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Testamento: no all’interpretazione troppo “tecnica” No a un’interpretazione troppo tecnica del testamento, occorre valutare cultura, mentalità e ambiente di vita del de cuius

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Disputa tra eredi e interpretazione del testamento

Testamento, no a un’interpretazione troppo “tecnica”, quando si deve individuare la volontà espressa dalla de cuius. Si deve andare oltre il dato letterale se si vogliono rispettare i veri desideri della testatrice. A tal fine è necessario tenere conto anche della sua cultura, della sua mentalità e dell’ambiente in cui è vissuta. Lo ha chiarito la Cassazione nella sentenza n. 26951/2024.

Riparto delle quote tra eredi come da supplemento della CTU

Gli eredi testamentari di una donna agiscono in giudizio affinché il giudice dichiari la validità di tre schede testamentarie redatte dalla de cuius. Gli stessi chiedono anche l’accertamento, la dichiarazione di apertura della successione e lo scioglimento della comunione ereditaria per procedere alla formazione del progetto divisionale e all’attribuzione a ciascuno della quota spettante.

Gli attori nell’agire in giudizio contestano all’esecutore di aver svincolato dei buoni fruttiferi per pagare il premio unico di una assicurazione. Gli stessi criticano poi la condotta del nipote, unico erede testamentario. Costui infatti avrebbe annullato una polizza, per mettere a sua disposizione la liquidazione e stipularne una nuova intestata a se stesso. Detta somma però, per gli attori, doveva essere restituita alla massa ereditaria e distribuita tra gli eredi.

Il giudice di primo grado stabilisce che il riparto dell’eredità debba avvenire nel rispetto delle quote indicate nel supplemento della CTU. La decisione viene appellata, ma la Corte respinge l’appello. Si giunge così in sede di Cassazione.

Errata l’interpretazione troppo tecnica del giudice di primo grado

Il ricorrente solleva 5 motivi di doglianza, lamentando in sostanza l’errata interpretazione delle disposizioni testamentarie e la conseguente errata attribuzione delle quote della de cuius.

La Cassazione, tra tutti i motivi sollevati, accoglie solo il secondo perché fondato. Dichiara invece infondati il quarto e il quinto, inammissibili il primo e il terzo.

Per verificare però la fondatezza del secondo motivo gli Ermellini fanno riferimento alla quarta censura in appello. In questa censura l’appellante ha contestato al giudice di primo grado l’errata applicazione delle norme sull’interpretazione del testamento.

Occorre andare oltre il significato delle parole

Per l’appellante, nel rispetto della volontà della testatrice, il giudice avrebbe dovuto andareoltre il significato letterale delle espressioni adoperate (logicamente non avrebbe senso pensare che il de cuius sia sempre un tecnico del diritto da cui si possa pretendere l’uso, con cognizione di causa, del linguaggio giuridico)” e di valorizzare, riconoscendo all’interprete ampia libertà d’indagine, una valutazione globale della volontà del de cuius, tenendo conto di elementi di carattere sia testuale che extratestuale“, come /a cultura, la mentalità e l’ambiente di vita del testatore medesimo.

Tenendo conto di questi elementi l’appellante ha fornito in effetti una diversa lettura delle schede testamentarie. D’altro canto il giudice  ha ignorato il rapporto particolare, anche di natura lavorativa, che legava l’appellante alla de cuius, così come la cultura modesta della donna, tutti elementi che avrebbero dovuto condurre a una lettura non troppo tecnica delle espressioni usate.

 

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