testo unico rinnovabili

Testo Unico Rinnovabili Testo Unico energie rinnovabili: semplificazioni, zone di accelerazione e nuove regole amministrative per la produzione di energia 

Approvato il Testo Unico Rinnovabili

Il Consiglio dei Ministri ha approvato il Testo Unico Rinnovabili, una normativa che ridefinisce i regimi amministrativi per la produzione di energia da fonti rinnovabili (FER). Sebbene l’obiettivo dichiarato sia la semplificazione delle procedure, il decreto rischia di aggiungersi alla già complessa giurisprudenza in materia energetica.

Il Testo Unico Fer rappresenta un tentativo di bilanciare le esigenze di sostenibilità con la necessità di semplificazione amministrativa. Tuttavia, resta il dubbio che questa nuova normativa possa creare sovrapposizioni con il quadro normativo esistente, accentuando la complessità anziché ridurla. Sarà fondamentale un attento monitoraggio per valutarne l’efficacia e l’impatto sul settore delle energie rinnovabili in Italia.

La normativa entrerà in vigore il 30 dicembre 2024. Regioni ed enti locali avranno 120 giorni per adeguarsi alle nuove disposizioni.

Testo Unico Rinnovabili: obiettivi e ambiti di applicazione

Il decreto si propone di favorire la diffusione degli impianti di energia rinnovabile, garantendo al contempo la tutela dell’ambiente, della biodiversità e del paesaggio. Le principali novità includono la definizione di tre regimi amministrativi: attività libera, procedura abilitativa semplificata (PAS) e autorizzazione unica. L’introduzione di meccanismi come il silenzio-assenso e la riduzione dei tempi per la PAS (ora fissati a 30 giorni) mirano a snellire gli iter burocratici, incentivando gli investimenti nel settore.

Modifiche principali

Diverse le novità che meritano di essere segnalate.

  • Eliminata la comunicazione di inizio lavori (CIL), per semplificare la gestione per molti interventi.
  • Ampliate le attività in regime di attività libera, che ora includono interventi su aree vincolate, purché non visibili dall’esterno e realizzati con materiali tradizionali.
  • Nuove disposizioni sulla PAS, che prevedono una sola sospensione per eventuali integrazioni documentali e oneri istruttori per progetti sopra 1 MW di potenza.
  • Autorizzazione unica, concessa entro 120 giorni dalla Conferenza dei Servizi, con validità minima di cinque anni.

Le violazioni alle disposizioni comporteranno sanzioni amministrative più severe, per prevenire abusi e difformità.

Zone di accelerazione e impatti ambientali

Il decreto introduce anche il concetto di zone di accelerazione, aree in cui le procedure autorizzative vengono ulteriormente semplificate. Il GSE (Gestore dei Servizi energetici) si occuperà di una mappatura nazionale per individuare le aree terrestri e marine idonee, che saranno poi regolamentate da piani regionali e nazionali. Inoltre, interventi in attività libera e PAS non saranno soggetti a Valutazione di Impatto Ambientale (VIA), grazie a modifiche apportate al decreto legislativo n. 152/2006.

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lavori di pubblica utilità

Lavori di pubblica utilità: disciplina e funzionamento I lavori di pubblica utilità sono attività non retribuite che vengono svolte per la collettività da soggetti liberi, condannati e detenuti

Lavori di pubblica utilità: definizione

I lavori di pubblica utilità sono attività non retribuite che vengono svolte a beneficio della collettività presso enti pubblici, organizzazioni sociali o di volontariato. Il lavoro di pubblica utilità si configura come uno strumento efficace di giustizia riparativa, offrendo al condannato la possibilità di compensare la collettività attraverso attività concrete e costruttive.

Riferimenti normativi

  1. Decreto 27 luglio 2023 – Modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità – art. 71 comma 1 lett. d) decreto legislativo n. 150/2022
  2. Decreto 8 giugno 2015 n. 88 – Regolamento recante disciplina delle convenzioni in materia di pubblica utilità ai fini della messa alla prova dell’imputato – art. 8 legge n. 67/2014
  3. Decreto 26 marzo 2001 – Norme per la determinazione delle modalità di svolgimento del lavoro di pubblica utilità applicato – art. 54, c. 6 del decreto legislativo n. 274/2000

Lavori di pubblica utilità: applicazione

Il lavoro di pubblica utilità rappresenta una sanzione alternativa nel sistema giuridico italiano e consiste nella prestazione non retribuita di attività a favore della collettività. Può essere svolto presso enti pubblici, organizzazioni sociali o di volontariato, ed è previsto sia per soggetti liberi sia per detenuti o internati.

