giurista risponde

Unioni di fatto e doveri di natura morale e sociale Sono configurabili doveri di natura morale e sociale di ciascun convivente nei confronti dell’altro in relazione ad attribuzioni economiche o patrimoniali effettuate dopo la cessazione della convivenza more uxorio?

Quesito con risposta a cura di Francesca Alfieri e Claudia Crisafulli

 

Le unioni di fatto sono un diffuso fenomeno sociale, che trova tutela nell’art. 2 Cost., e sono caratterizzate da doveri di natura morale e sociale di ciascun convivente nei confronti dell’altro, che possono concretizzarsi in attività di assistenza materiale e di contribuzione economica prestata non solo nel corso del rapporto di convivenza, ma anche nel periodo successivo alla cessazione dello stesso e che possono configurarsi, avuto riguardo alla specificità del caso concreto, come adempimento di un’obbligazione naturale ai sensi dell’art. 2034 c.c., ove siano ricorrenti pure gli ulteriori requisiti della proporzionalità, spontaneità ed adeguatezza (Cass., sez. I, 2 gennaio 2025, n. 28).

Il caso sottoposto all’attenzione della Suprema Corte trae origine dalla richiesta avanzata dal ricorrente al fratello maggiore unilaterale (generato dallo stesso padre ma da madre diversa) di restituzione delle somme versate dalla madre al padre dopo la cessazione della loro convivenza, nonché della metà delle spese sostenute in proprio per il mantenimento del padre dopo la morte della madre.

In primo e secondo grado era stata accolta soltanto la seconda richiesta, mentre la prima era stata rigettata in quanto, secondo i giudici di merito, il contributo dato dalla madre al padre si configurava come adempimento di un’obbligazione naturale.

Viene quindi proposto ricorso per Cassazione, poiché, per il ricorrente, una volta cessata la convivenza non è configurabile alcun obbligo morale di un convivente nei confronti dell’altro.

La Suprema Corte, nella decisione de qua, rigettando il ricorso, ha preliminarmente rammentato quanto stabilito da Cass., sez. II, 30 settembre 2016, n. 19578 e cioè che, per valutare la sussistenza dell’obbligazione naturale ex art. 2034, comma 1, c.c. occorre dapprima accertare se ricorra, in rapporto alla valutazione corrente nella società, un dovere morale o sociale e, successivamente, se tale dovere sia stato spontaneamente adempiuto con una prestazione avente carattere di proporzionalità e adeguatezza.

La giurisprudenza consolidata ha già riconosciuto l’esistenza di un obbligo di assistenza reciproca nelle unioni di fatto, sicché le attribuzioni finanziarie effettuate nel corso del rapporto per le esigenze della famiglia configurano l’adempimento di un’obbligazione naturale ex art. 2034 c.c., sempre che siano rispettati i principi di proporzionalità e di adeguatezza, da valutare in relazione alle circostanze del caso concreto e non devono essere restituite (così Cass. 13 giugno 2023, n. 16864).

Tuttavia, nel caso di specie, la Cassazione ha dovuto affrontare una questione diversa, sulla quale non constano precedenti giurisprudenziali, e cioè se l’obbligo di assistenza reciproca perduri dopo la cessazione della convivenza.

La Suprema Corte, aderendo alla soluzione adottata dalle Corti di merito, ha dato risposta affermativa, ritenendo che, poiché le convivenze di fatto sono sempre più diffuse, addirittura superando in numero le famiglie fondate sul matrimonio, il mantenimento dell’ex convivente sia conforme “alla valutazione corrente nella società” e sia, pertanto, tale da integrare un’obbligazione naturale, al ricorrere degli altri requisiti previsti dalla legge.

 

(*Contributo in tema di “Unioni di fatto e i doveri di natura morale e sociale”, a cura di Francesca Alfieri e Claudia Crisafulli, estratto da Obiettivo Magistrato n. 83 / Marzo 2025 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)

obbligo di informativa avvocato

L’avvocato deve informare il cliente sull’utilizzo dell’AI Obbligo di informativa avvocato se utilizza strumenti di intelligenza artificiale per lo svolgimento dell’attività professionale

Ddl intelligenza artificiale: obbligo avvocato

Obbligo di informativa avvocato: con l’approvazione in Senato del disegno di legge delega sull’Intelligenza Artificiale, ora all’esame della Camera, emerge l’argomento di rilievo dell’obbligo di informativa al cliente sull’utilizzo dell’AI.

L’Italia grazie alla normativa europea e a quella interna in fase di definizione, compie un passo significativo verso la regolamentazione dell’uso dell’AI nei settori chiave della società, tra cui quello delle professioni intellettuali.

Tra i punti centrali della normativa, l’articolo 13 introduce infatti obblighi specifici per avvocati e professionisti in merito all’impiego dell’intelligenza artificiale, stabilendo principi di trasparenza, supervisione e centralità dell’intervento umano.

Ruolo dell’AI nelle professioni forensi

L’articolo 13 del disegno di legge stabilisce in modo inequivocabile che l’intelligenza artificiale può essere utilizzata solo per attività strumentali e di supporto all’attività professionale. Questo significa che le decisioni, le valutazioni e l’elaborazione intellettuale restano prerogativa esclusiva del professionista umano.

Il testo chiarisce infatti che il “pensiero critico umano” deve sempre prevalere, e ciò vale anche sotto il profilo qualitativo della prestazione, garantendo così che l’uso dell’AI non svuoti di contenuto il lavoro dell’avvocato.

