remissione di querela

Remissione di querela: guida e modello Remissione di querela: cos'è, quali sono le conseguenze e la giurisprudenza rilevante in materia

Cos’è la remissione di querela

La remissione di querela, disciplinata dall’art. 152 del Codice Penale, è l’atto con cui la persona offesa revoca la querela sporta per un reato perseguibile a querela di parte, provocando l’estinzione del reato. Questa facoltà è fondamentale nei procedimenti per reati minori, favorendo la composizione bonaria delle controversie.

Quando si può fare la remissione di querela

La remissione è possibile solo per i reati procedibili a querela di parte, come:

  • ingiuria (prima della depenalizzazione), diffamazione, lesioni lievi, violenza privata;
  • danneggiamento semplice, minacce non aggravate.

Essa può essere effettuata:

  • prima dell’inizio del processo o durante il processo, ma prima della condanna, ad eccezione dei casi previsti dalla legge;
  • in sede processuale o extraprocessuale in modo espresso o tacito (se il querelante compie atti incompatibili con la volontà di portare avanti la querela);
  • senza apporre alla stessa termini o condizioni, in essa però si può indicare la rinuncia al diritto di ottenere restituzioni e risarcimento del danno.

Conseguenze della remissione di querela:

  • estinzione del reato: il procedimento penale cessa;
  • impossibilità di riproporre la querela, in quanto l’atto è irrevocabile.

Accettazione della remissione

L’art. 155 c.p. stabilisce che:

  • la remissione non produce effetti se il querelato la ricusa in modo espresso o tacito;
  • se il querelato è un minore o un interdetto, non ha un rappresentante o è in conflitto con lo stesso, la remissione è accettata dal curatore speciale.

Giurisprudenza rilevante sulla remissione di querela

Di seguito alcune massime della Cassazione:

Cassazione n. 16375/2019

La rinuncia alla denuncia, una volta che la persona accusata l’ha formalmente accettata, porta alla chiusura del procedimento penale, annullando il reato. Questo effetto ha la precedenza su qualsiasi altra ragione di chiusura del caso. Se questa rinuncia avviene mentre il caso è in esame presso la Corte di Cassazione, i giudici devono obbligatoriamente dichiarare la fine del processo. La decisione di chiudere il caso per rinuncia alla denuncia cancella automaticamente tutte le condanne civili legate al reato.

Cassazione n. 35539/2021

“integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale del querelante, previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela (Sez. U, n. 31668 del 23/06/2016).

Cassazione n. 31832/2024

“Integra remissione tacita di querela la mancata comparizione alla udienza dibattimentale del querelante, previamente ed espressamente avvertito dal giudice che l’eventuale sua assenza sarà interpretata come fatto incompatibile con la volontà di persistere nella querela.”

Cassazione n. 6031/2025

“ammissibile il ricorso per cassazione proposto anche al solo fine di introdurre nel processo la remissione della querela, ritualmente accettata, intervenuta dopo la sentenza impugnata e prima della scadenza del termine per la presentazione dell’impugnazione.”

Modello di remissione di querela

Oggetto: Remissione di querela
Spett.le Procura della Repubblica presso il Tribunale di [Città]
Io sottoscritto/a [Nome e Cognome], nato/a il [data] a [luogo], C.F. [codice fiscale], residente in [indirizzo], dichiaro di rimettere la querela sporta in data [inserire data] nei confronti del Sig./Sig.ra [Nome dell’imputato], nato/a il [data], per il reato di [indicare il reato] (art. [articolo c.p.]).
Dichiaro di essere consapevole che la remissione è irrevocabile e comporta l’estinzione del reato.
[Luogo, Data]
Firma: _____________________
Allega: copia del documento di identità.

 

 

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certificato di residenza

Certificato di residenza: cos’è e a cosa serve Certificato di Residenza: cos'è, a cosa serve, qual è la normativa di riferimento, come ottenerlo online, tempi e costi

Cos’è il certificato di residenza

Il certificato di residenza è uno dei documenti ufficiali più richiesti in Italia. Si tratta di una dichiarazione che attesta ufficialmente l’indirizzo di residenza di una persona, ovvero il luogo in cui vive abitualmente, ed è rilasciato dal Comune di residenza. Il certificato riporta informazioni relative al nome, cognome, data e luogo di nascita, nonché l’indirizzo completo di residenza della persona richiesta.

Il certificato di residenza è diverso dal certificato di stato civile. Mentre il primo attesta il luogo di residenza, il secondo riguarda lo stato civile del richiedente (ad esempio se è celibe, sposato, divorziato, etc.).

