assistenza domiciliare

Assistenza domiciliare dipendenti e pensionati: il bando INPS Assistenza domiciliare per dipendenti e pensionati PA: al via il bando INPS Home Care Premium 2025

Assistenza domiciliare dipendenti e pensionati

L’INPS ha pubblicato il bando per il Progetto Home Care Premium (HCP) 2025, un’iniziativa che prevede l’erogazione di contributi economici per l’assistenza domiciliare a favore di dipendenti e pensionati della PA iscritti alla Gestione Unitaria delle prestazioni creditizie e sociali. Il programma, valido per il periodo 2025-2028, è rivolto anche ai congiunti non autosufficienti dei beneficiari diretti, come coniugi e parenti di primo grado.

Chi può accedere al Progetto Home Care Premium

Il bando si rivolge a:

  • Dipendenti pubblici iscritti alla Gestione Unitaria delle prestazioni creditizie e sociali.
  • Pensionati della PA iscritti alla stessa gestione.
  • Coniugi e parenti di primo grado non autosufficienti dei soggetti sopra elencati.

Quali sono le agevolazioni previste

Il progetto Home Care Premium 2025 prevede due tipi di benefici per i richiedenti:

  1. Contributo economico per il rimborso delle spese sostenute per l’assunzione di un assistente domiciliare.
  2. Prestazioni integrative, fornite grazie alla collaborazione con gli Ambiti Territoriali Sociali (ATS), per garantire un sostegno più ampio alla persona assistita.

Come presentare la domanda

I richiedenti devono presentare la Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU) per il calcolo dell’ISEE sociosanitario, anche in modalità ristretta, per la determinazione del posizionamento in graduatoria.

Le domande possono essere inviate a partire dal 1° aprile 2025, accedendo all’area riservata del portale INPS e seguendo questo percorso:

  • Cercare il servizio “Portale Prestazioni Welfare”.
  • Cliccare su “Accedi all’area tematica”.
  • Selezionare “Gestione domanda” > “Presentazione domanda”.
  • Cliccare su “Utilizza il servizio” e infine su “Vai alla prestazione” in corrispondenza di Home Care Premium.

Scadenze e pubblicazione della graduatoria

L’INPS pubblicherà l’elenco dei beneficiari ammessi entro il 31 maggio 2025. Tuttavia, sarà possibile presentare nuove domande fino al 31 gennaio 2028.

Per ulteriori dettagli e per consultare il bando completo, è possibile visitare il sito ufficiale dell’INPS al seguente link: Bando Home Care Premium 2025.

errore diagnostico

Errore diagnostico Errore diagnostico: definizione, normativa di riferimento, risarcimento del danno e pronunce della Corte di Cassazione

Cos’è l’errore diagnostico?

L’errore diagnostico si verifica quando un medico formula una diagnosi errata o omette di riconoscere una patologia, causando un ritardo o un’errata impostazione terapeutica. Questo errore può derivare da:

  • diagnosi errata: ossia identificazione sbagliata della malattia;
  • diagnosi tardiva: ritardo nell’individuazione della patologia;
  • mancata diagnosi: omissione nel riconoscere la malattia.

Normativa di riferimento

La responsabilità medica per errore diagnostico è disciplinata dalla Legge Gelli-Bianco (L. 24/2017), che distingue tra:

  • responsabilità contrattuale (art. 1218 c.c.) per il medico dipendente di una struttura sanitaria;
  • responsabilità extracontrattuale (art. 2043 c.c.) per il medico libero professionista.

Inoltre, l’art. 2236 c.c. limita la responsabilità del medico ai soli casi di dolo o colpa grave quando l’errore riguarda interventi complessi.

Incertezza diagnostica e nesso causale

L’errore diagnostico non implica automaticamente la responsabilità medica. Devono essere accertati:

  • l’errore effettivo: analizzando se il medico ha rispettato le linee guida e le buone pratiche cliniche;
  • il nesso causale: dimostrare che l’errore ha causato un danno al paziente.

Secondo la Cassazione (sentenza n. 18392/2017), il medico è responsabile se la diagnosi errata ha impedito un trattamento tempestivo che avrebbe migliorato le condizioni del paziente.

Risarcimento del danno da errore diagnostico

Il paziente ha diritto al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale se prova che:

  1. l’errore diagnostico è stato determinante per l’aggravamento della patologia;
  2. il medico non ha rispettato il dovere di diligenza;
  3. il danno subito è direttamente collegato all’errore.

Il risarcimento può includere:

  • danno biologico (lesione della salute fisica e psichica);
  • danno morale (sofferenza interiore);
  • danno patrimoniale (spese mediche e perdita di reddito).