La norma si riferisce infatti agli articoli 2229-2238 del codice civile, che regolano il contratto di prestazione d’opera intellettuale. In questo contesto, l’articolo 2230 estende, dove applicabili, le norme sul contratto d’opera in generale (articoli 2222-2228). Quindi, l’articolo 13 riguarda specificamente i contratti per prestazioni d’opera intellettuale e non si applica ad accordi come i contratti di edizione, che riguardano la cessione o l’utilizzo di opere intellettuali già create senza un incarico specifico. Queste ultime rimangono escluse quindi dalle limitazioni previste dalla norma.

Obbligo di informativa chiara e trasparente  

Uno degli aspetti più innovativi e delicati della riforma è, come anticipato, l’introduzione dell’obbligo di informativa verso il cliente. L’avvocato che intende avvalersi di sistemi di AI nell’esecuzione del mandato deve comunicarlo in modo esplicito, utilizzando un linguaggio chiaro, semplice e completo. Questo obbligo non è soltanto una nuova previsione normativa, ma si pone in continuità con i principi già sanciti dal Codice deontologico forense, che impone doveri di trasparenza, competenza e correttezza nella comunicazione col cliente.

In attesa dell’entrata in vigore definitiva della norma, è auspicabile che gli studi legali provvedano ad aggiornare i propri modelli di incarico indicando al loro interno se e in quale fasi è previsto l’utilizzo di strumenti AI, quali misure sono adottate per tutelare la privacy dei clienti, con particolare riferimento ai dati sensibili e la garanzia che l’impiego dell’intelligenza artificiale è comunque sottoposto al controllo e alla supervisione del personale umano.

Tali indicazioni rappresentano un passo necessario per mantenere integro il rapporto fiduciario tra avvocato e assistito, che è alla base della professione forense.

Cultura dell’AI nel mondo legale

Oltre all’obbligo di informativa, il disegno di legge coinvolge gli Ordini professionali nella promozione di corsi di formazione sull’AI. L’obiettivo è duplice: da un lato garantire un uso competente e responsabile delle nuove tecnologie, dall’altro favorire una cultura professionale in grado di integrare l’innovazione senza rinunciare all’etica e alla qualità della prestazione.

Considerazioni conclusive

L’introduzione dell’obbligo di informativa sull’uso dell’intelligenza artificiale rappresenta un punto di equilibrio tra innovazione e responsabilità. Per gli avvocati, si apre una nuova fase in cui sarà essenziale saper governare strumenti sempre più potenti, mantenendo però saldi i principi fondamentali della professione. La trasparenza verso il cliente non sarà solo un dovere legale, ma anche un’opportunità per rafforzare la fiducia e la qualità del servizio offerto.

assegno divorzile una tantum

Assegno divorzile una tantum Assegno divorzile una tantum: alternativa alla corresponsione periodica e ricorrente dell’assegno di divorzio

Cos’è l’assegno divorzile in unica soluzione

L’assegno divorzile una tantum è una forma di liquidazione dell’obbligo di mantenimento derivante dalla cessazione degli effetti civili del matrimonio in un’unica soluzione. A differenza dell’assegno mensile, l’una tantum esclude la possibilità di revisioni future e comporta la chiusura definitiva di ogni rapporto patrimoniale tra gli ex coniugi.

Questa modalità può essere disposta:

  • di comune accordo tra le parti, in sede di divorzio consensuale;
  • dal giudice, nel divorzio contenzioso, qualora ritenga che la soluzione una tantum risponda all’interesse del beneficiario.

Normativa di riferimento

La disciplina dell’assegno divorzile si rinviene principalmente:

  • nell’art. 5, comma 6, della legge 1 dicembre 1970, n. 898, che prevede la possibilità di corrispondere l’assegno in un’unica soluzione, in luogo dell’erogazione periodica;
  • nella giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha più volte delineato i presupposti, i limiti e le conseguenze dell’opzione per l’una tantum, precisando che deve essere valutata in base alla capacità patrimoniale e reddituale delle parti e che il beneficiario deve essere posto, per quanto possibile, in condizioni di autosufficienza economica.

Modalità di erogazione 

L’assegno una tantum può assumere diverse forme:

  • pagamento diretto di una somma determinata in sede di accordo o sentenza;
  • attribuzione di beni mobili o immobili in proprietà (es. trasferimento della casa familiare o di quote societarie);
  • costituzione di un vitalizio o di rendite assicurative, se pattuite contrattualmente tra le parti.

Effetti dell’assegno divorzile una tantum

La corresponsione dell’assegno divorzile in unica soluzione produce effetti definitivi e irrevocabili:

  • estinzione dell’obbligo: il coniuge obbligato non dovrà più versare alcuna somma dopo il pagamento dell’una tantum;
  • irrevisibilità: l’assegno una tantum non può essere oggetto di modifiche future, neppure in caso di mutamenti delle condizioni economiche del beneficiario o dell’obbligato;
  • preclusione di future pretese: il beneficiario non potrà rivendicare ulteriori somme, salvo patto contrario.

Vantaggi 

Vantaggi per il coniuge obbligato:

  • chiusura definitiva del vincolo economico, senza timore di richieste di aumento o modifiche future;
  • prevedibilità finanziaria che consente di programmare il proprio patrimonio senza pendenze nel tempo;
  • evitamento di conflittualità future, soprattutto nei rapporti tra nuove famiglie.

Vantaggi per il coniuge beneficiario:

  • possibilità di disporre immediatamente della somma, reinvestendola o utilizzandola per finalità abitative o professionali;
  • maggiore autonomia economica, soprattutto in assenza di figli minori a carico.