Normativa di riferimento

Il rilascio del certificato di residenza è regolato principalmente dalla Legge 675/1996 e dal D.P.R. 223/1989, che disciplinano l’ordinamento delle anagrafi dei comuni italiani. L’articolo 1 del D.P.R. 223/1989 stabilisce che  “L’anagrafe della popolazione residente è la raccolta sistematica dell’insieme delle posizioni relative alle singole persone, alle famiglie ed alle convivenze che hanno fissato nel comune la residenza, nonché delle posizioni relative alle persone senza fissa dimora che hanno stabilito nel comune il proprio domicilio.” Ogni soggetto quindi deve  dichiarare la propria residenza nel Comune in cui dimora abitualmente, e ogni Comune ha l’obbligo di raccogliere e aggiornare i dati relativi alla residenza.

Nel contesto delle modifiche recenti e dei tentativi di digitalizzazione dei servizi pubblici, l’art. 2 del Decreto legge n. 179/2012 sancisce l’istituzione dell’anagrafe nazionale della popolazione residente e l’introduzione dei servizi anagrafici online, permettendo ai cittadini di richiedere documenti come il certificato di residenza attraverso internet.

A cosa serve il certificato di residenza?

Il certificato di residenza è richiesto in numerosi casi nella vita quotidiana, tra cui:

  • iscrizioni scolastiche: alcune scuole richiedono il certificato di residenza per verificare la zona di residenza degli studenti;
  • pratiche burocratiche: per richieste di agevolazioni fiscali, iscrizioni a servizi pubblici o altre pratiche amministrative;
  • contratti e utenze: spesso è necessario per l’attivazione di contratti di fornitura di gas, luce, acqua, e anche per stipulare un contratto di locazione;
  • riconoscimento di benefici: in alcuni casi, come per l’accesso a bonus sociali o altre agevolazioni, è necessario comprovare la propria residenza;
  • cittadinanza e cittadinanza di famiglia: in alcune situazioni legate alla cittadinanza o allo stato civile, la residenza può essere un requisito fondamentale.

Come ottenere il certificato di residenza online

Oggi, grazie alla digitalizzazione dei servizi pubblici, è possibile ottenere il certificato di residenza online senza recarsi fisicamente presso gli uffici comunali.

Certificato di residenza online comune

Ogni Comune italiano ha attivato piattaforme che consentono la richiesta del certificato in modo semplice e rapido. Vediamo come fare:

  1. Accedere al sito del Comune di residenza: per prima cosa, è necessario collegarsi al sito web del Comune in cui si è registrata la propria residenza. La maggior parte dei Comuni ha una sezione “Servizi Online” o “Anagrafe” in cui è possibile richiedere vari certificati.
  2. Registrarsi al portale: alcuni Comuni richiedono una registrazione al portale online per poter usufruire dei servizi, che può comprendere la creazione di un account personale.
  3. Selezionare il servizio richiesto: all’interno della sezione anagrafica online, occorre cercare l’opzione per il rilascio del certificato di residenza. Solitamente, viene richiesto di specificare alcune informazioni, come i dati anagrafici e il motivo della richiesta.
  4. Autenticazione con SPID o CIE: molti Comuni richiedono l’autenticazione tramite SPID (Sistema Pubblico di Identità Digitale) o CIE (Carta d’Identità Elettronica) per garantire l’identità dell’utente e la validità della richiesta.
  5. Ricezione del certificato: una volta effettuata la richiesta e completati i passaggi, il certificato verrà inviato in formato digitale (PDF) alla mail indicata o sarà disponibile per il download direttamente dalla piattaforma.
  6. Stampa e utilizzo: il certificato scaricato può essere stampato e utilizzato per tutte le necessità legali o amministrative.

La richiesta online del certificato di residenza è, nella maggior parte dei casi, gratuita. Tuttavia, alcuni Comuni per il rilascio del documento chiedono il costo del bollo e dei diritti di segreteria. I tempi di rilascio variano in base al Comune, ma di solito si riceve il certificato in pochi giorni, se non immediatamente, in formato digitale.

Certificato di residenza online ANPR

Il certificato di residenza può essere richiesto anche online sul sito dell’Anagrafe Nazionale (ANPR), sia singolarmente che insieme ad altre tipologie di certificato. Basta seguire le istruzioni guidate, a partire dalla sezione “Accedi ai servizi”, “Certificati” e poi selezionare tipologia, uso (ecc.) sino al completamento dell’operazione che consente di scaricare direttamente il documento o di riceverlo via mail o presso il proprio domicilio digitale. Il certificato è gratuito, se l’uso rientra tra i motivi di esenzione previsti dalla legge; in caso si debba richiedere un certificato in bollo, si dovrà procedere al pagamento dell’imposta di 16 euro.

