Infatti, i titoli di preferenza, a differenza dei titoli di merito, non sono oggetto di esame da parte della commissione giudicatrice, ma vengono in considerazione solo dopo lo svolgimento delle prove selettive, al momento della redazione della graduatoria di merito.

 

(*Contributo in tema di “Pubblico impiego, procedure concorsuali e titoli di preferenza”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 82 / Febbraio 2025 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)

quietanza di pagamento

La quietanza di pagamento Quietanza di pagamento: cos'è, quale forma deve avere, quali dati deve contenere, giurisprudenza e fac-simile

Cos’è la quietanza di pagamento e a cosa serve

La quietanza di pagamento è un documento con cui il creditore attesta di aver ricevuto un pagamento da parte del debitore, liberandolo dall’obbligazione. Questo strumento ha una funzione probatoria, dimostrando l’avvenuto saldo di un debito e prevenendo eventuali contestazioni future.

La quietanza può riguardare qualsiasi tipologia di pagamento, come il saldo di fatture, la chiusura di un prestito o il pagamento di un contratto di locazione. La sua importanza è fondamentale sia in ambito commerciale che civile, poiché certifica in modo inequivocabile l’adempimento di un’obbligazione.

La quietanza nel codice civile

La norma di riferimento per questo istituto è l’articolo 1199 del codice civile, che disciplina il diritto del debitore alla quietanza. La norma dispone infatti che il creditore che riceve il pagamento dal debitore, su richiesta di questo soggetto, deve a spese del richiedente, rilasciare quietanza e annotarlo sul titolo, se questo non viene restituito al debitore.

Forma e contenuto del documento

La quietanza di pagamento deve essere rilasciata in forma scritta.  Questa forma è preferibile per garantire certezza giuridica e maggiore tutela in caso di contestazioni.

Contenuto essenziale della quietanza di pagamento

Affinché la quietanza sia valida, deve contenere i seguenti elementi:

  • dati delle parti: nome e cognome del creditore e del debitore (o ragione sociale in caso di aziende);
  • importo pagato: cifra esatta corrisposta in numeri e in lettere;
  • causale del pagamento: specificazione dell’obbligazione adempiuta (es. pagamento fattura n. XXXX, saldo prestito, affitto mensile);
  • data e luogo del pagamento;
  • modalità di pagamento: contanti, bonifico bancario, assegno, ecc.;
  • firma del creditore: elemento essenziale per la validità della quietanza.

Giurisprudenza

La Corte di Cassazione ha più volte ribadito il valore probatorio della quietanza di pagamento, stabilendo alcuni principi fondamentali.

Cassazione n. 19034/2024: la quietanza non è soggetta a particolari requisiti formali previsti dalla legge e può essere contenuta in qualsiasi documento che attesti in modo inequivoco l’avvenuto pagamento, specificandone l’importo e la causale. Tuttavia, affinché abbia valore di confessione stragiudiziale con piena efficacia probatoria, deve essere rilasciata e sottoscritta dal creditore, poiché solo la firma conferisce al documento la validità probatoria tipica della scrittura privata, come stabilito dall’art. 2702 c.c.

Cassazione n. 5945/2023: Il creditore che, rilasciando una quietanza al debitore, riconosce di aver ricevuto il pagamento, effettua una confessione stragiudiziale opponibile alla controparte, con pieno valore probatorio ai sensi degli articoli 2733 e 2735 del codice civile. Pertanto, egli non può contestare tale dichiarazione se non dimostrando, conformemente a quanto previsto dall’articolo 2732 c.c., che essa è stata resa per errore di fatto o sotto costrizione, non essendo sufficiente provare la falsità della dichiarazione stessa.

Cassazione n. 23875/2021: La quietanza rilasciata al debitore costituisce prova piena dell’avvenuto pagamento. Se prodotta in giudizio, il creditore non può dimostrare tramite testimoni l’inesistenza del pagamento, ma solo provare che la dichiarazione è stata resa per errore di fatto o sotto violenza. Inoltre, affinché l’errore possa determinare l’annullamento, deve presentare i requisiti di essenzialità e riconoscibilità previsti dall’art. 1428 c.c.

Fac-simile di quietanza

Ecco un modello di quietanza di pagamento che può essere utilizzato per attestare l’avvenuta corresponsione di una somma dovuta:

QUIETANZA DI PAGAMENTO

Io sottoscritto/a [Nome e Cognome del creditore], nato/a il [data di nascita], residente in [indirizzo], codice fiscale [codice fiscale], in qualità di creditore, dichiaro di aver ricevuto da [Nome e Cognome del debitore], nato/a il [data di nascita], residente in [indirizzo], codice fiscale [codice fiscale], la somma di € [importo] ([importo in lettere]), a saldo dell’obbligazione relativa a [causale del pagamento, es. fattura n. XXXX, contratto di locazione, ecc.].

Il pagamento è avvenuto in data [data del pagamento] mediante [modalità di pagamento: bonifico bancario, contanti, assegno, ecc.].

Con la presente quietanza, dichiaro integralmente soddisfatta l’obbligazione di cui sopra e libero il debitore da ogni ulteriore pretesa relativa al pagamento in oggetto.

Luogo e data: ________________

Firma del creditore: ________________

 

 

 

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