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Auto ferma: va sempre assicurata Auto ferma: il decreto n. 184/2023 prevede l'obbligo assicurativo anche per le auto non circolanti all'interno di aree private

Auto ferma e obbligo di assicurazione

L’auto ferma deve essere comunque assicurata. Non rilevano ai fini dell’obbligo assicurativo le caratteristiche del veicolo, il terreno sul quale viene utilizzato o il fatto che sia in movimento o fermo.

A stabilirlo è il nuovo comma 1 bis dell’art. 122 del Codice delle Assicurazioni private, come modificato dal decreto legislativo n. 184 del 22 novembre 2023. Esso completa la formulazione del nuovo comma 1 dell’art. 122, che così dispone: “Sono  soggetti  all’obbligo  di  assicurazione  per  la responsabilità civile verso i terzi prevista dall’articolo 2054  del codice civile i veicoli di cui all’articolo 1, comma 1, lettera rrr), qualora utilizzati conformemente alla funzione del veicolo in  quanto mezzo di trasporto al momento dellincidente.”

Questo obbligo, in base al nuovo comma 1 ter si applica anche ai “veicoli utilizzati esclusivamente in zone  il cui accesso è soggetto a restrizioni. Resta valida, ai fini dell’adempimento dell’obbligo di cui al comma 1, la stipula, da parte di soggetti pubblici o  privati, di polizze che coprono il rischio di una pluralità di veicoli secondo la prassi contrattuale in uso, quando utilizzati per le attività proprie di tali  soggetti, sempre che i veicoli siano analiticamente individuati nelle polizze.”

Recepimento direttiva 2021/2018

Il decreto apparso in GU nel novembre 2023 ha recepito la Direttiva UE 2021/2018 del Parlamento e del Consiglio Europeo e che reca modifiche alla Direttiva 2009/103/CE sull’assicurazione della responsabilità civile risultante dalla circolazione degli autoveicoli e sul controllo dell’obbligo di questa responsabilità.

Obbligo assicurativo: casi di esonero

Il nuovo articolo 122 del Codice delle Assicurazioni stabilisce in quali casi e per quali veicoli non è obbligatorio assicurare il veicolo.

Le deroghe si riferiscono in particolare:

  • ai veicoli formalmente ritirati dalla circolazione;
  • ai veicoli che non possono essere utilizzati in virtù di un divieto permanente o temporaneo perché lo ha stabilito una misura adottata dall’autorità competente nel rispetto della normativa in vigore;
  • ai veicoli che non sono idonei all’uso come mezzo di trasporto;
  • ai veicoli il cui utilizzo è stato sospeso su richiesta dei soggetti indicati dal comma 3 dell’ 122 del Codice delle Assicurazioni (proprietario, usufruttuario, acquirente con patto di riservato dominio e locatario in caso di locazione finanziaria).

Auto ferma: sanzioni per chi non la assicura

A coloro che trasgrediscono il suddetto obbligo assicurativo anche in caso di veicolo fermo   si applicano le seguenti sanzioni:

  • 866,00 euro, importo che beneficio di uno sconto se si paga entro il termine di 5 giorni dalla notifica;
  • da un minimo di 866,00 a 3.464,00 euro se il mezzo è una macchina agricola. 

Obbligo assicurativo veicoli fermi: da quando è in vigore

In base all’art. 4 del decreto legislativo n. 184/2023 le disposizioni in esso contenute sono in vigore dal 23 dicembre 2023. Il decreto Milleproroghe n. 215 del 30 dicembre 2023 ha stabilito una proroga per quanto riguarda l’obbligo assicurativo che riguarda le sole macchine agricole. Per loro infatti l’assicurazione è obbligatoria anche se sono ferme e stazionano in un’area privata dal 1° luglio 2024.

Problemi applicativi

Le novità introdotte dal decreto e previste per tutelare le vittime di incidenti stradali, non hanno vita facile a causa di alcuni problemi applicativi.

Prima di tutto le compagnia assicurative non  offrono polizze per assicurare veicoli fermi, m che non circolano o che vengono utilizzati all’interno di certe auto private. Alcune macchine agricole infatti, destinate ad attività specifiche all’interno di aree circoscritte e non circolanti, non hanno neppure l’obbligo della targa per cui non possono essere assicurate. Sarebbe necessaria una maggiore precisione dei termini impiegati nella normativa per un’applicazione più chiara delle regole.