Criticità

  • Se mal calibrata, l’una tantum può risultare insufficiente nel lungo periodo, specie per soggetti in età avanzata o senza autonomia reddituale;
  • rischio di squilibrio patrimoniale se l’accordo non è equamente bilanciato o non assistito da consulenza adeguata.

Aspetti fiscali dell’assegno divorzile una tantum

Dal punto di vista fiscale, l’assegno divorzile una tantum gode di un trattamento differente rispetto all’assegno periodico.

  • L’assegno periodico è deducibile dal reddito del coniuge obbligato e tassato in capo al beneficiari perché considerato fonte reddituale.
  • L’assegno una tantum, invece, non è deducibile dal reddito del soggetto che lo eroga e non è considerato reddito per il beneficiario per cui non tassato

Tale qualificazione fiscale è confermata anche dall’Agenzia delle Entrate e dalla giurisprudenza di legittimità, a condizione che l’importo sia effettivamente corrisposto in un’unica soluzione e non come simulazione di una periodicità occulta.

se ti interessa l’argomento leggi anche gli altri articoli dedicati all’assegno divorzile 

imposta di registro

Imposta di registro Imposta di registro: cos'è, normativa, quando e chi la paga, modalità di registrazione e pagamento, agevolazioni ed esenzioni

Cos’è l’imposta di registro

L’imposta di registro è un tributo che si applica alla registrazione di determinati atti giuridici, contratti o documenti presso l’Agenzia delle Entrate. Si tratta di una imposta indiretta che ha come finalità principale quella di conferire data certa e validità giuridica ai rapporti formalizzati tra le parti, con effetti anche fiscali.

L’imposta di registro è disciplinata dal Testo unico sull’imposta di registro (D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131). Essa si applica:

  • in misura proporzionale, quando il valore dell’atto costituisce la base imponibile (es. compravendite, locazioni);
  • in misura fissa, quando l’atto non prevede un corrispettivo economico diretto o la legge stabilisce una somma fissa.

Normativa di riferimento

La disciplina dell’imposta di registro è contenuta principalmente in:

  • D.P.R. 131/1986 – Testo unico dell’imposta di registro (TUR);
  • Circolari dell’Agenzia delle Entrate che interpretano e chiariscono le disposizioni del TUR;
  • Codice civile e norme collegate in tema di contratti e obbligazioni.

Quando si paga l’imposta di registro

L’imposta di registro è dovuta al momento della registrazione dell’atto, salvo i casi in cui la legge prevede l’obbligo di registrazione anche in caso d’uso (cioè quando l’atto viene prodotto in giudizio o presso la pubblica amministrazione).

Esempi tipici di atti soggetti a registrazione obbligatoria:

  • Contratti di compravendita immobiliare;
  • Contratti di locazione (anche a uso abitativo e commerciale);
  • Atti societari (es. conferimenti, cessioni di quote);
  • Contratti preliminari di vendita;
  • Atti giudiziari in determinati casi, come le sentenze costitutive o dispositive di diritti reali.

Quanto si paga: aliquote e misura dell’imposta

L’imposta di registro può essere applicata in misura fissa o proporzionale, in base al tipo di atto:

  • Misura fissa: normalmente pari a € 200,  quando si tratta di atti che hanno ad oggetto la cessione di beni o di servizi che rilevano ai fini IVA.
  • Misura proporzionale: ad esempio:
    • 2% per i contratti di locazione a uso abitativo o per chi acquista la prima casa da un privato o da una azienda che vende in regime di esenzione IVA;
    • 9% per le compravendite immobiliari, salvo agevolazioni prima casa;
    • 0,50% o 1% per finanziamenti, fideiussioni e prestiti. Dal 1° gennaio 2025 la percentuale dell’imposta dello 0,50 si applica anche ai contratti preliminari di compravendita.
    • 3% delle somme versate a titolo odi acconto sul prezzo di vendita se il trasferimento non è soggetto a IVA.

L’imposta si calcola sulla base imponibile indicata nell’atto, ovvero sul corrispettivo pattuito o sul valore del bene o del diritto oggetto dell’atto.

Chi deve pagare l’imposta di registro

Sono solidalmente obbligati al pagamento:

  • le parti contraenti, ossia tutti i soggetti firmatari dell’atto;
  • il notaio o altro pubblico ufficiale, in qualità di soggetto obbligato alla registrazione;
  • il locatore e il conduttore, in caso di contratti di affitto.

Nel caso di atti unilaterali, come una donazione, l’imposta è dovuta dal beneficiario. Per gli atti giudiziari, l’imposta è solitamente posta a carico della parte soccombente, salvo diversa disposizione del giudice.

Modalità di pagamento e registrazione

La registrazione degli atti può avvenire:

  • in via telematica, per i soggetti obbligati (es. notai, agenti immobiliari, professionisti abilitati);
  • presso gli uffici dell’Agenzia delle Entrate, da parte dei soggetti privati.

Il pagamento dell’imposta avviene tramite:

  • Modello F24 Elide per contratti di locazione;
  • Addebito diretto su conto per atti registrati telematicamente;
  • Pagamento allo sportello per registrazioni cartacee.

I termini per la registrazione sono di norma 20 giorni dalla data di stipula dell’atto, con proroghe e eccezioni previste dalla legge.