Giurisprudenza della Cassazione

Cassazione n. 15786/2023: l’errore diagnostico non si limita a una diagnosi errata di una malattia, ma si verifica anche quando il medico omette di eseguire gli esami e i controlli necessari per una diagnosi corretta. In altre parole, la responsabilità medica sussiste non solo quando si sbaglia la diagnosi, ma anche quando si trascura di fare tutto il necessario per arrivare a una diagnosi corretta.

Cassazione n. 17410/2023: il professionista che interpreta un esame diagnostico ha una responsabilità che va oltre la semplice lettura dei dati: è suo dovere valutare la necessità di ulteriori indagini e indirizzare il paziente verso approfondimenti diagnostici, qualora lo ritenga opportuno. In altre parole, non può limitarsi a una mera analisi formale, ma deve agire attivamente per garantire una diagnosi completa e accurata.

Leggi anche: Responsabilità medica: la Legge Gelli-Bianco

rigetto tardivo

Rigetto tardivo istanza iscrizione all’albo degli avvocati Per il Consiglio Nazionale Forense, il rigetto tardivo dell'istanza di iscrizione all'albo degli avvocati non comporta la nullità

Rigetto tardivo iscrizione albo avvocati

Il rigetto tardivo dell’istanza di iscrizione all’albo degli avvocati non ne comporta la nullità. Si tratta, infatti di un termine di natura ordinatoria che può avere ricadute sulla tempestività del ricorso, eventualmente prolungando i termini per la sua proponibilità. Così si è espresso il Consiglio Nazionale Forense, nella sentenza n. 350/2024, pubblicata il 10 marzo 2025 sul sito del Codice deontologico, affronta la questione relativa alla notifica dei provvedimenti di rigetto delle istanze di iscrizione all’albo o registro professionale.

Contesto normativo

L’articolo 17, comma 7, della Legge n. 247/2012 prevede che il provvedimento di rigetto dell’istanza di iscrizione all’albo o registro debba essere notificato all’interessato entro 15 giorni dalla sua adozione. Tale disposizione riprende quanto già stabilito dall’articolo 37, comma 3, del Regio Decreto Legge n. 1578/1933.

La decisione del Consiglio Nazionale Forense

Nella sentenza in esame, il CNF ha chiarito che il termine di 15 giorni per la notifica del provvedimento di rigetto ha natura ordinatoria e non perentoria. Di conseguenza, una notifica tardiva o addirittura la mancata notifica del provvedimento non ne determina la nullità. Tuttavia, tali ritardi possono influire sulla tempestività del ricorso da parte dell’interessato, estendendo eventualmente i termini per la sua proposizione. 

il legato

Il legato Il legato nel diritto successorio: definizione, normativa e tipologie della disposizione testamentaria disciplinata dagli artt. 649 e ss. c.c.

Cos’è il legato?

Il legato è una disposizione testamentaria con cui il testatore attribuisce a un soggetto (legatario) un bene specifico o un diritto, senza che quest’ultimo debba accettare l’intera eredità. Il legato si distingue dalla successione universale, poiché il legatario non è responsabile dei debiti ereditari oltre il valore del bene ricevuto.

Normativa di riferimento

Il legato è disciplinato dagli articoli 649-673 del Codice Civile. In particolare:

  • Art. 649 c.c.: si acquista senza bisogno di accettazione, salvo rinuncia;
  • Art. 651 – 660 c.c.: indicano le cose che possono essere oggetto di legato;
  • Art 661: disciplina il prelegato;
  • Art. 671 c.c: dispone l’obbligo del legatario di adempierlo e ogni altro onere imposto nei limiti del valore della cosa legata;
  • Art. 672 c.c.: sancisce che le spese per la prestazione del legato sono a carico del soggetto onerato;
  • Art. 673 c.c.: stabilisce l’inefficacia del legato se la cosa perisce durante la vita del testatore.

Differenza tra erede e legatario

L’erede subentra in tutti i rapporti attivi e passivi del defunto, acquisendo sia i beni che i debiti ereditari. Il legatario, invece, riceve solo il bene o il diritto indicato nel testamento, senza rispondere dei debiti del defunto.

Il prelegato

Il prelegato è un particolare tipo di legato destinato a un erede, il quale riceve un bene specifico in aggiunta alla sua quota ereditaria. Ad esempio, se un testatore lascia a un erede la casa e il resto dell’eredità viene suddiviso tra più soggetti, l’erede riceve un prelegato.