 

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riforma processo civile

Riforma processo civile: arriva un nuovo correttivo Il Consiglio dei Ministri ha approvato in secondo esame preliminare un decreto contenente disposizioni integrative e correttive alla riforma Cartabia

Riforma processo civile

Riforma processo civile: è in arrivo un nuovo correttivo. Il Governo, infatti (come da comunicato del 27 settembre 2024) ha approvato, in secondo esame preliminare, un decreto recante disposizioni integrative e correttive al D.Lgs. n. 149/2022 (attuativo della cosiddetta riforma Cartabia).

Il testo, in particolare, approvato dal Cdm, su proposta del ministro della giustizia Carlo Nordio, apporta modifiche al Codice civile, al Codice di procedura civile, alle relative disposizioni di attuazione e ad alcune leggi speciali, “in modo da chiarire – spiega l’esecutivo – la lettura di alcune norme e rendere più fluidi alcuni snodi processuali, in particolare relativamente alle norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie. Inoltre, attua l’integrale digitalizzazione del processo civile, con conseguente eliminazione di tutti gli adempimenti ‘manuali’ a carico delle parti”.

I correttivi attesi

In base a quanto si apprende, le modifiche dovrebbero riguardare tra l’altro, i termini in caso di revocaziione di sentenza per conflitto con una decisione Cedu, la notifica delle impugnazioni, la domanda introduttiva del giudizio che dovrà contenere un avvertimento specifico a pena di decadenze, la difesa tecnica resa obbligatoria per tutti i giudizi innanzi al tribunale, ecc.

La nuova formulazione del testo, fa presente il Cdm, “tiene conto delle osservazioni formulate dalle competenti Commissioni parlamentari. In considerazione del mancato accoglimento di alcune di esse, come previsto dalla legge delega, il testo sarà nuovamente trasmesso alle Camere corredato dai necessari elementi integrativi di informazione e motivazione”.

resistenza a pubblico ufficiale

Resistenza a pubblico ufficiale: solo con violenza o minaccia reali La Cassazione chiarisce che, ai fini della configurabilità del reato di resistenza a pubblico ufficiale, in ossequio al principio di offensività, la violenza o la minaccia devono essere reali

Reato di resistenza a pubblico ufficiale

Resistenza a pubblico ufficiale, ai fini della configurabilità del reato la violenza o la minaccia devono essere reali e idonee a coartare o ostacolare l’agire del pu. Questo, in estrema sintesi quando affermato dalla sesta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 18583/2024.

La vicenda

Nella vicenda, il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Campobasso ricorre per Cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso che ha assolto una donna dal reato di cui all’art. 37 cod. pen perché il fatto non sussiste. Il pg deduce l’erronea interpretazione della norma penale avendo li tribunale ritenuto necessario, ai fini della configurabilità del reato, che la condotta penale produca come risultato quello di opporsi concretamente ed efficacemente all’atto che il pubblico ufficiale sta compiendo. Aggiunge, inoltre, che il Tribunale ha considerato la condotta dell’imputata con riferimento al rifiuto di seguire i pubblici ufficiali, mentre la contestazione riguardava le minacce rivolte dalla donna agli operanti. Rileva, infine, l’irrilevanza dello stato di agitazione sulla imputabilità della donna.

La decisione

Per gli Ermellini, però, il ricorso è inammissibile in quanto deduce un motivo versato in fatto e privo di un confronto critico con la sentenza impugnata, che, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, ha assolto l’imputata, reputando l’inidoneità delle espressioni dalla stessa pronunciate ad impedire o ostacolare il compimento dell’atto d’ufficio e l’insussistenza dell’elemento psicologico.

Conclusioni che secondo il collegio si fondano “su una interpretazione della norma incriminatrice coerente con il principio di offensività, dovendosi, al riguardo, ribadire che, ai fini della configurabilità del reato di resistenza a pubblico ufficiale, pur essendo sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto dell’ufficio o del servizio, indipendentemente dall’esito, positivo o negativo, di tale azione e dall’effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento degli atti indicati (così, da ultimo, Sez. 6, n. 5459 del 08/01/2020), è, tuttavia, necessario che la violenza o la minaccia siano reali e connotino in termini di effettività causale la loro idoneità a coartare o ad ostacolare l’agire del pubblico ufficiale, in ragione del dolo specifico che deve sorreggere il comportamento del soggetto agente (Sez. 6, n. 45868 del 15/05/2012)”.
Parimenti corretta, conclude la S.C., dichiarando inammissibile il ricorso, è “la valutazione relativa alla insussistenza dell’elemento psicologico del reato, in considerazione della diversa finalità sottesa alla condotta tenuta dell’imputato”.

