smishing

Smishing: cos’è e come difendersi Cos'è e come funziona lo smishing e i suggerimenti del Garante per proteggersi da questa forma di phishing che sfrutta sms e messaggistica

Smishing: cos’è

Lo Smishing (o phishing tramite SMS) è una forma di truffa che utilizza messaggi di testo e sistemi di messaggistica (compresi quelli delle piattaforme social media) per appropriarsi di dati personali a fini illeciti (ad esempio, per poi sottrarre denaro da conti e carte di credito). Il Garante privacy ha dedicato una scheda informativa per proteggersi da questa forma di phishing.

Come funziona

In genere i messaggi di smishing invitano i destinatari a compiere azioni (cliccare link, ecc.) o fornire informazioni con urgenza, per non rischiare danni (es: blocco di utenze, blocco della carta di credito o del conto) o sanzioni.

I truffatori (“smisher”), spiega il Garante, “inviano messaggi per chiedere ad esempio alle vittime di:

  • cliccare un link che conduce ad un form online in cui inserire dati personali, dati bancari o della carta di credito, ecc.. Il link da cliccare può anche essere utilizzato per installare sullo smartphone della vittima programmi malevoli capaci di carpire dati personali conservati sul dispositivo o addirittura in grado di accedere alle app e ai programmi con cui si gestiscono Internet banking, carte di credito, ecc.;
  • scaricare un allegato che può contenere programmi malevoli capaci di prendere il controllo dello smartphone o accedere ai dati in esso contenuti;
  • rispondere ai messaggi ricevuti inviando dati personali (il codice fiscale, il PIN del Bancomat o quello utilizzato per l’Internet banking, il numero della carta, il codice di sicurezza della carta, i dati dell’OTP cioè della password temporanea per eseguire operazioni sul conto bancario e sulla carta di credito, ecc.);
  • chiamare un numero di telefono, dove poi un finto operatore o un sistema automatizzato chiedono di fornire informazioni di vario tipo, compresi dati bancari e/o della carta di credito”.

Perchè lo smishing è pericoloso

Gli smisher fanno leva sul timore legato ad un rischio incombente per convincere le vittime ad abbassare il livello di prudenza e a reagire d’impulso. Per questo, invita l’authority, è bene “diffidare dei messaggi che hanno toni ultimativi e intimidatori o che spingono ad agire con fretta e urgenza. Ad es. il messaggio di una banca che segnala un account compromesso da verificare con urgenza; offerte di sconti straordinari da usufruire subito; amministrazioni pubbliche che segnalano la richiesta di dati, sanzioni da pagare, o anomalie da verificare, ecc.

Come difendersi dallo smishing

Il Garante invita a “non comunicare mai dati e informazioni personali o dati come codici di accesso, PIN, password, dati bancari e della carta di credito a sconosciuti” ricordando, in ogni caso, “che istituzioni e banche non richiedono di fornire dati personali tramite SMS o messaggistica istantanea, specie se si tratta di informazioni come PIN, password, codici di autorizzazione, ecc., che, di solito, loro stessi ci invitano a mantenere strettamente riservate”.

In generale, meglio non conservare le credenziali (password, PIN, codici) di dati bancari o della carta di credito sullo smartphone. In caso di intrusioni informatiche sul dispositivo (tramite malware, ad esempio), questi dati potrebbero infatti essere facilmente sottratti.

Per proteggere i conti bancari e carte di credito, inoltre, “è bene controllare spesso le movimentazioni ed eventualmente attivare sistemi di alert automatico che avvisano l’utente di ogni operazione effettuata”.

Se si ricevono messaggi da sconosciuti, “non cliccare sui link in essi contenuti e non aprire eventuali allegati: potrebbero contenere virus o programmi capaci di prendere il controllo di computer e smartphone. Stessa accortezza con i messaggi che provengono da numerazioni anomale o particolari (ad esempio: numeri con poche cifre), oppure da utenze identificate da un nome con il numero nascosto. In questi casi è sempre bene fermarsi a riflettere, prestando la massima attenzione al contenuto e al mittente del messaggio”. Infine, se si ricevono messaggi che invitano a richiamare determinati numeri di aziende o istituzioni, controllare SEMPRE prima se tali numeri corrispondono a quelli ufficiali (ad esempio consultando i siti web istituzionali). Per estrema sicurezza, invece di contattare i numeri ricevuti, ci si può rivolgere al centralino o all’URP dell’azienda o dell’istituzione chiendendo di farsi mettere in contatto con l’ufficio che dovrebbe aver inviato il messaggio”.

