avvocati e gratuito patrocinio

Avvocati e gratuito patrocinio: compensazione fino al 31 ottobre Aperta fino al 31 ottobre la seconda finestra per la compensazione dei crediti da gratuito patrocinio con i contributi previdenziali

Compensazione crediti gratuito patrocinio

Fino al 31 ottobre è aperta la seconda finestra temporale per compensare i crediti da gratuito patrocinio con i contributi previdenziali dovuti dagli avvocati. Lo rende noto Cassa Forense con un avviso sul proprio sito.

La modifica introdotta dall’art. 1 comma 860 L. 197/2022 – all’articolo 1, comma 778 L. 208/2015 – su impulso dell’avvocatura, consente di compensare, infatti, anche i crediti per spese, diritti ed onorari dovuti dallo Stato ex art. 82 TUSG per il gratuito patrocinio con i contributi previdenziali. Si tratta di una possibilità aggiuntiva rispetto a quella introdotta con l’adozione del modello F24 nel 2021 per la compensazione dei crediti nei confronti dell’erario.

Come effettuare la compensazione

Il pagamento dei contributi in compensazione può essere effettuato esclusivamente tramite F24WEB, disponibile su Entratel e/o Fisconline, riportando nella sezione “altri enti previdenziali”, i dati inseriti nel modello F24 personalizzato da Cassa Forense, nonché l’importo del credito che si intende compensare, nella sezione “erario”.

Il codice tributo del credito per gratuito patrocinio è “6868 “Compensazione spese, diritti e onorari di avvocato per gratuito patrocino – articolo 1, commi da 778 a 780 della l. 208/2015”.

I modelli sono precompilati da Cassa Forense ma è possibile procedere in modo autonomo alla compilazione degli stessi. Tale scelta è obbligatoria per chi abbia pagato le prime rate dei minimi con PagoPA e voglia compensare, ad esempio, l’ultima rata con il modello F24.

Piattaforma dei crediti commerciali

Per poter usufruire della compensazione dei crediti per gratuito patrocinio è indispensabile registrarsi sulla piattaforma dei crediti commerciali gestita dal MEF nelle finestre temporali aperte dal 1° marzo al 30 aprile e dal 1° settembre al 31 ottobre.

Il consiglio della Cassa è di evitare “l’inserimento delle fatture nel servizio di interscambio a ridosso della scadenza delle  finestre temporali, in quanto la sincronizzazione è garantita solo dopo 24/48 ore”.

Il credito in compensazione, una volta accreditato, può essere usato anche in più soluzioni e in diversi periodi dell’anno.

Per la procedura da utilizzare per registrarsi nella Piattaforma Crediti Commerciali e per l’inserimento delle fatture.

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passaggio di consegne

Il passaggio di consegne tra amministratori di condominio La documentazione oggetto di passaggio di consegne tra amministratori in ambito condominiale. Il rendiconto e il verbale di consegna

L’obbligo di consegna della documentazione

Il passaggio di consegne tra amministratori di condominio rappresenta un momento di delicata importanza nella gestione dell’immobile, sia per garantire l’opportuna continuità nei rapporti che coinvolgono il condominio, sia per scongiurare l’emergere di responsabilità a carico dell’amministratore uscente.

In primo luogo, va rilevato che, a norma degli artt. 1129 ottavo comma e 1130 del codice civile, l’amministratore è tenuto alla corretta conservazione di tutta la documentazione inerente all’attività del condominio ed è altresì obbligato a trasmetterla al soggetto che gli succede al termine del suo incarico.

Verbale di consegna

All’atto della consegna della documentazione, è opportuno che venga redatto un apposito verbale di consegna in cui vengono indicati i vari documenti oggetto del passaggio di consegne.

Il verbale di consegna va sottoscritto da entrambi gli amministratori, quello uscente e quello subentrante, ma va evidenziato che la firma di quest’ultimo non costituisce ricognizione di debito riguardo ad eventuali anticipazioni di pagamento dichiarate dal vecchio amministratore.

