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Permessi legge 104: non c’è una data di scadenza I permessi ex legge 104 non hanno una data di scadenza, vengono meno se non sussistono i requisiti richiesti dalla legge

permessi legge 104

Permessi legge 104: nessuna scadenza automatica

I permessi retribuiti previsti dall’articolo 33 della Legge 104/1992 non hanno una data di scadenza prefissata. Tuttavia, il diritto alla fruizione rimane subordinato alla verifica continua della sussistenza dei requisiti richiesti. Questo principio è stato affermato dalla Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, nella sentenza n. 30628/2024.

Richiesta permessi per assistere parente disabile

Il principio sancito dagli Ermellini chiude una vicenda che ha inizio quando un lavoratore chiede i permessi per assistere un congiunto con disabilità grave. L’INPS inizialmente concede l’autorizzazione, poi la limita a un periodo definito. La società datrice di lavoro chiede quindi il rimborso delle somme indebitamente erogate.  Per la società infatti il dipendente non aveva più diritto ai permessi. La Corte d’Appello accoglie le richieste dell’azienda, ma il lavoratore impugna la decisione, portando il caso davanti alla Cassazione.

I permessi della legge 104 non scadono automaticamente

La Suprema Corte chiarisce che il diritto ai permessi nasce con la presentazione della domanda amministrativa e il riconoscimento dell’ente previdenziale. Una volta accertato il diritto, questo non può essere arbitrariamente limitato nel tempo dall’INPS o dal datore di lavoro, a meno che non intervengano cambiamenti nei requisiti iniziali. I benefici previsti dalla Legge 104 non sono soggetti a “scadenza automatica”. Eventuali modifiche o revoche possono avvenire solo in caso di accertamenti successivi che dimostrino l’assenza dei presupposti di legge.

Onere del lavoratore: domanda corretta e completa

Il lavoratore ha l’onere di presentare una domanda amministrativa corretta e completa. Questa domanda è infatti un atto essenziale per accedere al beneficio. Essa permette all’INPS di verificare l’esistenza delle condizioni previste dalla normativa. Una volta approvata, la prestazione previdenziale diventa obbligatoria e permanente fino a prova contraria.

Nel caso specifico, la Cassazione, nell’accogliere  il ricorso del dipendente, evidenzia che l’INPS non aveva il diritto di circoscrivere temporalmente il beneficio, salvo verifiche capaci di dimostrare la perdita dei requisiti.

INPS o datore: devono provare il venir meno dei requisiti

Un elemento cruciale riguarda però l’onere della prova. Spetta all’INPS o al datore di lavoro dimostrare che i requisiti per i permessi siano venuti meno. Questo ribalta la prospettiva: una volta riconosciuto il diritto, il lavoratore non deve dimostrare continuamente di averne diritto. Sono le istituzioni competenti a dover provare eventuali irregolarità.

Implicazioni pratiche lavoratori e datori

La sentenza della Cassazione sancisce in conclusione che:

  • i permessi ex Legge 104 non decadono automaticamente;
  • la richiesta del lavoro relativa ai permessi deve essere chiara, completa e conforme ai requisiti di legge;
  • l’INPS può controllare la persistenza dei requisiti, ma non può imporre limiti temporali arbitrari;
  • il diritto ai permessi decade solo se emergono modifiche che rendono non applicabile la normativa.

Ne consegue che le aziende devono prestare maggiore attenzione nel gestire i permessi. Anticipare somme senza verifiche adeguate può comportare rischi finanziari. La richiesta di rimborso al lavoratore deve essere supportata da prove solide che dimostrino eventuali irregolarità nel godimento dei permessi 104.

E’ necessario inoltre che vi sia equilibrio tra il diritto del lavoratore e il controllo dei requisiti da parte dell’INPS. Il sistema previdenziale deve essere equo e il diritto al sostegno per i familiari con disabilità deve essere garantito senza ostacoli burocratici o interpretazioni restrittive.

 

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