I certificati anagrafici ottenuti attraverso l’ANPR hanno la stessa validità giuridica di quelli rilasciati presso gli sportelli anagrafici comunali.

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polizza condominio

Polizza condominio anche senza unanimità Polizza condominio: la Cassazione sostiene che l'assemblea ha la facoltà di stipulare una polizza assicurativa senza unanimità dei consensi

Polizza condominio: cosa dice la Cassazione

L’assemblea condominiale ha la facoltà di stipulare una polizza assicurativa per la tutela legale senza l’unanimità dei consensi. Ciò perché la spesa rientra tra i costi relativi alla gestione comune dell’edificio e deve essere ripartita tra tutti i condomini. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 4340/2025.

Il caso giuridico

Una condomina ha citato in giudizio il condominio per ottenere la dichiarazione di nullità o l’annullamento della delibera condominiale, con la quale veniva approvato l’addebito, nel bilancio condominiale, di un premio di € 1.688,91 per la stipula di una polizza assicurativa di tutela legale.
L’attrice sosteneva che tale spesa era lesiva del diritto individuale dei condomini, regolato dall’art. 1132 c.c., e deduceva che la delibera non rientrava nei poteri assembleari di cui all’art. 1135 c.c. Chiedeva, altresì, la condanna dell’indicato Condominio al risarcimento danni ex art. 96, co. 1 e 3, c.p.c.
Il giudice di pace adito respingeva la domanda che veniva rigettata anche in appello dal tribunale di Forlì, il quale richiamando la giurisprudenza di legittimità (Cass. n. 11349/2022 e n. 23254/2021), sosteneva che l’assemblea condominiale, nei limiti dell’art. 1135 c.c., può validamente deliberare spese per coprire costi processuali inerenti le parti comuni, senza violare il diritto dei condomini dissenzienti.
La questione approdava quindi in Cassazione.

La decisione della Cassazione

Innanzi al Palazzaccio, la condomina si doleva che la delibera assembleare approvando la stipula di una polizza assicurativa di tutela legale, con addebito del premio a tutti i condomini, avesse violato li diritto dei dissenzienti previsto dall’art. 1132 c.c., che consente loro di estraniarsi dalle conseguenze delle liti deliberate dall’assemblea, eccedendo “i poteri dell’assemblea previsti dall’art. 1135 c.c., in quanto ha imposto un onere generalizzato anche sui condomini non partecipanti alle controversie, incidendo sui diritti individuali e determinando un aggravio economico ingiustificato”.

Per gli Ermellini, tuttavia, la donna ha torto. Richiamando l’orientamento univoco ormai espresso in più pronunce, la S.C. ha ribadito che “l’assemblea condominiale ha li potere di stipulare una polizza per la tutela legale nell’ambito della propria discrezionalità gestionale”.  Inoltre, “l’articolo 1132 del codice civile non può essere invocato per invalidare la stipula della polizza, poiché questa non impone ai condomini dissenzienti di contribuire alle spese processuali di una controversia specifica, ma ha una finalità più generale di tutela del condominio. Questa Corte ha sottolineato che le spese per la stipula della polizza devono essere ripartite tra tutti i condomini in base ai criteri stabiliti dall’articolo 1123 c.c., trattandosi di una spesa relativa alla gestione comune dell’edificio (cfr., per tutte, Cass. n. 23254/2021 e Cass.
п.11891/2024)”.
Il ricorso è quindi inammissibile.

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Giuramento decisorio: le precisazioni della Cassazione Giuramento decisorio: la Cassazione precisa che deve provare fatti, non valutazioni, opinioni o questioni giuridiche

Giuramento decisorio: fatti specifici e concreti

Il giuramento decisorio non può riguardare la conferma o la negazione di rapporti giuridici, situazioni legali o qualifiche giuridiche. Non può essere utilizzato per ottenere giudizi di valore, opinioni o interpretazioni giuridiche. La sua formulazione deve riferirsi a fatti specifici e concreti.

Lo ha chiarito la Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 3982/2025 nel rigettare un ricorso finalizzato a contestare l’utilizzo delle prove nei giudizi di merito necessari per risolvere una controversia sul diritto di proprietà di alcuni beni immobili.