Cosa fare

Ad ogni modo, chi ha il dubbio di essere vittima di smishing è consigliabile che contatti “immediatamente la banca o il gestore della carta di credito attraverso canali di comunicazione conosciuti e affidabili per segnalare l’accaduto e, in caso di sottrazione di denaro, richiedere il blocco delle transazioni. In questa seconda ipotesi, si può anche segnalare la truffa subita alle autorità di polizia“.

false mail

False mail dall’Agenzia delle Entrate: è phishing L'Agenzia delle Entrate con due avvisi informa i contribuenti che sono in corso campagne di false comunicazioni a nome del fisco

E’ in corso una campagna di false comunicazioni a nome dell’Agenzia delle Entrate. La prima si riferisce alla necessità di pagare imposte per poter recuperare fondi, mentre la seconda a modifiche alla normativa fiscale riguardante la dichiarazione precompilata 2024. Lo rende noto l’amministrazione stessa, con due avvisi, rispettivamente del 29 agosto e del 30 agosto scorso.

False richieste di pagamento imposte per recupero fondi

Con riferimento alle false comunicazioni relative alla necessità di pagare imposte per poter recuperare fondi, lo schema di truffa, avvisano dalle Entrate, sembrerebbe essere quello di indurre con l’inganno a versare fondi per fantomatici investimenti, quindi chiedere il versamento di imposte per ottenerne la parziale restituzione. In questa seconda fase della truffa, viene inviato un falso documento contenente il logo dell’Agenzia delle Entrate e una firma contraffatta a nome del Direttore di un ufficio dell’Agenzia, anche realmente esistente.

Di seguito un esempio di documento fraudolento che viene inviato:

Pertanto, l’Agenzia raccomanda “di prestare la massima attenzione e, qualora si ricevessero e-mail contenenti in allegato un documento simile all’esempio sopra riportato, di non ricontattare assolutamente il mittente e di non dare seguito alle richieste di versamenti di somme di denaro per investimenti o per imposte da essi derivanti”.

False comunicazioni modifiche precompilata 2024

Riguardo al secondo avviso, l’Agenzia informa che stanno pervenendo mail che avvisano, a nome delle Entrate, di modifiche alla normativa fiscale, alle voci della dichiarazione precompilata 2024 e alle aliquote fiscali.

La falsa comunicazione cerca di indurre a cliccare su un link che rimanda a una fantomatica “Guida alla dichiarazione” che il contribuente dovrebbe leggere affinché la sua dichiarazione resti “conforme alle ultime normative”.

Come in ogni campagna di phishing, si tenta di indurre nell’utente un senso di urgenza allo scopo di fargli cliccare “tempestivamente” il link malevolo sotto la minaccia “di sanzioni o altre conseguenze legali” .

Di seguito un esempio della comunicazione che viene inviata:

Una volta cliccato sul link malevolo, l’utente è indotto a inserire nella pagina web informazioni personali che vengono poi memorizzate presumibilmente per futuri attacchi informatici più sofisticati.

Anche in tal caso, le Entrate raccomandano di prestare la massima attenzione e, qualora si ricevessero e-mail simili a quella sopra riportata, di non cliccare sul link e in ogni caso di non trasmettere informazioni personali.

L’Agenzia, infatti, disconosce “questa tipologia di comunicazioni, rispetto alle quali si dichiara totalmente estranea”.

In caso di dubbi sulla veridicità di una comunicazione ricevuta dall’Agenzia, è sempre preferibile verificare preliminarmente consultando la pagina “Focus sul phishing”, rivolgersi ai contatti reperibili sul portale istituzionale www.agenziaentrate.gov.it o direttamente all’Ufficio territorialmente competente.

 

Leggi anche la guida Phishing: cos’è e come tutelarsi

cessione del quinto

Cessione del quinto: l’Inps completa la procedura L'istituto ha comunicato il completamento della procedura di reingegnerizzazione di "Quote Quinto" indicando tutte le novità

Procedura “Quote Quinto”

Cessione del quinto, completata la procedura da parte dell’Inps.

“L’articolo 43, d.p.r. 5 gennaio 1950, n. 180 disciplina il trasferimento sulla pensione delle cessioni del quinto dallo stipendio. In caso di pensionamento dell’interessato prima dell’estinzione del prestito, la cessione dallo stipendio viene trasferita in automatico sulla pensione” spiega in una nota l’istituto.

Con il messaggio 13 gennaio 2023, n. 244, l’INPS ha illustrato le nuove linee interpretative, che hanno consentito il superamento dei criteri adottati per la gestione amministrativa delle traslazioni su pensione delle cessioni stipendiali.

