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Tasso di interesse usurario nel finanziamento tra privati Secondo quali parametri il giudice deve qualificare le operazioni di finanziamento intercorrenti tra privati ai fini della valutazione del tasso di interesse come usurario?

giurista risponde

Quesito con risposta a cura di Manuel Mazzamurro e Davide Venturi

 

Il giudice del merito deve rinvenire i profili di omogeneità tra le categorie individuate dai decreti ministeriali e il rapporto in causa, rispetto ai quali assumono rilievo soprattutto: la natura del prestito, ossia se si tratta di un negozio tra privati, non tra professionisti quali banche o intermediari non bancari, rispetto al quale dovrebbe essere chiarita l’eventuale funzione di scopo del finanziamento tale da integrare la struttura tipica del negozio, ampliandone la causa, nonché, con riferimento ai rischi assunti dai creditori, la corresponsione annuale di interessi convenzionali e il pagamento della quota capitale per intero, oltre alla dazione di garanzie personali (Cass., sez. II, 5 settembre 2024, n. 23866).

 Nel caso di specie la Suprema Corte è stata chiamata a pronunciarsi sulla qualificazione giuridica di un contratto di finanziamento al fine di valutare se gli interessi applicati allo stesso fossero o meno usurari.

In primo grado il Giudice qualificava il contratto intercorrente tra le parti come operazione di mutuo, sulla base delle categorie individuate dal Ministero del Tesoro per l’individuazione del tasso-soglia, ritenendo pertanto come usurario il tasso del 10% applicato.

Il Giudice d’appello, viceversa, riteneva valida la clausola di previsione degli interessi convenzionali contenuta all’interno della scrittura privata intercorrente tra le parti; in particolare, il rapporto dedotto in giudizio veniva qualificato come “altro finanziamento a breve, medio/lungo termine”, sulla base dell’assunto che le operazioni di finanziamento chirografario non possono essere qualificate come mutui.

Viene proposto ricorso per Cassazione, contestando l’erronea qualificazione della scrittura privata nella categoria “altri finanziamenti” anziché in quella dei contratti di mutuo, con conseguente applicazione di un diverso tasso di riferimento per la determinazione dell’usura.

La Suprema Corte, nella decisione de qua, delinea i criteri sulla base dei quali deve essere effettuata l’operazione di qualificazione del contratto di finanziamento oggetto di causa. In particolare, in caso di dubbio circa la riconducibilità di un’operazione finanziaria all’una o all’altra delle categorie, identificate con Decreto Ministeriale cui si riferisce la rilevazione dei tassi globali medi, l’interprete deve procedere ad individuare i profili di omogeneità che l’operazione stessa presenti rispetto alle diverse tipologie ivi contemplate, attribuendo rilievo, a tal fine, ai richiamati parametri normativi individuati dall’art. 2, comma 2, L. 108/1996, apprezzando, in particolare, quelli, tra essi, che, sul piano logico, meglio giustifichino l’inclusione del prestito preso in esame in questa o in quella classe di operazioni. Pertanto, i parametri da valorizzare sono la natura del prestito nonché, con riferimento ai rischi assunti dai creditori, la corresponsione annuale di interessi convenzionali e il pagamento della quota capitale per intero, oltre alla dazione di garanzie personali.

Per tali ragioni, la Corte di cassazione ha ritenuto di accogliere il motivo proposto e di rinviare il giudizio rinviato alla medesima Corte d’Appello che, in applicazione dei principi sopra riportati, provvederà alla corretta qualificazione del rapporto negoziale di cui è causa ai fini dell’individuazione del tasso-soglia di riferimento.

Contributo in tema di “Tasso di interesse usurario nelle operazioni di finanziamento tra privati”, a cura di Manuel Mazzamurro e Davide Venturi, estratto da Obiettivo Magistrato n. 78 / Ottobre 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica