liberatoria

Liberatoria: guida e modello Liberatoria: cos’è, come e quando viene utilizzata e modulo in bianco da compilare per l'autorizzazione all'uso di immagini e riprese video

Cos’è una liberatoria?

La liberatoria è un documento con cui una persona concede il proprio consenso a terzi per svolgere una determinata attività o per utilizzare materiali, informazioni o contenuti che la riguardano. Rappresenta uno strumento legale fondamentale per evitare conflitti e garantire che tutte le parti coinvolte abbiano chiari i diritti e gli obblighi in relazione all’oggetto della liberatoria.

A che cosa serve?

La liberatoria ha molteplici scopi, tra cui:

  • consentire l’utilizzo di immagini, video o contenuti personali da parte di aziende, organizzazioni o individui;
  • autorizzare lo svolgimento di attività che potrebbero coinvolgere rischi, come eventi sportivi o manifestazioni;
  • permettere la cessione o l’utilizzo di opere protette da diritto d’autore;
  • sollevare una parte da responsabilità in caso di danni o contestazioni legate a un’attività specifica.

Firmare una liberatoria garantisce trasparenza tra le parti, prevenendo eventuali controversie legali.

Quali tipologie di liberatoria esistono?

Esistono diverse tipologie di liberatorie, a seconda dell’ambito di applicazione. Tra le più comuni troviamo quelle:

  • per luso dellimmagine: autorizza l’utilizzo di foto o video per scopi pubblicitari, editoriali o commerciali. È obbligatoria quando si intende pubblicare contenuti in cui una persona è riconoscibile.
  • per attività sportive: esonera gli organizzatori da responsabilità per eventuali danni o incidenti occorsi durante la partecipazione a un evento sportivo.
  • per il diritto dautore: permette l’utilizzo di opere creative come testi, fotografie o musiche protette da copyright.
  • per responsabilità civile: utilizzata in ambiti diversi per sollevare una parte da responsabilità legate a danni o perdite.

Esempio di modulo di liberatoria

Ecco un esempio di modulo di liberatoria per l’uso dell’immagine:

MODULO DI LIBERATORIA PER LUSO DELLIMMAGINE

Io sottoscritto/a ______________________________, nato/a il ____________, a ________________ e residente in ____________________________,

autorizzo __________________________________________________________ (nome dell’organizzazione o individuo) all’utilizzo delle mie immagini fotografiche e/o riprese video per scopi __________________ (specificare: es. pubblicitari, editoriali, commerciali) senza limiti di tempo né restrizioni geografiche.

Dichiaro inoltre di non avere nulla a pretendere in relazione all’utilizzo del suddetto materiale, rinunciando a qualsiasi richiesta economica o rivendicazione futura.

Luogo e data: __________________

Firma: ________________________

malversazione a danno

Malversazione a danno dello Stato Il reato di malversazione a danno dello Stato: normativa, caratteristiche, aspetti procedurali e giurisprudenza

Malversazione a danno dello Stato: in cosa consiste

Il reato di malversazione a danno dello Stato è previsto e punito dall’art. 316-bis del codice penale italiano. Questo reato si configura quando un soggetto, avendo ricevuto contributi, sovvenzioni o finanziamenti pubblici, utilizza tali risorse per scopi diversi da quelli per cui erano stati concessi. Si tratta di un illecito che mira a tutelare l’integrità e la corretta destinazione delle risorse pubbliche.

Quando viene integrato il reato di malversazione?

Il reato si integra quando:

  1. Erogazione di fondi pubblici: il soggetto riceve contributi, sovvenzioni o finanziamenti da parte dello Stato o di altri enti pubblici;
  2. Destinazione illecita: le risorse ricevute vengono utilizzate per finalità diverse da quelle previste dai bandi o dai contratti di concessione;
  3. Assenza di restituzione: il mancato utilizzo conforme delle somme non è accompagnato dalla restituzione dei fondi.

Non è necessario che il comportamento abbia causato un danno economico all’amministrazione pubblica; è sufficiente l’uso difforme rispetto alle finalità stabilite.

Come viene punita la malversazione

L’art. 316-bis c.p. prevede la pena della reclusione da sei mesi a quattro anni per chiunque commetta il reato. La pena può variare in base alla gravità del fatto e alla quantità di risorse indebitamente utilizzate. In alcuni casi, possono essere applicate pene accessorie, come l’interdizione dai pubblici uffici.