L’operatività delle nuove linee interpretative è stata, quindi, demandata al compimento del progetto di reingegnerizzazione della procedura dedicata: “Quote Quinto”.

Completamento di Quote Quinto

Con il messaggio 9 agosto 2024, n. 2830, l’Istituto comunica che il progetto di reingegnerizzazione della procedura “Quote Quinto” è stato completato, consentendo la messa a regime della gestione unificata dei piani di ammortamento delle cessioni stipendiali con quelli da pensione e la dismissione del vecchio applicativo, con contestuale trasferimento nella nuova procedura dei piani di ammortamento registrati nello stato “attivo” o “sospeso”.

Il messaggio tratta:

  • le traslazioni assoggettabili alla nuova procedura;
  • la notifica delle traslazioni stipendiali su pensione;
  • l’istruttoria e le dichiarazioni di benestare;
  • la gestione dei piani di ammortamento;
  • rapporti con le banche e gli intermediari finanziari.
trattamento dati sanitari

Trattamento dati sanitari: le regole del Garante Il Garante ha promosso l'adozione di nuove regole deontologiche per i trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica, pubblicate in GU il 5 giugno 2024

Regole deontologiche trattamento dati sanitari

Sul trattamento dei dati sanitari per fini statistici o di ricerca, il Garante Privacy ha predisposto delle regole deontologiche pubblicate in Gazzetta Ufficiale il 5 giugno scorso.

Le regole muovono dalla recente riforma dell’articolo 110 del Codice privacy, a seguito della quale il Garante Privacy ha individuato le prime garanzie da adottare per il trattamento dei dati personali a scopo di ricerca medica, biomedica e epidemiologica, riferiti a pazienti deceduti o non contattabili.

La modifica dell’art. 110 Codice Privacy

Con la modifica dell’art. 110, infatti, chi effettua attività di ricerca medica – quando risulta impossibile informare gli interessati o l’obbligo implica uno sforzo sproporzionato, oppure rischia di pregiudicare gravemente i risultati dello studio – non deve più sottoporre il progetto di ricerca e la relativa valutazione di impatto alla consultazione preventiva, essendo sufficiente rispettare le specifiche garanzie previste dal Garante.

L’Autorità ha infatti stabilito che in tutti questi casi i titolari del trattamento – oltre ad acquisire, come già previsto, il parere favorevole del competente Comitato etico a livello territoriale sul progetto di ricerca – dovranno motivare e documentare le ragioni etiche o organizzative in base alle quali non hanno potuto acquisire il consenso dei pazienti nonché, effettuare e pubblicare la valutazione di impatto, dandone comunicazione al Garante.

Con lo stesso provvedimento l’Autorità, alla luce della riforma normativa e considerato il rilevante impatto delle nuove tecnologie nelle modalità di realizzazione dell’attività di ricerca, ha promosso l’adozione delle nuove regole deontologiche per trattamenti a fini statistici o di ricerca scientifica.

Le faq del Garante

Sullo stesso tema il Garante ha fornito chiarimenti sul trattamento dei dati da parte degli IRCCS, ossia “quegli enti del Servizio sanitario nazionale che, secondo standard di eccellenza, perseguono finalità di ricerca nel campo biomedico e in quello dell’organizzazione e gestione dei servizi sanitari ed effettuano prestazioni di ricovero e cura di alta specialità”, pubblicando apposite faq sul proprio sito.

riforma tributaria

Riforma tributaria: testi unici entro il 31 dicembre 2025 La legge n. 122/2024 proroga al 31 dicembre 2025 il termine per il riordino delle disposizioni che regolano il sistema tributario mediante la redazione di testi unici

Riforma tributaria, proroga adozione dei testi unici

Riforma tributaria: altri 16 mesi di tempo per l’adozione dei testi unici. Slitta infatti dal 29 agosto 2024 al 31 dicembre 2025, il termine per l’adozione dei testi che dovranno riordinare organicamente le disposizioni che regolano il sistema tributario. A prevederlo è la legge n. 122/2024, pubblicata in Gazzetta ufficiale il 23 agosto e in vigore dal 24 agosto 2024.