Né tanto meno quest’ultimo può rifiutarsi di consegnare la documentazione anche qualora si ritenga in credito di somme da lui anticipate per conto del condominio.

Il rendiconto e i documenti oggetto di consegna

Ovviamente, assieme alla consegna della documentazione, l’amministratore uscente dovrà rendere conto della situazione di cassa.

A tal fine, il passaggio di consegne riguarderà anche documenti come fatture, estratti conto bancari e bilanci, attraverso i quali si realizza il rendiconto.

Altra documentazione solitamente oggetto di passaggio di consegne tra amministratori di condominio è rappresentata dal regolamento del condominio, dalle tabelle millesimali, dalle eventuali polizze assicurative stipulate dal condominio e dalle certificazioni relative agli impianti presenti nell’immobile.

Ulteriore documentazione può consistere nei preventivi relativi ai lavori da farsi, nei documenti afferenti ad eventuali contenziosi in corso e nella documentazione inerente ai contratti d’appalto o di lavoro subordinato (es. portierato, impresa di pulizie, giardinaggio).

Il rifiuto di effettuare il passaggio di consegne in condominio

L’eventuale rifiuto della consegna della documentazione afferente all’attività condominiale può esporre l’amministratore uscente a responsabilità nei confronti dei condomini.

A tal fine, al gestore subentrante è riservato il diritto di agire in giudizio per ottenere la consegna dei documenti, se del caso anche con procedimento cautelare d’urgenza ex art. 700 c.p.c., oggi disciplinato dalle norme sul nuovo rito semplificato.

Diverse pronunce della Cassazione penale (v. Cass. n. 29451/13) hanno inoltre evidenziato come il rifiuto di consegnare la documentazione o di ottemperare al provvedimento d’urgenza deliberato dal Tribunale, espongono l’amministratore uscente a responsabilità penale per appropriazione indebita ex art. 646 c.p. o per mancata esecuzione dolosa di un provvedimento giudiziario ex art. 388 c.p. (salvo il risarcimento del danno causato al condominio, ostacolato nella propria attività dalla mancata consegna della documentazione).

Passaggio di consegne amministratori di condominio: i tempi

Tra il momento in cui viene deliberata in assemblea la scadenza del mandato con il vecchio amministratore e quello in cui avviene il passaggio di consegne in favore del nuovo amministratore possono passare alcune settimane, secondo gli accordi tra i soggetti interessati.

In tal caso, nel periodo intercorrente alla formalizzazione dell’insediamento del nuovo gestore, l’amministratore di condominio uscente è legittimato a compiere gli atti di ordinaria amministrazione, come il pagamento delle bollette o gli interventi che presentano carattere di urgenza.

Altri adempimenti del nuovo amministratore di condominio

Tra gli altri adempimenti a carico del nuovo amministratore, vi è anche la comunicazione del proprio incarico all’Agenzia delle Entrate, in modo che quest’ultima possa associare il nome del nuovo amministratore al codice fiscale del condominio.

Inoltre, l’amministratore subentrante ha diritto di ricevere dalla banca (presentando il verbale assembleare di nomina) o direttamente dal vecchio amministratore le credenziali del conto corrente intestato al condominio.

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autonomia differenziata

Autonomia differenziata: la Consulta ha fissato l’udienza Sarà il 12 novembre 2024 l'udienza pubblica per la discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Regioni

Autonomia differenziata: il presidente della Corte costituzionale Augusto Barbera ha fissato, per l’udienza pubblica del 12 novembre 2024, la discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Puglia (ricorso n. 28) e dalla Regione Toscana (ricorso n. 29) sulla legge n. 86 del 26 giugno 2024 “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”.

Seguirà, si legge nel comunicato della Consulta, “a scadenza termini prevista per martedì 8 ottobre, la fissazione, sempre per l’udienza pubblica del prossimo 12 novembre, della discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione autonoma della Sardegna (ricorso n. 30) e dalla Regione Campania (ricorso n. 31) riguardanti la stessa legge”.