  1. In favore dei soggetti liberi, può sostituire pene detentive o pecuniarie in vari contesti tra i quali figurano:
  • le violazioni del Codice della Strada (articoli 186 e 187): per guida in stato di ebbrezza o sotto l’effetto di stupefacenti, il lavoro può sostituire pene tradizionali, purché richiesto dall’imputato o disposto dal giudice;
  • legge sugli stupefacenti (art. 73, comma 5-bis): in casi di lieve entità, il giudice può sostituire la pena detentiva con questa sanzione. L’Ufficio di Esecuzione Penale Esterna (UEPE) monitora il rispetto dell’obbligo.
  1. Secondo l’ 20-ter dell’ordinamento penitenziario, anche i detenuti possono svolgere lavoro di pubblica utilità, in conformità al d.m. 26 marzo 2001 e ad apposite convenzioni. Tale misura favorisce il reinserimento sociale attraverso attività a beneficio della comunità.
  2. Il lavoro di pubblica utilità può essere anche impiegato come pena sostitutiva o accessoria.
  • Sospensione del processo con messa alla prova (art. 168-bis c.p.): il lavoro diventa parte del programma di trattamento, definito in base alle esigenze personali dell’imputato;
  • Sospensione condizionale della pena (art. 165 c.p.): il condannato deve svolgere attività non retribuita come condizione per ottenere la sospensione;
  • Sostituzione di pene detentive brevi (art. 56-bis L. 689/1981): per reati con pene inferiori a tre anni, il lavoro di pubblica utilità può essere applicato come pena sostitutiva.

Modalità di svolgimento del lavoro per pubblica utilità

Il lavoro di pubblica utilità può svolgersi in diversi settori come:

  • l’assistenza sociale (anziani, malati, disabili).
  • la protezione civile e tutela ambientale;
  • le attività pertinenti alla professionalità del condannato.

La durata della misura varia tra 6 e 15 ore settimanali, ma può essere estesa fino a 8 ore giornaliere su richiesta. Un giorno di lavoro equivale a due ore di attività, garantendo la compatibilità con esigenze di vita, studio o salute del condannato.

Cosa accade se si violano le modalità di svolgimento

Il mancato rispetto degli obblighi può comportare la revoca della misura, con ripristino della pena originaria. In caso di risarcimento dei danni o eliminazione delle conseguenze del reato, è possibile la revoca della confisca, salvo i casi obbligatori.

Portale Nazionale per i lavori di pubblica utilità

Il Portale Nazionale per i lavori di pubblica utilità, disponibile online, è uno strumento innovativo che semplifica la gestione e la ricerca di opportunità per l’esecuzione del lavoro di pubblica utilità. Destinato a cittadini, tribunali e uffici di esecuzione penale esterna, il portale velocizza il processo di abbinamento tra le caratteristiche del condannato o imputato, la natura del reato commesso e l’attività lavorativa non retribuita da svolgere. Questo approccio favorisce il reinserimento sociale e contribuisce a ridurre il rischio di recidiva.

Sviluppato con il contributo di diversi dipartimenti del Ministero della Giustizia, il portale è un progetto in continua evoluzione. I tribunali alimentano la piattaforma aggiornando le convenzioni locali e garantendo la pubblicazione delle informazioni sul sito del Ministero. L’obiettivo è semplificare le procedure e migliorare l’accesso alle informazioni per tutti gli attori coinvolti.

Il portale offre tre modalità di ricerca: tramite infografica, per individuare rapidamente i posti disponibili; ricerca avanzata, con filtri dettagliati; e ricerca semplice, basata su parole chiave.

 

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portale lavoro sommerso

Portale del lavoro sommerso: cos’è e a cosa serve Portale del lavoro sommerso: un passo ulteriore per la realizzazione del Piano nazionale per la lotta al lavoro irregolare

Cos’è il Portale nazionale del sommerso

Il Portale del lavoro sommerso, gestito dall’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL), è un’iniziativa strategica per il contrasto al lavoro irregolare in Italia. Entro il 30 maggio 2025, il sistema sarà operativo con funzionalità avanzate per l’interoperabilità dei dati relativi a violazioni in materia di lavoro, salute, sicurezza e legislazione sociale, in linea con gli obiettivi del Piano nazionale per la lotta al lavoro sommerso. Lo stabilisce il Ministero del lavoro e delle Politiche sociali, con il decreto n. 170 del 20 novembre 2024.