Aspetti procedurali del reato di malversazione

  • Competenza: la competenza per il giudizio è generalmente del tribunale ordinario.
  • Indagini preliminari: le indagini sono condotte dalla Procura della Repubblica, con il supporto della Guardia di Finanza per le verifiche contabili.
  • Prescrizione: il reato di malversazione si prescrive in sei anni, salvo interruzioni dovute a atti processuali.
  • Restituzione e attenuanti: la restituzione spontanea delle somme può costituire una circostanza attenuante, riducendo la pena.

Giurisprudenza malversazione

La giurisprudenza italiana ha fornito chiarimenti importanti sull’applicazione dell’art. 316-bis c.p.:

Cassazione n. 3770/2025: “con il decreto-legge 25 febbraio n. 2022, n. 13, (c.d. decreto frodi) convertito nella L. n.25/22 sono state introdotte alcune modifiche alla formulazione letterale dell’art. 316-bis cod. pen.:

  • le parole «a danno dello Stato» sono sostituite dalle seguenti: «di erogazioni pubbliche»;
  • al primo comma, le parole da «o finanziamenti» a «finalità» sono sostituite dalle seguenti: «, finanziamenti, mutui agevolati o altre erogazioni dello stesso tipo, comunque denominate, destinati alla realizzazione di una o più finalità, non li destina alle finalità previste».

La nuova previsione normativa ricomprende anche il tipo di finanziamento ottenuto dall’imputato che, pur provenendo da un istituto bancario privato, era stato erogato in forza non di una valutazione del merito del credito, ma della verifica dei presupposti della convenzione intercorsa con lo Stato, di cui il soggetto privato opera come longa manus.”

Cassazione n. 11732/2024: Il delitto di malversazione ex art. 316-bis c.p. si perfeziona al momento della scadenza del termine essenziale previsto dal contratto per la realizzazione dell’opera o del servizio per cui i fondi sono stati erogati. Tuttavia, può consumarsi anche prima, qualora risulti impossibile destinare le risorse alla finalità pubblica prevista, ad esempio a causa della violazione di vincoli o condizioni ulteriori, la cui inosservanza comprometta irrimediabilmente la tutela garantita dalla norma.

Cassazione n. 23927/2023: il reato di malversazione di erogazioni pubbliche consiste nell’omessa destinazione delle somme ricevute agli scopi previsti, distinguendosi così dalla truffa aggravata, che si configura quando l’ottenimento dei fondi avviene inducendo in errore l’ente erogatore mediante artifici o raggiri.

 

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pensioni anticipate

Pensioni anticipate Inps: al via le domande telematiche Pensioni anticipate: l’Inps comunica di aver aggiornato le procedure per presentare le domande 2025 per Opzione Donna, Quota 103 e APE Social

Pensioni anticipate Inps

Al via la presentazione delle domande 2025 per le pensioni anticipate. Con il messaggio n. 502/2025, l’Inps ha comunicato di aver aggiornato le procedure online per la presentazione delle istanze per Opzione Donna 2025, Ape Social e Quota 103. Le tre forme di pensione anticipata sono state prorogate dalla Legge di Bilancio 2025 (legge 207/2024). L’Istituto ha quindi implementato il sistema di gestione delle domande e fornito le relative indicazioni operative.

Domande pensioni

Le domande telematiche di pensione anticipata Opzione donna, pensione anticipata flessibile e certificazione di Ape sociale, spiega l’Inps nel messaggio possono essere presentate direttamente dal sito internet dell’istituto, accedendo tramite SPID, CIE o eIDAS, attraverso il servizio “Domanda Pensione, Ricostituzione, Ratei, Certificazioni, APE Sociale e Beneficio precoci”, accedendo all’area tematica e, infine, selezionando la voce “Nuova prestazione pensionistica” o “Certificati”. Oppure utilizzando i servizi offerti dai patronati o ancora contattando il Contact Center Multicanale al numero verde 803 164, gratuito da telefono fisso, o al numero 06 164 164 da cellulare, a pagamento in base alla tariffa applicata dal proprio gestore.

