Stalking su Facebook: bastano due post Stalking su Facebook integrato anche con la pubblicazione di due soli post se il profilo dell’autore è aperto e quindi accessibile

Stalking su Facebook

Il reato di stalking su Facebook è integrato anche dalla pubblicazione di due soli post sul profilo aperto dell’imputato se il passato è caratterizzato da condotte persecutorie e se dal contenuto dei post emerge chiaramente a chi sono diretti tanto che persona offesa vien informata del contenuto da persone vicine. La Cassazione lo ha chiarito nella sentenza n. 33986-2024.

Reato di stalking pubblicare due post sul profilo Facebook

La Corte d’appello condanna un soggetto per il reato di atti persecutori art. 612 bis c.p. L’imputato ricorre in Cassazione contestando gli addebiti nei suoi confronti. Il soggetto lamenta l’affermazione di responsabilità anche per fatti anteriori all’inoltre dei due post su Facebook. Questi eventi sono stati infatti oggetto di un procedimento penale relativo sempre al reato di stalking dal quale però era stato assolto. L’imputato rileva inoltre un potenziale contrasto tra giudicati. Costui  infine contesta la sussistenza dell’elemento soggettivo in relazione al reato di atti persecutori che gli è stato contestato.  Lo stesso si sarebbe realizzato con l’inoltro di due post sulla propria bacheca personale di Facebook a un destinatario privo di un profilo sullo stesso social, sul quale tra l’altro non è mai entrato. Alla luce di questo, l’imputato non comprende in che modo abbia potuto colpire la vittima con i suoi post.

Stalking su Facebook: sufficienti due condotte moleste e lesive

La Cassazione respinge il ricorso, ritenendo le censure in parte inammissibili e in parte infondate.

Dai precedenti penali per il reato di stalking la Corte di appello ha dedotto l’oggettiva capacità persecutoria dell’inoltro dei post su Facebook. La stessa ha fatto una corretta applicazione dei principi in materia affermati dalla giurisprudenza di legittimità. Quest’ultima ritiene in particolare che integrano li delitto di atti persecutori di cui all’art. 612-bis c.p., anche due sole condotte di minacce, molestie o lesioni, pur se commesse in un breve arco di tempo, idonee a costituire la “reiterazione” richiesta dalla norma incriminatrice, non essendo invece necessario che gli atti persecutori si manifestino in una prolungata sequenza temporale.” Gli Ermellini ricordano inoltre come “il delitto di atti persecutori sia integrato da un’opera di reiterata delegittimazione della persona offesa realizzata dal soggetto attivo attraverso una serie protratta di condotte diffamatorie e moleste realizzate attraverso l’invio di numerosi “post” diffamatori su “social network.” 

Elemento soggettivo: dolo generico

L’elemento soggettivo di questo reato abituale e di evento è rappresentato dal dolo generico. Lo stesso si traduce nella volontà di porre in essere plurime condotte di minaccia e di molestia, nella consapevolezza della loro idoneità a produrre uno degli eventi richiesti dalla norma come lo stato d’ansia e il cambio di abitudini. Non occorre la preordinazione da parte del reo, ma l’abitualità, che è integrata anche con la mera occasionalità e casualità. La consapevolezza delle più condotte di minaccia o di molestia a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice, implica necessariamente la cognizione che tali condotte siano percepibili dai destinatari della minaccia o della molestia.”

Consapevolezza a produrre uno degli eventi ex art. 612 bis c.p.

Il reato di atti persecutori è quindi integrato anche dal reiterato e assillante invio di messaggi persecutori, ingiuriosi, enfatizzanti, minatori e irridenti la persona offesa se diretti a destinatari plurimi legati alla stessa da un rapporto di vicinanza. Tutto purché il reo agisca nella ragionevole convinzione che la vittima ne venga informata e nella consapevolezza, della idoneità del proprio comportamento abituale a produrre uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice.” 

Conoscibilità scontata se il profilo è accessibile

La Cassazione ritiene che, se è vero che occorre distinguere il caso in cui i messaggi persecutori vengono inviati sul profilo della persona offesa da quello in cui vengono pubblicati sul profilo dell’imputato, nel caso di specie a rilevare è la conoscibilità, certamente scontata quando il profilo sia ampiamente accessibile”.

L’imputato ha fatto uso del proprio profilo Facebook per pubblicare due contenuti diretti chiaramente alle due persone offese. Le modalità utilizzate sono tali da fondare la conoscibilità da parte loro o comunque anche di altre persone a loro legate.” Il contenuto dei post è stato infatti rivelato alla persona offesa da sua sorella, dopo che questa ne è venuta a conoscenza dal social network.

 

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niente rimessione in termini

Niente rimessione in termini per l’ignoranza del difensore La rimessione in termini non può essere concessa al difensore che decade dai termini per proporre l’istanza per la trattazione orale

Rimessione in termini: non opera per il difensore ignorante

L’autorità giudiziaria non può concedere la rimessione in termini al difensore che ignora il funzionamento del processo e presenta istanza di trattazione orale nello stesso ricorso per Cassazione. Il legale avrebbe dovuto infatti presentare istanza apposita e separata dopo la fissazione dell’udienza entro un termine preciso da cui però è decaduto. Lo ha precisato la Corte di Cassazione nella sentenza n. 34695/2024.  

Respinta l’istanza per la trattazione orale

La Corte d’appello conferma la condanna penale dopo aver accertato la responsabilità dell’imputato relativa alla commissione del reato in materia elettorale, previsto dall’art. 87 del “Testo unico delle leggi per la composizione e la elezione degli organi delle Amministrazioni comunali” contenuto nel DPR n. 570/1960.

Il difensore impugna la sentenza di fronte alla Corte di Cassazione sollevando 4 motivi di doglianza. Nel terzo motivo il difensore lamenta la mancata concessione della remissione in termini.

Nel caso di specie il difensore dell’imputato con il ricorso in Cassazione chiede la trattazione orale della causa. Con nota del 24.06.2024 insiste ancora, ma il Presidente glielo nega. Il giorno 25.06.2024 il difensore presenta quindi una nuova istanza, chiedendo la remissione in termini e sollevando questione di illegittimità costituzionale. Il legale ritiene infatti che all’istanza proposta con l’atto di impugnazione di trattazione orale della causa non debba seguire una autonoma istanza.