Caratteristiche e funzioni del portale nazionale del sommerso

Il portale raccoglierà e aggiornerà periodicamente i dati relativi:

  • alle violazioni in ambito lavorativo e sociale, incluse contestazioni contributive, fiscali e penali;
  • ai provvedimenti di sospensione delle attività e comunicazioni di regolarità;
  • ai dati ispettivi, alle richieste d’intervento e ai fascicoli correlati.

Gli enti coinvolti, tra cui INPS, INAIL, Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza, avranno accesso ai dati grazie a protocolli d’intesa con l’INL, garantendo una gestione coordinata delle ispezioni e dei procedimenti conseguenti. Le informazioni saranno disponibili sia a livello analitico per singolo operatore economico, sia in forma aggregata per finalità statistiche.

Interoperabilità e sinergia tra piattaforme

Per potenziare l’efficacia operativa, il portale sarà integrato con la Piattaforma per la gestione delle azioni di compliance dell’INPS, che sarà operativa entro sei mesi dal completamento del portale. Questa interoperabilità consentirà una gestione più rapida e precisa delle attività ispettive e di monitoraggio.

Monitoraggio delle attività

A partire dal 15 gennaio 2025, l’INL e l’INPS invieranno mensilmente al Ministero del Lavoro relazioni dettagliate sull’andamento delle attività. Questo monitoraggio garantirà trasparenza e adattamenti tempestivi per ottimizzare i risultati del progetto.

Un nuovo strumento per la legalità

Il Portale nazionale del sommerso rappresenta un passo decisivo per rafforzare la lotta al lavoro irregolare. La sua implementazione non solo migliorerà la trasparenza e l’efficienza nelle ispezioni, ma contribuirà anche alla creazione di un mercato del lavoro più equo, promuovendo legalità e sicurezza. Con funzionalità avanzate e un’ampia interoperabilità tra enti, il portale si propone come un punto di riferimento per monitorare e ridurre il fenomeno del lavoro sommerso su tutto il territorio nazionale.

 

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mantenimento figli maggiorenni

Mantenimento figli maggiorenni: dovuto anche se fuori casa Mantenimento figli maggiorenni: l'obbligo permane anche se sono fuori casa per motivi di studio, se il genitore si occupa dei loro bisogni

Mantenimento figli maggiorenni

Il mantenimento dei figli maggiorenni è un tema che continua a generare discussioni e controversie in ambito giuridico, soprattutto quando i figli vivono lontano dal domicilio familiare per motivi di studio o formazione. La recente ordinanza n. 30179/2024 della Corte di Cassazione, offre un’interessante panoramica sulla questione, precisando che l’allontanamento da casa dei figli maggiorenni per motivi di studio e formazione non fa venire meno l’obbligo di mantenimento a carico dei genitori.

Genitori, figlie e obbligo di mantenimento

La controversia nasce dalla richiesta di un padre di essere esonerato dall’obbligo di versare alla ex moglie un assegno di mantenimento di 5.000 euro mensili destinato alle figlie. Il ricorrente sostiene che le figlie, ormai maggiorenni e residenti in altre città per motivi di studio, non convivono più con la madre. Questo elemento, secondo lui, farebbe venir meno il diritto di quest’ultima a ricevere l’assegno.

Il Tribunale di Napoli rigetta la richiesta, sostenendo che l’allontanamento delle figlie per motivi di studio non configura una cessazione della convivenza, ma solo una condizione di residenza temporanea fuori sede. Il padre inoltre non ha provato un’effettiva riduzione delle sue capacità reddituali.

Residenza stabile, non più temporanea

La Corte d’Appello, su reclamo del padre, invece accoglie la sua richiesta, ritenendo che le figlie abbiano ormai consolidato la loro posizione lavorativa e accademica nelle città in cui vivono, configurandosi in questo modo una residenza stabile e non più temporanea. Di conseguenza,  la madre non è più legittimata a richiedere l’assegno per conto delle figlie. Le stesse devono agire autonomamente per ottenere un eventuale contributo dal padre.