 

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avvocato cassazionista

Illecito spacciarsi per avvocato cassazionista senza iscrizione all’albo speciale Il Consiglio Nazionale Forense rammenta che è illecito fregiarsi del titolo di avvocato cassazionista senza essere iscritto nell'albo speciale

Avvocato cassazionista, albo speciale

Illecito fregiarsi del titolo di avvocato cassazionista senza essere iscritto nell’albo speciale per il patrocinio davanti alle giurisdizioni superiori. E’ quanto afferma il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 312/2024, pubblicata il 23 gennaio 2025 sul sito del Codice deontologico, rigettando il ricorso di un legale avverso la sanzione di 6 mesi di sospensione dall’esercizio della professione forense irrogata dal CDD di Palermo.

“La condotta dell’avvocato che utilizzi, nella carta intestata del proprio studio, il titolo di avvocato cassazionista pur non avendo mai effettivamente conseguito detto titolo, integra gli estremi della violazione prevista e sanzionata dall’art. 36 cdf” afferma quindi il CNF.

A nulla rileva, peraltro, “che lo stesso presenti tutti i requisiti formali e sostanziali per aver diritto al detto titolo e manchi soltanto la formale iscrizione”.

Riduzione della sanzione

Esclusa, altresì, la riduzione della sanzione disciplinare per l’incolpato che non mostra alcuna consapevolezza del proprio errore. “L’ammissione della propria responsabilità da parte dell’incolpato può essere valorizzata nell’ambito del complessivo giudizio relativo alla sua personalità ai fini della determinazione della giusta sanzione in senso più mite; attenuazione che invece deve escludersi ove, per converso, l’incolpato non mostri alcuna resipiscenza” aggiunge infatti il CNF, rigettando anche tale doglianza.

mepa

MePA: il Mercato elettronico della Pubblica Amministrazione MePA: il mercato elettronico della Pubblica Amministrazione grazie al quale le PA possono acquistare in modo trasparente beni e servizi 

Cos’è il MePA?

Il MePA, acronimo di Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione. Si tratta di una piattaforma digitale gestita da Consip che permette alle amministrazioni pubbliche di effettuare acquisti di beni, servizi e lavori sotto soglia comunitaria in modo semplificato, trasparente ed efficace. Il MePA è uno strumento innovativo, che modernizza i processi di approvvigionamento della PA, garantendo trasparenza e competitività.

Qual è la normativa di riferimento

Il MePA trova fondamento nel DPR n. 101/2002, che ha introdotto l’obbligo per le amministrazioni pubbliche di utilizzare strumenti elettronici per gli acquisti sotto soglia comunitaria.

Tra le altre normative rilevanti, si segnalano:

  • Codice dei contratti pubblici (D.lgs. n. 50/2016): regolamenta le modalità di approvvigionamento delle amministrazioni pubbliche, confermando l’obbligo di utilizzare piattaforme elettroniche per garantire trasparenza e legalità.
  • Direttive europee sugli appalti pubblici (2014/24/UE e 2014/25/UE): prevedono l’adozione di strumenti elettronici per la gestione degli appalti pubblici, in linea con gli obiettivi del MePA.
  • Legge di bilancio: ogni anno può introdurre disposizioni specifiche per rafforzare o ampliare le funzionalità della piattaforma.

Come funziona il MePA

Il MePA è una piattaforma digitale accessibile a fornitori e amministrazioni pubbliche tramite registrazione sul portale Consip. Ecco come funziona:

  • Registrazione: le imprese interessate a vendere i propri beni e servizi si registrano al MePA, inserendo le informazioni richieste e certificando il possesso dei requisiti richiesti. Le amministrazioni pubbliche si iscrivono per accedere ai cataloghi e avviare procedure di acquisto.
  • Catalogo elettronico: i fornitori possono pubblicare i propri beni e servizi nel catalogo della piattaforma. Le amministrazioni possono consultare il catalogo, confrontare le offerte e selezionare i prodotti che soddisfano le loro esigenze.

Fase di acquisto: modalità

  • Ordine diretto (ODA): consente alle amministrazioni di acquistare direttamente dal catalogo senza ulteriori procedure.
  • Richiesta di offerta (RDO): permette di richiedere offerte personalizzate ai fornitori registrati, promuovendo la competizione e il risparmio.

Trasparenza e tracciabilità

Ogni fase del processo di acquisto viene registrata digitalmente, garantendo la massima trasparenza e semplificando eventuali controlli.