Proprietà controversa: giuramento decisorio prova regina

Nell’ambito di una controversia avente a oggetto la proprietà di alcuni beni immobiliari, in sede di Cassazione il ricorrente contesta la violazione della normativa sulla prestazione del giuramento decisorio, prestato e poi revocato. In sede di appello la Corte, nel rispetto della decisione di primo grado ha infatti giustificato il provvedimento di revoca dell’ordinanza che aveva ammesso il giuramento decisorio. Nel caso di specie il giuramento decisorio era stato deferito dall’attrice al convenuto per consentire al giudice di decidere, sulla base dello stesso, la controversia sulla proprietà degli immobili, di cui la stessa riteneva di essere titolare esclusiva.

Il convenuto, aveva infatti prestato giuramento rispondendo precisamente sui singoli punti e negando le circostanze dedotte. Il giudice avrebbe quindi dovuto decidere sulla base delle risposte fornite dal convenuto, che aveva negato la proprietà dell’immobile in capo all’attrice, compresa l’avvenuta acquisizione per usucapione ventennale in favore della stessa. Il Giudice non poteva decidere sulla base dei documenti prodotti in giudizio. Il giuramento decisorio costituisce la prova principale sulla quel il giudice avrebbe dovuto decidere la controversia.

Revocabile l’ordinanza di ammissione del giuramento

La Cassazione però respinge questo motivo e l’intero ricorso, fornendo una complessa motivazione sul giuramento decisorio.

Gli Ermellini ricordano che l’ordinanza che ammette il giuramento decisorio può essere revocata anche dopo la sua prestazione. Il giudice può annullarla se ritiene che non sussistano le condizioni per il suo deferimento. Questo principio vale indipendentemente dal comportamento processuale delle parti, poiché il giuramento è un mezzo istruttorio soggetto a condizioni di ammissibilità inderogabili.

Il giudice deve verificare d’ufficio le condizioni per l’ammissibilità del giuramento, come la formula, la modalità della delazione e l’idoneità alla definizione della lite. Se il giuramento è stato ammesso in primo grado, il giudice dappello può riesaminarne la decisorietà e verificarne la correttezza. Anche se il soccombente lo contesta solo nella fase conclusiva del secondo grado, il giudice può rivedere la decisione.

Nel caso in esame, il ricorrente sostiene che, essendo il giuramento una prova legale, il giudice non possa revocarlo e basare la decisione su prove documentali. Tuttavia, la giurisprudenza afferma che il giudice può sempre riesaminare l’ammissibilità del giuramento. Il potere di controllo non trova ostacolo nell’art. 2738 c.c., poiché le condizioni per la sua validità non dipendono dalla volontà delle parti.

Giuramento decisorio per provare fatti giuridici

Il giuramento decisorio non può riguardare rapporti giuridici, valutazioni od opinioni. Deve vertere su fatti storici percepiti direttamente dal giurante.

Nel caso specifico, i capitoli del giuramento risultavano inammissibili e irrilevanti per la decisione della causa. Il ricorrente riteneva che la causa dovesse essere decisa sulla base del giuramento del convenuto, il quale negava l’usucapione degli immobili. Tuttavia, le affermazioni giurate riguardavano aspetti giuridici e non fatti concreti.

Inoltre, il rapporto tra le parti era già stato accertato con sentenze passate in giudicato, che confermavano l’esistenza di un contratto di locazione e la titolarità del bene. Il giudicato aveva anche stabilito che il ricorrente era un semplice conduttore e non un proprietario.

In conclusione, il giuramento decisorio non può avere a oggetto la determinazione di rapporti giuridici. Il giudice ha il potere di revocarlo anche dopo la sua prestazione, se non ne ricorrono le condizioni di ammissibilità. In questo caso, la decisione di revoca appare giustificata, in quanto il giuramento non era idoneo a definire la lite.

 

Leggi la guida Il Giuramento decisorio

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riforma disabilità

Riforma disabilità: l’INPS recepisce le nuove norme Riforma disabilità: l'istituto recepisce le nuove norme e annuncia le semplificazioni procedurali e l'allargamento della sperimentazione

Riforma Disabilità

Riforma disabilità: l’INPS annuncia il recepimento di importanti cambiamenti nel quadro della riforma, attuata dal decreto legislativo 3 maggio 2024, n. 62, e avviata in via sperimentale dal 1° gennaio 2025 in nove province italiane. Questa riforma, fortemente sostenuta dal Ministro Locatelli, mira a semplificare l’accertamento della disabilità e a migliorare l’esperienza degli utenti.
Tra le principali novità, si segnala l’introduzione di nuove funzionalità per facilitare la compilazione del certificato medico introduttivo, primo passo del processo valutativo. L’obiettivo è quello di ridurre i tempi burocratici, migliorando l’accesso alla documentazione e semplificando il ricorso alla firma digitale.

Tutorial disponibili e sperimentazione estesa

Tutorial informativi su allegazione documentazione sanitaria e firma digitale sono già disponibili online per guidare i medici certificatori.
Inoltre, il decreto “Milleproroghe” estende la sperimentazione ad altre 11 nuove province, portando così il numero complessivo a 20, e prolunga il periodo di test da 12 a 24 mesi. Queste modifiche garantiscono un periodo adeguato per valutare l’efficacia delle nuove disposizioni che partiranno poi sull’intero territorio nazionale da gennaio 2027.

Competenza esclusiva accertamento all’INPS

Un cambiamento significativo riguarda il passaggio della competenza esclusiva per l’accertamento della disabilità all’INPS, ora previsto per un anno dopo rispetto alla scadenza iniziale. Questo assicura che la visita per la disabilità sia gestita da un unico ente pubblico, snellendo il processo attraverso la trasmissione telematica del certificato medico.

estinzione del reato

Estinzione del reato per condotte riparatorie anche in Cassazione La Cassazione rammenta che l’estinzione del reato per condotte riparatorie può essere chiesta in qualunque fase del procedimento

Estinzione del reato per condotte riparatorie

L’estinzione del reato per condotte riparatorie può essere richiesta in qualunque fase del procedimento, compreso il giudizio di cassazione, purchè ciò avvenga entro il termine e il giudice di merito abbia valutato la congruità dell’offerta. Questo quanto affermato dalla quinta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 7263/2025, dando ragione a un imputato per il reato di furto di una bicicletta.

La vicenda

Nella vicenda, l’uomo aveva invocato l’applicazione dell’art. 162-ter cod. pen., sul presupposto che il delitto di furto contestato è punibile a querela di parte e che aveva restituito la bicicletta alla persona offesa prima del giudizio. La Corte territoriale ha tuttavia ritenuto che la richiesta non potesse trovare accoglimento, «essendo il reato originariamente contestato (ndr ricettazione) procedibile d’ufficio».

Il ricorso

Avverso la sentenza l’imputato proponeva ricorso per cassazione a mezzo del difensore di fiducia, deducendo l’inosservanza o erronea applicazione degli artt. 531 cod. proc. pen. e 162-ter cod. pen.

Nel dettaglio, il ricorso denuncia che la Corte d’appello non abbia dichiarato estinto il reato ex art. 162-ter cod. pen. pur avendo l’imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, riparato interamente il danno cagionato mediante la restituzione della bicicletta al legittimo proprietario.

Tale decisione sarebbe stata motivata sull’erroneo presupposto che il reato originariamente contestato fosse procedibile d’ufficio, ma non considerando che quello risultante dalla riqualificazione era, invece, procedibile a querela.

Estinzione del reato: l’art. 162-ter c.p.

Per la S.C., il ricorso è fondato. Va premesso, affermano i giudici di legittimità, “che l’art. 162-ter cod. pen. prevede, al comma primo, una causa di estinzione del reato che il giudice dichiara, «sentite le parti e la persona offesa», quando, «nei casi di procedibilità a querela soggetta a remissione», «l’imputato ha riparato interamente, entro il termine massimo della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, il danno cagionato dal reato, mediante le restituzioni o il risarcimento, e ha eliminato, ove possibile, le conseguenze dannose o pericolose del reato». Tale possibilità è data anche nel caso in cui vi sia stata, da parte del giudice, la riqualificazione del reato procedibile d’ufficio in una fattispecie procedibile a querela, a condizione che l’offerta riparatoria o risarcitoria sia tempestivamente formulata, così da consentire al giudice di verificarne la congruità e salva la possibilità di concessione, su richiesta dell’imputato impossibilitato ad adempiervi per causa a lui non addebitabile, di un termine per provvedervi anche ratealmente (Sez: 4, n. 640 del 29/11/2023)”.

Tempi per la richiesta

Inoltre, proseguono i giudici, “l’applicazione della causa estintiva del reato può essere richiesta in qualunque fase del procedimento, ivi compreso il giudizio di cassazione, a condizione che la condotta riparatoria sia intervenuta entro il termine massimo rappresentato dalla suddetta dichiarazione, e che il giudice di merito abbia sentito le parti e valutato la congruità della somma offerta (così Sez. 4, n. 39304 del 14/10/2021)”.

La decisione

Tanto premesso, nel caso in esame, concludono i giudici di piazza Cavour, “il reato di ricettazione originariamente contestato risulta essere stato effettivamente derubricato, nella fattispecie prevista dall’art. 624 cod. pen. In tale situazione, l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui l’originaria contestazione di un delitto procedibile d’ufficio osterebbe all’operatività della fattispecie estintiva e ciò ad onta dell’avvenuta riqualificazione operata dal primo giudice, deve ritenersi non conforme al già richiamato indirizzo interpretativo di legittimità, che il Collegio pienamente condivide e riafferma”.