Per la Corte le figlie hanno raggiunto una sufficiente capacità lavorativa e, pur non essendo ancora pienamente autosufficienti, sono comunque in grado di proseguire il proprio percorso senza un vincolo diretto di coabitazione con la madre.

Allontanamento da casa: la convivenza non viene meno

La questione giunge fino alla Corte di Cassazione, dove vengono sollevate due questioni principali.

  1. La Corte d’Appello avrebbe pronunciato una decisione in contrasto con le richieste iniziali del padre, introducendo un tema nuovo, che è quello dell’indipendenza economica delle figlie, solo in sede di reclamo.
  2. Non è stata inoltre adeguatamente considerata la documentazione attestante il ritorno periodico delle figlie alla casa materna e la dipendenza economica dalle risorse anticipate dalla madre.

La Cassazione accoglie il secondo motivo, evidenziando che l’allontanamento delle figlie dalla casa materna per motivi di studio non implica automaticamente il venir meno della convivenza, soprattutto se la madre continua a rappresentare il punto di riferimento stabile per il loro sostentamento.

Obbligo oltre la coabitazione fisica

Un aspetto cruciale della sentenza è l’interpretazione del concetto di “convivenza” in relazione al mantenimento. La giurisprudenza più recente chiarisce che la convivenza non deve essere intesa come una mera permanenza fisica continua, ma come una relazione di sostegno materiale e morale. La Corte di Cassazione in questa decisione ribadisce che l’obbligo di mantenimento può sussistere anche se il figlio vive altrove per motivi di studio, a condizione che il genitore convivente sia ancora colui che si occupa materialmente delle sue necessità.

Questo principio si riflette anche nell’articolo 337-septies del codice civile, secondo il quale il contributo di mantenimento può essere versato al genitore con cui il figlio maggiorenne coabita, a meno che il giudice non stabilisca diversamente. È fondamentale che tale genitore continui a provvedere alle spese del figlio, anche in assenza di una coabitazione continuativa.

 

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cassetto fiscale

Cassetto fiscale: più informazioni per i contribuenti Cassetto fiscale: attiva una nuova sezione in cui il contribuente può visionare le comunicazioni relative ai controlli automatici

Cassetto fiscale, le nuove funzionalità

Il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 419815/2024, adottato ai sensi dell’articolo 23 del decreto legislativo 8 gennaio 2024, n. 1, mira a potenziare le funzionalità delCassetto fiscale“, rendendolo uno strumento più completo e intuitivo per i contribuenti. Dal 20 novembre 2024, l’area riservata del sito dell’Agenzia ospiterà una nuova sezione denominata LAgenzia scrive”, dove saranno consultabili e gestibili le comunicazioni derivanti dai controlli automatici delle dichiarazioni previsti dagli articoli 36-bis del DPR 600/1973 e 54-bis del DPR 633/1972.

Funzioni principali

Nella nuova sezione, i contribuenti potranno:

  • visualizzare comunicazioni relative a irregolarità o controlli fiscali;
  • effettuare eventuali pagamenti direttamente online, utilizzando il proprio IBAN e autorizzando l’addebito tramite gli intermediari della riscossione;
  • richiedere assistenza attraverso il servizio CIVIS, per chiarire eventuali discrepanze o contestazioni.

Tali funzionalità saranno disponibili sia per i contribuenti sia per intermediari delegati (ad esempio, commercialisti) tramite il servizio “Cassetto fiscale delegato”.

Notifiche e sicurezza

Le notifiche sulla disponibilità di nuove comunicazioni saranno visibili nell’area riservata e, per le persone fisiche, anche attraverso l’app IO. L’accesso ai servizi richiede credenziali digitali (SPID, CIE, CNS) o, per professionisti e imprese, le credenziali Entratel o Fisconline. L’Agenzia adotta standard di sicurezza aggiornati e traccia gli accessi al sistema per garantire l’integrità dei dati e prevenire usi impropri.

Trattamento dei dati

L’Agenzia, in collaborazione con Sogei S.p.A., assicura il trattamento sicuro dei dati personali, limitandosi a quelli strettamente necessari per l’erogazione del servizio. I dati sono conservati per il tempo minimo indispensabile, nel rispetto delle normative europee e nazionali sulla privacy.

Obiettivi del provvedimento sul cassetto fiscale

Questa iniziativa intende:

  • migliorare l’accesso alle informazioni fiscali e favorire l’adempimento spontaneo degli obblighi tributari;
  • fornire strumenti digitali più avanzati, semplificando la gestione di comunicazioni e adempimenti;
  • promuovere la trasparenza e la compliance attraverso un’interazione più agevole con l’Agenzia delle Entrate.