I vantaggi del MePA

Il MePA offre numerosi vantaggi sia per la Pubblica Amministrazione che per i fornitori.

  • Trasparenza: tutti i processi sono tracciati e accessibili, riducendo il rischio di irregolarità.
  • Efficienza: la piattaforma semplifica e velocizza le procedure di acquisto, riducendo i tempi e i costi amministrativi.
  • Competitività: promuove il confronto tra offerte, assicurando migliori condizioni economiche per la PA.
  • Accesso al mercato: consente anche alle piccole e medie imprese di partecipare alle forniture pubbliche.

 

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assegno circolare

Assegno circolare: la guida Assegno circolare: cos'è, normativa, funzionamento e differenze con l'assegno bancario e giurisprudenza rilevante

Cos’è l’assegno circolare

L’assegno circolare è uno strumento di pagamento sicuro e garantito, emesso direttamente da un istituto di credito a favore di un beneficiario. Si tratta di una forma di pagamento particolarmente utilizzata in transazioni rilevanti, come l’acquisto di immobili o veicoli, proprio per l’elevata affidabilità rispetto ad altri strumenti come l’assegno bancario.

L’assegno circolare è un titolo di credito a vista, che comporta l’impegno della banca emittente a pagare una somma determinata al beneficiario indicato. Diversamente dall’assegno bancario, che viene emesso da un correntista e potrebbe essere scoperto, questo assegno  offre una garanzia di pagamento, in quanto la banca verifica la disponibilità dei fondi prima di emetterlo.

Caratteristiche principali

Da quanto detto  emerge che le principali caratteristiche dell’assegno circolare sono le seguenti:

  • sicurezza: perché la banca garantisce il pagamento;
  • non trasferibilità: salvo esplicita indicazione, l’assegno circolare non può essere girato a terzi;
  • validità: l’articolo 84 del Regio decreto n. 1736/1933 che contiene anche le disposizioni sull’assegno circolare stabilisce che se il possessore non presenta l’assegno per il pagamento entro 30 giorni dalla sue emissione decade dall’azione di regresso. Il termine invece per agire contro l’emittente si prescrive nel termine di 3 anni dalla sua emissione. Decorsi tre anni e fino a 10 il rimborso può essere chiesto esclusivamente al soggetto che ne aveva chiesto l’emissione.

Normativa di riferimento

La disciplina degli assegni circolari è contenuta nel Regio Decreto n. 1736 del 21 dicembre 1933 (“Legge Assegni”), che regolamenta sia gli assegni bancari che quelli circolari. In particolare:

  • 1 e ss. R.D. 1736/1933: definiscono le caratteristiche generali degli assegni.
  • 84 R.D. 1736/1933: disciplina i termini dell’azione di regresso e dell’azione contro l’emittente.
  • Lgs. n. 231/2007: stabilisce i limiti sull’uso del contante e degli strumenti assimilati, inclusi gli assegni circolari, per la prevenzione del riciclaggio.

Come funziona l’assegno circolare

Il richiedente si reca presso la banca e deposita l’importo da trasferire, ameno che non abbia un contro corrente su cui addebitare l’importo. La banca emette l’assegno intestato al beneficiario indicato, garantendo la copertura.

Il beneficiario a questo punto può:

  • presentare l’assegno allo sportello della banca emittente per l’incasso immediato;
  • depositare l’assegno sul proprio conto corrente, con tempi di accredito variabili.

Rischi legati all’assegno circolare

Nonostante l’assegno circolare sia considerato uno degli strumenti di pagamento più sicuri, esistono alcuni rischi:

  • Assegni falsi o contraffatti: esistono tecniche sofisticate per creare assegni apparentemente autentici. È sempre consigliabile verificarne la validità presso la banca emittente.
  • Smarrimento o furto: l’assegno può essere incassato solo dal beneficiario, ma in caso di furto o smarrimento è necessario agire prontamente con una denuncia e richiedere il blocco.
  • Frode del doppio incasso: anche se raro, il beneficiario potrebbe tentare di incassare l’assegno presso più istituti. Le banche, però, applicano sistemi di controllo per prevenire queste frodi.