Con memoria del 05.07.2024 il difensore dichiara di aderire all’astensione proclamata dalle Camere Penali, poi però insiste per il riconoscimento della prescrizione del reato.

Difensore decaduto dai termini per la trattazione orale

La Corte di Cassazione, nell’analizzare le questioni preliminari di doglianza sollevate dal difensore dell’imputato, precisa che se l’istanza di remissione viene richiesta dal difensore per l’ignoranza della legge processuale, quest’ultima non è equiparabile al caso fortuito o alla forza maggiore che possono legittimare la restituzione dei termini.

Rimessione in termini: oneri di diligenza per difensore e imputato

L’imputato e il difensore sono gravati da precisi oneri di diligenza, che valgono anche in relazione al termine di decadenza per proporre l’istanza di trattazione orale.

Quando il difensore ha proposto con l’atto di impugnazione l’istanza per la trattazione orale della causa ha commesso un errore.  Il legale avrebbe infatti dovuto presentare un’istanza apposita dopo la fissazione dell’udienza. Questa previsione consente una migliore organizzazione dell’udienza e permette alla difesa di partecipare all’udienza dopo che la stessa è stata fissata. Non è infatti possibile conoscere questa informazione, ossia la data di fissazione dell’udienza,  se l’istanza viene presentata nell’atto di impugnazione.

Il difensore nel ricorso ha anche richiamato impropriamente le norme del codice di procedura perché per tutti i ricorsi presentati fino al 30 giugno 2024, compreso quello presentato davanti alla Corte di cassazione, valgono le regole previste dall’articolo 23, comma 8 del decreto legge n. 137/2020.

Senza trattazione orale non rileva l’istanza di rinvio per sciopero

L’istanza di rinvio per adesione all’astensione organizzata dalle camere penali infine non è rilevante perché l’autorità giudiziaria non ha disposto la trattazione orale della causa. Questo perché, sempre in base alle disposizioni emergenziali emanate durante la pandemia, in mancanza di istanze tempestive per la discussione orale, è priva di effetti l’istanza di rinvio per adesione, perché l’istante non ha comunque il diritto di partecipare all’udienza camerale. L’autorità giudiziaria può concedere il rinvio solo per atti o adempimenti che richiedono la presenza del difensore, non necessari in un procedimento che si svolge tramite trattazione scritta.

 

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indennità di frequenza

Indennità di frequenza Cos'è l'indennità di frequenza per minori disabili: requisiti, importi, durata, come fare domanda e come rinnovare la richiesta

Cos’è l’indennità di frequenza

L’indennità di frequenza è un beneficio economico destinato ai minori con disabilità, finalizzato a favorire il loro inserimento scolastico e sociale. Questo contributo è disponibile su richiesta per i minori di 18 anni con difficoltà persistenti nello svolgimento delle attività quotidiane o con ipoacusia significativa.

Il nome “indennità di frequenza” è dovuto al fatto che viene riconosciuta se il minore frequenta in modo continuo o periodico:

  • ambulatori o centri diurni di natura privata (convenzionata) o pubblica, per la terapia o la riabilitazione;
  • scuole pubbliche o private di ogni ordine e grado, scuola materna compresa;
  • centri di formazione professionale per il reinserimento sociale.

La misura viene concessa in relazione alla reale durata della frequenza dei corsi, delle scuole o dei centri di cura.

Durata e importo dell’indennità di frequenza

Per il 2024, l’indennità di frequenza ammonta a 333,33 euro mensili, con un limite di reddito personale annuo di 5.725,46 euro.

L’indennità viene erogata per un massimo di 12 mensilità, a partire dal mese successivo all’inizio della frequenza del corso o trattamento terapeutico.

Requisiti per la misura

I principali requisiti per accedere all’indennità di frequenza includono:

–  età inferiore ai 18 anni;

  • difficoltà persistenti nel compiere le attività quotidiane o una perdita uditiva superiore a 60 decibel;
  • frequenza di istituzioni educative o centri di formazione riconosciuti;
  • reddito personale inferiore alla soglia stabilita (5.725,46 euro per il 2024)

–  cittadinanza italiana o adeguata regolarità della residenza per cittadini stranieri;

–  residenza stabile e abituale in Italia

Incompatibilità

L’indennità di frequenza non può essere cumulata con:

  • qualsiasi forma di ricovero;
  • indennità di accompagnamento per invalidi civili totali;
  • indennità di accompagnamento per ciechi totali;
  • speciale indennità per ciechi parziali;
  • indennità di comunicazione per sordi prelinguali.

È possibile però optare per il trattamento più favorevole al soggetto.

Come fare domanda

Per richiedere l’indennità, è necessario seguire questi passaggi:

  1. ottenere un certificato medico introduttivo da un medico certificatore;
  2. inserire il codice del certificato nella domanda di accertamento sanitario;
  3. compilare i dati amministrativi necessari, inclusi quelli relativi alla frequenza scolastica;
  4. inviare la domanda tramite il servizio INPS “Invalidità civile – Procedure per l’accertamento del requisito sanitario”.

Presentata la domanda al richiedente viene comunicata la data della visita di accertamento della disabilità, che sarà eseguita da una specifica Commissione medica. Se il minore è affetto da ma patologia tumorale la visita viene fissata entro il termine di 15 giorni, che decorrono dalla domanda.

Documentazione e tempistiche

La domanda può essere presentata direttamente online sul sito dell’INPS o tramite un patronato. L’INPS invia il verbale di invalidità civile tramite raccomandata A/R o PEC. La documentazione rimane disponibile nel servizio Cassetta postale online.

Per le prestazioni economiche per i maggiorenni, la domanda può essere presentata sei mesi prima del compimento dei 18 anni. L’INPS procederà alla liquidazione provvisoria, soggetta a conferma dopo il successivo accertamento sanitario.

Scadenza e rinnovo dell’indennità di frequenza

Il termine ordinario per l’emanazione dei provvedimenti è di 30 giorni, salvo specifiche disposizioni di legge che prevedano tempi diversi. Per maggiori dettagli, consulta le norme previste dalla legge n. 241/1990 e successive integrazioni.