Su tali premesse, la sentenza impugnata è annullata con rinvio al giudice di merito.

 

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creator digitali

Creator digitali: le linee guida Inps L'istituto ha pubblicato una circolare riguardante l'inquadramento previdenziale e contributivo dei creator digitali

Creator digitali: fisco e contributi

L’INPS ha pubblicato la circolare 19 febbraio 2025, n. 44 riguardante l’inquadramento previdenziale e contributivo dei creator digitali (DCC), un settore in rapida evoluzione che coinvolge soprattutto i giovani.

Il documento fornisce linee guida chiare e pratiche, per facilitare la gestione degli obblighi fiscali e contributivi legati a queste nuove professioni.

Adattare le norme alle professioni dell’economia digitale

L’obiettivo principale della circolare è quello di adattare le normative esistenti alle specifiche esigenze delle professioni legate all’economia digitale, che spesso sfuggono a schemi consolidati; essa descrive le caratteristiche distintive dell’attività di creazione di contenuti, le diverse modalità di svolgimento e remunerazione, e i vari rapporti di lavoro che possono sorgere tra i DCC, le aziende e le agenzie intermediarie.

Chi sono i creator digitali: dagli influencer ai pro gamer

Particolare attenzione è riservata alla figura del creator, che comprende influenceryoutuberstreamerpodcaster e pro gamer, con l’intento di fornire un quadro flessibile e comprensibile, che possa evolvere con il settore. La circolare non intende creare un elenco rigido di figure professionali, ma piuttosto stabilire principi comuni per inquadrare le diverse attività.

La disciplina previdenziale applicabile

La parte centrale del documento si concentra sulla disciplina previdenziale applicabile, affrontando l’inquadramento giuridico di queste professioni in mancanza di normative specifiche. L’Istituto utilizza criteri già esistenti per definire il regime previdenziale appropriato, esaminando variabili chiave come le modalità di attività e l’organizzazione del lavoro.
Inoltre, la circolare è stata elaborata con il coinvolgimento del mondo associativo di settore, garantendo che le osservazioni e le indicazioni dei professionisti siano state integrate nel testo.

esenzione ici

Esenzione ICI immobili della chiesa a “uso misto” La Consulta boccia la questione di legittimità costituzionale sull'esenzione ICI degli immobili ecclesiastici a "uso misto"

Esenzioni ICI immobili chiesa

E’ inammissibile la qlc sull’esenzione ICI degli immobili della chiesa a “uso misto”. Lo ha sancito la Consulta, con la sentenza n. 20/2025, dichiarato inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 7, comma 1, lettera i), del decreto legislativo numero 504 del 1992 sollevata dalla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte.

La qlc

Il giudice a quo aveva censurato la norma – con riferimento al regime ICI, quindi per le annualità anteriori al 2012 – sul presupposto che essa, riguardo agli immobili ecclesiastici a “uso misto” (in parte religioso e in parte commerciale), ma unitariamente accatastati, non avrebbe consentito, ai fini dell’esenzione d’imposta, lo «scorporo delle superfici», in base alla loro effettiva destinazione.

Tale omissione, determinando la tassazione anche delle porzioni immobiliari destinate ad attività di culto, avrebbe comportato la violazione dell’articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all’articolo 7, terzo comma, dell’Accordo del 18 febbraio 1984 di revisione del Concordato lateranense, quest’ultimo escludendo ogni imposizione tributaria per le attività religiose degli enti ecclesiastici.

La decisione della Consulta

La Corte costituzionale ha giudicato inadeguata la ricostruzione del quadro normativo operata dal rimettente e inesatta l’individuazione del parametro dallo stesso effettuata. Sotto il profilo ricostruttivo, il giudice a quo ha attribuito alla norma pattizia del 1984 una portata esonerativa immediata, come se essa si riferisse alle attività religiose in sé, mentre tale norma si limita a equiparare, per gli effetti tributari, l’attività di culto-religione a quella di beneficenza-istruzione. Inoltre, il rimettente non ha tenuto conto dell’incidenza del diritto UE, viceversa determinante nello sviluppo della normativa interna sulla tassazione immobiliare degli enti non commerciali. Infine, non ha chiarito se il fabbricato di causa fosse all’epoca frazionabile, sì da consentire lo «scorporo delle superfici».

interdittiva antimafia

Interdittiva antimafia Interdittiva antimafia: cos’è, effetti, durata e natura giuridica, come difendersi, la giurisprudenza in materia

Cos’è l’interdittiva antimafia

L’interdittiva antimafia, disciplinata dal Decreto Legislativo n. 159/2011 (noto come Codice Antimafia), è un provvedimento amministrativo adottato dal Prefetto con lo scopo di prevenire infiltrazioni mafiose nelle attività economiche. Questa misura preventiva riveste un ruolo fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata, impedendo alle imprese sospette di partecipare ad appalti pubblici e di ottenere concessioni, autorizzazioni o erogazioni pubbliche.