Una proroga necessaria

Come evidenziato nel Consiglio dei Ministri del 20 giugno 2024, durante il quale è stato approvato il ddl “per la proroga del termine per il riordino organico delle disposizioni che regolano il sistema tributario mediante adozione di testi unici”, “in considerazione dell’avanzata fase di attuazione della riforma fiscale, al fine di poter tenere conto anche delle nuove disposizioni e di assicurare l’organicità e la completezza del quadro normativo dei diversi settori di intervento dei testi unici già in fase di elaborazione, il disegno di legge proroga al 31 dicembre 2025 il termine entro cui possono essere adottati i decreti legislativi per il riordino organico delle disposizioni che regolano il sistema tributario mediante la redazione dei testi unici, ai sensi dell’art. 21, comma 1, della legge n. 111 del 2023, recante la delega al Governo per la riforma fiscale”.
abuso dei permessi sindacali

Abuso dei permessi sindacali: ok al licenziamento La Cassazione ha ricordato che i permessi non possono essere utilizzati al di fuori della previsione normativa e per finalità personali

Abuso dei permessi sindacali

Abuso dei permessi sindacali: la concessione dei permessi sindacali non è soggetta a potere discrezionale e autorizzatorio del datore di lavoro. Nondimeno, gli stessi non possono essere utilizzati al di fuori della previsione normativa e per finalità personali. Lo ha chiarito la sezione lavoro della Cassazione con sentenza n. 20972/2024.

La vicenda

Nella vicenda, la Corte di Appello di Venezia, nell’ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012, confermava la pronuncia di primo grado che aveva respinto l’impugnativa del licenziamento disciplinare proposta da un dipendente nei confronti della società datrice.

La gravità della condotta

La Corte, in sintesi, ha accertato come “sussistenti le condotte rilevanti sul piano disciplinare in relazione alle giornate di assenza per permesso sindacale” ritenendo in merito alla gravità della condotta che “il fatto non è semplicisticamente riconducibile ad alcuni giorni di assenza ingiustificata, di per sé sanzionabili teoricamente con sanzione conservativa ed eventualmente con quella espulsiva. Né e decisivo il dato economico – retribuzione indebita per i vari giorni-. Il fatto contestato riguarda ben altri aspetti implicati dalla vicenda. La condizione soggettiva dell’autore, sindacalista, ossia persona preposta alla tutela di interessi collettivi e per questo beneficiario del permesso retribuito dell’art. 30, il quale utilizza tale beneficio riconosciuto dall’ordinamento per una attività diversa, è valorizzabile ai fini che qui interessano ben al di là della assenza ingiustificata di un qualsiasi lavoratore.

Insindacabilità della concessione del permesso

La insindacabilità della concessione del permesso, obbligatoria per parte datoriale, è elemento valutabile al fine di una prognosi sulla futura ottemperanza/affidabilità del dipendente circa le <regole del gioco>, circa il rispetto delle stesse nel prosieguo del rapporto. Questi elementi, valutativi di interessi generali e delle parti contrattuali rendono ancor più grave la condotta realizzata dall’incolpato, qualificabile sostanzialmente come abuso del diritto (alla stregua di quanto avviene in materia di permessi della L.104/92 – cfr. Cass. 8784/15, 5574 e 9217/16, App Venezia rg. 693/17-)”; ha concluso: “nel caso di specie alla pluralità di giorni si assomma la reiterazione della condotta elemento che è fortemente indicativo della palese indifferenza del lavoratore verso i propri doveri nei confronti del datore di lavoro aggravati dalla strumentalizzazione del ruolo sindacale rivestito”.

La questione approdava in Cassazione.

La decisione

Per gli Ermellini il ricorso non può trovare accoglimento.

In punto di doglianza sulla circostanza che la sanzione espulsiva irrogata difetterebbe di proporzionalità e che l’illecito disciplinare accertato avrebbe dovuto essere punito con sanzione conservativa alla stregua di un’assenza ingiustificata, la Corte in particolare rammenta che “è stato ribadito che il giudizio di proporzionalità della sanzione è devoluto al giudice di merito (da ultimo Cass. n. 8642 del 2024); la valutazione in ordine alla suddetta proporzionalità, implicante inevitabilmente un apprezzamento dei fatti storici che hanno dato origine alla controversia, è ora sindacabile in sede di legittimità soltanto quando la motivazione della sentenza impugnata sul punto manchi del tutto, ovvero sia affetta da vizi giuridici consistenti nell’essere stata essa articolata su espressioni od argomenti tra loro inconciliabili, oppure perplessi ovvero manifestamente ed obiettivamente incomprensibili (in termini v. Cass. n. 14811 del 2020)”.