La durata dell’indennità di frequenza è limitata e ogni anno i genitori devono presentare il relativo certificato che indichi il periodo di inizio e fine delle attività affinchè l’INPS possa effettuare le dovute verifiche al fine di mantenere l’erogazione del beneficio.

Di regola, l’indennità scade con la conclusione dell’anno scolastico e/o delle attività riabilitative e la domanda va rinnovata, tra agosto e settembre o comunque in concomitanza con la ripresa delle attività (scolastiche o riabilitative, appunto).

constatazione amichevole di incidente

Constatazione amichevole di incidente: il modello CAI Cos'è il modello CAI, prima chiamato CID (Convenzione di Indennizzo Diretto), a cosa serve, quando e come si compila

La constatazione amichevole di incidente (CAI)

La Constatazione Amichevole di Incidente, CAI (un tempo conosciuto come CID, Convenzione di Indennizzo Diretto), è un modello necessario a denunciare immediatamente un sinistro automobilistico.

Infatti, nel caso di incidente questo modulo si rivela il mezzo più pratico e veloce per l’immediata comunicazione alle reciproche compagnie assicurative garantendo a tutti una maggiore tutela.

È per questo importante averne sempre almeno una copia nel proprio autoveicolo.

Vediamo in cosa consiste il modello CAI, come va compilato e a cosa serve.

Che cos’è il modulo CAI

La constatazione amichevole di incidente (CAI), comunemente detto Modulo blu, per il colore del foglio su cui è stampato, è un modello dichiarativo che attesta in maniera dettagliata come si è verificato un incidente automobilistico.

Esso quindi è la fotografia dei fatti e delle informazioni relative all’avvenuto sinistro sintetizzata in un’unica pagina.

I moduli CAI sono distribuiti direttamente dalle compagnie assicurative al momento della stipula di un nuovo contratto, ma le copie sono tutte equivalenti tra loro per cui non è necessario che venga rilasciata dall’ultima compagnia di assicurazione posseduta.

Perchè il CAI viene chiamato ancora CID

Un tempo, lo stesso Modello blu che oggi chiamiamo CAI (Constatazione Amichevole di Incidente), prendeva il nome di Convenzione di Indennizzo Diretto (CID): da qui la persistenza della vecchia dicitura di modulo CID, ancora oggi molto diffusa.
La constatazione amichevole (CAI) ha sostituito il CID nel 2007, quando è entrata in vigore la nuova Convenzione tra Assicuratori per l’Accordo Diretto (CARD).

I moduli CAI e CID, in realtà, sono molto simili,  potremmo dire che sono “la stessa cosa” ed infatti l’impercettibile differenza tra loro è più di forma che di sostanza visto che anche quello che definiamo “nuovo” modello (CAI), serve a completare la denuncia di un sinistro e a contribuire in maniera rapida e decisiva a ricostruire la dinamica dell’incidente. Dando così la possibilità alle compagnie assicurative di stabilire  il torto e la ragione delle reciproche parti e ottenere un pronto risarcimento del danno subito evitando inutili lungaggini  burocratiche.   

Come e quando procedere alla compilazione del CAI

Il modulo CAI, correttamente e interamente compilato e firmato da entrambe le parti coinvolte, velocizza la gestione del sinistro e mette al sicuro da eventuali possibili contestazioni sulla dinamica dell’incidente.

È utile compilare e firmare la constatazione amichevole anche se non c’è accordo con l’altro conducente sulla dinamica del sinistro, importante che ci siano il nome delle compagnie di assicurazione e le targhe dei veicoli coinvolti.

Prima di procedere alla compilazione del modello, è opportuno concentrarsi sui vari step da seguire:

  • per prima cosa bisogna segnalare con il triangolo la presenza dell’incidente; verificare se ci sono feriti gravi e chiamare i soccorsi e le forze dell’ordine e non toccare nulla fino al loro arrivo;
  • se non ci sono feriti gravi, controllare che i veicoli fermi non intralcino la circolazione. Se i mezzi bloccano la strada, spostare l’auto in un’area che non alteri il traffico, ma non senza aver prima scattato alcune foto. 

Dopo si passa alla compilazione del modello.

Come si compila il CAI

All’interno del modulo CAI andranno inserite le informazioni legate ai conducenti e ai veicoli coinvolti nel sinistro.

Nello specifico occorrerà avere l’immediata disponibilità di tre documenti fondamentali:

  • certificato di assicurazione,
  • patente,
  • libretto di circolazione.

Il Modulo è composto da tre blocchi principali da compilare che richiedono diversi tipi di informazioni. Basterà seguire i numeri che indicano i dati da inserire.

Dati generali

Nella parte alta del modulo CAI vi è il blocco che riporta i numeri dall’1 al 5 e nel quale vanno inserite le informazioni generali relative all’incidente.

Qui va infatti indicata: la data, l’ora e il luogo del sinistro (è opportuno anche segnare anche il numero civico, facendo riferimento a quello più vicino al luogo dell’incidente); se ci sono feriti, anche lievi, e/o danni a cose (oltre ai due veicoli coinvolti, altre macchine, o altro, come muretti, lampioni o guardrail); le generalità di chi era passeggero nei veicoli coinvolti e di chi eventualmente ha assistito al sinistro.

Questi ultimi soggetti verranno indicati come testimoni e inseriti nell’apposita sezione.

Dati dei veicoli

L’area del modello CAI dedicata ai veicoli, è divisa in due colonne. Queste due fasce sono contraddistinte da due colori, giallo e blu, e sono dedicate all’inserimento dei dati specifici del Veicolo A e del Veicolo B.

Qui si trovano numeri dal 6 al 10 sia per la colonna A che per la colonna B e vanno indicati i dati dell’intestatario dell’assicurazione, i dati del veicolo (tipo di mezzo, marca, modello e targa), gli estremi dell’assicurazione e i dati del conducente che se anche intestatario della polizza,  in parte coincideranno con i primi dati di questa sezione.

Da ultimo, ciascun conducente sulla propria colonna dovrà indicare in modo dettagliato i danni subiti  sul suo autoveicolo sia  con una freccia sul disegno corrispondente al proprio veicolo e poi descrivendo il tutto in maniera discorsiva per iscritto.