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carta del docente

Carta del docente La carta del docente, che riconosce ai docenti di ruolo 500 euro annuali per la formazione, presto subirà una diminuzione dell’importo 

Carta del docente: cos’è

La carta del docente è una misura prevista e regolata dal comma 121 dell’articolo 1 della legge n. 107/2015.Questo bonus è stato previsto per sostenere la formazione continua dei docenti e per valorizzarne le competenze professionali.

La carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione è prevista per i docenti di ruolo di ogni istituzione scolastica di ogni ordine e grado.

Fino ad oggi la carta è stata erogata per l’importo nominale di 500,00 euro per ogni anno scolastico.

A cosa serve la carta del docente

La carta del docente può essere utilizzata per acquistare libri e testi, anche in formato digitale, pubblicazioni e riviste utili all’aggiornamento professionale. Essa può essere impiegata anche per l’acquisto di hardware, software, iscrizione a corsi di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali svolti da enti accreditati presso il ministero dell’istruzione. L’importo può essere altresì utilizzato per frequentare corsi post laurea o master universitari collegati al profilo professionale, ma anche per assistere a rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a mostre, musei, eventi culturali, spettacoli dal vivo e iniziative coerenti con le attività del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del piano nazionale di formazione.

Dal punto di vista fiscale la carta non costituisce una retribuzione accessoria e non è un reddito imponibile.

I docenti esclusi

Come già precisato, la carta del docente spetta solo agli insegnanti di ruolo. I docenti precari ad oggi. possono ottenerla solo rivolgendosi al giudice del lavoro.

Riduzione dell’importo in arrivo

A partire dall’anno scolastico 2024/2025 l’importo della carta subirà una notevole diminuzione. L’importo attuale di 500,00 euro annuali scenderà inizialmente a 425,00 euro e poi a 400,00 euro. Lo ha annunciato la federazione dei lavoratori della conoscenza FLC Cgil con un comunicato del 23 settembre 2024.

I motivi della riduzione devono rinvenirsi nel mutamento di destinazione delle risorse.

Le risorse che verranno tolte alla carta del docente per finanziarne la formazione e l’aggiornamento saranno impiegate, per l’importo di 19 milioni di euro, per il pagamento della retribuzione dei docenti che svolgeranno il tutoraggio degli aspiranti insegnanti di ruolo.

Ulteriori 40 milioni di euro, che comporteranno la diminuzione del valore della carta a 400,00 euro annui, saranno invece impiegati per finanziare i corsi di formazione dei docenti stabilmente incentivati. Trattasi di un percorso selettivo destinato a un ristretto numero di docenti che riceveranno un premio in presenza di una valutazione positiva conseguita al termine di un percorso formativo composto da tre cicli triennali successivi.

Il taglio alla carta del docente è diretta conseguenza delle disposizioni di legge contenute nel decreto legge n. 36/2022 contenente. L’attuazione delle misure previste dal PNRR in materia di istruzione.

 

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giurista risponde

Proroga unilaterale dell’affidamento di servizio pubblico e corrispettivo dovuto È legittima la proroga unilaterale dell’affidamento di un servizio pubblico e sul corrispettivo dovuto all’affidatario?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

No, è illegittima la proroga unilaterale dell’affidamento di un servizio pubblico (CGARS 9 luglio 2024, n. 527).

Con riguardo alla vicenda in esame, la società appellante evidenzia come l’originario contratto del 15 marzo 2016 di affidamento del servizio aveva una durata di sessanta mesi, fino al 31 dicembre 2020. Tale contratto veniva dapprima prorogato retroattivamente con D.D.G. 29 dicembre 2021, n. 4536, facendo espresso riferimento all’art. 92, comma 4ter D.L. 18/2020, convertito, con modificazioni, con L. 27/2020. La suddetta proroga è stata poi ulteriormente estesa fino al 30 settembre 2022 e successivamente fino al 28 febbraio 2023 tramite note dell’Assessorato.

