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Peculato d’uso: configurabilità Può considerarsi integrata la fattispecie di peculato in caso di utilizzo, da parte del pubblico funzionario, di un bene del quale abbia la disponibilità per ragione del suo ruolo, qualora ciò avvenga per un interesse privato ma senza che venga distolta dalla sua destinazione istituzionale?

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Quesito con risposta a cura di Mariarosaria Cristofaro e Serena Ramirez

 

Il delitto di peculato non sussiste quando l’uso concomitante della cosa per finalità private ed istituzionali non determini un apprezzabile pregiudizio economico o funzionale per l’amministrazione (Cass., sez. VI, 28 ottobre 2024, n. 39546).

La Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi in merito alla corretta configurabilità del delitto di cui all’art. 314, comma 2, c.p.

Il ricorrente, assolto in primo grado per insussistenza dei reati ascrittogli e condannato in secondo grado, denuncia l’assenza di motivazione rafforzata in punto di elemento oggettivo e soggettivo del reato, nonché il vizio di motivazione in punto di offensività delle condotte.

Secondo quanto prospettato dalla difesa, in primis le automobili utilizzate non erano mai state distolte dalla loro destinazione istituzionale e, quindi, sottratte alla sfera di dominio dell’ente pubblico a cui, peraltro, non è stato arrecato alcun pregiudizio, né un danno economico. In secondo luogo, quanto alla natura dolosa della condotta, non è riscontrabile alcuna volontà di appropriarsi di un bene dell’Amministrazione, sicché si tratterebbe di un mero errore sul fatto costituente reato e non di errore su legge extra penale che, in quanto tale, è inescusabile.

I giudici della Sesta Sezione, nell’accogliere il ricorso, hanno ribadito i principi dettati dalla Sezioni Unite in tema di peculato. L’art. 314, c.p. tutela tanto il patrimonio della P.A., quanto l’interesse alla legalità, imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, per cui il reato è configurabile tutte le volte in cui tale interesse sia leso pur in assenza di un danno patrimoniale (Cass. 25 giugno 2019, n. 38691 e Cass. 20 dicembre 2012, n. 19054). Il disvalore del peculato deve essere ravvisato nell’abuso del possesso della cosa. Precisamente, la fattispecie in esame si ritiene sussistente quando il pubblico funzionario sfrutti la disponibilità della cosa e la distolga dal suo scopo istituzionale e questo può accadere anche in assenza di un pregiudizio economico per l’ente pubblico.

Chiarita la ratio della norma incriminatrice, i giudici di legittimità hanno escluso che l’uso concomitante della cosa per finalità private ed istituzionali costituisca peculato, almeno nella misura in cui non determini un apprezzabile pregiudizio economico o funzionale per l’amministrazione.

Alla luce di questi principi, la Corte ha assolto l’imputato del reato contestatogli.

 

(*Contributo in tema di “Peculato d’uso”, a cura di Mariarosaria Cristofaro e Serena Ramirez, estratto da Obiettivo Magistrato n. 80 / Dicembre 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)