Concessione e uso dei permessi sindacali

Quanto al secondo aspetto, continuano dal Palazzaccio, “la Corte territoriale si mostra pienamente consapevole che la concessione dei permessi sindacali non è soggetta ad alcun potere discrezionale ed autorizzatorio da parte del datore di lavoro (v. Cass. n. 454 del 2003) e, purtuttavia, essi non possono essere utilizzati al di fuori della previsione normativa e per finalità personali o, comunque, divergenti rispetto a quelle per le quali possono essere richiesti; in particolare, la sussistenza di un diritto potestativo del rappresentante sindacale a fruire dei permessi non esclude la possibilità per il datore di lavoro di verificare, in concreto, eventualmente anche mediante attività investigativa – che non involge direttamente l’adempimento della prestazione lavorativa e non è quindi preclusa dagli artt. 2 e 3 L. n. 300/70 poiché riguarda un comportamento illegittimo posto in essere al di fuori dell’orario di lavoro, disciplinarmente rilevante – che effettivamente i permessi siano stati utilizzati nel rispetto degli artt. 23 e 24 S.d.L. (in termini: Cass. n. 34739 del 2019)”.

Abuso del diritto

Ciò posto, “la qualificazione della condotta del dipendente in termini di abuso del diritto appare coerente con l’accertamento della concreta vicenda come operato dalla Corte veneziana, ‘venendo in rilievo non la mera assenza dal lavoro, ma un comportamento del dipendente connotato da un quid pluris rappresentato dalla utilizzazione del permesso sindacale per finalità diverse da quelle istituzionali; questo esclude la riconducibilità della condotta alle richiamate norme collettive che puniscono con sanzione conservativa la assenza dal lavoro, la mancata presentazione o l’abbandono ingiustificato del posto di lavoro (così Cass. n. 26198 del 2022)”.

Per cui, conclusivamente il ricorso è respinto.

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domiciliari per il marito

Domiciliari per il marito che non rispetta il divieto di avvicinamento La Cassazione conferma la misura degli arresti domiciliari al marito che non rispetta il divieto di avvicinamento anche se la moglie lo segue di propria volontà

Arresti domiciliari

Domiciliari per il marito che non rispetta il divieto di avvicinamento anche se la moglie lo segue di propria volontà perché sono ancora legati sentimentalmente. Così la prima sezione penale della Cassazione nella sentenza n. 25002/2024.

La vicenda

Nella vicenda, il tribunale di Caltanissetta con funzione di riesame rigettava la richiesta dell’imputato avverso l’applicazione della misura degli arresti domiciliari, in relazione al reato di cui all’art. 75, comma 2, D.Lgs. n. 159 del 2011 perché, essendo sottoposto alla misura della Sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno nel Comune per la durata di due anni, con l’ulteriore prescrizione del divieto di avvicinarsi a oltre i duecento metri alla moglie, in ogni luogo in questa si trovi, violava la misura, accompagnandosi alla predetta.

L’indagato ricorre in Cassazione contestando la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza, tenuto conto che la coniuge lo avrebbe avvicinato volontariamente, stante il perdurare del rapporto sentimentale tra i due, con il fine di aiutare perché affetto da patologia oncologica documentata.

La decisione

Per gli Ermellini, il ricorso è inammissibile sotto plurimi aspetti.

Intanto premettono i giudici, “in sede di riesame, non risultano contestati i gravi indizi di colpevolezza ma solo l’inadeguatezza della misura cautelare applicata con l’ordinanza genetica (ove il Tribunale chiarisce che il riesame proposto non specificava i motivi e che, all’udienza camerale, il difensore si era limitato a sottolineare l’inadeguatezza della misura cautelare applicata in considerazione della condotta della moglie). Con il ricorso, invece, se ne contesta la sussistenza”.
Orbene, sottolinea la S.C., “secondo la giurisprudenza di legittimità cui il Collegio aderisce, non è ammissibile prospettare, in sede di ricorso per cassazione avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale con funzione di riesame, questioni non devolute in ordine ai gravi indizi di colpevolezza (Sez. 3, n. 41786 del 26/10/2021, Gabbianelli, Rv. 282460 – 02)”.
In ogni caso, proseguono da piazza Cavour, “la motivazione sulla sussistenza dei gravi indizi dell’ordinanza impugnata non è manifestamente illogica ma, anzi, esauriente e completa”. Il Tribunale, peraltro, esamina la deduzione circa il presunto carattere volontario della condotta della persona offesa, ne registra la presenza nell’occasione accertata nel palazzo di giustizia e in altra precedente occasione quando questa è stata trovata a bordo di un ciclomotore condotto da indagato. “L’ordinanza, con ragionamento non affetto da illogicità manifesta – concludono -, prende in considerazione lo stato di fatto, valuta le dinamiche interne alla coppia, descrivendole come non ancora sufficientemente delineate, alla stregua delle indagini svolte, quanto ai rapporti di forza tra le parti e, soprattutto, evidenzia che lo stesso indagato aveva ammesso di non aver mai rispettato la misura in atto, manifestando espresso e totale disinteresse rispetto all’osservanza degli obblighi impostigli”. Ne consegue l’inammissibilità del ricorso.