licenziamento nullo

Licenziamento nullo: il fax va bene per comunicare la malattia Licenziamento nullo se il lavoratore comunica al datore a condizione di malattia a mezzo fax, nel rispetto del regolamento aziendale

Licenziamento nullo e certificato di malattia via fax

Licenziamento nullo per il lavoratore che si reca all’estero per le vacanze, si ammala e comunica la malattia a mezzo fax se il regolamento aziendale consente questa forma di comunicazione. Questa in sintesi la precisazione contenuta nell’ordinanza n. 25661/2024 della Corte di Cassazione.

Licenziato per assenza ingiustificata dal lavoro

Il dipendente di una società viene licenziato per essersi assentato dal lavoro per 9 giorni consecutivi. Il lavoratore impugna il licenziamento dichiarando di essersi recato in Romania per le ferie e di essere caduto in malattia. Il tutto come documentato dal certificato medico inviato a mezzo fax all’azienda datrice. Il Tribunale accoglie l’impugnazione e dispone che l’azienda reintegri il lavoratore nel suo posto.

La società appella la decisione, ma la Corte conferma l’illegittimità del licenziamento, la tutela reintegratoria e ridetermina l’indennità risarcitoria in 12 mensilità. La Corte d’appello motiva la sua decisione, precisando che dal contratto collettivo e dal regolamento aziendale non emerge il divieto di utilizzare una forma diversa dalla raccomandata. Per comunicare la malattia la previsione della sola raccomandata non esclude altre modalità di comunicazione, come il fax che il lavoratore ha utilizzato nel caso di specie. Il lavoratore ha solo l’onere di verificare il buon esito della trasmissione fax e a questo proposito il rapporto che dimostra l’avvenuta ricezione è soddisfacente.

Licenziamento nullo: fax sufficiente per comunicare la malattia

La società impugna anche questa sentenza di fronte alla Corte di Cassazione.

Con il primo motivo contesta la decisione perché la Corte d’Appello dapprima sostiene che la condotta del lavoratore non è stata rispettosa delle regole basilari della sollecita diligenza, poi però ha escluso la  giusta causa del licenziamento.

In realtà, affermano gli Ermellini, la Corte d’appello ha ritenuto sufficiente la comunicazione del certificato a mezzo fax perché prevista dal regolamento aziendale. Essa ha ritenuto idonea la prova della ricezione del fax dal rapporto di trasmissione prodotto dal lavoratore. Il tutto confermato dall’invio di analogo fax all’INPS e a questo pervenuto regolarmente.

Fax: mezzo idoneo previsto dal regolamento aziendale

Nel secondo motivo contesta alla Corte d’Appello di aver affermato che il fax costituisca un mezzo idoneo per comunicare la malattia del lavoratore.

Per la Cassazione questo motivo è del tutto infondato. “La Corte d’Appello ha evidenziato che il fax era una modalità espressamente prevista dal regolamento aziendale, di cui ha riportato un ampio stralcio, ed ha affermato che la norma di legge non esclude modalità equivalenti secondo forme d’uso, che ben possono essere previste appunto da un regolamento aziendale.”

La Cassazione evidenzia che questa parte della decisione  non è stata contestata dalla società ricorrente ed è idonea a motivare la decisione. La ricorrente infatti non ha mai messo in discussione lo stralcio del regolamento riprodotto nella sentenza e virgolettato. La Corte d’Appello quindi ha accertato in modo corretto con quali modalità, nel caso di specie, il lavoratore poteva comunicare la sua condizione di malattia. Infondati anche gli altri tre motivi.

Correttezza e buona fede anche nel rapporto di lavoro

La Cassazione precisa infine che anche nell’ambito dell controversie che scaturiscono dal rapporto di lavoro “il contesto delle circostanze deve essere interpretato alla luce dei principi di buona fede e correttezza.” Nello specifico “… il lavoratore può provare la giustificatezza dell’assenza, ai sensi dell’art. 2119 c.c., anche successivamente alla malattia, ove sia stato nell’impossibilità incolpevole di effettuare la prescritta comunicazione, ad esempio per gravissima malattia che abbia impedito al medesimo, o ai familiari, per la gravità della situazione clinica e psicologica del momento, di effettuare le prescritte comunicazioni al datore di lavoro. Tali regole trovano applicazione, secondo le circostanze del caso, in base al principio di correttezza e buona fede, anche nella ipotesi di malattia contratta allestero.”