Tipologie di legato

Il legato può assumere diverse forme:

  • di specie: riguarda un bene specificamente individuato (es. “Lascio a Marco il mio orologio Rolex”);
  • di genere: riguarda beni determinati per categoria (es. “Lascio a Lucia un’auto della mia collezione”);
  • obbligatorio: attribuisce un diritto di credito (es. “Lascio a Paolo un vitalizio di 1.000 euro al mese”).
  • di usufrutto: concede l’usufrutto di un bene senza trasferirne la proprietà;
  • di prestazione periodica: attribuisce una rendita o un pagamento periodico.

Giurisprudenza in materia

Cassazione n. 11389/2024: l’esecuzione di un legato non ne implica necessariamente un’accettazione tacita. Questo perché l’adempimento può essere effettuato anche da terzi. Pertanto, l’atto di eseguire un legato non è automaticamente considerato un atto che solo il destinatario della disposizione avrebbe il diritto di compiere.

Cassazione n. 15387/2024: l’espressione “lascio”, anche se recepita da un notaio in un testamento pubblico, è ambigua e può essere interpretata sia come disposizione a titolo particolare (legato) sia come disposizione a titolo universale (eredità), inclusa la possibilità dell’istituto dell'”institutio ex re certa”. Pertanto, la sua interpretazione richiede un’analisi approfondita del contesto e delle intenzioni del testatore, per determinare la natura precisa della disposizione testamentaria.

Cassazione n. 1720/2016: nel legato di azienda, salvo diversa volontà del testatore, l’oggetto comprende l’insieme organizzato dei beni per l’esercizio dell’impresa, inclusi tutti i rapporti patrimoniali di debito-credito. Pertanto, applicandosi le norme successorie, il legatario è tenuto al pagamento dei debiti aziendali, ma solo entro i limiti del valore dell’azienda stessa, come stabilito dall’articolo 671 del Codice Civile.

 

Leggi anche gli altri articoli dedicati all’eredità

notifica pec

Notifica pec fallita per causa ignota: va rinnovata La Cassazione ha chiarito che in caso di notifica pec fallita per causa ignota, la stessa va rinnovata dalla cancelleria

Notifica pec fallita

Notifica PEC non andata a buon fine per causa ignota. Va rinnovata dalla Cancelleria. Questo quanto stabilito dalla quinta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 8361/2025.

Il caso: notifica PEC non consegnata

La decisione è scaturita dal ricorso di un uomo condannato per stalking dalla Corte d’Appello di Brescia. Il ricorrente ha contestato la validità della notifica dell’avviso di udienza al difensore e quella effettuata presso il domicilio eletto. La causa del fallimento non era chiaramente individuabile. Dagli atti risultava, infatti, che l’avvocato di fiducia non aveva ricevuto nel domicilio elettronico indicato la notifica dell’avviso di fissazione dell’udienza, risultante – del resto – dal fascicolo d’ufficio come non consegnato al destinatario. Di qui, a suo dire, “poiché non è stata individuata la causa della mancata consegna del messaggio di posta elettronica, non è possibile attribuirgli, in conformità ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità sulla questione, alcuna responsabilità per l’omesso recapito del predetto messaggio”.

Per la Corte, le doglianze suscettibili di valutazione unitaria, sono fondate.

Obbligo di ripetizione della notifica

La questione che si pone all’attenzione della S.C. è “se la notifica possa ritenersi valida anche in un’ipotesi come quella considerata, ossia nella quale non sia possibile stabilire se l’omessa consegna sia dipesa dalla responsabilità del destinatario del messaggio (ad es., per problemi correlati alla ‘saturazione’ della relativa cartella) ovvero da quella della Cancelleria” ragiona la Corte. In definitiva, “si tratta di individuare le conseguenze, in punto di validità della notifica dell’atto processuale a mezzo pec, dell’omessa consegna del messaggio inviato dalla cancelleria per una causa rimasta ignota”.
Nella giurisprudenza di legittimità, “è stato sancito il dovere del difensore di controllare il corretto funzionamento della propria casella di posta elettronica, con la conseguenza che, ove la mancata consegna dipenda da un malfunzionamento del sistema, le conseguenze restano a carico del difensore, in virtù della prescrizione espressa dall’art. 16, comma 6, del d.l. n. 179/2012, che impone il deposito dell’atto in cancelleria (ex multis, Cass. n. 41697/2019)”.

La decisione

Nel caso di specie, tuttavia, l’omessa consegna del messaggio trasmesso dalla cancelleria a mezzo posta elettronica certificata è rimasta ignota. E ciò in quanto la preminente importanza che, anche nella giurisprudenza costituzionale, è attribuita al diritto di difesa dell’imputato rispetto al principio della ragionevole durata del processo, comporta che, “nelle ipotesi di incertezza circa la responsabilità dell’omesso perfezionamento del procedimento notificatorio, questo non possa considerarsi validamente compiuto”.
“Il che impone alla cancelleria, in un caso siffatto, concludono dal Palazzaccio, “la rinnovazione della notifica, trattandosi, peraltro, di un adempimento semplificato proprio dalla possibilità di utilizzare l’agile strumento della posta elettronica certificata”.
Da qui l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio.

Allegati

giurista risponde

Furto con strappo e rapina Il contegno con cui il reo asporta una res particolarmente aderente al corpo della vittima è sussumibile nella fattispecie di furto con strappo o in quella più grave della rapina?

Quesito con risposta a cura di Leonarda Di Fonte e Francesco Trimboli

 

Il soggetto agente che, con violenza sulla cosa, sottrae un bene strettamente aderente al corpo della persona offesa e se ne impossessa commette il delitto di cui all’art. 628 c.p., indipendentemente dalla volontaria resistenza della vittima o dalle ecchimosi da questa subite, in quanto, per superare la fisiologica opposizione posta dal corpo e conseguire, quindi, il risultato atteso, la violenza sulla cosa si estende necessariamente alla persona e si sviluppa su di essa (Cass., sez. II, 17 ottobre 2024, n. 45589 (Furto con strappo e rapina).

Nel caso di specie i Giudici di legittimità sono stati chiamati a sciogliere i nodi circa la qualificazione di una peculiare fattispecie in cui l’imputato si è reso autore dell’impossessamento di una collana particolarmente stretta al collo di una signora ultrasessantenne e in condizioni di vulnerabilità, in quanto rimasta vittima di tale condotta criminosa all’interno del suo domicilio cui il reo ha avuto accesso mediante artifizi e raggiri.

In sede di giudizio abbreviato il soggetto agente è stato condannato con sentenza del G.i.p. del Tribunale di Modena, riconosciuto il vincolo della continuazione e, quindi, della medesimezza del disegno criminoso, per il delitto di truffa aggravata e rapina aggravata, sentenza questa che è stata, tra l’altro, confermata dalla Corte d’appello di Bologna.

Contro la decisione del giudice di secondo grado il reo, per mezzo del suo difensore, ha esperito ricorso per cassazione per omessa motivazione e manifesta illogicità della stessa circa alcuni profili dedotti nell’atto di appello.

Il difensore, innanzitutto, ha contestato che il giudice di merito abbia, erroneamente e senza adeguata motivazione, privilegiato la seconda versione dei fatti resa con la querela, quest’ultima successiva all’annotazione della P.G rispetto alla quale risulta contraddittoria.

Infatti, nelle dichiarazioni fornite alla P.G. il giorno in cui si è perfezionato e consumato il reato la persona offesa – per come dedotto nella censura di legittimità – non ha fatto riferimento alcuno alla violenza perpetrata dal reo.

Inoltre, il ricorrente ha lamentato la mancata riqualificazione del fatto in furto con strappo ai sensi dell’art. 624bis c.p.

La violenza eventualmente cagionata dall’imputato – sostiene il difensore – era diretta nei confronti della res senza alcun coinvolgimento della persona offesa, in quanto quest’ultima non opponeva alcuna resistenza all’agire delittuoso.

La seconda sezione penale della Corte di cassazione ha rigettato il ricorso perché infondato.

In particolare, i giudici di Piazza Cavour hanno ritenuto logica la motivazione della Corte d’appello circa l’accoglimento della seconda versione fornita dalla vittima mediante querela, in quanto risultante più circostanziata e maggiormente attendibile per la maggiore lucidità psicologica caratterizzante la persona offesa.

Inoltre, la Cassazione con il suo arresto ha ribadito il principio di diritto espresso in una sua precedente decisione Cass. pen., sez. II, 3 ottobre 2006, n. 34206, nella quale la linea di demarcazione tra furto con strappo e rapina è stata individuata nella direzione della violenza sprigionata dal soggetto agente.

In particolare, il furto con strappo si configura quando la violenza si rivolge direttamente alla cosa, indipendentemente dai riflessi indiretti e involontari che la vittima possa subire a causa della relazione fisica tra la stessa e il bene posseduto. Per contro, si realizza il delitto di rapina nel momento in cui la violenza è diretta alla persona o si sviluppa sulla medesima e, comunque, anche quando viene esercitata per vincere la sua resistenza attiva (così anche Cass. pen., sez. II, 19 dicembre 2014, n. 2553).

Ciò nonostante, con quest’illuminante sentenza gli Ermellini sono andati oltre e hanno approfondito con un’interessante argomentazione la vexata quaestio circa il confine tra le due tipologie di reato.

Nel caso specifico si è precisato che, quando la cosa che si intende asportare è particolarmente aderente al corpo del possessore, la violenza perpetrata sul bene si estende inevitabilmente anche alla persona (così anche Cass. pen., sez. II, 11 novembre 2010, n. 41464).

Icasticamente nella fattispecie in questione il soggetto attivo, per raggiungere il risultato criminoso atteso, ha dovuto superare non solo la forza di coesione inerente alla relazione fisica tra possessore e cosa sottratta, ma altresì la materiale opposizione determinata dal corpo della vittima, per cui qui lo strumento con cui si è realizzata la sottrazione non è tanto lo strappo, quanto la violenza stessa (così anche Cass. pen., sez. II, 21 febbraio 2019, n. 16899).

La configurazione della rapina, peraltro, non è ostacolata dalla circostanza che la persona offesa non abbia subito alcuna contusione o lesione, in quanto lo strappo della collana determina un inconfutabile esercizio di energia fisica sul collo della donna che si concretizza, quindi, in una violenza sulla persona, elemento quest’ultimo costitutivo ai sensi dell’art. 628 c.p.

 

(*Contributo in tema di “Furto con strappo e rapina”, a cura di Leonarda Di Fonte e Francesco Trimboli, estratto da Obiettivo Magistrato n. 82 / Febbraio 2025 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)

fogli di mappa catastali

Fogli di mappa catastali: gratis online L'Agenzia delle Entrate ha reso gratuitamente l'accesso diretto online ai fogli di mappa catastali dell'intero territorio nazionale

Fogli di mappa catastali

Cittadini, professionisti e Pubbliche amministrazioni possono accedere gratis e direttamente online ai fogli di mappa catastali del territorio nazionale, esclusi quelli di Trento e Bolzano, dove il catasto è gestito dalle rispettive Province autonome. Lo ha reso noto l’Agenzia delle Entrate, pubblicando il provvedimento direttoriale ad hoc (Prot. n. 147556/2025).

Attuazione del DLgs. n. 139/2024

Il provvedimento, in attuazione di quanto previsto dall’articolo 7, comma 3, del decreto legislativo 18 settembre 2024, n. 139, determina le modalità per rendere disponibili, a titolo gratuito e con modalità esclusivamente telematiche, i fogli di mappa catastale per l’intero territorio nazionale (fatta eccezione, appunto, per le province autonome di Trento e Bolzano).

L’intervento legislativo, le cui disposizioni hanno effetto a partire dal 1° gennaio 2025, si innesta nel solco dell’ampliamento dei servizi telematici dell’Agenzia, per consentire, fa sapere il fisco, “a Pubbliche Amministrazioni, professionisti e cittadini di accedere gratuitamente e in modalità diretta e semplificata al patrimonio cartografico catastale, in coerenza con le previsioni di rafforzamento dei servizi digitali espresse nell’articolo 22 del decreto legislativo 8 gennaio 2024, n. 1”.

Come accedere ai fogli di mappa catastale

I fogli di mappa sono resi disponibili, gratuitamente ed in modalità telematica, mediante l’accesso all’area riservata dell’Agenzia ovvero, nei casi previsti, attraverso SMIDT e Portale per i Comuni.

Il provvedimento reca altresì disposizioni transitorie per consentire, concludono le Entrate, “nelle more del completamento della trasposizione digitale dell’archivio cartografico catastale – in particolare di quello raffigurante stadi storici della mappa catastale, a partire dagli esemplari originali unici risalenti alla fase di formazione del catasto – e dell’implementazione dei pertinenti servizi telematici per la generalità dell’utenza, la fruibilità dei fogli di mappa non disponibili telematicamente, mediante consultazione puntuale, eseguita presso gli Uffici dell’Agenzia delle entrate, con o senza rilascio di stampa o in formato digitale”.

Estate INPSieme Senior 2025

Estate INPSieme Senior 2025: il bando per i pensionati Pubblicato dall'INPS il bando Estate INPSieme Senior 2025 che prevede contributi per soggiorni in Italia o all'estero per i pensionati

Estate INPSieme Senior 2025

L’INPS ha pubblicato il bando Estate INPSieme Senior 2025, finalizzato ad offrire ai pensionati, loro coniugi/uniti civilmente e figli con disabilità conviventi, la possibilità di fruire di soggiorni estivi (da giugno a novembre) sia in Italia che all’estero, con un contributo economico a copertura totale o parziale dei costi.