Differenza tra assegno circolare e assegno bancario

Caratteristica Assegno Circolare Assegno Bancario
Emittente Banca Correntista della banca
Garanzia di pagamento Totale, fondi verificati prima dell’emissione Nessuna garanzia, possibile scoperto
Utilizzo principale Grandi transazioni (immobili, veicoli) Pagamenti quotidiani e operazioni ordinarie
Tempi di incasso Immediato o rapido Variabili, possibile rischio di mancato pagamento
Rischi Contraffazione o smarrimento Assegno scoperto, firma irregolare, fondi insufficienti

Giurisprudenza sull’assegno circolare

La giurisprudenza ha chiarito vari aspetti legati all’assegno circolare:

Cassazione SU n. 40256/2018: a seguito dell’abrogazione dell’art. 485 c.p. e della riformulazione dell’art. 491 c.p. ad opera del d.lgs. 15 gennaio 2016, n. 7, la falsificazione di un assegno bancario recante la clausola di non trasferibilità non costituisce più reato, configurandosi come illecito civile.

Cassazione n. 23390/2024: se un assegno circolare non presenta segni evidenti di contraffazione e il documento di identità del presentatore è privo di elementi sospetti che ne mettano in dubbio l’autenticità, il cassiere adempie al proprio dovere di diligenza, in assenza di altre anomalie rilevanti, verificando semplicemente che le generalità anagrafiche riportate nel documento di identità corrispondano esattamente a quelle indicate nell’assegno.

Cassazione n. 21053/2024: il pagamento con assegno circolare estingue l’obbligazione pecuniaria senza necessità di accordo preventivo o quietanza liberatoria, poiché è un mezzo alternativo al contante e garantito dalla provvista.

 

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auto per disabili

Auto per disabili: la detrazione vale anche con la permuta L'Agenzia delle Entrate chiarisce che si può beneficiare della detrazione auto per disabili anche se parte del pagamento avviene con permuta di veicolo usato

Detrazione fiscale auto per disabili

Auto per disabili: ok alla detrazione anche con la permuta dell’usato. L’Agenzia delle entrate, con la risoluzione n. 11 del 7 febbraio 2025, chiarisce che è possibile beneficiare della detrazione Irpef del 19% sull’intero costo di un’auto acquistata per il trasporto di persone con disabilità, anche se parte del pagamento avviene tramite la permuta di un veicolo usato.

Il quesito

Il quesito sottoposto all’Agenzia riguardava l’acquisto di un’auto per il trasporto del figlio disabile dell’istante. In tale occasione, l’uomo aveva venduto al concessionario un veicolo usato il cui ”valore”, evidenziato nel «contratto di ordine di acquisto dell’auto», era stato utilizzato a scomputo dell’importo dovuto per l’acquisto del nuovo veicolo saldato con bonifico bancario. Ciò posto, il contribuente chiede alle Entrate se, ai fini della detrazione di cui all’articolo 15, comma 1, lett. c), del TUIR (Dpr n. 917/1986), spettante per le spese sostenute per l’acquisto dei mezzi di locomozione dei soggetti disabili, il beneficio fiscale spetta anche con riferimento al ”valore” del veicolo “concesso in permuta al concessionario in occasione dell’acquisto, scomputato dal prezzo di acquisto della nuova autovettura”.

La detrazione Irpef sull’auto per disabili

L’Agenzia ricorda preliminarmente che, l’articolo 15, comma 1, lett. c), del TUIR prevede una detrazione dall’imposta lorda (IRPEF), calcolata su una spesa massima di 18.075,99 euro, sostenuta per l’acquisto dei mezzi di locomozione dei soggetti disabili di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

La detrazione spetta sul costo di acquisto del veicolo (nuovo o usato) e sulle spese di riparazione imputabili a manutenzione straordinaria. Sono, quindi, escluse quelle di ordinaria manutenzione, quali il premio assicurativo, il carburante, il lubrificante, gli pneumatici e le spese in genere riconducibili alla normale manutenzione del veicolo. La detrazione pari al 19 per cento è determinata sul predetto limite di spesa con riferimento all’acquisto di un solo veicolo in un periodo di 4 anni (decorrente dalla data di acquisto). Concorrono al raggiungimento del limite di spesa di euro 18.075,99 anche le spese di riparazione del veicolo, purché sostenute entro i 4 anni dall’acquisto del veicolo stesso.