 

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rottamazione quater

Rottamazione quater: pagamento della sesta rata L'Agenzia delle Entrate-Riscossione, archiviato il pagamento della quinta rata, pubblica le indicazioni sulle prossime scadenze della definizione agevolata

Rottamazione quater: passata da pochi giorni la scadenza del 23 settembre 2024, entro la quale i contribuenti hanno dovuto versare la quinta rata (prorogata dal D.Lgs. n. 108/2024), l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha pubblicato un avviso sul proprio sito ricordando le prossime scadenze della definizione agevolata.  

Pagamento sesta rata entro il 9 dicembre

Per mantenere i benefici della definizione agevolata (“Rottamazione-quater” introdotta dalla Legge n. 197/2022), ricorda preliminarmente l’ADER, è necessario effettuare il versamento della sesta rata, entro il 30 novembre 2024.
Tuttavia, in considerazione dei 5 giorni di tolleranza concessi dalla legge, e dei differimenti previsti nel caso di termini coincidenti con giorni festivi, saranno considerati tempestivi i pagamenti effettuati entro lunedì 9 dicembre 2024.

Le rate successive andranno saldate secondo le scadenze del proprio piano contenuto nella Comunicazione delle somme dovute.

Cosa succede in caso di mancato pagamento

In caso di mancato pagamento o di pagamento effettuato oltre il termine ultimo o per importi parziali, specifica l’Agenzia, “si perderanno i benefici della misura agevolativa e i versamenti effettuati saranno considerati a titolo di acconto sulle somme dovute”.

Una copia della Comunicazione delle somme dovute, con il riepilogo del piano e i moduli per il pagamento, è sempre disponibile nell’area riservata.
Inoltre, può essere richiesta, senza necessità di credenziali, compilando il form dedicato in area pubblica e allegando la documentazione di riconoscimento.

Per chi intende pagare in forma agevolata soltanto alcune delle cartelle/avvisi contenuti nella Comunicazione delle somme dovute, rammenta, infine, l’Ader, può usare il servizio “ContiTu”.

correttivo crisi di impresa

Correttivo crisi d’impresa: in vigore Il Codice della crisi di impresa subisce ulteriori modifiche da parte del terzo correttivo pubblicato in Gazzetta Ufficiale e in vigore dal 28 settembre 2024

Correttivo Codice della crisi

Mercoledì 4 settembre 2024 il Consiglio dei Ministri ha approvato in via definitiva il correttivo della crisi d’impresa, che aveva approvato in via preliminare nella seduta del 10 giugno u.s., su proposta del Ministro della Giustizia. Il decreto legislativo contiene le disposizioni integrative e correttive al Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo 12 gennaio 2019 n. 14.

Il D.Lgs. n. 136/2024 recante “”Disposizioni integrative e correttive al codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al decreto legislativo del 12 gennaio 2019, n. 14” (c.d. “Decreto correttivo-ter”) è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 227/2024 per entrare in vigore a partire dal 28 settembre 2024.

Di cosa si occupa il correttivo al Codice della crisi

Il decreto legislativo in esame introduce il terzo correttivo al Codice e si prefigge l’obiettivo di correggere alcuni difetti di coordinamento normativo venuti in rilievo dopo i precedenti correttivi, di porre rimedio ad alcuni errori materiali, di aggiornare la normativa di riferimento, nonché di fornire chiarimenti di natura interpretativa.

Le novità più importanti

Poche ma rilevanti le modifiche apportate durante il controllo del testo da parte del Consiglio di Stato e delle Commissioni parlamentari.

Diverse le novità che interessano la composizione negoziata della crisi:

  • Alla procedura possono accedere anche l’imprenditore agricolo e commerciale che si trovino in stato di insolvenza.
  • Un chiarimento importante riguarda il trasferimento dell’azienda o di rami della stessa. In questi casi, nell’ottica di perseguire il risanamento, è necessario preservare, ovviamente per quanto possibile, i posti di lavoro dei dipendenti.
  • Le misure protettive del patrimonio possono essere richieste in relazione a certi creditori o certe categorie di creditori.
  • Il compenso dell’esperto viene aumentato del 100% se dopo la relazione finale, grazie al suo intervento, si concludono accordi, contratto o convenzione.

In relazione al concordato semplificato il testo prevede invece la possibilità di accesso anche con riserva di deposito, sia della proposta che del piano.

Si prevede altresì l’applicazione delle disposizioni che regolano la crisi o l’insolvenza di gruppo ai PRO di gruppo.

Le altre modifiche interessano il procedimento di accertamento dello stato passivo (art. 270) il procedimento di esdebitazione (art. 281) e l’aggiornamento dei professionisti (art. 356).

Transazione fiscale e contributiva

Il correttivo conserva l’innalzamento delle soglie per il cram down fiscale, che consiste nello stralcio forzoso dei debiti anche se gli enti pubblici non aderiscono. Cambiano però le percentuali di soddisfazione dei crediti tributari e fiscali per procedere al cram down, procedura che viene esclusa totalmente nei casi in cui il debito tributario rappresenta almeno l’80% dell’intero debito dell’impresa.

Codice della crisi: ruolo centrale dei professionisti

Nel decreto legislativo in esame, i professionisti assumono un ruolo centrale nel processo di gestione e risanamento delle imprese in crisi. Diverse le novità di interesse.

La prima riguarda la prededucibilià dei crediti professionali, che viene garantita anche quando la prestazione viene richiesta direttamente dal debitore, per l’esito positivo dello strumento.

Semplificati gli obblighi formativi e di iscrizione per gli avvocati così come per i commercialisti e i consulenti del lavoro che devono procedere all’iscrizione all’albo dei gestori della crisi.

Segnalazione anticipata delle crisi di impresa

Il testo rivede il meccanismo di segnalazione anticipata delle crisi di impresa. L’organo di controllo societario e il revisore legale terzo segnalano in forma scritta, nell’esercizio delle loro funzioni, i presupposti per presentare l’istanza. La segnalazione deve essere motivata e trasmessa con mezzi idonei ad assicurare la ricezione. Essa deve contenere inoltre la determinazione di un termine non superiore a 30 giorni entro il quale l’organo amministrativo della società deve rendere note le iniziative intraprese.

 

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tachimetro partite iva

Tachimetro Partite Iva: cos’è e come funziona Tachimetro Partite Iva: strumento di verifica dell’affidabilità fiscale che incentiva il ricorso al concordato preventivo biennale

Tachimetro Partite Iva: cos’è

Il tachimetro Partite Iva, pensato e realizzato da Sogei e Agenzia delle Entrate, è un meccanismo di valutazione, che attribuisce un punteggio all’affidabilità fiscale del contribuente.

L’Agenzia delle Entrate, tramite il tachimetro, vuole incentivare il ricorso al concordato preventivo biennale a cui si può aderire entro il 31 ottobre 2024 e premiare le condotte virtuose dei contribuenti.

Dal punto di vista pratico il tachimetro è una funzionalità presente nel cassetto fiscale, che consente di tenere sotto controllo la propria situazione fiscale dal 20 settembre 2024.

Una volta attivato, il tachimetro mostra un indicatore che misura il rischio di evasione fiscale del singolo contribuente.

Esso tiene conto, ai fini del conteggio, delle incongruenze tra i dati che il contribuente dichiara e quelli medi del settore a cui appartiene. Il punteggio rappresenta il livello di rischio di evasione del singolo.

Riferimento normativo

Il tachimetro Partite Iva è uno degli strumenti di controllo preventivo previsti dalla legge n. 238/2021. Il fine è quello di ridurre l’evasione fiscale perché il contribuente può capire in tempo reale la propria posizione fiscale, il rischio che ne è associato e rimediare agli errori commessi.

In questo modo i controlli diventano più efficaci, il sistema fiscale più trasparente e i soggetti in regole non subiscono pressioni.

Come funziona il tachimetro Partite Iva

Il tachimetro si basa su un meccanismo di attribuzione di un punteggio che varia dal valore 0 al valore 10. Questi valori sono suddivisi in tre fasce. A ogni fascia, di colore diverso, corrisponde un grado di affidabilità diversa.