Imposta di registro e atti giudiziari

L’imposta di registro si applica anche agli atti giudiziari, come previsto dall’art. 37 del TUR:

  • l’imposta è dovuta per le sentenze, decreti e ordinanze che costituiscono, trasferiscono, modificano o estinguono diritti;
  • l’obbligo scatta al momento del passaggio in giudicato o quando l’atto produce effetti giuridici;
  • In genere si applica in misura fissa di 200 euro, ma può essere proporzionale se l’atto ha contenuto patrimoniale.

Agevolazioni e esenzioni

Sono previste esenzioni totali o parziali nei seguenti casi:

  • Atti soggetti a IVA (esenti dall’imposta proporzionale di registro);
  • Atti relativi a enti non commerciali e ONLUS;
  • Prima casa: aliquota ridotta al 2% per l’imposta di registro su compravendite, se ricorrono le condizioni previste,
gratuito patrocinio

Gratuito patrocinio: iscrizione a ruolo con la sola istanza Gratuito patrocinio: per l'iscrizione a ruolo è sufficiente l'istanza di ammissione protocollata

Istanza gratuito patrocinio e iscrizione a ruolo

Con la circolare del 24 aprile 2025, protocollo n. 81673.U, la Direzione Generale degli Affari Interni del Dipartimento per gli Affari di Giustizia ha fornito importanti chiarimenti sulla procedura di iscrizione a ruolo nei casi di deposito dell’istanza di ammissione al patrocinio gratuito, priva della delibera di ammissione del Consiglio dell’Ordine. Si chiede alla direzione di chiarire in sostanza se si può procedere all’iscrizione della causa a ruolo con la sola istanza depositata, che deve essere  protocollata presso il Consiglio dell’Ordine competente.

Normativa sul gratuito patrocinio a spese dello Stato

Per fornire una risposta coerente con il quadro normativo e giurisprudenziale la Direzione richiama il Testo Unico sulle Spese di Giustizia che contiene anche la disciplina sull’ammissione al patrocinio gratuito. La normativa prevede in particolare che l’’interessato debba presenta l’istanza al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati competente, ossia quello del luogo dove ha sede il magistrato della causa, che decide sull’istanza entro dieci giorni dal deposito. E’ l’articolo 126 del D.P.R. n. 115/2002 a stabilire questo termine.

La Direzione rileva tuttavia che il termine di dieci giorni non viene sempre rispettato. Finora, infatti l’iscrizione a ruolo è stata effettuata con la sola istanza protocollata, con la riserva di provvedere al deposito del provvedimento di accoglimento successivamente. La Direzione Generale della Giustizia Civile del resto aveva implicitamente confermato questa prassi con la nota prot. DAG 103148.U del 14.07.2015.

Obbligo contributo unificato per l’iscrizione a ruolo

La Legge di Bilancio per il 2025 poi ha introdotto nuove disposizioni per cui è lecito domandarsi  se la prassi sia ancora valida. La legge n. 207/2024 ha previsto infatti l’obbligatorietà del versamento del contributo unificato minimo di 43,00 euro. Un importo minore è previsto infatti solo per specifici procedimenti.

Patrocinio gratuito, difesa e iscrizione a ruolo

La Direzione Generale risponde al quesito sottolineando prima di tutto come il diritto di accesso alla difesa sia fondamentale. La Costituzione lo garantisce all’articolo 24 ed eventuali ritardi nella valutazione dell’istanza di patrocinio non possono pregiudicare questo diritto. Se il ritardo non è imputabile alla parte, l’ufficio giudiziario deve procedere all’iscrizione a ruolo anche con la sola istanza di ammissione purché regolarmente depositata e protocollata dal Consiglio dell’Ordine competente.

La Cassazione sulla retroattività

Del resto la Suprema Corte di Cassazione di recente si è espressa sulla retroazione del provvedimento di ammissione con la sentenza la n. 6888/2025, chiarendo un principio di diritto consolidato. Se l’istanza respinta dal Consiglio dell’Ordine viene accolta dal giudice, gli effetti dell’ammissione retroagiscono dalla data di presentazione al Consiglio dell’Ordine. Lo Stato quindi deve farsi carico delle spese legali sostenute in questo intervallo di tempo.

Indicazioni operative istanza gratuito patrocinio

Alla luce della normativa e della giurisprudenza analizzate, la Direzione  stabilisce che gli uffici giudiziari debbano iscrivere a ruolo i procedimenti civili anche senza la delibera del Consiglio dell’Ordine. L’avvocato dovrà allegare l’istanza di ammissione regolarmente depositata e protocollata e la cancelleria dovrà aprire un foglio notizie. Se l’istanza dovesse essere respinta e non confermata dal magistrato, si procederà alla riscossione delle spese.

 

Leggi anche gli altri contenuti dedicati all’istituto del patrocinio a spese dello Stato

decreto bollette

Decreto bollette: in vigore la legge In vigore dal 30 aprile la legge di conversione del decreto bollette che stabilisce misure urgenti in favore di famiglie e imprese energia elettrica e gas

Decreto bollette, cosa prevede

Dopo il sì di Camera e Senato sulla conversione del decreto bollette (dl n. 19/2025) recante “misure urgenti in favore delle famiglie e delle imprese di agevolazione tariffaria per la fornitura di energia elettrica e gas naturale nonché per la trasparenza delle offerte al dettaglio e il rafforzamento delle sanzioni delle autorità di vigilanza”, il testo della legge n. 60/2025 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale per entrare in vigore il 30 aprile 2025.

La nuova legge di conversione potenzia e amplia per il 2025 i meccanismi di protezione delle famiglie a basso reddito, delle PMI e delle imprese energivore in relazione ai costi per i consumi energetici, attraverso lo stanziamento di risorse per circa 3 miliardi di euro, senza la creazione di nuovo deficit per il bilancio pubblico.