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educazione civica a scuola

Educazione civica a scuola: le nuove linee guida Pronte le nuove linee guida del ministero dell'Istruzione e del Merito per l'insegnamento dell'educazione civica in vigore dall'anno scolastico 2024-2025

Educazione civica a scuola

A partire dal prossimo anno scolastico, 2024/2025, entreranno in vigore le Nuove Linee Guida per l’insegnamento dell’Educazione civica.

Il testo sostituirà le Linee guida precedenti, con l’aggiunta di ulteriori contenuti, e ridefinirà traguardi e obiettivi di apprendimento a livello nazionale. Il Ministro dell’Istruzione e del Merito, Giuseppe Valditara, ha inviato nei giorni scorsi il documento al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) per il prescritto parere non vincolante.

Educazione e rispetto

“Coerentemente con il nostro dettato costituzionale, le Nuove Linee Guida promuovono l’educazione al rispetto della persona umana e dei suoi diritti fondamentali”, dichiara Valditara, “valorizzando principi quali la responsabilità individuale e la solidarietà, la consapevolezza di appartenere ad una comunità nazionale, dando valore al lavoro e all’iniziativa privata come strumento di crescita economica per creare benessere e vincere le sacche di povertà, nel rispetto dell’ambiente e della qualità della vita”.

Scuola costituzionale

“Ispirandosi al concetto di ‘scuola costituzionale’, il documento conferisce centralità alla persona dello studente e punta a favorire l’inclusione, a partire dall’attenzione mirata a tutte le forme di disabilità e di marginalità sociale. Le nuove Linee guida”, prosegue Valditara, “vogliono essere uno strumento di supporto e di guida per tutti i docenti ed educatori chiamati ad affrontare, nel quotidiano lavoro di classe, le sfide e le emergenze di una società in costante evoluzione e di cui gli studenti saranno protagonisti. La scuola si conferma pilastro del futuro del nostro Paese”.

Linee guida Educazione civica: le novità

Queste le principali novità introdotte dalle Nuove Linee Guida per l’insegnamento dell’Educazione civica:

    • è sottolineata la centralità della persona umana, soggetto fondamentale della Storia, al cui servizio si pone lo Stato. Da qui nascono la valorizzazione dei talenti di ogni studente e la cultura del rispetto verso ogni essere umano. Da qui i valori costituzionali di solidarietà e libertà e il concetto stesso di democrazia che la nostra Costituzione collega, non casualmente, alla sovranità popolare e che, per essere autentica, presuppone lo Stato di diritto. Da questo deriva anche la funzionalità della società allo sviluppo di ogni individuo (e non viceversa) e il primato dell’essere umano su ogni concezione ideologica;
    • si promuove la formazione alla coscienza di una comune identità italiana come parte della civiltà europea e occidentale e della sua storia. Di conseguenza, viene evidenziato il nesso tra senso civico e sentimento di appartenenza alla comunità nazionale definita Patria, concetto espressamente richiamato e valorizzato dalla Costituzione. Attorno al rafforzamento del senso di appartenenza a una comunità nazionale, che ha nei valori costituzionali il suo riferimento, si intende anche favorire l’integrazione degli studenti stranieri. Allo stesso tempo, la valorizzazione dei territori e la conoscenza delle culture e delle storie locali promuovono una più ampia e autentica consapevolezza della cultura e della storia nazionale. In questo contesto, l’appartenenza all’Unione Europea è coerente con lo spirito originario del trattato fondativo, volto a favorire la collaborazione fra Paesi che hanno valori e interessi generali comuni;
    • insieme ai diritti, vengono sottolineati anche i doveri verso la collettività, che l’articolo 2 della Costituzione definisce come “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”. L’importanza di sviluppare anche una cultura dei doveri rende necessario insegnare il rispetto per le regole che sono alla base di una società ordinata, al fine di favorire la convivenza civile, per far prevalere il diritto e non l’arbitrio. Da qui l’importanza fondamentale della responsabilità individuale che non può essere sostituita dalla responsabilità sociale;
    • promozione della cultura d’impresa che, oltre a essere espressione di un sentimento di autodeterminazione, è sempre più richiesta per affrontare le sfide e le trasformazioni sociali attuali. Parallelamente, si valorizzano per la prima volta l’iniziativa economica privata e la proprietà privata che, come ben definisce la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, è un elemento essenziale della libertà individuale;
    • educazione al contrasto di tutte le mafie e di tutte le forme di criminalità e illegalità. In particolare, il contrasto della criminalità contro la persona, contro i beni pubblici e privati, attraverso l’apprendimento, sin dai primissimi gradi di scuola, di comportamenti individuali che possano contrastare tali fenomeni;
    • è evidenziata l’importanza della crescita economica, nel rispetto dell’ambiente e della qualità della vita dei cittadini;
    • educazione al rispetto per tutti i beni pubblici, a partire dalle strutture scolastiche, al decoro urbano e alla tutela del ricchissimo patrimonio culturale, artistico, monumentale dell’Italia;
    • promozione della salute e di corretti stili di vita, a cominciare dall’alimentazione, dall’attività sportiva e dal benessere psicofisico della persona. In tale contesto, particolare attenzione è rivolta al contrasto delle dipendenze derivanti da droghe, fumo, alcool, doping, uso patologico del web, gaming e gioco d’azzardo;
    • educazione stradale, per abituare i giovani al rispetto delle regole del codice della strada che si traduce in rispetto della propria e altrui vita;
    • si rafforza e si promuove la cultura del rispetto verso la donna;
    • promozione dell’educazione finanziaria e assicurativa, dell’educazione al risparmio e alla pianificazione previdenziale, anche come momento per valorizzare e tutelare il patrimonio privato;
    • valorizzazione della cultura del lavoro come concetto fondamentale della nostra società da insegnare già a scuola fin dal primo ciclo di istruzione;
    • educazione all’uso etico del digitale, per valutare con attenzione ciò che di sé si ‘consegna’ alla rete;
    • educazione all’uso responsabile dei dispositivi elettronici, nella consapevolezza che l’uso corretto delle tecnologie è quello che potenzia l’esercizio delle competenze individuali, non quello che lo sostituisce;
    • si conferma il divieto di utilizzo, anche a fini didattici, dello smartphone dalla Scuola dell’infanzia fino alla Scuola secondaria di primo grado.

