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Cassazione: le sanzioni tributarie non si ereditano Le sanzioni tributarie non si trasmettono agli eredi. La Cassazione ha ribadito che la morte del contribuente estingue il credito erariale derivante da violazioni fiscali

sanzioni tributarie

Sanzioni tributarie: il principio affermato dalla Cassazione

Con l’ordinanza n. 22476/2025, la Corte di Cassazione ha ribadito che le sanzioni tributarie hanno natura personale e, in caso di decesso del contribuente, non possono essere trasmesse agli eredi.
Una volta documentata la morte del soggetto destinatario della sanzione, viene meno la materia del contendere.

La vicenda processuale

Il caso riguardava un contribuente che deteneva investimenti non dichiarati all’estero. Dalla documentazione acquisita risultavano sanzioni calcolate in misura pari a 246.806 euro per l’anno 2008 e a 216.840 euro per l’anno 2009.
Nel corso del procedimento il contribuente è deceduto (22 giugno 2024) e la questione è giunta in Cassazione.

La normativa applicabile

La Corte ha richiamato l’articolo 8 del decreto legislativo n. 472/1997, che sancisce l’intrasmissibilità agli eredi delle sanzioni tributarie. Tale previsione discende dal principio di responsabilità personale, già contenuto nell’articolo 2 dello stesso decreto.
In altre parole, la sanzione riguarda esclusivamente la condotta dell’autore della violazione e non può gravare sui suoi successori.

Effetti del decesso: estinzione del credito erariale

Secondo la Cassazione, il credito dell’erario derivante da violazioni tributarie riferibili a persone fisiche si estingue con la morte dell’autore.
Pertanto, una volta accertato il decesso, l’Amministrazione finanziaria non può più pretendere il pagamento e il giudizio deve dichiararsi estinto.

Nessuna condanna alle spese

I giudici hanno inoltre chiarito che non vi è luogo a provvedere sulle spese di giudizio. Richiamando l’orientamento già espresso in materia di sanzioni amministrative (Cass. n. 29577/2021), la Corte ha precisato che la morte del destinatario rende superfluo l’esame dei motivi di ricorso e impedisce l’applicazione del criterio della “soccombenza virtuale”.

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