La norma di riferimento

Secondo l’articolo 84 del Codice Antimafia, l’interdittiva antimafia viene adottata quando emergono elementi concreti, univoci e rilevanti circa il rischio di infiltrazione mafiosa.

Questo provvedimento prefettizio possiede una finalità preventiva, ossia impedire alle organizzazioni criminali di infiltrarsi nell’economia legale attraverso società o imprese.

Quanto dura l’interdittiva antimafia

Il provvedimento ha una durata di 12 mesi, tuttavia:

  • come precisato dal Consiglio di Stato nella sentenza n. 8309/2023 il decorso del termine di 12 mesi non comporta automaticamente la perdita di efficacia dell’interdittiva, ma legittima il soggetto interdetto a presentare un’istanza finalizzata a ottenere il riesame del provvedimento;
  • può essere revocata su richiesta dell’impresa, se dimostra il venir meno delle condizioni che hanno portato all’emissione della misura.

Effetti delle interdittive antimafia

Gli effetti delle interdittive antimafia sono particolarmente penalizzanti per le imprese colpite:

  • esclusione dagli appalti pubblici: impossibilità di partecipare a gare pubbliche o ottenere affidamenti diretti;
  • revoca delle concessioni: decadenza automatica di autorizzazioni, licenze e contributi pubblici;
  • scioglimento di contratti in corso: inclusi appalti già aggiudicati;
  • blocco dei finanziamenti pubblici: inclusi contributi e agevolazioni.

L’interdittiva antimafia colpisce non solo l’impresa ma anche i soci, gli amministratori e le controparti contrattuali, rendendo difficile la continuità dell’attività economica.

Natura giuridica dell’interdittiva antimafia

La natura giuridica dell’interdittiva antimafia è stata oggetto di numerose pronunce giurisprudenziali.

Il Consiglio di Stato, ad esempio, nella sentenza n. 8558/2022 ha chiarito che l’interdittiva antimafia è una misura di natura cautelare che mira a prevenire tempestivamente il rischio di infiltrazione mafiosa senza la necessità di una prova diretta di un fatto specifico. Per la sua adozione, è sufficiente la presenza di indizi che rendano plausibile l’esistenza di legami con la criminalità organizzata o un possibile condizionamento da parte di essa. L’accertamento si basa su un’analisi complessiva e discrezionale degli elementi a disposizione, considerati nel loro insieme e non singolarmente, al fine di valutare il pericolo di ingerenza mafiosa in modo unitario.

Come difendersi da un’interdittiva antimafia

Le imprese colpite da un’interdittiva antimafia possono:

  • chiedere la revoca alla Prefettura, dimostrando il venir meno dei presupposti.
  • impugnare il provvedimento davanti al Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) e, se la sentenza è sfavorevole, proporre appello al Consiglio di Stato.

Per ottenere la revoca, l’impresa deve però adottare misure concrete, come:

  • modifica dell’assetto societario (rimozione di soci o amministratori legati a contesti mafiosi);
  • implementazione di protocolli di legalità e modelli organizzativi conformi al D.lgs. 231/2001;
  • collaborazione con le autorità e adesione a iniziative di contrasto alla criminalità organizzata.

 Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza ha consolidato il quadro interpretativo delle interdittive antimafia:

Corte costituzionale n. 57/2020

L’interdittiva antimafia emanata dal Prefetto nei confronti di imprese soggette a tentativi di infiltrazione mafiosa non lede il principio costituzionale della libertà di iniziativa economica privata. Pur rappresentando una significativa limitazione – nel caso specifico, l’esclusione dall’albo delle imprese artigiane – essa è giustificata dalla gravità del fenomeno mafioso e dalla necessità di tutelare la concorrenza, nonché la dignità e la libertà delle persone.