Documentazione richiesta per la detrazione

Per garantire la tracciabilità dell’acquisto e poter usufruire della detrazione, il contribuente deve conservare:

  • Il contratto di acquisto del veicolo nuovo, con il prezzo totale dell’auto.
  • L’atto di vendita del veicolo usato o la fattura d’acquisto che riporti il valore della permuta.
  • La ricevuta del pagamento della caparra e del saldo (se effettuati con metodi tracciabili come bonifico bancario o carta di credito).

La normativa prevede che per la detrazione siano validi solo i pagamenti effettuati tramite bonifico bancario, postale o altri metodi tracciabili riconosciuti.

Quali veicoli sono ammessi all’agevolazione

I mezzi di trasporto che rientrano nell’agevolazione fiscale sono:

  • Motoveicoli e autoveicoli adattati per persone con limitazioni motorie permanenti.
  • Veicoli non adattati per il trasporto di persone con handicap psichico o mentale grave, con diritto all’indennità di accompagnamento.
  • Autoveicoli non adattati per il trasporto di persone non vedenti o sorde.

Il parere dell’Agenzia delle Entrate

Alla luce delle premesse normative, le Entrate esaminano il caso di specie, ossia “l’ipotesi in cui, in occasione dell’acquisto del nuovo veicolo, il soggetto acquirente vende al concessionario un veicolo usato concordandone un ”valore” e l’importo corrispondente a tale ‘valore’ è utilizzato a scomputo dell’importo dovuto a saldo per l’acquisto del nuovo veicolo”.

In tal caso, dunque, conclude il fisco, “poiché il pagamento per l’acquisto del veicolo nuovo viene effettuato in parte in denaro e in parte mediante la ”vendita’ del veicolo usato, ‘compensando’, in tal modo, i reciproci rapporti di debito e credito delle parti contraenti, la spesa deve considerarsi sostenuta per il suo intero ammontare”.

interrogatorio di garanzia

Interrogatorio di garanzia L'interrogatorio di garanzia: cos’è qual è la normativa, come si svolge la procedura e quali sono le finalità

Cos’è l’interrogatorio di garanzia?

L’interrogatorio di garanzia è un istituto di procedura penale finalizzato a garantire i diritti della persona sottoposta a misura cautelare personale. Questo strumento è fondamentale per assicurare che l’indagato sia informato delle accuse a suo carico e abbia la possibilità di difendersi sin dalle fasi iniziali del procedimento penale.

Normativa di riferimento

L’interrogatorio di garanzia è disciplinato dall’art. 294 c.p.p., che stabilisce le modalità e i tempi entro cui deve essere effettuato. La normativa prevede che l’interrogatorio venga svolto dal giudice entro cinque giorni dall’esecuzione della misura cautelare, salvo proroghe giustificate da particolari esigenze.

Con la riforma Cartabia (D.lgs. n. 150/2022), sono state introdotte modifiche volte a rafforzare le garanzie difensive, migliorando la trasparenza e l’efficacia del procedimento. L’interrogatorio può oggi svolgersi a distanza se il difensore o la persona sottoposta alla misura cautelare ne facciano richiesta. Il nuovo comma 6 bis invece prevede che l’interrogatorio possa essere documentato anche con mezzi di riproduzione audiovisiva e, in caso di indisponibilità, con mezzi di riproduzione fonografica.

Come si procede all’interrogatorio di garanzia?

  1. Notifica della misura cautelare: l’indagato riceve la notifica della misura cautelare e viene informato del diritto di essere assistito da un difensore.
  2. Fissazione dell’interrogatorio: il giudice fissa l’interrogatorio entro cinque giorni dall’inizio della esecuzione della custodia, salvo proroghe.
  3. Svolgimento dell’interrogatorio: durante l’interrogatorio, il giudice illustra all’indagato le ragioni della misura cautelare e ascolta le sue dichiarazioni.
  4. Presenza del difensore: l’indagato ha il diritto di essere assistito dal proprio difensore di fiducia o, in mancanza, da un difensore d’ufficio.

Svolgimento dell’interrogatorio di garanzia

L’interrogatorio si svolge in presenza del giudice, del pubblico ministero e del difensore dell’indagato. Il giudice informa l’indagato dei fatti contestati e delle prove raccolte, garantendo il diritto di replica. L’indagato può scegliere di rispondere alle domande o avvalersi della facoltà di non rispondere.