Dati sulla dinamica dell’incidente

In quest’ultima parte, che si trova al centro del foglio, viene descritta la dinamica dell’incidente. Ciascun conducente dovrà segnare una X sulle caselle delle voci che reputa corrette. Occorre in questa fase leggere attentamente le descrizioni riportate sul modello e cancellare la parte che non riguarda.
Per esempio, nella prima voce viene chiesto se l’auto era in sosta o in fermata: se l’auto era in sosta al momento dell’incidente, va segnata la X sulla casella e cancellata la parola “fermata”.

Subito dopo aver inserito le crocette, si deve procedere alla rappresentazione grafica dell’incidente.

Il disegno deve essere quanto più possibile comprensibile, quindi:

  • si tracciano le strade e si scrivono i nomi delle vie;
  • si indica la segnaletica stradale sia orizzontale (strisce di qualsiasi tipo) che verticale (semafori o cartelli);
  • si disegnano i due veicoli stilizzati e indicando quale è A e quale è B, usando le frecce per indicare il senso di marcia.

Le Altre Informazioni

Nella parte del Modulo dove si fa riferimento alle Altre Informazioni possono essere inseriti dati aggiuntivi, ad esempio se sono intervenute le forze dell’ordine e quali (Carabinieri, Polizia Stradale o Vigili Urbani; segnalare la presenza di testimoni; indicare se ci sono feriti e eventualmente i dati del proprietario dell’auto, se diverso dal conducente.

Dopo è possibile procedere alla firma entrambe le parti.

Va ricordato che la firma della constatazione amichevole non vuol dire ammissione di responsabilità, ma solo rilevazione del sinistro, spetterà al perito assicurativo, che prenderà in carico la pratica, accertare le responsabilità.

A chi va consegnato il CAI

Il modulo di constatazione amichevole è composto da quattro copie. Ogni conducente ha diritto a due copie di cui una resta a lui e l’altra va consegnata alla propria assicurazione.

Si precisa che, se non è possibile inserire nel modulo CAI tutte le informazioni a cui abbiamo fatto riferimento per mancanza di tempo o per mancata collaborazione di uno dei due conducenti, affinchè il modulo sia valido, è importante che siano inseriti almeno i dati fondamentali.

I dati fondamentali da compilare nel modulo CAI (CID) sono:

  1. Data e ora dell’incidente (n.1)
  2. Luogo dell’incidente (indirizzo preciso) (n. 6Ae 6B)
  3. Dati dei veicoli coinvolti (marca, modello, targa) (7 e 7B)
  4. Dati dei conducenti (nome, cognome, indirizzo, patente)
  5. Dati delle assicurazioni (nome della compagnia, numero di polizza) (8 e 8B)
  6. Descrizione del sinistro (schema dell’incidente e caselle da barrare) (n.12)
  7. Firma dei conducenti (n. 15)

 

accompagnatori minori

Accompagnatori minori in aereo: niente più sovrapprezzo Accompagnatori minori e disabili: il Consiglio di Stato dichiara illegittimo il sovrapprezzo richiesto dalle compagnie aeree per avere il posto accanto a quello del soggetto vulnerabile

Accompagnatori minori e disabili: stop sovrapprezzo per il posto

Il diritto degli accompagnatori di minori e disabili di occupare il posto accanto al soggetto vulnerabile non può essere subordinato al pagamento di un sovrapprezzo.  Si tratta di una questione di sicurezza e questo obbligo deve essere assolto dal vettore, per cui non può essere condizionato dal pagamento di un sovrapprezzo. Lo ha affermato il Consiglio di Stato nella sentenza n. 7206-2024.

Accompagnatori minori e disabili in aereo:  ENAC interviene

La vicenda ha inizio quando un’associazione che agisce anche per la difesa dei consumatori effettua una segnalazione all’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione civile). Dopo questa segnalazione ENAC, tenuto conto di quanto disposto dall’AMC 1 del Regolamento UE 965/2012, adotta la disposizione n. 63/2021 per l’adozione di un “Regolamento tecnico per l’assegnazione dei posti a sedere dei minori (2 – 12 anni) e dei disabili e persone a ridotta mobilità (PRM) vicino ai genitori e/o accompagnatori.”

Il provvedimento ENAC persegue la sicurezza in volo

Una compagnia aerea impugna il provvedimento davanti al TAR del Lazio, chiedendone l’annullamento, dopo l’adozione di idonee misure cautelari. Il TAR respinge l’istanza presentata dalla compagnia aerea perché ENAC non ha fatto altro che dare concretezza al regolamento UE n. 956/2012, che prevede l’assegnazione di posti a sedere agli accompagnatori di minori (da 2 a 12 anni) e disabili. Il TAR spiega che il provvedimento di ENAC si pone l’obiettivo di perseguire la sicurezza di passeggeri, senza che rilevino questioni tariffarie.

La richiesta di un prezzo aggiuntivo per l’assegnazione di un posto a sedere garantito “accanto” al passeggero speciale, si traduce in un inadempimento del vettore al regolamento UE in oggetto, ai principi che lo ispirano e all’esercizio dei diritti dei passeggeri.

La compagnia aerea impugna la decisione di fronte al Consiglio di Stato in sede di appello cautelare. Il Consiglio di Stato lo accoglie per inibire l’adozione dei provvedimenti sanzionatori e rinvia al Tribunale per approfondire le questioni di merito. Il TAR però respinge il ricorso, ma accoglie l’istanza di accesso allo studio svolto da ENAC su richiesta dell’associazione.

Consiglio di Stato: della sicurezza è responsabile il vettore

La compagnia aerea impugna la sentenza di fronte al Consiglio di Stato presentando tre motivi di doglianza, che riproducono quelli del ricorso di primo grado.

Il Consiglio di Stato rileva che la questione da risolvere riguarda “l’applicazione di un costo extra – ulteriore rispetto al costo già sostenuto ai fini dell’acquisto del titolo di viaggio – per la fruizione del servizio di selezione del posto a sedere a bordo dei velivoli, pratica condivisa dalla quasi totalità delle compagnie aeree, relativamente all’applicazione di tale costo extra anche in riferimento al posto dell’accompagnatore di minori di 12 anni (oltre che delle persone con mobilità ridotta).”

Si tratta di una pratica che pregiudica gli interessi di categorie deboli e vulnerabili, che necessitano di un accompagnatore durante il volo per prevenire situazioni di pericolo dannose. Questi soggetti hanno infatti difficoltà maggiori a tutelare la propria incolumità.