Leggi il Dossier della Camera sulla conversione del Decreto bollette

Bonus 200 euro per le famiglie

Per le famiglie, si prevede innanzitutto il riconoscimento di un contributo straordinario di 200 euro:

  • aggiuntivo rispetto all’agevolazione già riconosciuta ai clienti domestici con ISEE fino a 9.530 euro, 15.000 euro con tre figli, 20.000 euro in caso di più di tre figli;
  • nuovo per i clienti con ISEE fino a 25.000 euro.

Il contributo sarà riconosciuto nel secondo trimestre 2025 a chi ha già presentato l’ISEE e nel primo trimestre utile in caso di nuova presentazione.

A copertura dell’intervento, si prevede l’utilizzo delle risorse disponibili a qualsiasi titolo sul bilancio della Cassa per servizi energetici e ambientali.

In sede referente  è stato anche approvato l’emendamento che va a modificare il bonus elettrodomestici. In base alla nuova previsione, è previsto uno sconto del 30% sugli acquisti di elettrodomestici nuovi purché di 1 classe superiore a quelli sostituiti. L’importo massimo dello sconto, fissato nell’importo massimo di 100 euro, sale a 200 per le famiglie con ISEE non superiore ai 25.000 euro. La misura prevede lo sconto in fattura in sede di acquisto. La gestione dei contributi è affidata a PagoPa.

Comunità energetiche rinnovabili

Le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER) ampliano la loro base di partecipazione, aprendosi a nuove tipologie di enti locali come le aziende che gestiscono le case popolari, gli istituti di assistenza e beneficenza, le aziende pubbliche dedicate ai servizi alla persona e i consorzi di bonifica. Inoltre, viene specificato che le piccole e medie imprese che guidano le CER possono avere come soci anche enti del territorio.

Per incentivare lo sviluppo delle CER, gli impianti di produzione di energia rinnovabile collegati a queste comunità riceveranno dei benefici economici se hanno iniziato a operare entro 5 mesi circa dall’emanazione del decreto che regola gli incentivi per l’autoconsumo diffuso (il decreto CACER), anche se la comunità energetica non era ancora stata ufficialmente creata. Il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (MASE) dovrà poi aggiornare le istruzioni operative di questo decreto per tener conto di queste novità.

Misure clienti vulnerabili

Il decreto bollette interviene anche sul regime di erogazione del servizio di somministrazione di energia elettrica ai clienti vulnerabili. Nello specifico:

  • Acquirente Unico S.p.A., quando acquista energia all’ingrosso per rivenderla ai fornitori del “servizio di vulnerabilità” (destinato ai clienti vulnerabili), dovrà utilizzare i mercati regolamentati dell’energia elettrica oppure stipulare contratti a termine con operatori all’ingrosso selezionati tramite gare competitive;
  • Viene eliminata la scadenza entro cui ARERA (l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente) doveva definire le regole del servizio di vulnerabilità. Questo servizio inizierà per i clienti vulnerabili solo dopo la fine del “servizio a tutele graduali”, quindi non prima del 31 marzo 2027.
  • Per i clienti vulnerabili che non avranno scelto un fornitore nel mercato libero o nel servizio a tutele graduali, è previsto un periodo transitorio in cui continueranno a essere forniti con il “servizio di maggior tutela”, in attesa che venga assegnato il servizio di vulnerabilità.

Nell’ambito delle misure di attuazione del Piano sociale per il clima di cui al regolamento UE n. 2023/955 (istitutivo del Fondo sociale per il clima) saranno stabilite misure di investimento e sostegno per famiglie e microimprese vulnerabili, in misura non superiore al 50% del totale delle risorse disponibili.

Misure PMI e imprese energivore

Per la tutela di PMI e imprese energivore, è autorizzata, per l’anno 2025, la spesa di 600 milioni di euro per il finanziamento del Fondo per la transizione energetica nel settore industriale, con copertura a valere sulla quota parte dei proventi derivanti dalle aste delle quote di emissione di CO2 dell’anno 2024.

Ulteriori 600 milioni sono destinati alle agevolazioni per la fornitura di energia elettrica e gas alle PMI, in particolare all’azzeramento per un semestre della spesa per oneri di sistema relativi al sostegno delle energie ricavate da fonti rinnovabili e alla cogenerazione (cosiddetta componente ASOS) per i clienti finali non domestici in bassa tensione con potenza disponibile superiore a 16,5 kW.

Trasparenza offerte luce e gas

Il provvedimento introduce altresì misure per la trasparenza e la confrontabilità delle offerte al dettaglio di energia elettrica e gas sul mercato libero, per i clienti finali domestici sul mercato libero, per consentire un’agevole leggibilità delle offerte e dei contratti anche con la previsione di documenti tipo da parte di ARERA.

In caso di inosservanza, sono previste sanzioni amministrative pecuniarie  non inferiori nel minimo a 2500 euro e non superiori nel massimo a 300 miliardi, nonché, in casi di particolare urgenza l’adozione di misure cautelari da parte di Arera e finanche la sospensione dell’attività di impresa fino a 6 mesi o la proposta al ministro competente della sospensione o della decadenza della concessione.

 

Leggi gli altri articoli in materia fiscale

Bonus colonnine domestiche Cos'è e come fare domanda dal 29 aprile 2025 per il bonus colonnine destinato a chi vuole installare un punto di ricarica presso la propria abitazione

Il bonus colonnine domestiche è un contributo che spetta a privati e condomini. E’ destinato all’acquisto e installazione di infrastrutture di potenza standard per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica effettuati da utenti domestici.