In sintesi, il potenziamento del Cassetto fiscale rappresenta un passo verso una gestione fiscale più efficiente e digitale, a beneficio di contribuenti e professionisti.

 

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daspo

Daspo: cos’è e come funziona Il Daspo è un provvedimento amministrativo che consiste nel divieto di accesso a manifestazioni sportive per un periodo determinato. Analizziamo come funziona e le tipologie oggi esistenti

Daspo (Divieto di Accesso alle manifestazioni sportive)

Il Daspo (abbreviazione di “Divieto di Accesso alle manifestazioni Sportive”) è una misura preventiva di natura amministrativa che viene applicata a chi è ritenuto responsabile di comportamenti violenti o pericolosi durante eventi sportivi. L’obiettivo principale di questa normativa è quello di tutelare l’ordine pubblico e la sicurezza, prevenendo gli episodi di violenza e mantenendo l’integrità degli eventi sportivi.

Di seguito analizziamo in dettaglio cos’è il Daspo, come funziona, le tipologie esistenti e quale legge lo ha istituito.

Cos’è il Daspo

Il Daspo è un provvedimento amministrativo che consiste nel divieto di accesso a manifestazioni sportive per un periodo determinato. Viene applicato nei confronti di individui che abbiano compiuto atti di violenza, disordini o altri comportamenti pericolosi durante eventi sportivi. È una misura preventiva, cioè destinata a impedire che chi ha compiuto determinati atti illeciti possa ripetere tali comportamenti in futuro, tutelando così l’ordine pubblico e la sicurezza degli spettatori, degli atleti e degli organizzatori.

Il Daspo non è una condanna penale, ma una sanzione amministrativa, che non prevede l’ingresso in carcere ma l’imposizione di un divieto di partecipazione a eventi sportivi. La durata di tale divieto può variare, ma solitamente va da un minimo di uno a un massimo di cinque anni.

La disciplina del Daspo

Il Daspo è stato istituito dalla Legge 401/1989, che ha introdotto una serie di misure contro la violenza nelle manifestazioni sportive. In particolare, l’articolo 6 della legge stabilisce che, in seguito a determinati comportamenti violenti o di disordine, l’autorità di pubblica sicurezza può disporre un divieto di accesso a manifestazioni sportive per i trasgressori. La legge è stata successivamente modificata e integrata con altre disposizioni che hanno ampliato le tipologie di reati che giustificano il Daspo e ne hanno esteso l’applicazione.

Un’importante evoluzione del Daspo è avvenuta nel 2017 con il Decreto Legge n. 8, che ha esteso l’applicazione del Daspo a tutti i tipi di eventi sportivi, non solo alle partite di calcio. Inoltre, sono stati previsti maggiori poteri per la Polizia di Stato, che può emettere il Daspo anche in base a specifiche situazioni di rischio o all’esistenza di precedenti comportamenti pericolosi. Il Daspo, quindi, non riguarda solo i tifosi più violenti, ma può essere applicato anche a chi rappresenta una minaccia per la sicurezza e l’ordine pubblico.

Come funziona il Daspo

Il Daspo viene emesso dalle autorità di pubblica sicurezza, solitamente dalla Polizia di Stato, in seguito a episodi di violenza o di disordini verificatisi in occasioni di manifestazioni sportive. La decisione viene presa sulla base di indagini e prove che dimostrano la responsabilità di una persona in atti di violenza o comportamento pericoloso.

Una volta emesso, il Daspo impedisce all’individuo di partecipare ad eventi sportivi, sia locali che internazionali, durante il periodo di validità del provvedimento. Il divieto può includere anche il divieto di avvicinarsi a determinate aree o stadi in occasione di eventi sportivi. In alcuni casi, il Daspo può prevedere l’obbligo di firma presso una stazione di polizia nei giorni in cui si svolgono gli eventi.

Se una persona violasse il Daspo, incorrerebbe in sanzioni più severe, tra cui l’arresto o l’estensione del divieto.

Tipologie di Daspo

Esistono diverse tipologie di Daspo, che possono variare in base alla gravità dei comportamenti violenti o illeciti e alla situazione specifica. Le principali tipologie sono:

Daspo Ordinario

Il Daspo ordinario è quello più comune e viene applicato a chi ha compiuto reati durante una manifestazione sportiva, come ad esempio risse, aggressioni, danneggiamento di beni, lancio di oggetti pericolosi o altri atti di violenza. La durata del divieto di accesso agli stadi varia da uno a cinque anni, e il provvedimento viene emesso dalla Questura o dalla Polizia di Stato.

Daspo Speciale

Il Daspo speciale è una versione più restrittiva, applicata a chi ha compiuto atti particolarmente gravi o che ha recidivato, ossia che ha già ricevuto un Daspo in passato e ha continuato a compiere comportamenti violenti o pericolosi. In alcuni casi, il Daspo speciale può comportare il divieto di accesso anche a tutte le manifestazioni sportive, comprese quelle che non abbiano attinenza con il precedente comportamento violento.

Daspo Urbano

Il Daspo urbano è una misura più recente e riguarda chi commette reati non necessariamente legati allo sport, ma che avvengono nelle vicinanze degli impianti sportivi o in contesti legati alla viabilità verso e dai luoghi di svolgimento di eventi sportivi. Può riguardare atti di vandalismo o anche episodi di teppismo che disturbano la sicurezza pubblica. Il Daspo urbano si estende anche ai comportamenti violenti in zone di particolare concentrazione di pubblico, come aree residenziali o centrali in prossimità degli stadi.

dl anti-violenze

Dl anti-violenze ai medici: legge in vigore In vigore dal 26 novembre 2024 la nuova legge per contrastare i fenomeni di violenza nei confronti dei sanitari che prevede pene fino a 5 anni e arresto nelle 48 ore

Pubblicata in Gazzetta Ufficiale il 25 novembre 2024, la nuova legge n. 171/2024, di conversione del Dl anti-violenze ai medici, n. 137/2024, varato dal Consiglio dei Ministri il 27 settembre scorso e approvato in via definitiva dalla Camera dei deputati il 13 novembre.

Il testo, recante “misure urgenti per contrastare i fenomeni di violenza nei confronti dei professionisti sanitari, socio-sanitari, ausiliari e di assistenza e cura nell’esercizio delle loro funzioni nonché di danneggiamento dei beni destinati all’assistenza sanitaria“, è in vigore dal 26 novembre 2024.

Contrasto violenza medici: cosa prevede la nuova legge

La nuova legge che si compone di quattro articoli, nasce per arginare i gravi episodi di violenza nei confronti del personale sanitario e prevede un aumento delle pene fino a 5 anni e l’arresto obbligatorio in flagranza di reato, con possibilità di differimento a determinate condizioni.

L’articolo 1 (modificato dal Senato) interviene sugli artt. 583-quater e 635 c.p., estendendo l’ambito di applicazione delle sanzioni previste per le lesioni procurate agli esercenti le professioni sanitarie e socio-sanitarie nell’esercizio delle loro funzioni al personale che si occupa di “servizi di sicurezza complementare”.

Inoltre, aggiungendo un altro comma dopo il terzo all’art. 635 c.p., disciplina la fattispecie del danneggiamento di “cose mobili o immobili destinate al servizio sanitario o socio-sanitario”, punendolo con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa fino a 10mila euro. La pena è aggravata se il fatto è commesso da più persone riunite.

L’articolo 2, modifica gli articoli 380, 382-bis e 550 cpp, prevede l’arresto obbligatorio in flagranza e, in particolari condizioni, l’arresto differito per i delitti di lesioni personali commessi nei confronti di chi esercita una professione sanitaria, socio-sanitaria e attività ausiliare, nonché per il reato di danneggiamento dei beni destinati all’assistenza sanitaria ex terzo comma art. 635 c.p.

Gli articoli 3 e 4 recano, infine, la clausola d’invarianza finanziaria (criticata dalle opposizioni) e l’entrata in vigore del testo.

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motivazione per relationem

Motivazione per relationem: valida se esaustiva Nel processo civile, la motivazione per relationem per essere valida deve contenere in modo chiaro, univoco ed esaustivo le ragioni della decisione

Processo civile e motivazione per relationem

La motivazione per relationem per essere valida deve contenere in modo chiaro, univoco ed esaustivo le ragioni della decisione. Così la sentenza n. 28517/2024 della sezione tributaria della Cassazione.