Per l’assegnazione dei posti agli accompagnatori dei minori e dei disabili le compagnie non seguono regole diverse dall’assegnazione ordinaria. Il meccanismo è casuale, per cui  la vicinanza del posto non è garantita a meno che non si paghi un sovrapprezzo.

La compagnia aerea dichiara di avere sempre rispettato il requisito della vicinanza tra accompagnatore e minore o disabile. Essa precisa comunque che il regolamento UE richiamato da controparte lascia le compagine aeree libere di decidere. Non ci sono infatti disposizioni che impongono di assegnare il posto all’accompagnatore gratuitamente.

La sicurezza in volo non è un servizio extra

Come precisato nel provvedimento impugnato però la sicurezza in volo del minore e del disabile, che viene assicurata grazie alla presenza dell’accompagnatore, non può essere condizionata dal pagamento di un supplemento di prezzo. ENAC infatti, rilevando l’illegittimità di queste politiche, ha disposto la gratuità del posto per l’accompagnatore di persone disabili o di minori fino a 12 anni di età.

Alla luce del Regolamento (UE) 965/2012 e delle indicazioni EASA il Consiglio di Stato ritiene quindi illegittima la richiesta di un costo aggiuntivo, oltre a quello del posto a sedere, per garantire la vicinanza dell’accompagnatore al minore o al disabile per finalità di sicurezza dei passeggeri vulnerabili.

“La safety assicurata dalla vicinitas dell’accompagnatore non può essere considerata un servizio extra di cui poter beneficiare solo previo pagamento di un costo aggiuntivo. La necessità della contiguità dei posti fra minore ed accompagnatore è chiaramente connessa all’obbligo di safety, il cui assolvimento grava sul vettore e non può essere condizionato al pagamento di alcun supplemento”.

 

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giurista risponde

Riconoscimento qualifiche professionali conseguite all’estero e abilitazione all’insegnamento Le domande di riconoscimento delle qualifiche professionali acquisite all’estero ai fini dell’abilitazione in Italia all’insegnamento devono definirsi in tempo utile per l’assegnazione degli incarichi di docenza per il prossimo anno scolastico?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante, Giusy Casamassima, Michela Colapinto, Raffaella Alessia Miccoli

 

Le misure organizzative adottate dal Ministero sulla base della sopra menzionata normativa di rafforzamento della capacità amministrativa di recente introduzione inducono ad apprezzare la collaborazione istituzionale, volta ad evitare l’ulteriore proposizione di ricorsi nella materia in esame, ed a ritenere ragionevole la previsione formulata nei chiarimenti, in base alla quale le domande di riconoscimento delle qualifiche professionali acquisite all’estero ai fini dell’abilitazione in Italia all’insegnamento dovrebbero essere definite in tempo utile per l’assegnazione degli incarichi di docenza per il prossimo anno scolastico (Cons. Stato, Ad. Plen., 22 aprile 2024, n. 6).

Con la pronuncia in rassegna il Consiglio di Stato è stato chiamato a interrogarsi in ottemperanza sulla questione del riconoscimento in Italia delle qualifiche professionali conseguite all’estero.

Nel dettaglio, le ricorrenti, aspiranti docenti di ruolo nelle istituzioni scolastiche pubbliche, hanno vittoriosamente agito nella presente sede giurisdizionale amministrativa contro i dinieghi a suo tempo loro opposti dall’allora Ministero dell’Istruzione (ora dell’Istruzione e del Merito) di riconoscimento in Italia delle qualifiche professionali dalle stesse conseguite all’estero, secondo la direttiva 2005/36/CE del 7 settembre 2005 (relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali).

Il giudicato formatosi a definizione dei giudizi di annullamento dei dinieghi in questione, di cui alla sentenza della Adunanza Plenaria del 28 dicembre 2022, n. 18, ha stabilito che l’allora Ministero dell’Istruzione è tenuto a: i) «esaminare «l’insieme dei diplomi, dei certificati e altri titoli», posseduti da ciascuna interessata; non dunque a «prescindere» dalle attestazioni rilasciate dalla competente autorità dello Stato d’origine»; ii) «procedere quindi ad «un confronto tra, da un lato, le competenze attestate da tali titoli e da tale esperienza e, dall’altro, le conoscenze e le qualifiche richieste dalla legislazione nazionale», onde accertare se le stesse interessate abbiano o meno i requisiti per accedere alla professione regolamentata di insegnante, eventualmente previa imposizione delle misure compensative di cui al sopra richiamato art. 14 della direttiva».

A fronte dell’inerzia serbata dall’Amministrazione successivamente al giudicato, le ricorrenti hanno quindi agito nel presente giudizio per la relativa ottemperanza.

Con l’ordinanza del 4 dicembre 2023, n. 17, l’Adunanza Plenaria ha riunito i ricorsi per ragioni di connessione e ha disposto un’istruttoria, con la quale ha chiesto al Ministero dell’Istruzione e del Merito chiarimenti su eventuali misure di carattere normativo, regolamentare e organizzativo adottate per definire le domande di riconoscimento delle qualifiche professionali conseguite all’estero per l’abilitazione all’insegnamento in Italia.

L’incombente istruttorio è stato adempiuto con la nota del Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero dell’Istruzione e del Merito in data 5 febbraio 2024 (prot. n. 486).

Con l’innanzi indicata ordinanza istruttoria 17/2023 la Adunanza Plenaria ha chiesto al Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione del Ministero dell’Istruzione e del Merito di riferire sull’adozione di «misure di razionalizzazione e di semplificazione delle procedure di riconoscimento delle qualifiche professionali ottenute all’estero», con l’obiettivo di «deflazionare l’arretrato accumulatosi presso gli uffici ministeriali – nel rispetto delle posizioni soggettive dei singoli interessati – e di contenere l’ingente contenzioso amministrativo sviluppatosi in materia».