Il Collegio osserva che è illegittimo il provvedimento della Regione che imponga, ai sensi dell’art. 92, comma 4ter, D.L. 18/2020, in via unilaterale, la proroga dell’affidamento di un servizio pubblico, in quanto la norma citata – nel consentire la proroga degli affidamenti in atto al 23 febbraio 2020 fino a dodici mesi successivi alla dichiarazione di conclusione dell’emergenza dovuta al virus Covid-19 – presuppone comunque necessariamente il consenso del privato, affidatario del servizio e destinatario della proroga stessa, non potendo tale norma essere interpretata nel senso di consentire all’amministrazione di imporre, in via unilaterale, una proroga al contratto contro la volontà dell’affidatario.

Ad ogni modo, ha natura di danno ingiusto e deve essere risarcito il pregiudizio patrimoniale subito dall’affidatario di un servizio pubblico che abbia continuato a svolgere il servizio alle medesime condizioni economiche nelle more dell’individuazione del nuovo affidatario anche oltre lo svolgimento di una prima procedura andata deserta, in quanto, anche in presenza di una clausola contrattuale che ciò preveda, essa deve essere interpretata secondo buona fede ex art. 1366 c.c., con la conseguenza che la ultravigenza del corrispettivo può estendersi temporalmente fino all’espletamento della prima gara, ma non anche per tutto il successivo periodo di tempo necessario per l’espletamento di ulteriori gare, qualora la prima gara sia andata deserta.

*Contributo in tema di “Proroga unilaterale dell’affidamento di servizio pubblico e corrispettivo dovuto”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 77 / settembre 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

depositi automatizzati

Depositi automatizzati PCT: il cancelliere che fine fa? Depositi automatizzati: limitati i poteri della cancelleria nella procedura di deposito degli atti. Quale sarà il destino dei cancellieri?

Depositi automatizzati: specifiche tecniche PCT

I depositi automatizzati nel processo civile e penale telematico diventano la regola. Lo prevedono le specifiche tecniche in vigore dal 30 settembre 2024 e pubblicate il 4 agosto 2024 sul portale dei servizi telematici del Ministero della Giustizia.

Depositi automatizzati: come funzionano

In base alle nuove specifiche tecniche del processo telematico, l’atto che rientra tra quelli soggetti ad accettazione automatica, una volta ricevuto dal sistema viene verificato e accettato senza che sia necessario l’intervento umano, come evidenziato dal Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Milano in un documento dedicato alle specifiche tecniche. L’atto viene registrato automaticamente nello storico del fascicolo e il deposito viene posto in uno stato dedicato che mette in evidenza l’accettazione automatica. Il mittente riceve in automatico le pec che lo informano dello stato del deposito e dell’accettazione.

Deposito automatizzato: il flusso

Gli atti soggetti al deposito e all’accettazione automatica seguono i seguenti passaggi:

  • l’avvocato deposita l’atto tramite i redattori e la pec;
  • il sistema riceve l’atto in deposito ed effettua le verifiche preliminari;
  • il sistema verifica se l’atto rientra tra quelli per i quali è previsto il deposito automatico;
  • se l’atto è idoneo il sistema lo associa all’evento che corrisponde al fascicolo e procede con l’accettazione automatica;
  • invio delle pec di accettazione, di avvenuta consegna; contenente l’esito dei controlli automatici; contenente l’esito dell’accettazione del deposito.

Deposito automatizzato: per quali atti?

Numerosi gli atti per i quali le specifiche tecniche prevedono il deposito automatizzato.

  • Memoria 171 ter 1, replica 171 ter 2, contro-repliche 171 ter 3;
  • Istanza di accoglimento domanda 183 ter e di rigetto domanda 183 quater;
  • Memoria istruttoria 183 e di replica; memoria di replica 183 uc;
  • Deposito dei documenti autorizzati in udienza; di note scritte in sostituzione udienza;
  • Note scritte processo civile;
  • Note conclusionali; comparsa conclusionale e di replica 190;
  • Memoria 473 bis17c1, c2 e c3;
  • istanza ex art 186 bis, ter, quater;
  • istanza fissazione termine note sost. udienza;
  • opposizione termine note sost. udienza;
  • deposito note sostitutive udienza;
  • deposito memorie.