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contaci app inps giovani

Contaci: l’app Inps per i giovani L'INPS lancia il Progetto Giovani per avvicinare la platea della fascia d'età 18-34 anni al mondo della previdenza. Tante le iniziative, tra cui l'app Contaci

Educazione previdenziale, l’app Inps per i giovani

Si chiama Contaci, l’app Inps per i Giovani. Un’applicazione che si inserisce nel più ampio “Progetto Giovani” dell’istituto che prenderà il via ad ottobre. L’iniziativa dell’Inps è tesa ad avvicinare la platea dei giovani nella fascia d’età 18-34 anni al mondo della previdenza.
Il progetto è stato presentato al Meeting di Rimini, uno dei più significativi appuntamenti del calendario politico-istituzionale del Paese, al quale l’istituto di previdenza ha partecipato, con la presenza del presidente Gabriele Fava, dal 20 al 25 agosto 2024.

Obiettivo del progetto Giovani

L’obiettivo dell’Inps, si legge nella nota istituzionale, è quello di “promuovere la cultura previdenziale tra i giovani” e a tal fine sono diverse le iniziative messe in campo nel 2024-2025 sull’educazione previdenziale. Tra queste, appunto, “l’App CONTACI, uno strumento pensato appositamente per avvicinare le giovani generazioni al mondo della previdenza”.

“Uno degli obiettivi fondamentali della presenza di INPS al Meeting – prosegue la nota – è proprio quello di aumentare la consapevolezza in materia previdenziale, facendo conoscere meglio norme e strumenti a disposizione dei più giovani. L’App CONTACI servirà proprio per far comprendere a questi ultimi il funzionamento del nostro sistema pensionistico: si tratta di uno strumento immaginato in particolare per la fascia di età 18-34, per chi si trova nel regime contributivo e si è affacciato da poco al mondo del lavoro”.

validi gli accordi via mail

Validi gli accordi via mail tra genitori separati Per la Cassazione sono validi gli accordi sulla ripartizione delle spese familiari raggiunti via mail tra genitori separati

Sono validi gli accordi via mail raggiunti tra i coniugi sulla ripartizione delle spese familiari. Questo quanto si ricava dall’ordinanza n. 13366/2024 della prima sezione civile della Cassazione.

I fatti

Il giudice di pace di Roma rigettava la domanda proposta dall’ex marito nei confronti della moglie per il pagamento di oltre 2.500 euro a titolo di rimborso della quota delle spese sostenute nell’interesse della famiglia, sul presupposto che dovesse essere riconosciuta piena validità giuridica all’accordo di ripartizione di esse concluso tra i coniugi, anche anteriormente alla separazione.
Al riguardo, il giudice riteneva che le spese di cui ciascun coniuge si era fatto carico nel periodo di convivenza coniugale rientrassero tra quelle effettuate per i bisogni della famiglia.