Con la nota di riscontro del 5 febbraio 2024, il Capo Dipartimento ha innanzitutto rappresentato che è stato di recente rafforzato l’organico della competente direzione generale, ovvero quella per gli ordinamenti scolastici, la valutazione e l’internazionalizzazione del sistema nazionali di istruzione. Inoltre, egli ha sottolineato che è stata data attuazione all’art. 5, comma 18, del D.L. 22 aprile 2023, n. 44 (recante “Disposizioni urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle amministrazioni pubbliche”, convertito dalla L. 21 giugno 2023, n. 74), il quale prevede che «(i)l Ministero dell’istruzione e del merito, sulla base di una convenzione triennale, si avvale del Centro di informazione sulla mobilità e le equivalenze accademiche per le attività connesse al riconoscimento dei titoli di abilitazione all’insegnamento ovvero di specializzazione sul sostegno conseguiti all’estero».

A questo specifico riguardo, il Capo del Dipartimento ha riferito che dopo la stipula della convenzione il Centro è attualmente operativo ed è impegnato nell’istruttoria delle domande di riconoscimento, secondo quanto previsto nell’accordo.

Sulla base di queste misure di carattere organizzativo, conclude la nota, è stato fissato l’«obiettivo di definire tutte le posizioni soggettive dei richiedenti il riconoscimento del titolo estero entro il 30 giugno 2024», in tempo per l’assegnazione degli incarichi per il prossimo anno scolastico; in parallelo si prevede che il contenzioso attualmente pendente in sede giurisdizionale amministrativa in materia sia portato a graduale definizione.

Tanto premesso in merito alla questione giuridica e alla luce dei chiarimenti depositati dall’Amministrazione, la Corte ha ritenuto che la presente controversia possa ritenersi sufficientemente istruita, senza necessità di sentire il Capo del Dipartimento.

Le misure organizzative adottate dal Ministero sulla base della sopra menzionata normativa di rafforzamento della capacità amministrativa di recente introduzione inducono ad apprezzare la collaborazione istituzionale, volta ad evitare l’ulteriore proposizione di ricorsi nella materia in esame, ed a ritenere ragionevole la previsione formulata nei chiarimenti, in base alla quale le domande di riconoscimento dei titoli di qualificazione professionale acquisiti all’estero ai fini dell’abilitazione in Italia all’insegnamento dovrebbero essere definite in tempo utile per l’assegnazione degli incarichi di docenza per il prossimo anno scolastico.

 

Contributo in tema di “Riconoscimento delle dei titoli di qualificazione professionale conseguiti all’estero e relativa abilitazione all’insegnamento”, a cura di Claudia Buonsante, Giusy Casamassima, Michela Colapinto, Raffella Alessia Miccoli, estratto da Obiettivo Magistrato n. 76 / Luglio 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

zes unica

ZES unica: pronto il modello per il credito d’imposta Approvato dall'Agenzia delle Entrate il nuovo modello per trasmettere la comunicazione relativa al tax credit "Zona economica speciale per il Mezzogiorno"

Comunicazione credito d’imposta investimenti ZES unica

ZES unica: l’Agenzia delle Entrate ha approvato il nuovo modello per trasmettere la comunicazione integrativa relativa al tax credit “Zona economica speciale per il Mezzogiorno”, prevista dal Dl 113/2024.

Il provvedimento del Direttore dell’Agenzia del 9 settembre 2024 detta nuove regole per l’invio delle comunicazioni stabilendo che non si terrà conto delle comunicazioni integrative già inviate sulla base del precedente provvedimento (risalente al giugno scorso).

Gli operatori economici potranno usare il modello che sarà messo a disposizione sul sito delle Entrate dal 18 novembre al 2 dicembre 2024 per attestare l’avvenuta realizzazione, entro il termine del 15 novembre, degli investimenti già comunicati all’Agenzia a partire dallo scorso 12 giugno.

Come trasmettere la comunicazione

Il modello della comunicazione integrativa è disponibile sul sito internet dell’Agenzia e va trasmesso esclusivamente in modalità telematica, utilizzando il software “ZES UNICA INTEGRATIVA”, che sarà reso disponibile gratuitamente dalle Entrate.

Il beneficiario o il soggetto incaricato che ha inviato la comunicazione riceverà, nella sua area riservata, un riscontro dall’Agenzia sotto forma di ricevuta oppure di scarto.

Se l’invio è stato effettuato entro i termini e nei quattro giorni precedenti, ma è stato scartato dal sistema telematico, sarà considerato tempestivo purché ritrasmesso entro i cinque giorni solari successivi al termine indicato.

Il contributo

Il contributo, istituito dall’articolo 16 del Dl 124/2023, è sotto forma di credito d’imposta a favore delle imprese che investono in beni strumentali destinati a strutture produttive già esistenti o che sono attivate nella Zona economica speciale per il Mezzogiorno – ZES unica (c.d. “ZES unica”).

Il credito, riconosciuto nella misura massima di 100 milioni di euro per ciascun progetto di investimento, è commisurato all’ammontare degli investimenti realizzati dal 1° gennaio 2024 al 15 novembre 2024 mentre non sono agevolabili gli investimenti il cui costo complessivo sia di importo inferiore a 200mila euro.

Addio alle cartelle esattoriali Il Decreto Riscossione sancisce l'"addio" alle cartelle esattoriali: per riscuotere esecutivamente le somme spazio agli atti e agli avvisi di accertamento

Addio alle cartelle esattoriali: spazio ad atti e avvisi

Addio alle cartelle esattoriali: il decreto legislativo n. 110/2024 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 7 agosto 2024 ha riformato il meccanismo di recupero dei crediti tributari.

Da quanto emerge dall’articolo 14 del testo sembra che il decreto voglia “abbandonare”o quanto meno ridurre l’utilizzo le cartelle esattoriali come sistema di riscossione forzata dei crediti.

In realtà le cartelle non spariranno  completamente, ma verranno utilizzate per effettuare la liquidazione e il controllo formale delle dichiarazioni dei redditi.

Cosa sono e come funzionano ruolo e cartella

Quando il contribuente risulta a debito nei confronti di qualche ente impositore (creditore), le somme dovute dallo stesso vengono iscritte a ruolo. In questo modo si avvia la procedura di riscossione forzata.

Il ruolo

Ma che cos’è il ruolo? Il ruolo è un elenco che viene redatto dall’ente creditore e che raccoglie tutti i nominativi dei debitori e le somme che devono essere ancora saldate. Una volta che l’ente creditore lo ha formato, lo trasmette all’Agenzia delle Entrate.