L’iniziativa permette di soggiornare in località marine, montane, termali o culturali, crociere comprese, con pacchetti organizzati e forniti esclusivamente da tour operator e agenzie di viaggio.

Chi può partecipare a Estate INPSieme Senior 2025

Il bando è destinato a:

  • Pensionati iscritti alla Gestione Unitaria delle prestazioni creditizie e sociali
  • Pensionati della Gestione Dipendenti Pubblici (GDP)
  • Pensionati della Gestione Fondo Postelegrafonici

Come anticipato, possono beneficiare del contributo anche i coniugi e i figli conviventi con disabilità.

Importo del contributo e durata del soggiorno

L’INPS assegna un contributo economico massimo per coprire, totalmente o in parte, il costo del soggiorno, che può essere:

  • Otto giorni e sette notti, con un contributo di 800 euro

  • Quindici giorni e quattordici notti, con un contributo di 1.400 euro

Come presentare la domanda

La domanda di partecipazione deve essere presentata dal soggetto richiedente la prestazione, esclusivamente online, entrando nella propria area riservata del sito Inps, attraverso il servizio “Portale Prestazioni welfare” e cliccando su “Accedi all’area tematica”. Successivamente è necessario cliccare su “Gestione domanda” e in seguito, su “Presentazione domanda”, cliccare “utilizza il servizio”. Infine, cliccare su “Vai alla prestazione” in corrispondenza di “EstateINPSieme Senior”.

La domanda va inviata entro e non oltre le ore 12:00 del 16 aprile 2025.

Leggi gli altri articoli in materia di pensioni

cane dall'indole diffidente

Cane dall’indole diffidente al guinzaglio anche nell’area dedicata La Cassazione chiarisce che a prescindere da taglia e razza, il cane dall'indole diffidente va tenuto al guinzaglio anche nell'apposita area sgambamento

Cane dall’indole diffidente: guinzaglio obbligatorio

La quarta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 9620/2025, ha stabilito che anche nelle zone appositamente attrezzate per lo sgambamento, un cane dall’indole diffidente deve essere condotto con guinzaglio e museruola. Questo obbligo si applica indipendentemente dalla razza e/o dalla taglia. Si tratta, infatti, di una regola di prudenza che il proprietario deve rispettare per garantire la sicurezza di persone e animali.

Il caso: responsabilità del proprietario per lesioni colpose

Nel caso esaminato dalla S.C., il Tribunale aveva confermato la condanna della proprietaria di un pitbull per il reato ex art. 590 c.p. per aver cagionato alla vittima, entrata all’interno dell’area cani insieme al suo cucciolo di piccola taglia, lesioni personali colpose.

La condanna era stata motivata dalla mancata adozione di misure di sicurezza per imprudenza, imperizia e negligenza da parte della proprietaria, che, pur consapevole dell’indole diffidente dell’animale, non lo aveva assicurato al guinzaglio né dotato di museruola lasciandolo libero di circolare all’interno dell’area cani.

La donna ricorreva innanzi al Palazzaccio, lamentando che nelle aree appositamente attrezzate, i cani possono essere condotti senza guinzaglio e senza museruola, mentre tali accorgimenti vanno adottati per i cani di indole aggressiva. Da ciò deriva che nessun obbligo giuridico fosse configurabile a suo carico, non essendo certificato che il cane potesse essere definito ex ante come aggressivo, né potendo estendersi le limitazioni previste per gli animali aggressivi a quelli descritti come diffidenti.

La responsabilità del proprietario e le regole di condotta

Tuttavia, la Suprema Corte ha rigettato le argomentazioni della difesa, sottolineando che la natura colposa della condotta del ricorrente, “è da ricondurre all’inosservanza di norme cautelari afferenti al governo e alla conduzione dei cani”. Norme “volte a prevenire, neutralizzare o ridurre i rischi per la pubblica incolumità, specificamente declinate in relazione alle potenzialità lesive dell’animale, con richiamo alla norma di cui all’art. 672 c.p., che sanziona a livello amministrativo l’incauta custodia di animali e che positivizza il generale dovere di diligenza e prudenza che l’ordinamento pone in capo a chiunque abbia il dominio di un animale dotato di capacità lesiva”. Sancendo “l’assunzione di una posizione di garanzia rispetto alla possibilità del verificarsi di eventi dannosi, corredata da una serie di obblighi, divieti e modelli comportamentali la cui violazione determina responsabilità giuridica a vari livelli (amministrativo, civile e penale)”.