Con il decreto del Mimit del 12-6-2024 sono state definite, per l’anno 2024, le disposizioni procedurali per la concessione e l’erogazione di contributi per privati e condomini.

Le date di avvio, per la prenotazione dei contributi, vengono rese note con avviso pubblicato sul sito del ministero e su quello di Invitalia.

A partire dal 29 aprile 2025, ore 12, è possibile richiedere il bonus che copre l’80% del costo di acquisto e installazione delle infrastrutture di ricarica.

Soggetti beneficiari e importo contributo

I soggetti beneficiari sono le persone fisiche residenti in Italia e i condomini per le parti di uso comune ex artt. 1117 e 1117- bis c.c.

Il contributo concedibile è pari all’80% del prezzo di acquisto e posa, nel limite massimo di euro 1.500 per persona fisica richiedente. Il limite di spesa è innalzato a euro 8.000 in caso di posa in opera sulle parti comuni degli edifici condominiali di cui agli artt. 1117 e 1117- bis c.c.

Il contributo è erogato in unica soluzione e non è cumulabile con altre agevolazioni di carattere nazionale, regionale o dell’Unione Europea previste per la medesima spesa.

Spese ammissibili

Sono ammissibili al contributo le spese sostenute dai beneficiari, dal 1° gennaio al 31 dicembre 2024, per l’acquisto dell’infrastruttura di ricarica e la relativa posa in opera, da effettuarsi a regola d’arte.

Tali spese possono comprendere:

  • l’acquisto e la messa in opera di infrastrutture di ricarica, ivi comprese – ove necessario – le spese per l’installazione delle colonnine, gli impianti elettrici, le opere edili strettamente necessarie, gli impianti e i dispositivi per il monitoraggio;
  • spese di progettazione, direzione lavori, sicurezza e collaudi; costi per la connessione alla rete elettrica, tramite attivazione di un nuovo POD (point of delivery).

Le spese, specifica il decreto, devono essere oggetto di pagamento tracciabile.

Come fare domanda

Il bonus colonnine domestiche è concesso sulla base di una procedura a sportello, le cui date di apertura e chiusura sono pubblicate con avviso sul sito del Mimit.

A partire dal 29 aprile 2025 è ripartito il Bonus colonnine, per chi ha acquistato e installato l’infrastruttura di ricarica tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2024 e non ha potuto presentare domanda entro il termine di chiusura della precedente edizione.

Le domande possono essere presentate dalle ore 12:00 del 29 aprile alle ore 12:00 del 27 maggio 2025. Ciascun soggetto può presentare una sola domanda di accesso all’agevolazione.

L’istanza va presentata esclusivamente per via telematica sul sito di Invitalia, utilizzando la propria identità digitale tramite le credenziali SPID, CIE o CNS. Va compilato il modulo elettronico reso disponibile sul sistema informatico dedicato e seguendo la procedura guidata.

Entro 90 giorni dalla data di chiusura dello sportello, il Ministero emana il decreto di concessione ed erogazione dei contributi. Nel rispetto dell’ordine cronologico di ricezione delle domande.

Ultimata la compilazione dell’istanza, il sistema informatico rilascia una ricevuta di registrazione per confermare la corretta presentazione della stessa.

Allegati

reato di appropriazione indebita

Reato di appropriazione indebita Appropriazione indebita: cos’è, quando si configura, normativa, elementi costitutivi, procedibilità e giurisprudenza

Cos’è l’appropriazione indebita

L’appropriazione indebita è un reato previsto e punito dall’art. 646 del Codice penale. Si configura quando un soggetto, avendo la disponibilità di una cosa mobile altrui, se ne appropria per trarne profitto, violando l’obbligo giuridico di restituzione o di diverso utilizzo. A differenza del furto, nel caso dell’appropriazione indebita, il bene non è sottratto clandestinamente, ma consegnato volontariamente al reo da parte dell’avente diritto.

Normativa di riferimento: art. 646 c.p.

L’articolo 646 del codice penale recita: “1. Chiunque, per procurare a sé o ad altri un ingiusto profittosi appropria il denaro o la cosa mobile altrui di cui abbia, a qualsiasi titolo, il possesso, è punito, a querela della persona offesa, con la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000. 2. Se il fatto è commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario la pena è aumentata.”

Quando è integrato il reato

Il reato di appropriazione indebita si perfeziona quando:

  • il soggetto agente ha legittimamente il possesso del bene (es. consegna volontaria da parte del proprietario);
  • si appropria indebitamente del bene stesso;
  • con l’intenzione di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto;
  • e con danno patrimoniale per la parte offesa.

Il reato può riguardare beni materiali o denaro, purché si tratti di cose mobili altrui.

Elemento oggettivo

L’elemento oggettivo del reato è costituito dalla condotta di appropriazione, ovvero l’atto di trattare come proprio un bene mobile altrui che il soggetto già possedeva lecitamente. Si tratta di un comportamento che implica l’inversione del possesso, ossia il mutamento dell’atteggiamento soggettivo verso la cosa, da detenzione in nome altrui a possesso uti dominus.

Elemento soggettivo

L’elemento soggettivo richiesto è il dolo specifico, cioè la volontà di appropriarsi della cosa altrui per procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto. Deve dunque sussistere l’intenzione di trattenere il bene altrui contro la volontà del proprietario, con consapevolezza della mancanza di un diritto a farlo.