La cartella

L’Agenzia, quando riceve il ruolo, prepara la cartella da notificare al debitore per riscuotere le somme.

Questo documento contiene infatti il nominativo del debitore, le somme che deve ancora versare all’ente creditore, gli interessi che decorrono dalla data di iscrizione a ruolo del debito e l’aggio, ossia l’importo forfettario da rimborsare all’agente di riscossione.

La cartella di pagamento ha una duplice natura e funzione.

  • Essa rappresenta una vera e propria intimazione di pagamento perché contiene l’ordine al debitore di pagare all’agente di riscossione l’importo indicato nel termine di 60 giorni dalla sua notifica.
  • In più costituisce un avviso di mora perché avverte il debitore che, in caso di mancato pagamento, l’agente incaricato di procedere alla riscossione, può agire esecutivamente nei suoi confronti senza l’obbligo di avvisarlo ulteriormente.

La cartella rappresenta quindi il titolo esecutivo  per eccellenza che la PA utilizza per recuperare i propri crediti.

Decreto riscossione: procedura mediante accertamento esecutivo

La procedura che prevede l’iscrizione a ruolo del debito e la notifica della cartella, a ben vedere, appare piuttosto complessa.

Per questo il legislatore ha deciso di ampliare l’ambito applicativo  della procedura mediante accertamento esecutivo. In questo modo l’attività di riscossione risulta concentrata grazie al il ricorso ad atti e avvisi immediatamente esecutivi.

In questo modo non è più necessario il doppio passaggio di iscrizione ruolo e notifica della cartella. L’articolo 14 del decreto legislativo n. 110/2014 intitolato “Adeguamento delle disposizioni in materia di concentrazione della riscossione nellaccertamento stabilisce infatti l’immediata esecutività.

Esecutività immediata: atti e avvisi

In pratica il decreto prevede la possibilità di attivare subito le procedure esecutive (pignoramento dei beni del debitore) e cautelari (iscrizione di ipoteca immobiliare, fermo dei beni mobili registrati) di una serie di atti dell’agenzia delle Entrate.

Vediamo quali:

  • Atti di recupero dei crediti non spettanti o inesistenti utilizzati, in tutto o in parte, in compensazione (…); di irrogazione delle sanzioni; di accertamento per omesso, insufficiente o tardivo versamento dei seguenti tributi e irrogazione delle relative sanzioni: tasse automobilistiche erariali; addizionale erariale della tassa automobilistica.
  • Avvisi e atti inerenti al recupero di tasse, imposte e importi non versati, compresi quelli relativi a contributi e agevolazioni fiscali indebitamente percepiti o fruiti, ovvero a cessioni di crediti di imposta in mancanza dei requisiti (…); di rettifica e liquidazione; di accertamento e liquidazione; di rettifica e liquidazione; di liquidazione dell’imposta e irrogazione delle sanzioni per i casi di omesso, insufficiente o tardivo versamento e tardiva presentazione delle relative dichiarazioni, nonché per i casi di decadenza dalle agevolazioni dei seguenti tributi: imposta di registro; imposte ipotecaria e catastale; imposta sulle successioni e donazioni; imposta sostitutiva sui finanziamenti; imposta di bollo.

 In virtù della riforma prevista dal decreto riscossione il debitore riceverà pertanto solo l’atto/avviso di accertamento. In seguito, con raccomandata, la lettera di presa in carico da parte dell’ente incaricato della riscossione.

 

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guinzaglio e museruola

Guinzaglio e museruola: obbligatori dal 3 settembre 2024 Guinzaglio e museruola obbligatori dal 3 settembre 2024 in base all’ordinanza 06.08.2024 del Ministero della Salute 

Guinzaglio e museruola: l’ordinanza del 6 agosto 2024

Museruola e guinzaglio obbligatori dal 3 settembre 2024. Lo ha stabilito il Ministero della Salute con l’ordinanza del 6 agosto 2024 con cui ha prorogato l’ordinanza contingibile e  urgente del 6 agosto 2013 sulla tutela dell’incolumità pubblica dall’aggressione dei cani.

L’ordinanza del 2013, modificata nel corso degli anni, era già stata prorogata, da ultimo, con l’ordinanza del 9 agosto 2023. L’ordinanza del  6 agosto proroga per altri 12 mesi, a partire dal 3 settembre 2024, il termine di validità delle disposizioni dell’ordinanza del 2013.

Guinzaglio e museruola: casi di esonero

Sono esonerati dal rispetto delle regole da essa previste i cani impiegati dalle Forze Armate, dai Vigili del Fuoco e dalla Protezione civile.

Guinzaglio e museruola e obbligo di raccolta delle feci invece non sono obbligatori per i cani che assistono i disabili.

Guinzaglio e museruola infine non sono obbligatori per i cani che svolgono il lavoro di pastore.

Regole di prevenzione: guinzaglio e museruola

L’ordinanza all’articolo 1 impone ai proprietari dei cani l’obbligo di adozione delle seguenti misure:

  • utilizzare il guinzaglio a una misura pari o inferiore a 1,50 metri durante la conduzione dell’animale nelle aree urbane e nei luoghi aperti al pubblico, fatta accezione per alcune aree individuate dai Comuni;
  • portare sempre una museruola, morbida o rigida da far indossare al cane in caso di rischio per l’incolumità di persone o di altri animali o se lo richiedono le autorità competenti;
  • affidare l’animale a soggetti capaci di gestirlo in modo corretto;
  • prima di acquistare un cane acquisire le informazioni sulle sue caratteristiche fisiche e comportamentali;
  • assicurarsi che il cane abbia un comportamento adeguato alle esigenze di convivenza con persone e animali rispetto al contesto in cui vive;
  • raccogliere le feci dell’animale quando ci si reca in un ambiente urbano

Responsabilità civile e penale

Chi ha la proprietà o la detenzione di un cane è sempre responsabile del suo benessere, della sua conduzione e del suo controllo.

Qualora il cane provochi lesioni o danni a persone, animali e cose il proprietario ne risponde civilmente e penalmente.

Percorsi formativi

I Comuni e i servizi veterinari organizzano per i  proprietari di cani percorsi di formazione al termine dei quali è previsto il rilascio di un patentino. Ogni percorso formativo prevede la presenza un responsabile scientifico e di un medico veterinario esperto in comportamento animale.

I percorsi formativi sono obbligatori per i proprietari dei cani che sono stati segnalati ai Comuni dai servizi veterinari  dopo episodi di aggressione, morsicatura o altri comportamenti a rischio.

Dopo episodi di morsicatura e aggressione i servizi veterinari attivano anche un percorso mirato per verificare le condizioni psicofisiche dell’animale e la gestione corretta dello stesso da parte del proprietario.

In presenza di un rischio elevato i servizi veterinari stabiliscono anche le misure di prevenzione e, se necessario, stabiliscono una valutazione comportamentale e un intervento sul comportamento dell’animale da parte di veterinari esperti.

I servizi veterinari conservano un registro aggiornato dei cani ritenuti ad elevato rischio di aggressività. I proprietari di questi cani hanno l’obbligo di stipulare una polizza assicurativa per la responsabilità civile in caso di danni a terzi causati dal proprio animale e, nei luoghi aperti al pubblico e nelle aree urbane, devono condurlo con guinzaglio e museruola.

Funzioni dei medici veterinari

I medici veterinari promuovono questi percorsi formativi ai proprietari dei cani fornendo loro le informazioni necessarie.

I veterinari inoltre segnalano ai servizi veterinari i cani che necessitano di valutazione perché impegnativi e problematici nella loro gestione, a tutela della salute pubblica.

Divieto di possesso e detenzione

L’articolo 4 dell’ordinanza vieta inoltre il possesso o la detenzione di animali ai delinquenti abituali o per tendenza, ai soggetti sottoposti a misura di prevenzione personale o di sicurezza, a chiunque abbia riportato condanna per certi reati, ai minori, agli interdetti e agli inabilitati per infermità di mente.

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convocazione assemblea condominio

Convocazione assemblea condominio: avviso in cassetta inefficace Convocazione assemblea condominio: occorre rispettare i tempi e i modi previsti dall'art. 66. disp. att. c.c.

Convocazione assemblea condominio: no all’avviso in cassetta

La convocazione all’assemblea del condominio non è efficace se viene effettuata con la semplice immissione in cassetta dell’avviso di convocazione. Il mancato rispetto delle modalità e dei tempi previsti dall’articolo 66 delle disposizioni attuative del codice civile per convocare l’assemblea condominiale rende annullabili le conseguenti delibere ai sensi dell’art. 1137 c.c da parte dei soggetti che non sono stati convocati ritualmente. Lo ha chiarito il Tribunale di Monza nella sentenza n. 1734/2024.

Convocazione irrituale all’assemblea di condominio

Un condomino proprietario di due unità condominiale conviene in giudizio il Condominio di cui fa parte, nella persona dell’amministratore pro – tempore. L’attore chiede che il Tribunale accerti e dichiari la nullità/annullabilità di una delibera condominiale per vari motivi tra cui il mancato rispetto delle regole previste dall’art. 66 disp. att. c.c. in materia di convocazione assembleare.

Annullabilità delibere convocazione irrituale assemblea

Il Tribunale accoglie l’impugnazione del condomino per le ragioni legate alle modalità di convocazione dell’assemblea. L’autorità giudiziaria rileva che nel caso di specie, in effetti, la convocazione all’assemblea condominiale che ha poi deliberato la decisione impugnata, è avvenuta con e-mail ordinaria e con l’immissione degli avvisi di convocazione nelle cassette postali. L’amministratore di condominio, procedendo in questo modo non ha rispettato le regole di convocazione previste dalla legge.

Art. 66 disp. att c.c.: modi e tempi di convocazione

L’articolo 66 disp. att. c.c. al comma 3 dispone infatti che: “L’avviso di convocazione, contenente specifica indicazione dell’ordine del giorno, deve essere comunicato almeno cinque giorni prima della data fissata per l’adunanza in prima convocazione, a mezzo di posta raccomandata, posta elettronica certificata, fax o tramite consegna a mano, e deve contenere l’indicazione del luogo e dell’ora della riunione o, se prevista in modalità di videoconferenza, della piattaforma elettronica sulla quale si terrà la riunione e dell’ora della stessa. In caso di omessa, tardiva o incompleta convocazione degli aventi diritto, la deliberazione assembleare è annullabile ai sensi dell’articolo 1137 del codice su istanza dei dissenzienti o assenti perché non ritualmente convocati.”

La disposizione normativa è chiara. La convocazione alle assemblee condominiali deve essere effettuata nelle seguenti modalità:

  • con raccomandata postale;
  • a mezzo posta elettronica certificata;
  • a mezzo fax;
  • tramite consegna a mano.

Convocazione assemblea condominiale: onere della prova al mittente

Come precisato in diverse occasioni dalla giurisprudenza se un condominio eccepisce la mancata convocazione all’assemblea spetta al Condominio dimostrare di aver assolto il relativo obbligo nel rispetto dei tempi e dei modi previsti dalla legge. La convocazione effettuata per mezzo di atti recettori in forma scritta soddisfano il requisito della presunzione di conoscenza (art. 1335 c.c) ma spetta al Mittente dimostrare l’avvenuto recapito.

La presunzione di conoscenza che viene garantita dalla raccomandata con ricevuta di ritorno grazie all’attestazione dell’ufficio postale di spedizione e di arrivo del destinatario, è prova certa della spedizione del plica, per cui tutte le altre modalità alternative eventualmente scelte dall’amministratore devono avere lo stesso valore legale della raccomandata.

Convocazione in forma scritta con le garanzie della raccomandata

Per queste ragioni la riforma del Condominio del 2012 ha fatto una scelta precisa, ossia  che la convocazione alle assemblee del Condominio debba rispettare la forma scritta e debba fornire le stesse garanzie della raccomandata postale.

La pec presenta sicuramente queste caratteristiche, la convocazione con e-mail ordinaria o con la semplice immissione dell’avviso della cassetta postale invece ne sono prive. L’avviso di avvenuta lettura della email ordinaria non le conferisce il valore legale previsto dalla legge, così come l’immissione in cassetta. Il condominio infatti non ha l’obbligo di controllare giornalmente se ha ricevuto della posta.

Le delibere impugnate devono quindi essere annullate perché la convocazione è avvenuta in una modalità del tutto inefficace.

 

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