La vicenda

Nella vicenda, l’Agenzia delle Entrate notificava un avviso di accertamento, con cui rettificava, ai fini IRPEF, la dichiarazione dei redditi presentata per l’anno 2006, avendo accertato che il contribuente aveva ricevuto un bonifico di oltre un milione di euro da una società francese. Il contribuente, chiamato a rendere giustificazioni circa il detto versamento, dichiarava trattarsi di ‘giroconto fondi’ per vendita di un’abitazione. L’Ufficio acclarava, quindi, che detto importo corrispondeva, in realtà, ad utili della società distribuiti all’uomo, quale socio al 100% della società, sicchè riprendeva a tassazione il 40% dell’importo, quale reddito di capitale di fonte estera.
Il contribuente impugnava l’avviso e la CTP di Pordenone accoglieva il ricorso. L’ufficio quindi proponeva appello alla CTR la quale confermava la sentenza di prime cure e il fisco a questo punto adiva la Cassazione, lamentando nullità della sentenza in quanto sia il thema decidendum sia la motivazione risulterebbero del tutto carenti. La motivazione, in particolare, sarebbe affidata a mere clausole di stile, con rimando alla decisione di prime cure.

Motivazione per relationem

La Corte dà ragione all’Agenzia. “Giova premettere che secondo la giurisprudenza di questa Corte la motivazione è solo «apparente» e la sentenza è nulla quando benché graficamente esistente, non renda percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere li ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie ipotetiche congetture (Cass., Sez. U., 7/4/2014 n. 8053)” affermano innanzitutto dal Palazzaccio.

Con riferimento, in particolare, “alla tecnica motivazionale per relationem – aggiunge la Corte che è stato ripetutamente affermato che –  detta motivazione è valida a condizione che i contenuti mutuati siano fatti oggetto di autonoma valutazione critica e le ragioni della decisione risultino in modo chiaro, univoco ed esaustivo (Cass., Sez. U., 4/6/2008 n. 14814)”.

Il giudice di appello, proseguono da piazza Cavour, “è tenuto ad esplicitare le ragioni della conferma della pronuncia di primo grado con riguardo ai motivi di impugnazione proposti (ex multis, Cass., 7/8/2015 n. 16612) sicché deve considerarsi nulla – in quanto meramente apparente – una motivazione per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione, come nel caso di specie, non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice di appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (ex multis, Cass. 21/9/2017 n. 22022 e Cass. 25/10/2018 n. 27112)”.

La decisione

Nel caso di specie, la CTR ha indicato in modo del tutto generico la materia del contendere, limitandosi ad affermare, apoditticamente, che le valutazioni dei giudici di primo grado fossero «ineccepibili». “Tali affermazioni, per la loro genericità, non consentono in alcun modo di apprezzare l’iter logico posto a fondamento della decisione di appello e di verificare le ragioni che hanno indotto la CTR a confermare la sentenza di primo grado”.

Da qui l’accoglimento del ricorso. Parola al giudice del rinvio.

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codice ateco

Codice Ateco per gli influencer: come funziona Codice Ateco dedicato dal 1° gennaio 2025 per gli influencer marketing, a vantaggio del riconoscimento della professionalità

Codice Ateco dedicato agli influencer marketing

A partire dal 1° gennaio 2025, gli influencer marketing in Italia avranno un proprio codice Ateco. Questa novità segna un passo decisivo verso il riconoscimento formale di questa professione. Il nuovo codice, 73.11.03, è stato sviluppato grazie alla collaborazione tra Istat, Eurostat, il Ministero delle Imprese e del Made in Italy e l’Associazione Italiana Content & Digital Creators (AICDC). Questo cambiamento mira a valorizzare l’economia creativa digitale, un settore in espansione, e a regolarizzare le attività economiche connesse.

Cos’è il Codice Ateco e perché importante

Il Codice Ateco, acronimo di “Attività Economiche”, è uno strumento di classificazione standardizzato che identifica le attività economiche svolte da imprese e professionisti in Italia. È essenziale per l’apertura di una partita IVA, per il calcolo delle imposte, l’accesso a finanziamenti e agevolazioni fiscali, nonché per la raccolta di dati statistici da parte di enti come l’Istat. La nuova classificazione specifica per gli influencer rappresenta una svolta. Essa consente di distinguere questa professione dalle altre categorie già esistenti, come quelle legate alla pubblicità.

