Visto di conformità solo per i professionisti
Visto di conformità riservato ai professionisti: la riserva verso i professionisti ordinistici non è illegittima, vista la «diversità sostanziale tra le due categorie di professionisti» (ordinistici e non). E non è irragionevole limitare la possibilità di rilascio ai «professionisti iscritti a ordini, che, avendo superato un esame di Stato per accedere agli albi ed essendo soggetti alla penetrante vigilanza degli ordini anche sul piano deontologico, sono muniti di particolari requisiti attitudinali e di affidabilità, a garanzia degli interessi dell’amministrazione alla corretta esecuzione dell’adempimento». È quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 144/2024 che ha rigettato le questioni di legittimità costituzionale sollevate dai tributaristi.
Le questioni di legittimità costituzionale
Le questioni muovono dall’asserita irragionevolezza della distinzione tra professioni ordinistiche e non ordinistiche ai fini del rilascio del visto di conformità, sia “pesante” che “leggero”, non sussistendo più, ad avviso del rimettente, una differenza apprezzabile tra le due categorie professionali, tenuto conto dell’approvazione della legge n. 4 del 2013 e del fatto che i tributaristi non iscritti possono inviare le dichiarazioni dei redditi all’amministrazione finanziaria.
Tale distinzione, tuttavia, sarebbe più che ragionevole e costituirebbe in ogni caso il frutto di una scelta discrezionale del legislatore non manifestamente irragionevole.
Diversità sostanziale tra le due categorie di professionisti
Nel merito, precisa innanzitutto la Consulta, “il visto di conformità ha lo scopo di garantire ai contribuenti assistiti un corretto adempimento di taluni obblighi tributari e di agevolare l’amministrazione finanziaria nella selezione delle posizioni da controllare e nell’esecuzione dei controlli di propria competenza” enucleando poi la differenza tra quello “leggero” e “pesante”.
Accertato che permane una diversità sostanziale tra le due categorie di professionisti, la Corte verifica la ragionevolezza della scelta operata dal legislatore, con esito positivo.
“È da considerare il rilevante interesse pubblico correlato al rilascio del visto di conformità, che non si risolve nella mera predisposizione e trasmissione delle dichiarazioni o nella tenuta delle scritture e dei dati contabili, ma è diretto ad agevolare e rendere più efficiente l’esercizio dei poteri di controllo e di accertamento dell’amministrazione finanziaria, con assunzione della relativa responsabilità (si pensi, ad esempio, alla corretta determinazione degli oneri detraibili collegati al cosiddetto “superbonus edilizio”)” afferma la Consulta. Dunque, non è irragionevole “abilitare al rilascio del visto i professionisti iscritti a ordini, che, avendo superato un esame di Stato per accedere agli albi ed essendo soggetti alla penetrante vigilanza degli ordini anche sul piano deontologico, sono muniti di particolari requisiti attitudinali e di affidabilità, a garanzia degli interessi dell’amministrazione alla corretta esecuzione dell’adempimento”.
La decisione
In definitiva, la Corte esclude sia la discriminazione che l’irragionevolezza prospettate dal rimettente, in riferimento all’art. 3 Cost. e ritiene non fondate tutte le altre questioni sollevate.