Nella sentenza di primo grado si è, con chiarezza, “affermata la violazione di regole di generica prudenza considerando che, in presenza di un altro animale nell’area di sgambamento nonché del relativo accompagnatore, la proprietaria del cane avrebbe dovuto fronteggiare la situazione con maggiore cura e cautela attuando una vigilanza stretta e una presenza dominante sul cane” aggiungono gli Ermellini.

“Il giudice di appello ha, per altro verso, addebitato all’imputata di aver lasciato il cane libero di circolare all’interno dell’area cani nonostante si trattasse di cane di indole da lei stessa definita ‘diffidente’ e nonostante un estraneo avesse manifestato l’intento di avvicinarsi e accarezzarlo”.

La “culpa in vigilando”

In definitiva, per la Cassazione, “la culpa in vigilando del proprietario del cane è stata correttamente identificata quale violazione di una regola cautelare non positivizzata desumibile da una massima di esperienza, legata non tanto alla razza del cane quanto piuttosto alla eventualità che un cane diffidente reagisca in maniera aggressiva all’avvicinamento di terzi estranei”. Si tratta di argomenti coerenti con il principio secondo il quale “in tema di colpa, allorquando risulti ex ante l’inefficacia preventiva delle regole cautelari positivizzate, il gestore del rischio è tenuto a osservare ulteriori regole cautelari non positivizzate, preesistenti alla condotta ed efficaci a prevenire l’evento, individuate alla luce delle conoscenze tecniche scientifiche e delle massime di esperienza (cfr. Cass. n. 32899/2021)”.

Da qui il rigetto delle doglianze avanzate dall’imputata nel ricorso che, tuttavia, viene accolto limitatamente al trattamento sanzionatorio, annullando la sentenza impugnata con rinvio al tribunale di Roma in diversa persona fisica per nuovo giudizio sul punto.

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Scia

SCIA: Segnalazione Certificata di Inizio Attività SCIA: cos'è, quando è necessaria, differenze con la CILA, quanto costa e giurisprudenza delle corti superiori

Cos’è la SCIA?

La SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) è uno strumento previsto dal sistema normativo italiano che consente a chi intende eseguire determinati lavori edilizi di avviare l’attività senza dover attendere il rilascio di un’autorizzazione preventiva. Si tratta di un importante strumento di semplificazione amministrativa, che permette di ridurre i tempi e i costi per ottenere l’autorizzazione a realizzare interventi edilizi.

La SCIA è un procedimento amministrativo che consente di avviare i lavori edilizi senza attendere una risposta preventiva dall’amministrazione pubblica. In pratica, il cittadino o l’impresa edile, al momento della presentazione della SCIA, può iniziare i lavori immediatamente, dichiarando che l’intervento sarà eseguito in conformità alla normativa vigente. L’amministrazione ha poi il compito di verificare la conformità dell’opera rispetto agli strumenti urbanistici e alle altre normative edilizie.

La SCIA si distingue dal tradizionale permesso di costruire in quanto non richiede un’autorizzazione preventiva, ma una semplice segnalazione che attesta la conformità del progetto. Una volta inviata la SCIA, l’amministrazione ha dai 30 ai 60 giorni di tempo, a seconda del tipo di SSCIA richiesta, per esprimere il proprio parere; se non c’è risposta entro questo termine, si considera che l’autorizzazione sia implicitamente rilasciata.

Quando è necessaria la SCIA?

La SCIA è necessaria per interventi edilizi che non comportano modifiche sostanziali al territorio, alla volumetria o alla destinazione d’uso di un immobile. È utilizzata soprattutto per lavori di manutenzione straordinaria, ristrutturazioni leggere, opere interne, e per quei lavori che non alterano la struttura urbanistica di un’area.

Alcuni esempi di lavori che richiedono la SCIA includono:

  • Manutenzione straordinaria: interventi che riguardano il restauro, la sostituzione o la modifica di parti strutturali di un edificio.
  • Ristrutturazioni leggere: lavori che modificano l’aspetto esteriore di un edificio, ma senza variare la volumetria o la destinazione d’uso
  • Apertura di attività commerciali: quando si intende avviare un’attività in un locale già esistente e conforme alle normative urbanistiche.

In generale, la SCIA è obbligatoria per quei lavori che non richiedono una modifica sostanziale del piano urbanistico o che non hanno un impatto significativo sull’ambiente e sulla sicurezza pubblica.