Procedibilità

Il reato è procedibile a querela di parte, come sancito dal comma 1 dell’art. 646 c.p.

Pene previste

La pena prevista per il reato di appropriazione indebita è la reclusione da due a cinque anni e con la multa da euro 1.000 a euro 3.000. La pena aumenta se il fatto viene commesso su cose possedute a titolo di deposito necessario.

Differenza tra furto e appropriazione indebita

Sebbene entrambi i reati ledano il diritto di proprietà, vi sono differenze rilevanti:

Elemento

Furto (art. 624 c.p.)

Appropriazione indebita (art. 646 c.p.)

Possesso iniziale

Illecitamente sottratto

Lecitamente detenuto

Condotta

Sottrazione

Appropriazione

Consenso

Assente

Presente al momento della consegna

Procedibilità

D’ufficio (salvo casi lievi)

A querela

Giurisprudenza sull’appropriazione indebita

La giurisprudenza ha chiarito alcuni aspetti fondamentali del reato:

Cassazione n. 289/2025: Affinché si configuri l’appropriazione indebita di beni fungibili come il denaro, non basta la semplice disponibilità del bene. È fondamentale che fin dal momento in cui il bene viene consegnato, esista uno specifico vincolo di destinazione stabilito dal proprietario. Un obbligo di natura civilistica derivante da un contratto successivo non può essere considerato un vincolo di destinazione originario ai fini di questo reato. Di conseguenza, l’appropriazione indebita di un bene fungibile si verifica solo quando chi lo riceve fin dall’inizio è tenuto a utilizzarlo per uno scopo preciso e viola tale vincolo.

Cassazione Penale, n. 11950/2023: il reato di appropriazione indebita si configura quando una persona, avendo già la disponibilità di un bene mobile o di denaro appartenente ad altri, decide intenzionalmente di comportarsi come se fosse il proprietario. Questa decisione deve essere presa con la consapevolezza di non avere il diritto di farlo e con lo scopo di ricavarne un beneficio illegittimo per sé o per altri. Un esempio concreto è chi riceve un bonifico bancario per errore e, invece di restituire la somma, la trattiene per sé. In questo caso, la consapevolezza dell’errore e la decisione di non restituire il denaro, con l’intenzione di utilizzarlo, integrano il reato di appropriazione indebita.

Cassazione n. 16831/2021: Il reato di appropriazione indebita (articolo 646 del codice penale) si differenzia dal furto perché chi commette appropriazione indebita ha già il possesso del bene altrui. Questo “possesso” include ogni situazione in cui una persona ha il potere di usare il bene autonomamente, senza che il proprietario lo sorvegli direttamente. Rientra in questa definizione anche la semplice detenzione del bene. Al contrario, se una persona non ha alcun potere autonomo sul bene, ma se ne impossessa sottraendolo al proprietario, commette furto.

 

Leggi anche gli altri articoli dedicati allo stesso illecito penale 

Magistratura onoraria: la riforma La riforma della magistratura onoraria, pubblicata in GU, in vigore dal 1° maggio 2025: cambiano le regole su orari di lavoro, compensi e contributi

Magistratura onoraria: in vigore dal 1° maggio

La riforma della magistratura onoraria, collegata alla manovra finanziaria pubblica, è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 16 aprile 2025 per entrare in vigore dal 1° maggio 2025.

La nuova legge n. 51/2025, va a modificare alcune disposizioni del Decreto legislativo n. 116/2017.

Vedi il Dossier del Senato sulla Riforma

Orario di lavoro e disciplina

Al Presidente del tribunale o al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale è riconosciuto il compito di definire il programma di lavoro dei magistrati onorari, in conformità alle indicazioni del CSM, fissando comunque un limite alla durata di lavoro settimanale. Detto programma deve essere elaborato nel rispetto delle indicazioni fornite dal Consiglio superiore della magistratura.

La durata dell’orario di lavoro:

  • non deve superare le 36 ore per ogni settimanaper i magistrati che hanno optato per il regime di esclusività;
  • non deve superare le 16 ore per ogni settimana per i magistrati che non hanno optato per il regime di esclusivitàper assicurare la compatibilità con lo svolgimento di altre attività lavorative o professionali.

Compenso

Il compenso annuo spettante ai magistrati onorari confermati che svolgono le loro funzioni in via esclusiva, è di 58.840 euro, a cui si aggiunge un trattamento di fine rapporto.

Ai magistrati onorari che esercitano le funzioni in via non esclusiva, è corrisposto invece il compenso annuo di 25.000 euro (più elevato quindi rispetto agli iniziali 20.000 euro) oltre un trattamento di fine rapporto.

A questi magistrati onorari spettano anche i buoni pasto nella misura spettante al personale dell’amministrazione giudiziaria, qualora venga superata la soglia delle sei ore di presenza all’interno dell’ufficio giudiziario.

Le giornate dedicate alla formazione sono considerate combattività giurisdizionali a tutti gli effetti, anche di tipo economico.

Contributi e previdenza

Il provvedimento prevede specifiche disposizioni relative al regime contributivo e previdenziale.

  • I magistrati onorari confermati che svolgono l’attività in via esclusiva sono assicurati all’INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, sono iscritti al Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell’assicurazione generale obbligatoria dell’INPS e sono iscritti a specifiche forme di previdenza e assistenza sociale.
  • I magistrati onorari confermati che non esercitano in via esclusiva, invece, sono iscritti alla Gestione separata INPS e assicurati all’INAIL contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali. Essi hanno anche titolo per l’iscrizione alla Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense e mantengono l’iscrizione alla Cassa medesima. Se svolgono invece attività lavorative aggiuntive, diverse da quella forense, conservano  il corrispondente regime contributivo in relazione ai compensi o alle retribuzioni percepiti per quelle attività.