Influencer marketing: una professione in evoluzione

La figura dell’influencer si è affermata con il boom dei social media, evolvendosi in un’attività professionale che include la creazione di contenuti digitali e la sponsorizzazione di prodotti o eventi. Tuttavia, l’assenza di una classificazione dedicata ha generato confusione fiscale e amministrativa. Molti giovani, spesso inconsapevoli, sottovalutano gli obblighi fiscali e la mancanza di conoscenza porta alcuni a evadere le tasse. L’introduzione di un codice specifico potrebbe ridurre queste problematiche.

Benefici della nuova classificazione per gli influencer

Con l’introduzione del codice Ateco 73.11.03, gli influencer marketing potranno:

  • accedere a una regolamentazione fiscale e previdenziale più chiara;
  • usufruire di benefici e agevolazioni specifici per la loro categoria;
  • essere ufficialmente riconosciuti come professionisti, garantendo maggiore trasparenza nel settore.

Verso una nuova era dell’economia creativa

L’introduzione di questo codice rappresenta un importante riconoscimento per l’economia creativa digitale. Questo settore, sempre più rilevante nel panorama economico italiano, beneficia ora di strumenti che promuovono la conformità fiscale e favoriscono la crescita sostenibile di una professione moderna e in continua evoluzione.

 

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bonus 500 euro

Bonus 500 euro figli per spese extrascolastiche Dal 2025, bonus 500 euro per coprire le attività extrascolastiche dei figli di età inferiore ai 14 anni per sostenere le famiglie in difficoltà 

Nuovo bonus di 500 euro per le famiglie in arrivo

In arrivo nel 2025, grazie alla manovra di bilancio, un bonus di 500 euro per le famiglie italiane per coprire le spese legate alle attività extrascolastiche dei figli. Questa iniziativa rientra nel Fondo Dote Famiglia, un programma ideato per sostenere le famiglie con difficoltà economiche. Lo stesso è finanziato con un budget iniziale di 30 milioni di euro provenienti dal Fondo per le esigenze di spesa indifferibili.

La misura è pensata come uno strumento strategico per promuovere il benessere, contribuendo al tempo stesso a ridurre le disuguaglianze economiche e sociali. Ecco una panoramica completa su requisiti, benefici e modalità di richiesta del bonus.

A chi è destinato il bonus di 500 euro

Il bonus è rivolto ai nuclei familiari con un ISEE fino a 35.000 euro e può essere utilizzato solo per i figli di età inferiore a 14 anni. È una misura pensata per alleggerire i costi legati alle attività formative che i bambini svolgono al di fuori della scuola.

Cosa copre il bonus di 500 euro

Le spese rimborsabili includono una vasta gamma di attività educative e formative, utili alla crescita culturale, artistica e fisica dei bambini. Tra queste ci sono:

  • i corsi di lingua utili per lo sviluppo di competenze linguistiche e professionali;
  • i percorsi didattici e culturali come i laboratori di arte, scienze, storia e altre attività che stimolano la creatività;
  • leducazione musicale per mezzo di corsi che favoriscono lo sviluppo cognitivo e artistico;
  • lo sport e le attività fisiche come gli sport di squadra, la danza, il teatro e tutte le esperienze educative che promuovono il benessere e le competenze sociali.

Le attività possono essere erogate da enti pubblici, privati o del Terzo Settore, purché abbiano un comprovato valore educativo e contribuiscano alla formazione del bambino.

Come funziona il rimborso

Per accedere al bonus, le famiglie devono inizialmente anticipare i costi delle attività e in seguito  richiedere il rimborso.

La procedura prevede i seguenti passaggi:

  • raccogliere le ricevute e le fatture che attestano le spese sostenute;
  • presentare la domanda di rimborso attraverso i canali indicati dal Governo;
  • dopo la verifica della documentazione, il rimborso sarà erogato.

Cumulo con altri bonus

Un aspetto interessante del bonus è che può essere cumulato con altre agevolazioni fiscali o economiche, aumentando le possibilità di sostegno per le famiglie. Questo permette di integrare diversi contributi per coprire una più ampia gamma di spese educative.

L’obiettivo della misura

Il bonus da 500 euro non è solo un aiuto economico, ma anche un investimento nella formazione e crescita dei giovani. Grazie al Fondo Dote Famiglia, il Governo mira a rendere più accessibili le attività educative, culturali e sportive, sostenendo le famiglie e favorendo una partecipazione più inclusiva ai programmi extrascolastici.

 

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