Anche il tribunale rigettava l’appello osservando che le spese in questione – relative alla gestione della casa familiare di sua esclusiva proprietà, nella quale aveva abitato fino alla separazione – erano state sostenute prima della separazione tra i coniugi, nell’ambito della convivenza coniugale per i bisogni della famiglia, ex art. 143 c.c., per cui esse non erano ripartibili pro-quota, anche considerando che si trattava di obbligazione assimilabile a quella naturale; a tal fine erano irrilevanti gli accordi tra coniugi in sede di separazione.

Il ricorso

L’uomo adiva quindi il Palazzaccio, denunciando violazione degli artt. 143, 1218, 1322, 1372, 1375, 2034 c.c., per aver il Tribunale ritenuto che lo scambio di e-mail tra le parti fosse funzionale a realizzare l’accordo diretto all’organizzazione delle spese quotidiane, non qualificandolo invece quale accordo vincolante sulla suddivisione delle spese, come sarebbe stato desumibile dal tenore delle dichiarazioni adottate dalle parti (la moglie era gravata dal 40% di tali spese, ma aveva ricevuto la disponibilità della casa coniugale e dell’automobile di famiglia, entrambe di proprietà del marito).
Il ricorrente assume che tale accordo tra coniugi era del tutto legittimo e vincolante, in conformità della giurisprudenza di legittimità.

Vincolante l’accordo raggiunto dai coniugi via mail

La Cassazione gli dà ragione. “In caso di separazione consensuale o divorzio congiunto (o su conclusioni conformi) – affermano preliminarmente i giudici – la sentenza incide sul vincolo matrimoniale ma, sull’accordo tra i coniugi, realizza – in funzione di tutela dei diritti indisponibili del soggetto più debole e dei figli – un controllo solo esterno attesa la natura negoziale dello stesso, da affermarsi in ragione dell’ormai avvenuto superamento della concezione che ritiene la preminenza di un interesse, superiore e trascendente, della famiglia rispetto alla somma di quelli, coordinati e collegati, dei singoli componenti. Ne consegue che i coniugi possono concordare, con il limite del rispetto dei diritti indisponibili, non solo gli aspetti patrimoniali, ma anche quelli personali della vita familiare, quali, in particolare, l’affidamento dei figli e le modalità di visita dei genitori (Cass., n. 18066/14)”.
Nella specie, dunque, ritengono da piazza Cavour, “il Tribunale ha errato nel ritenere che l’accordo raggiunto tra i coniugi, finalizzato alla suddivisione delle spese familiari, non fosse vincolante, e che il pagamento integrale, da parte del marito, delle stesse, in quanto effettuate per i bisogni della famiglia ed espressione della solidarietà familiare, in adempimento dell’obbligo di contribuzione di cui all’art. 143 c.p.c., non fosse ripetibile”.
Al riguardo, il Tribunale ha escluso che lo scambio di e-mail tra i coniugi potesse configurare un valido accordo negoziale relativo alla separazione, poiché mera organizzazione delle spese quotidiane familiari.
Tale interpretazione, per la S.C., tuttavia, contrasta con le risultanze documentali che evidenziano l’esistenza dell’accordo tra i coniugi, raggiunto con le e-mail esaminate dai giudici di merito, e riguardante inequivocabilmente la ripartizione delle spese tra i detti coniugi. Al riguardo, infatti, è vero che “durante il matrimonio ciascun coniuge è tenuto a contribuire alle esigenze della famiglia in misura proporzionale alle proprie sostanze, secondo quanto previsto dagli artt. 143 e 316-bis, primo comma, c.c., e che a seguito della separazione non sussiste li diritto al rimborso di un coniuge nei
confronti dell’altro per le spese sostenute in modo indifferenziato per i bisogni della famiglia durante il matrimonio (v., in tal senso, Cass., n. 10927/18). Ciò costituisce senza dubbio un principio generale in tema di doveri patrimoniali dei coniugi nella conduzione della vita familiare. Tuttavia, il menzionato principio è suscettibile di deroga tramite un
accordo negoziale tra le stesse parti (che può meglio rispecchiare le singole capacità economiche di ciascun coniuge o modulare forme di generosità spontanea tra i coniugi) che è comunque finalizzato al soddisfacimento delle primarie esigenze familiari e dei figli, nel rispetto dei doveri solidaristici che trovano la loro fonte nel rapporto matrimoniale”.

La decisione

Da qui l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata.

Parola al giudice del rinvio.

 

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