  • La fascia di colore rosso, che comprende un punteggio che varia da 0 a 5,99 corrisponde un indice di scarsa affidabilità fiscale. I contribuenti compresi in questa fascia possono migliorare il punteggio dichiarando ulteriori elementi positivi previa verifica dei dati dichiarati.
  • La fascia di colore giallo, che varia da 6 a 7,99, corrisponde a un grado di affidabilità media e suggerisce quali potrebbero essere le anomalie che precludono l’accesso ad alcuni benefici premiali. Poiché il gradi di affidabilità non è elevato è sempre consigliabile effettuare delle verifiche e correggere eventuali errori.
  • La fascia di colore verde che si riferisce a un punteggio compreso tra 8 e 10 è quella a cui appartengono i contribuenti virtuosi. Essi possono accedere a benefici premiali.

Chi conserva un punteggio basso rischia meno controlli perché non viene inserito nelle liste dei controlli.

Vantaggi del tachimetro Partite Iva

Chi adotta il tachimetro e aderisce al concordato preventivo biennale beneficia di tutta una serie di vantaggi molto interessanti:

  • esonero dalla garanzia per rimborsi Iva fino a 70.000,00 euro;
  • possibilità di optare per un imposta sostitutiva con aliquote che variano dal 10% al 15% sul reddito d’impresa o di lavoro autonomo che eccede il reddito dichiarato nel periodo di imposta 2023;
  • calcolo delle imposte sui redditi e dell’IRAP sulla base delle proposte di concordato 2024 e 2025.

Da un punto di vista più generale il tachimetro riduce la pressione fiscale nel suo complesso, realizzando nel contempo un miglioramento dei saldi di finanza pubblica grazie all’emersione di redditi non dichiarati.

 

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contributi cassa forense

Contributi Cassa Forense in scadenza: cosa c’è da sapere Scadono oggi 30 settembre 2024 una serie di adempimenti previdenziali per gli avvocati e i praticanti iscritti alla Cassa Forense

Contributi Cassa Forense: scadenza 30 settembre

Contributi Cassa Forense: scadono oggi 30 settembre una serie di adempimenti contributivi e previdenziali per gli avvocati e i praticanti iscritti. Lo ricorda lo stesso ente previdenziale con una nota riepilogativa.

Modello 5/2024

Per gli iscritti agli Albi Forensi nel 2023 o i praticanti iscritti alla Cassa per l’anno 2023, c’è tempo fino a 30 settembre 2024, per inviare il Modello 5.

L’invio è semplice: basta accedere alla propria area riservata sul sito della Cassa qui. Il modello si ricorda va inviato esclusivamente in via telematica.

Pagamento della 4ª rata dei contributi minimi obbligatori

La quarta rata dei contributi minimi per il 2024 è disponibile per il pagamento, nella propria area riservata. L’importo, salvo agevolazioni/riduzioni per i neo iscritti, è di euro 1.310,76 (comprensivo del contributo di maternità euro 96,76 e dell’aggiornamento istat +5,4%).

Il pagamento può essere effettuato tramite pagoPA (anche con ForenseCard) o generando il Modello F24. Per chi utilizza il modello cartaceo, potrebbero essere generati spiega la Cassa, “2 modelli F24in triplice copia (tot. 6 fogli), qualora si sia tenuti al pagamento di tutte e tre le tipologie di contributi obbligatori: soggettivo, integrativo e maternità”.

Utilizzo di crediti per compensazioni

Per chi possiede crediti nei confronti dell’Erario o per il patrocinio a spese dello Stato, è possibile sfruttare l’F24WEB telematico per compensarli, tramite accesso ai canali Entratel o Fisconline.

Sulla piattaforma PCC (per patrocinio) sono previste le due finestre temporali disponibili per esercitare opzione di compensazione: dal 1° marzo al 30 aprile e dal 1° settembre al  31 ottobre.

Assistenza

Per qualsiasi dubbio o domanda, è possibile consultare il sito www.cassaforense.it oppure contattare il Call Center al numero 06/51.43.53.40, disponibile anche via email, chat o WhatsApp.

 

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responsabilità amministrativa da reato

Responsabilità amministrativa da reato nei gruppi d’impresa Il reato commesso nell’interesse o vantaggio di una società del gruppo d’impresa determina l’integrazione della responsabilità amministrativa ai sensi del d.lgs. n. 231/2001 a carico di tutte le società del gruppo d’impresa?

Gruppo d’impresa e d.lgs. n. 231/2001

Ad oggi il mercato globale preferisce alla “singola grande impresa” la costituzione di una struttura organizzativa che permetta un ampliamento dell’operatività aziendale tra più soggetti societari, ossia, il gruppo d’impresa (più società formalmente e giuridicamente autonome, soggette ad una direzione unitaria da parte di una società capogruppo o holding per il perseguimento di uno scopo comune, il c.d. interesse di gruppo).

