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Danno parentale: il vincolo di sangue non è imprescindibile Danno parentale: per il riconoscimento non rileva il legame di sangue ma la dedizione e l'assistenza morale e materiale

danno parentale

Danno parentale al padre vicario

Per il riconoscimento del danno parentale previsto per la perdita del congiunto il legame di sangue non è un elemento imprescindibile di valutazione. Lo ha affermato la Corte di Cassazione nell’ordinanza. n. 5984/2025, riconoscendo il danno parentale da perdita al compagno di una madre che ha perso la figlia di 4 anni in un incidente stradale. L’uomo merita di essere risarcito perché ha svolto il ruolo di padre vicario nei confronti della bambina, provvedendo a tutte le sue necessità nella sua breve vita.

Danno parentale da perdita del congiunto al compagno

Una donna e il compagno fanno causa ai responsabili della morte della figlia della sola donna conseguente a un sinistro stradale. Nella domanda chiedono la condanna in solido di tutti i responsabili al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali patiti.

In giudizio uno dei convenuti rende noto l’avvenuto pagamento in favore della madre della somma di 270.000,00 euro. La CTU medico legale riconosce però alla madre il massimo risarcimento previsto dalle tabelle di Roma per il danno parentale. Il Giudice di primo grado rigetta la richiesta risarcitoria avanzata dal compagno della donna finalizzata a ottenere il risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale. La Corte d’Appello tuttavia ribalta la decisione e dispone in suo favore il risarcimento. L’uomo ha svolto infatti il ruolo di padre sostituto del padre biologico, eclissatosi completamente dalla vita, seppur breve, della figlia. La sentenza viene impugnata in Cassazione e nel terzo motivo si contesta “la liquidazione del danno da perdita del rapporto parentale disposta in favore del compagno della madre, per la morte della figlia di quest’ultima, in assenza di convivenza e della prova della effettiva assunzione, da parte dell’istante, del “ruolo morale e materiale di genitore”.

Cassazione: rilevano dedizione e assistenza

Per la Cassazione però il motivo è inammissibile perché si basa su una critica all’idoneità e alla sufficienza delle prove acquisite, cercando una rivalutazione del materiale probatorio. Compito questo che non spetta al giudice di legittimità. L’obiettivo del motivo consiste nell’ottenere una nuova valutazione delle prove. La Corte d’Appello ha fornito una motivazione ragionevole e coerente dal punto di vista giuridico. La stessa ha infatti accertato, sulla base delle prove raccolte, che il ricorrente aveva assunto un ruolo di “padre vicario” nei confronti della vittima, una bambina deceduta in un incidente. Il padre biologico era assente dalla vita della bambina, e il ricorrente ha fornito dedizione e assistenza morale e materiale per oltre tre anni, su un totale di quattro anni di vita della minore. Il ricorrente pertanto ha subito, senza alcun dubbio, un danno da perdita del rapporto parentale.

La decisione della Corte si basa sul principio giurisprudenziale secondo cui la convivenza non è sufficiente a dimostrare il danno parentale. È necessario provare piuttosto la dedizione e l’assistenza morale e materiale fornite, come nel caso in esame. Il vincolo di sangue quindi non è essenziale per il riconoscimento del danno parentale; ciò che conta è l’esistenza di una relazione affettiva stabile e duratura, indipendentemente dalla consanguineità.

 

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