Consiglio di Stato n. 3266/2024

La revoca del controllo giudiziario su un’impresa a rischio di infiltrazione mafiosa non comporta automaticamente l’annullamento dell’interdittiva antimafia precedentemente emessa dal Prefetto. Questo perché la valutazione prefettizia sui pericoli di condizionamento criminale resta invariata. Di conseguenza, anche se il controllo giudiziario viene meno, l’interdittiva antimafia continua a produrre effetti, legittimando l’esclusione dell’impresa dagli appalti pubblici per mancanza dei requisiti di onorabilità professionale (art. 94, comma 2, Codice Appalti, D.lgs. 36/2023).

TAR Campania n. 1343/2024

L’interdittiva antimafia può legittimamente basarsi anche su eventi passati, a condizione che l’analisi complessiva delle circostanze esaminate evidenzi un quadro indiziario tale da giustificare un giudizio attuale e concreto sul rischio di infiltrazione mafiosa nella gestione dell’impresa.

 

 

 

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Il giuramento decisorio Il giuramento decisorio: disciplina, effetti e differenze con il giuramento suppletorio ed estimatorio, guida con giurisprudenza

Cos’è il giuramento decisorio

Il giuramento decisorio è un mezzo di prova regolato dagli artt. 2736 e seguenti del Codice Civile e dagli artt. 233 e seguenti del Codice di Procedura Civile. Consiste nella dichiarazione solenne resa da una parte su fatti controversi, vincolando il giudice alla decisione conforme alla risposta ricevuta.

Ammissibilità del giuramento decisorio

Il giuramento decisorio è ammissibile solo su fatti rilevanti, controversi e non altrimenti dimostrabili.

La Corte di Cassazione nell’ordinanza n. 1551/2022 ha sancito infatti l’inammissibilità dell’istituto quando, in caso di ammissione dei fatti rappresentati, la formulazione delle circostanze non conduca all’accoglimento della domanda ma richieda comunque una valutazione dei fatti da parte del giudice di merito.

Effetti del giuramento decisorio

Il giuramento decisorio, una volta reso, produce specifici effetti:

  • se confessato vincola il giudice a decidere in conformità;
  • se rifiutato, il rifiuto equivale a confessione (art. 2738 c.c.) per cui confessa su fatti a se sfavorevoli e favorevoli all’altra parte;
  • se falso: può dar luogo a responsabilità penale (art. 371 c.p.) ed è punito con la pena della reclusione da sei mesi a tre anni.

Giuramento decisorio, suppletorio ed estimatorio

Il nostro ordinamento contempla tre tipi diversi di giuramento, decisorio, suppletorio ed estimatorio.

Vediamo in che cosa si distinguono:

  • Giuramento decisorio: rappresenta la prova principale ed è richiesto dalle parti su fatti controversi, può essere de scientia (o de notizia) e de veritate a seconda che i fatti per i quali viene deferito riguardino personalmente la parte o fatti altrui di cui è a conoscenza;
  • Giuramento suppletorio: viene invece disposto d’ufficio dal giudice per chiarire aspetti residui o incerti sui quali non mancano le prove, ma non risultino nemmeno pienamente provate le domande e le eccezioni delle parti;
  • Giuramento estimatorio: finalizzato a determinare l’ammontare di un credito o un valore economico (art. 2736 comma 2 c.c.). Ad esso si ricorre quando questa prova non può essere raggiunta altrimenti.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza di legittimità in particolare ha fornito negli anni importanti chiarimenti sull’istituto:

 Cassazione n. 3991/2024

“Il giuramento decisorio è una solenne dichiarazione di verità (quando si riferisce ad un fatto proprio del giurante) o di scienza (quando attiene alla conoscenza che il giurante abbia di un fatto altrui) circa lesistenza di un determinato fatto favorevole a chi lo presta, idoneo a far decidere la lite interamente o a definire un punto particolare della causa, nel caso in cui si riferisca ad uno dei momenti necessari delliter da seguire per la decisione e rispetto ai quali esso esaurisca ogni indagine”. 

Cassazione n. 14228/2023

“Il giuramento, decisorio o suppletorio che sia, non può vertere sull’esistenza o meno di rapporti o di situazioni giuridiche, né può deferirsi per provocare l’espressione di apprezzamenti od opinioni né, tantomeno, di valutazioni giuridiche, dovendo la sua formula avere ad oggetto circostanze determinate che, quali fatti storici, siano stati percepiti dal giurante con i sensi o con l’intelligenza (Cass. 25/10/2018, n.27086).”

Cassazione n. 18211/2020

“La valutazione in ordine all’ammissibilità e rilevanza del giuramento suppletorio ed estimatorio rientra nella discrezionalità del giudice di merito, e la omessa motivazione su tale discrezionale decisione non può essere invocata in sede di legittimità (Cass. n. 16157/2004; n. 9542/20 l 0)”. 

 

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