Finalità e modalità dell’interrogatorio di garanzia

L’interrogatorio di garanzia realizza precise finalità:

  • informare l’indagato delle accuse e delle prove raccolte;
  • consentire la difesa dell’indagato sin dalle prime fasi del procedimento;
  • verificare la legittimità della misura cautelare adottata;
  • valutare eventuali richieste di revoca o modifica della misura cautelare.

Le modalità dell’interrogatorio sono disciplinate dagli articoli 64 e 65 c.p.c Esse prevedono, tra l’altro, il divieto di utilizzare metodi o tecniche capaci di influenzare la libertà, di alterare il ricorso o la capacità di valutazione dei fatti da parte dell’interrogato.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza italiana ha chiarito vari aspetti dell’interrogatorio di garanzia.

  • Cassazione n. 2241/2025: la brevità del termine tra la notifica dell’avviso di deposito e l’interrogatorio di garanzia non determina nullità, poiché prevale l’interesse a un immediato contatto tra indagato e giudice per verificare i presupposti della misura cautelare. Le esigenze difensive possono essere tutelate con un’istanza di differimento entro cinque giorni o con richiesta di revoca per inefficacia dell’ La congruità del termine va valutata considerando la presenza del difensore e la possibilità di un’adeguata assistenza, tenendo conto di distanza, mezzi di comunicazione e tempi di esame degli atti.
  • Cassazione n. 29330/2024: richiamo il principio sancito dalla SU n. 15069/2023, ossia che “la traduzione dell’ordinanza cautelare è essenziale all’esercizio delle prerogative difensive del soggetto alloglotta che non conosce la lingua italiana. La comprensione dei motivi per i quali è intervenuta la privazione della libertà personale costituisce, infatti, una condizione preliminare all’esercizio di queste prerogative e tale comprensione «presuppone la conoscenza linguistica, diretta o mediata da un interprete, delle accuse» (pag. 16 della motivazione). Secondo il supremo Collegio – che richiama sul punto la sentenza della Corte costituzionale n. 10 del 1993 – solo in questo modo è possibile assicurare «una garanzia essenziale al godimento di un diritto fondamentale di difesa.”
  • Cassazione n. 42638/2023: La nuova disciplina, nel prevedere l’interrogatorio “a distanza”, richiede in primo luogo la previa richiesta dell’interessato e la successiva autorizzazione del giudice. La previa richiesta di parte, in virtù del richiamo che il comma quinto opera al comma quarto del medesimo articolo, appare quindi un requisito necessario affinché il giudice piuttosto che procedere alla delega dell’interrogatorio, assuma l’interrogatorio attraverso il video collegamento.”

 

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giurista risponde

Peculato d’uso: configurabilità Può considerarsi integrata la fattispecie di peculato in caso di utilizzo, da parte del pubblico funzionario, di un bene del quale abbia la disponibilità per ragione del suo ruolo, qualora ciò avvenga per un interesse privato ma senza che venga distolta dalla sua destinazione istituzionale?

Quesito con risposta a cura di Mariarosaria Cristofaro e Serena Ramirez

 

Il delitto di peculato non sussiste quando l’uso concomitante della cosa per finalità private ed istituzionali non determini un apprezzabile pregiudizio economico o funzionale per l’amministrazione (Cass., sez. VI, 28 ottobre 2024, n. 39546).

La Corte di Cassazione è chiamata a pronunciarsi in merito alla corretta configurabilità del delitto di cui all’art. 314, comma 2, c.p.

Il ricorrente, assolto in primo grado per insussistenza dei reati ascrittogli e condannato in secondo grado, denuncia l’assenza di motivazione rafforzata in punto di elemento oggettivo e soggettivo del reato, nonché il vizio di motivazione in punto di offensività delle condotte.

Secondo quanto prospettato dalla difesa, in primis le automobili utilizzate non erano mai state distolte dalla loro destinazione istituzionale e, quindi, sottratte alla sfera di dominio dell’ente pubblico a cui, peraltro, non è stato arrecato alcun pregiudizio, né un danno economico. In secondo luogo, quanto alla natura dolosa della condotta, non è riscontrabile alcuna volontà di appropriarsi di un bene dell’Amministrazione, sicché si tratterebbe di un mero errore sul fatto costituente reato e non di errore su legge extra penale che, in quanto tale, è inescusabile.