A questi atti del processo civile si sommano quelli specifici delle esecuzioni concorsuali, delle esecuzioni individuali e della Cassazione.

Intervento della cancelleria in caso di problemi

Il processo di accettazione automatica subisce interruzioni solo se si verificano problemi tecnici e operativi. Solo in questo caso la cancelleria è chiamata ad intervenire, se invece il processo di deposito si realizza senza problemi la figura del cancelliere non è necessaria.

L’art. 17 delle specifiche tecniche

Lo prevedono i commi 9, 10 e 11 dell’art. 17 delle specifiche tecniche, che così dispongono:

9. A seguito dellinvio dellatto processuale i sistemi informativi ministeriali procedono alla verifica e alla accettazione automatica del deposito degli atti inviati, salvi i casi di anomalia ovvero quelli in cui è necessario lintervento degli operatori di cancelleria.

  1. In caso di anomalia bloccante (FATAL) il gestore dei servizi telematici invia al depositante un messaggio di posta elettronica certificata, contenente la comunicazione del rifiuto dellaccettazione dellatto.
  2. In caso di accettazione dellatto, anche dopo lintervento degli operatori di cancelleria, il gestore dei servizi telematici invia al depositante un messaggio di posta elettronica certificata, contenente la comunicazione dellavvenuto deposito dellatto, con effetto a decorrere dal momento in cui è stata generata la ricevuta di accettazione da parte del gestore di posta elettronica certificata del depositante, ai sensi dellarticolo 6, comma 1, del d.p.r. 11 febbraio 2005, n. 68.”

 

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riforma previdenziale avvocati

Riforma previdenziale avvocati in vigore dal 1° gennaio 2025 Approvata dai ministeri vigilanti la riforma del sistema previdenziale di Cassa Forense. Il nuovo regolamento unico della previdenza sarà in vigore dal 1° gennaio 2025

Riforma previdenziale avvocati

Al via la riforma previdenziale avvocati: con l’approvazione da parte dei Ministeri Vigilanti della delibera del Comitato dei Delegati del 23 maggio 2024 si conclude il lungo iter della Riforma Previdenziale di Cassa Forense che entrerà in vigore il 1° gennaio 2025. Tante le novità tra cui il passaggio al sistema contributivo, la revisione delle aliquote e la riduzione dei contributi minimi.

Vediamo nel dettaglio:

Le principali novità

Le principali modifiche introdotte, riepilogate da Cassa Forense sono le seguenti:

  • Passaggio al sistema contributivo

A partire dal 1° gennaio 2025, è prevista l’introduzione del sistema di calcolo contributivo “pro rata” delle prestazioni pensionistiche. “Agli attuali iscritti si applica il sistema di calcolo misto che prevede una prima quota calcolata con il sistema retributivo vigente per le anzianità contributive sino al 31 dicembre 2024, e una seconda con il sistema contributivo, per le anzianità successive al 2024”. A partire dal 1° gennaio 2025, gli iscritti avranno diritto alla “pensione unica di vecchiaia contributiva”, calcolata esclusivamente secondo il sistema contributivo;

  • Requisiti per il diritto alla prestazione

Invariati i requisiti per il diritto a pensione dei professionisti già iscritti, a cui si applica il regime di calcolo misto. Per i professionisti cui si applica il regime di calcolo integralmente contributivo la pensione potrà essere ottenuta: all’età di 70 anni con almeno 5 anni di contributi versati; all’età di 65 anni con almeno 35 anni di contributi versati e un importo alla decorrenza almeno pari al trattamento minimo vigente nell’anno.

  • Riduzione dei contributi minimi

Nel 2025 il contributo minimo soggettivo sarà di € 2.750,00 ed il contributo minimo integrativo sarà di € 350,00 euro. Nel 2024 i contributi sono stati rispettivamente di € 3.355,00 e € 850,00.

  • Agevolazioni

Gli iscritti di età inferiore ai 35 anni versano per i primi 6 anni la metà del contributo soggettivo e integrativo minimi. Il versamento in misura ridotta comporta il riconoscimento dell’intero anno ai fini del diritto alle prestazioni.

  • Revisione aliquote contributive

Il contributo soggettivo passa al 16% per il 2025, al 17% nel 2026 ed al 18% a partire dal 2027.

Il tetto reddituale del 2025 è pari a € 130.000, oltre il quale continua ad essere dovuto il contributo del 3%.

Il versamento della prima rata è stato posticipato al 30 settembre, unificandolo con il termine previsto per la presentazione del modello 5.

  • Pensionati attivi

Per i pensionati di vecchiaia che proseguono l’attività lavorativa, l’aliquota contributiva aumenta al 12% del reddito professionale netto ai fini IRPEF.

A tale incremento fa fronte la reintroduzione dei supplementi triennali di pensione con il riconoscimento per la determinazione del montante della metà del contributo versato.

  • Modulare volontaria

La percentuale della contribuzione modulare volontaria massima, che consente a chi non si avvale del regime forfetario di migliorare l’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche, sale dal 10% al 20% del reddito netto professionale entro il tetto reddituale.

  • Integrazione al minimo

L’importo del trattamento minimo è stato gradualmente adeguato in coerenza con la riduzione del contributo minimo. Sarà 12.500 euro tra il 1° gennaio 2025 e il 31 dicembre 2026, 11.400 euro nel successivo biennio e 10.250 euro a partire dal 2029, con rivalutazione di tale importo dal 2030.

  • Regolarizzazione spontanea

In caso di regolarizzazione spontanea le sanzioni saranno ridotte del 60% in luogo dell’attuale 50%.

  • Rateazioni più facili

Chi ha in corso una rateazione, se in regola con i versamenti, potrà richiederne una seconda.

La richiesta di rateazione per debiti sopra i 10.000,00 euro potrà arrivare a 6 anni in luogo degli attuali 5.

Nis 2

NiS 2: cosa cambia con la nuova direttiva UE L’Italia ha recepito la Direttiva europea 2022/2555, relativa a misure per un livello comune elevato di cybersicurezza nell’Unione, la cosiddetta NIS 2 in vigore dal 16 ottobre 2024. Vediamo cosa cambia per la sicurezza informatica

NIS 2: il governo recepisce la direttiva

La NIS 2 è la nuova direttiva UE sulla cyber security, ossia l’insieme di tecnologie, processi e misure di protezione progettate per ridurre il rischio di attacchi informatici.

Il Governo in data 7 agosto 2024 ha approvato definitivamente lo schema del decreto legislativo, che ha recepito la NIS 2, la Direttiva europea (direttiva UE 2022/2555), relativa a misure per un livello comune elevato di cybersicurezza nell’Unione, con la quale si introducono le misure per un livello comune elevato di Cybersicurezza nell’Unione europea.

Il decreto legislativo n. 138/2024, di recepimento della direttiva UE è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale l’1 ottobre per entrare in vigore il 16 ottobre 2024.

L’Agenzia per la Cybesicurezza nazionale (ACN)

Come si evince dal testo, l’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (ACN) assume un ruolo chiave nella supervisione dell’attuazione della Nis 2, con poteri di vigilanza nonché di previsione di sanzioni elevate in caso di inosservanza della normativa sulla cybersicurezza, con possibilità di disporre la misura dell’incapacità temporanea per i dirigenti.

Gli altri punti chiave della NIS 2

Nello specifico, la Direttiva stabilisce una serie di requisiti fondamentali che le organizzazioni devono soddisfare per garantire un elevato livello di sicurezza informatica e che includono: politiche di analisi dei rischi e di sicurezza informatica, nonchè la gestione degli incidenti.  

Obblighi per gli operatori manager e personale

La Direttiva NIS 2 stabilisce in primo luogo che gli operatori, organi di amministrazione e organi direttivi inclusi nel proprio  campo di applicazione dovranno adottare misure tecniche, operative e organizzative adeguate e proporzionate per gestire i rischi connessi alla sicurezza dei sistemi informatici e delle reti e saranno obbligati a notificare all’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale,  senza indebito ritardo, eventuali incidenti che abbiano un impatto significativo sulla fornitura dei loro servizi.

A tal fine sono previsti corsi di formazione obbligatori ed essenziali a garantire l’acquisizione di conoscenze e competenze.

Notifiche degli incidenti al CSRT Italia e relative sanzioni

Gli operatori distinti in essenziali e importanti, in base alle loro competenze ed obblighi,  sono tenuti a notificare all’ACN, – che in Italia assume il nome di CSRT Italia – senza ritardo, e non appena ne vengono a conoscenza e comunque entro le 24 ore in via preliminare e non oltre le 72 ore in maniera dettagliata ,  dell’incidente informatico significativo.

Le amministrazioni centrali, regionali e locali, comprese le ASL e i comuni con più di 100 mila abitanti, sono coinvolti in prima linea nella risposta.

La Direttiva prevede diverse sanzioni severe in funzione del fatto che un operatore sia qualificato come essenziale o come importante.

Nel merito, scattano da parte dell’ACN, dopo la diffida:

  • per i soggetti essenziali, possono arrivare fino a 10 milioni di euro o al 2% del fatturato annuo globale;
  • per i soggetti importanti, fino a 7 milioni di euro o all’1,4% del fatturato annuo globale.

Viene introdotta anche la possibilità di incapacità temporanea per dirigenti che non rispettano le normative.

La Cultura come settore da proteggere

l’Italia, unica in Europa, ha inserito la Cultura – e in particolare i soggetti che svolgono attività di interesse culturale – tra i settori critici e strategici maggiormente da proteggere dal punto di vista della cybersecurity. Il controllo e l’attenzione da parte degli organi è tanto maggiore quanto più  lo sono i soggetti che gestiscono la cultura, operano in territori per i quali queste attività rappresentano un asset fondamentale, come ad esempio le città d’arte.

Basti pensare all’interruzione dell’erogazione online dei ticket per accedere al Colosseo, avvenuta lo scorso anno, a causa di un attacco cibernetico.

 

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ape social

Ape social: dovuta anche se non è stata percepita la Naspi L’Ape social non richiede tra i requisiti di cui il richiedente deve essere in possesso la fruizione concreta dell’indennità di disoccupazione

Ape social: non serve aver fruito dell’indennità di disoccupazione

L’Ape social spetta a chi, tra gli altri requisiti, si trovi in stato di disoccupazione, non rileva però che lo stesso abbia anche beneficiato della relativa indennità. Lo ha chiarito la Cassazione nella sentenza n. 24950/2024.

Ape sociale: l’INPS rigetta l’istanza

Una lavoratrice impugna il provvedimento con cui l’INPS le ha negato l’accesso all’APE Social a causa del mancato beneficio dell’indennità di disoccupazione (NASPI).

Il Tribunale accoglie la richiesta della lavoratrice e la Corte d’Appello conferma la decisione. Per beneficiare dell’APE sociale l’articolo 1 comma 179 della legge n. 232/2016 richiede il solo stato di disoccupazione, non l’aver beneficiato anche della relativa indennità.

Ape social e indennità di disoccupazione

L’INPS però impugna anche la decisione della Corte di Appello di fronte alla Corte di Cassazione. Per l’Istituto sostenendo l’Ape social spetta solo se il richiedente  abbia percepito l’indennità di disoccupazione.

Cassazione: per l’Ape social percezione indennità non necessaria

La Cassazione però ricorda che, per quanto riguarda la normativa ratione temporis applicabile al caso di specie, che è quella che va dal 1° maggio 2017 fino al 31 dicembre 2023, il comma 179 precisa che possono accedere all’Ape social gli iscritti “all’assicurazione generale obbligatoria, alle forme sostitutive ed esclusive della medesima e alla Gestione separata …” che si trovino in una delle condizioni di cui alle lettere da a) a d), al compimento dei 63 anni di età e alle condizioni indicate ai commi 185 e 186.