Incompatibilità

La causa di incompatibilità relativa all’esercizio della professione forense per conto di imprese assicurative, bancarie o di intermediazione finanziaria operanti nel circondario del giudice di pace viene modificata. Essa opera qualora, nei cinque anni antecedenti alla presentazione della domanda per diventare giudice di pace, l’interessato abbia esercitato in maniera abituale e prevalente l’attività di avvocato per tali enti.

I magistrati onorari che hanno optato per il regime di cui all’art. 29 del dlgs n.116/2017 non possono esercitare le loro funzioni in uffici giudiziari situati nel circondario del tribunale in cui il loro coniuge, convivente, parenti fino al secondo grado o affini entro il primo grado esercitano la professione forense.

Inoltre, magistrati onorari legati da tali vincoli familiari o di convivenza non possono essere assegnati al medesimo ufficio giudiziario. Queste disposizioni si estendono anche alle parti di un’unione civile.

Rimessione nei termini e conferma

Prevista infine una procedura di rimessione nei termini per la richiesta di conferma nella magistratura onoraria, riservata ai magistrati onorari che non l’avevano ancora presentata.

Tale procedura è applicabile quando, all’esito delle procedure di conferma già concluse, residuano risorse disponibili e il CSM bandisce, con delibera, una nuova procedura di valutazione per un numero di posti corrispondente alle risorse disponibili.

I magistrati onorari non confermati per la mancata partecipazione alle prove valutative concluse o per aver rinunciato a sostenere il colloquio orale, anche in presenza di domanda di conferma, possono fare domanda per partecipare alle nuove procedure valutative sino al compimento del settantesimo anno di età.

Per quanto riguarda l’opzione per l’esclusività, si prevede che i magistrati confermati possano chiedere di esercitare l’opzione entro il 31 luglio di ogni anno successivo a quello di immissione nel ruolo.

tax control framework

Tax control framework: avvocati e commercialisti certificatori Tax control framework: raggiunta l'intesa tra avvocati, commercialisti, ministero e Agenzia su competenze e titoli per i certificatori. Ecco il testo

Tax control framework: il protocollo d’intesa

Novità in materia di Tax control Framework. Il Consiglio Nazionale dei Commercialisti, il Consiglio Nazionale Forense, il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate hanno siglato un protocollo d’intesa per definire come individuare i titoli e le competenze professionali necessarie per ottenere l’attestazione di certificatore del rischio fiscale.

Questa figura, riservata ad avvocati e commercialisti (iscritti alla sezione A dell’albo), è fondamentale per l’iscrizione all’elenco dei certificatori del sistema integrato di gestione e controllo del rischio fiscale.

Requisiti accesso elenco certificatori

L’iscrizione all’elenco richiede la partecipazione a un percorso formativo di almeno ottanta ore, suddiviso in tre moduli:

  • sistemi di controllo interno e gestione dei rischi (almeno la metà del corso);
  • principi contabili;
  • diritto tributario.

Al termine di ogni modulo è previsto un test di valutazione. I due Consigli nazionali attestano il superamento dei corsi e dei test per i propri iscritti. Lo svolgimento dei percorsi formativi e dei test è definito dai Consigli nazionali di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze e l’Agenzia delle Entrate.

Esoneri dalla frequenza dei test

Sono previste diverse esenzioni dalla frequenza e dai test. Ne beneficiano:

  • gli iscritti da almeno cinque anni (sezione A per i commercialisti) che hanno avuto incarichi formali nella progettazione di sistemi di controllo del rischio fiscale validati dall’Agenzia delle Entrate;
  • o che hanno collaborato per almeno cinque anni come responsabili dei rischi fiscali in imprese in adempimento collaborativo.
  • L’esonero si estende anche a chi, iscritto da almeno cinque anni, è stato membro di organismi di vigilanza o ha svolto audit aziendale per almeno due anni in società in adempimento collaborativo.
  • Esonerati anche i professori universitari di discipline economico-aziendali o di diritto tributario, iscritti da almeno cinque anni nei rispettivi albi (avvocati e commercialisti sezione A).

Esoneri totali da percorsi formativi e test

  • L’esenzione totale dalla frequentazione dei corsi e dai test è prevista per professori universitari abilitati e ricercatori a tempo determinato  nelle discipline economico aziendali o di diritto tributario, iscritti da almeno cinque anni agli albi, limitatamente ai moduli relativi al loro ambito disciplinare.
  • Stessa agevolazione per i revisori legali dei conti iscritti da almeno cinque anni (limitatamente al modulo sui principi contabili) e per chi ha conseguito un dottorato di ricerca o un master di II livello, sempre iscritti da almeno cinque anni e limitatamente ai moduli pertinenti al titolo.
  • Infine, sono esonerati gli iscritti da almeno cinque anni che per almeno due anni hanno ricoperto il ruolo di responsabile fiscale, supervisore di sistemi di controllo del rischio fiscale interno, di internal audit aziendale o di responsabile dei controlli II livello,  in grandi imprese con sede in Italia.

I due Consigli Nazionali gestiscono e aggiornano i rispettivi elenchi di certificatori, mentre l’Agenzia delle Entrate pubblica sul proprio sito l’elenco complessivo, distinto per avvocati e commercialisti.

 

Leggi anche: Bollino Blu avvocati per il rischio fiscale