Il decreto legislativo n. 231/2001 (“il Decreto”) si pone in un sistema normativo che parte da una valutazione monistica dell’ente e nulla dispone in merito al gruppo d’impresa. L’art. 1 del Decreto, infatti, nell’elencazione dei destinatari non menziona la realtà societaria costituita da separate soggettività.

Responsabilità amministrativa da reato

Nonostante il Decreto non preveda alcuna disposizione in merito, l’analisi della terminologia normativa utilizzata negli articoli dello stesso (ente – singolo organo societario) presuppone una negazione della diffusione automatica della responsabilità amministrativa da reato all’interno del gruppo d’impresa qualora un soggetto (di cui all’art 5 del Decreto[1]) commetta uno o più reati[2] nell’interesse o vantaggio della realtà societaria di appartenenza.

Il confine dell’imputabilità solo ad una delle società “costituenti” del gruppo d’impresa si desume dalla constatazione che a differenza della qualificazione economica di gruppo, soggetto unico atto a perseguire un fine comune, in diritto le società per quanto correlate tra loro sono individuabili come entità autonome e indipendenti, dotate di una propria soggettività giuridica.

L’estensione della responsabilità amministrativa da reato ai sensi del Decreto a più società del gruppo d’impresa sussiste solo qualora il reato sia stato commesso grazie al concorso tra più soggetti, i cui intenti per natura identici (prefigurazione di un interesse o vantaggio a favore dell’ente), si differenziano per la diversificazione dei destinatari (diverse società del gruppo d’impresa).

Non imputabilità delle società della holding

In conclusione, le “società componenti” (holding o controllate), quindi, non saranno mai imputabili solo in ragione della loro mera appartenenza al gruppo d’impresa, le stesse, infatti, al fine di godere dell’opportunità di esenzione dalla responsabilità amministrativa da reato ai sensi del Decreto sono tenute a fornire “elementi probatori” tali da dimostrare di avere adottato una politica aziendale repressiva delle condotte delittuose perseguibili nel proprio e singolare contesto societario.

Al riguardo, giova rilevare che ai sensi degli artt. 6 e 7 del Decreto uno degli “elementi probatori” tale da fornire l’opportunità di esenzione dalla responsabilità amministrativa da reato consiste nella predisposizione di un modello di organizzazione, gestione e controllo nel quale sono riportate le policies etiche ed organizzative in linea alla realtà aziendale di cui la “singola” società è protagonista.

L’adozione di un modello di organizzazione, gestione e controllo “comunitario” del gruppo d’impresa, quindi, non è una soluzione conforme alla normativa prevista dal Decreto, in quanto, la differenza di contesti, attività ed operazioni delle società del gruppo d’impresa non permetterebbe di adottare una “modalità d’azione” concretamente repressiva dei reati previsti dallo stesso.

 

[1] “L’ente è responsabile per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a).”

[2] Fattispecie di illecito tassativamente richiamate dagli articoli del Decreto (c.d. reati presupposto).

whistleblowing

Whistleblowing: riorganizzazione struttura come atto ritorsivo È possibile qualificare la riorganizzazione della struttura organizzativa come atto ritorsivo contro il segnalante ai sensi del d.lgs. n. 24/2023 (“Attuazione della direttiva (UE) 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 23 ottobre 2019, riguardante la protezione delle persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali”)?

La delibera ANAC

Con la delibera n. 380/2024 del 30 luglio (pubblicata il 20 settembre 2024), l’ANAC ha dichiarato ritorsivi i provvedimenti assunti dal direttore di un’agenzia pubblica nei confronti di un dirigente. Il direttore avrebbe, infatti, assunto comportamenti punitivi sul dirigente tali da impattare negativamente sulle attribuzioni e sulla posizione del dirigente. L’ANAC a seguito di istruttoria ha comminato al direttore una sanzione pecuniaria di 10.000,00 euro.

In particolare, il dirigente aveva segnalato al responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dell’agenzia, in cui egli lavorava, alcuni presunti illeciti a carico del direttore dell’ agenzia, tra cui: (i) l’attribuzione di incarichi in violazione della procedura interna dell’agenzia e (ii) un presunto conflitto di interessi consistente nel fatto che  il direttore risultava comproprietario di una società erogatrice di servizi molti dei quali assimilabili per natura a quelli forniti dall’agenzia.