La lettera a) indica come condizione lo“stato di disoccupazione a seguito di cessazione del rapporto di lavoro per licenziamento, anche collettivo, dimissioni per giusta causa o risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di cui all’articolo 7 della legge 15 luglio 1966, n. 604, ovvero per scadenza del termine del rapporto di lavoro a tempo determinato a condizione che abbiano avuto, nei trentasei mesi precedenti la cessazione del rapporto, periodi di lavoro dipendente per almeno diciotto mesi, hanno concluso integralmente la prestazione per la disoccupazione loro spettante e sono in possesso di un’anzianità contributiva di almeno 30 anni”.

Dalla lettera della norma emerge che per beneficiare dell’Ape social occorre una certa distanza temporale con l’indennità di disoccupazione se questa è stata fruita concretamente. Questo non significa però che la fruizione della Naspi costituisca un presupposto per beneficiare dell’Ape social. La norma in effetti non richiede la fruizione positiva della Naspi, ma quella negativa della sua cessazione.

Principio di diritto

La Cassazione afferma quindi il seguente principio di diritto: “il diritto all’APE sociale, in applicazione dell’articolo 1, comma 179, legge n. 232 del 2016, richiede – tra gli altri requisiti – uno stato di disoccupazione in capo al beneficiario, ma non postula che lo stesso abbia anche beneficiato dell’indennità di disoccupazione, prevedendo soltanto che, ove l’interessato abbia beneficiato della detta indennità, la stessa sia cessata.”

 

Leggi anche: “Ape social: la guida

Allegati

corte ue

Corte Ue: in vigore il trasferimento di competenze al tribunale Entrano in vigore oggi 1° ottobre le norme relative al trasferimento parziale della competenza pregiudiziale della Corte di Giustizia al Tribunale

Corte Ue, trasferimento competenze al tribunale

Corte Ue: entrano in vigore da oggi 1° ottobre, le norme relative al trasferimento parziale della competenza pregiudiziale al Tribunale, come annunciato in occasione della pubblicazione, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, del regolamento 2024/2019 che modifica il protocollo n. 3 sullo statuto della CGUE.

Domande presentate alla CGUE

Per motivi di certezza del diritto e di celerità, spiega la nota della CGUE, tutte le domande di pronuncia pregiudiziale continueranno ad essere presentate alla Corte di giustizia, che procederà ad un’analisi preliminare del loro oggetto, ma, non appena svolta tale analisi, le domande che rientrano esclusivamente in una o più materie specifiche previste dall’articolo 50 ter, primo comma, dello statuto 2 saranno trasferite al Tribunale.

Il Tribunale tratterà le domande di pronuncia pregiudiziale che gli saranno state trasmesse dalla Corte di giustizia allo stesso modo di quest’ultima e applicherà le stesse norme di procedura. Anche le decisioni che il Tribunale UE pronuncerà in materia pregiudiziale avranno lo stesso valore di quelle della Corte di giustizia.

Il riesame

Nella misura in cui il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e lo statuto prevedono tuttavia, in via eccezionale, la possibilità di un riesame, su proposta del primo avvocato generale, delle decisioni pregiudiziali del Tribunale in caso di grave rischio di pregiudizio all’unità o alla coerenza del diritto dell’Unione, la decisione del Tribunale diventerà definitiva solo in assenza di tale proposta, la quale deve obbligatoriamente essere formulata entro un mese dalla decisione del Tribunale.

Nell’ipotesi in cui, invece, una proposta di riesame di tale decisione dovesse essere formulata dal primo avvocato generale, occorrerà attendere che la Corte di giustizia si sia pronunciata su tale proposta affinché la decisione del Tribunale diventi definitiva o che la decisione della Corte di giustizia sostituisca quella del Tribunale.