I giudici della Sesta Sezione, nell’accogliere il ricorso, hanno ribadito i principi dettati dalla Sezioni Unite in tema di peculato. L’art. 314, c.p. tutela tanto il patrimonio della P.A., quanto l’interesse alla legalità, imparzialità e buon andamento dell’amministrazione, per cui il reato è configurabile tutte le volte in cui tale interesse sia leso pur in assenza di un danno patrimoniale (Cass. 25 giugno 2019, n. 38691 e Cass. 20 dicembre 2012, n. 19054). Il disvalore del peculato deve essere ravvisato nell’abuso del possesso della cosa. Precisamente, la fattispecie in esame si ritiene sussistente quando il pubblico funzionario sfrutti la disponibilità della cosa e la distolga dal suo scopo istituzionale e questo può accadere anche in assenza di un pregiudizio economico per l’ente pubblico.

Chiarita la ratio della norma incriminatrice, i giudici di legittimità hanno escluso che l’uso concomitante della cosa per finalità private ed istituzionali costituisca peculato, almeno nella misura in cui non determini un apprezzabile pregiudizio economico o funzionale per l’amministrazione.

Alla luce di questi principi, la Corte ha assolto l’imputato del reato contestatogli.

 

(*Contributo in tema di “Peculato d’uso”, a cura di Mariarosaria Cristofaro e Serena Ramirez, estratto da Obiettivo Magistrato n. 80 / Dicembre 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)

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Ausiliari del giudice: incostituzionale la riduzione degli onorari Nel caso dei compensi agli ausiliari del giudice, la riduzione per le vacazioni successive alla prima è contraria alla Costituzione

Compensi ausiliari del giudice: la Consulta

In materia di onorari degli ausiliari del giudice, nel caso di compensi a tempo per l’attività prestata, il sistema di calcolo basato sulla vacazione, unità di misura pari a due ore di impegno del professionista, non può distinguere tra la prima vacazione e quelle successive. La riduzione per le vacazioni successive alla prima è contraria alla Costituzione. È quanto ha deciso la Consulta con la sentenza n. 16 del 2025, depositata ieri, con la quale ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell’articolo 4, secondo comma, della legge 8 luglio 1980, n. 319 (Compensi spettanti ai periti, ai consulenti tecnici, interpreti e traduttori per le operazioni eseguite a richiesta dell’autorità giudiziaria), nella parte in cui, per le vacazioni successive alla prima, dispone la liquidazione di un onorario inferiore a quello stabilito per la prima vacazione.

La qlc

La questione era stata sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 111 della Costituzione, dal Tribunale ordinario di Firenze, che aveva censurato la norma perché l’entità «irrisoria» degli attuali onorari darebbe luogo ad un assetto normativo che sacrifica il diritto all’adeguata remunerazione del professionista e lede la garanzia dell’equo processo, non assicurando a tal fine la qualità minima della prestazione dell’ausiliare.

Normativa manifestamente irragionevole

Per la Corte la previsione normativa in oggetto è manifestamente irragionevole, in quanto impone una diversificazione dei compensi legati al susseguirsi delle vacazioni, peraltro già scarsamente remunerate, in un quadro di ormai sistematica omissione dell’onere di adeguamento periodico dei compensi.

Lo “scarto significativo” tra la prima vacazione e le successive – osserva il giudice delle leggi – accentua l’assoluta sproporzione tra l’entità del compenso da riconoscersi all’ausiliare e il valore della sua prestazione, pur nel legittimo scopo perseguito di contenimento dei costi del processo.

Istituto della vacazione e previsione tabellare

La Corte ha sottolineato che l’istituto della vacazione in realtà non è più normato, nella novellata disciplina degli onorari a tempo, di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, ormai interamente affidata, insieme a quella degli onorari fissi e variabili, alla previsione tabellare.

Il giudice rimettente aveva censurato anche l’articolo 50, comma 3, del citato D.P.R. nella parte in cui prevede che le tabelle relative agli onorari a tempo individuino il compenso del professionista. La Corte ha dichiarato inammissibile tale questione per irrilevanza nel procedimento principale, rilevando che tale disposizione, pur formalmente in vigore, disciplinerà in concreto la materia solo a seguito dell’adozione del regolamento ministeriale introduttivo del nuovo sistema tabellare, di cui al comma 1 dello stesso articolo 50, adozione non ancora intervenuta.