Atti ritorsivi

A seguito di tale segnalazione, il dirigente aveva iniziato ad essere vittima di gravi atti ritorsivi nei suoi confronti.  Tra i più eclatanti: la rimozione della sua posizione lavorativa – avvenuta mediante disposizioni di formale riorganizzazione della struttura, adottate alcuni giorni dopo la segnalazione e proseguite nelle settimane successive – nonché una valutazione delle performance molto negativa, dopo anni di punteggi elevati.

Il dirigente aveva quindi segnalato tali condotte, in prima battuta, mediante il canale di segnalazione interna di cui all’art. 4 del d.lgs. n. 24/2023[1] e, non avendo ricevuto riscontro, successivamente all’ANAC, chiedendo l’accertamento della natura ritorsiva dei comportamenti subiti.

Dirigente qualificato come whistleblower

L’ANAC, a seguito di una approfondita istruttoria, ha ritenuto che:

  • la segnalazione ricevuta integrava pienamente i presupposti normativi per qualificare il dirigente come whistleblower ai sensi del d.lgs. n. 24/2023 e, quindi, per applicare la tutela normativamente prevista;
  • il canale di segnalazione interna all’agenzia non aveva garantito la dovuta riservatezza del segnalante;
  • la rotazione del personale nelle posizioni dirigenziali – giustificazione adottata dal direttore a fondamento degli atti di riorganizzazione – era unicamente un espediente utilizzato per danneggiare il segnalante;
  • nelle memorie presentate dal direttore non era stata indicata alcuna prova a discarico.

La nuova disciplina del D.Lgs. 24/2023

L’importanza della delibera ANAC si nota in particolare con riferimento a due profili che sono estrinsecazione dell’applicazione della nuova disciplina di cui al d.lgs. n. 24/2023:

  • L’ANAC ha infatti sanzionato direttamente l’autore della ritorsione (ossia il direttore dell’agenzia), con applicazione di una sanzione pecuniaria, in considerazione dell’uso distorto della funzione da lui esercitata;
  • nonostante il caso oggetto di decisione sia relativo a una disposizione previgente (articolo 54-bis, del Dlgs 165/2001, oggi abrogato), le relative previsioni sono state incorporate ed estese nell’articolo 21 del d.lgs. n.24/2023. Restano pienamente attuali i parametri in base ai quali è stata applicata dall’ANAC la tutela del segnalante contro gli atti ritorsivi nel rapporto di lavoro, così come la sanzione contro l’autore della ritorsione.

Il d.lgs. n. 24/2023, infatti, prevede espressamente che i lavoratori del settore pubblico e privato possono comunicare all’ANAC le ritorsioni che ritengono di aver subito (articolo 19, primo comma), con apertura dell’istruttoria (rispetto alla quale l’ANAC può avvalersi dell’Ispettorato della funzione pubblica e dell’Ispettorato nazionale del lavoro). Inoltre, se viene accertata la natura ritorsiva di una condotta nei confronti del segnalante, i relativi atti sono affetti da nullità (articolo 19, terzo comma) e l’ANAC può applicare una sanzione pecuniaria sino a 50.000 euro direttamente a carico del responsabile della ritorsione (articolo 21, numero 1, lettera a).

Riorganizzazione struttura vale come atto ritorsivo

In conclusione, alla luce della nuova delibera ANAC è stato stabilito che la riorganizzazione della struttura organizzativa può essere considerata come un atto ritorsivo nei confronti del segnalante se e quando sia utilizzata come mero espediente per danneggiare lo stesso e la misura di riorganizzazione sia stata attuata “per mere ragioni di opportunità” da parte del soggetto agente.

 

[1] Giova rilevare che il canale di segnalazione interna affinché sia conforme alle esigenze imposte dal d.lgs. n. 24/2023 deve prevedere strumenti di trasmissione-ricezione delle segnalazioni che garantiscano, anche attraverso il ricorso alla crittografia, la riservatezza (i) dell’identità della persona segnalante, (ii) della persona coinvolta, (iii) della persona comunque menzionata nella segnalazione, (iv) del contenuto della stessa e (v) della relativa documentazione. La gestione di siffatto canale deve essere affidata una persona o a un ufficio interno autonomo con personale specificamente formato ovvero a un soggetto esterno che si dimostri, parimenti, autonomo e dotato di risorse formate da impiegare nel processo.