Differenze con la CILA

Molti tendono a confondere la SCIA con la CILA (Comunicazione di Inizio Lavori Asseverata), ma tra i due strumenti vi sono differenze sostanziali:

SCIA

  • Necessità: la SCIA è necessaria per lavori che possono avere un impatto sul territorio, ma senza modificarne la destinazione d’uso o la volumetria.
  • Caratteristiche: consente di avviare i lavori senza attendere il rilascio di un’autorizzazione preventiva, ma l’amministrazione ha un termine di legge per effettuare eventuali controlli. Se non interviene, il permesso si considera rilasciato tacitamente.
  • Esempi: lavori di ristrutturazione leggera, ampliamenti, modifiche della facciata, interventi che non alterano le caratteristiche fondamentali dell’edificio.

CILA

  • Necessità: la CILA è utilizzata per lavori che non comportano modifiche sostanziali alla struttura dell’immobile e non incidono sulla volumetria. Viene usata principalmente per opere interne non invasive.
  • Caratteristiche: la CILA non richiede il parere dell’amministrazione, ma si deve allegare una dichiarazione asseverata da un tecnico abilitato che attesti la conformità dell’ È utilizzata principalmente per lavori di manutenzione ordinaria o piccoli interventi.
  • Esempi: rifacimento degli impianti, lavori di restauro e risanamento conservativo che non incidono sulla struttura.

Differenze principali

  1. Impatto del lavoro: la SCIA si applica a interventi più complessi e che potrebbero alterare la configurazione dell’edificio, mentre la CILA è destinata a lavori meno invasivi.
  2. Responsabilità tecnica: la SCIA può essere presentata senza il supporto di una perizia asseverata, mentre la CILA richiede una dichiarazione tecnica da parte di un professionista.
  3. Tempi di risposta: con la SCIA l’amministrazione ha a disposizione un determinato periodo di tempo per intervenire; con la CILA, invece, non ci sono termini di risposta specifici da parte dell’amministrazione.

Costi della SCIA

I costi legati alla presentazione di una SCIA dipendono principalmente dalle tariffe comunali e dalle spese professionali per l’assistenza tecnica. I costi variano da comune a comune e possono includere:

  • diritti di segreteria: i comuni stabiliscono una tariffa per la presentazione della SCIA, che può variare in base all’entità dell’intervento;
  • compenso per il professionista: se necessario, è possibile dover pagare una parcella per l’assistenza di un tecnico abilitato, che deve redigere la documentazione e asseverare la conformità del progetto;
  • eventuali oneri di costruzione: in alcuni casi, anche se la SCIA non prevede un’autorizzazione preventiva, potrebbero essere richiesti dei contributi per la realizzazione dell’opera, come gli oneri di urbanizzazione.

I costi per l’intero procedimento variano in base alla tipologia dell’intervento edilizio e alle normative specifiche del comune in cui vengono eseguiti i lavori.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza ha avuto un ruolo importante nell’interpretare e applicare le norme relative alla SCIA, in particolare riguardo alla sua correttezza applicativa e alle tempistiche di risposta da parte dell’amministrazione.

Consiglio di Stato n. 1256/2025: la SCIA edilizia acquisisce piena validità decorsi 30 giorni dalla sua presentazione, momento oltre il quale il comune perde il potere di ordinare la demolizione delle opere realizzate. Qualora, invece, intervenga una sospensione dei lavori, il comune è tenuto a emettere un ordine di ripristino entro 45 giorni; in caso contrario, tale provvedimento decade e la SCIA si consolida definitivamente.

Consiglio di Stato n. 467/2022: solo gli interventi di “edilizia libera”, definiti dall’articolo 6 del D.P.R. n. 380/2001 e dall’articolo 3, lettera e.5), possono essere eseguiti senza alcun titolo edilizio. La trasformazione di finestre in porte-finestre non rientra in questa categoria, poiché modifica i prospetti. Tale intervento è considerato manutenzione straordinaria ai sensi dell’articolo 3, comma 1, lettera b), del D.P.R. n. 380/01 e richiede la presentazione di una SCIA (articolo 22, lettera b) del D.P.R. 380/2001).

Cassazione n. 15523/2019: anche se un intervento edilizio rientra nella categoria di quelli realizzabili tramite SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), è indispensabile ottenere l’autorizzazione paesaggistica esplicita qualora l’opera si trovi in un’area sottoposta a vincolo. Il principio del silenzio-assenso, previsto dalla legge 241/1990, non si applica in questi casi, poiché esclude atti e procedimenti relativi al patrimonio culturale e paesaggistico. Pertanto, l’assenza di tale autorizzazione costituisce reato, giustificando il sequestro preventivo dell’opera.

 

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