autovelox ed etilometro

Autovelox ed etilometro hanno presupposti diversi Per la Cassazione non può contestarsi la validità della rilevazione dell'etilometro in base alle regole previste per l'autovelox

Autovelox ed etilometro

Non si può contestare la validità della rilevazione effettuata con l’etilometro in base alle regole dettate in tema di autovelox, in quanto non applicabili. Questo, in sintesi, quanto emerge dalla sentenza n. 21040/2024 della quarta sezione penale della Cassazione.

La vicenda

A ricorrere al Palazzaccio è un uomo condannato per il reato di cui all’art. 186 co. 2, let. c), 2- bis, 2-sexies e 2-septies cod. strada. Il ricorrente contesta l’inidoneità dell’etilometro utilizzato, i margini di errore dello stesso e il fatto che l’esame strumentale non può costituire una prova legale.

Contesta, inoltre, violazione di legge in relazione alla sussistenza dei requisiti di cui al MD 196/90, l’esistenza di errori massimi tollerabili nel tipo di apparecchio utilizzato e la pena “severissima, prossima al massimo edittale” irrogata non tenendo conto della sua incensuratezza nè della condotta complessiva dello stesso, “inidonea a provocare rischi per l’incolumità di alcuno”. Chiede, pertanto, annullarsi la sentenza impugnata.

Ricorso inammissibile

Il Collegio tuttavia ritiene tutte le doglianze generiche e inammissibili e, per contro, la sentenza impugnata logica e congrua e immune da vizi di legittimità.

Intanto, “la Corte territoriale – anticipano gli Ermellini – ha ritenuto sufficientemente provata la responsabilità dell’imputato non soltanto in base agli esiti degli accertamenti strumentali (quindi il superamento del valore della soglia di 1,50 g/l, essendo stati riscontrati 2,09 g/l alla prima prova e 2,32 alla seconda), bensì anche per via della
convergenza indiziaria emersa in sede istruttoria, tra cui le manifestazioni esteriori, tipiche dello stato di alterazione da alcool, da parte dell’imputato al momento del fatto”. Ormai da tempo, e ben prima del proposto ricorso, la giurisprudenza, infatti, proseguono i giudici (cfr. ex multis, Sez. 4 n. 3201 del 12/12/2019; n. 33371 del 8/6/2023) ha “fugato ogni dubbio sul fatto che, per quanto riguarda l’etilometro, l’omologazione e le verifiche periodiche dello stesso sono espressamente previste dall’art. 379, commi 6, 7 e 8 del Regolamento esecutivo al Codice della Strada, approvato con d.P.R. 16 novembre 1992, n. 495 e ciò differenzia la disciplina in tema di etilometro rispetto a quella avente ad oggetto l’autovelox, colpita dalla declaratoria di incostituzionalità operata con la sentenza della Corte Costituzionale n. 113/2015”.
Pertanto, dovendo ritenersi che, anche nel caso del giudizio penale per guida in stato d’ebbrezza ex art. 186, co. 2, cod. strada, “nell’ambito del quale assuma rilievo la misurazione del livello di alcool nel sangue mediante etilometro, all’attribuzione dell’onere della prova in capo all’accusa circa l’omologazione e l’esecuzione delle verifiche periodiche sull’apparecchio utilizzato per l’alcoltest, fa riscontro un onere di allegazione da parte del soggetto accusato, avente ad oggetto la contestazione del buon funzionamento dell’apparecchio, che nel caso che ci occupa non è stato adempiuto”.
Peraltro, in tema di guida in stato di ebbrezza, proseguono dalla S.C., “l’esito positivo dell’alcoltest costituisce prova dello stato di ebbrezza (stante l’affidabilità di tale strumento in ragione dei controlli periodici rivolti a verificarne il perdurante funzionamento successivamente all’omologazione e alla taratura) con la conseguenza che è onere della difesa dell’imputato fornire la prova contraria a detto accertamento, dimostrando l’assenza o l’inattualità dei prescritti controlli, tramite l’escussione del dirigente del reparto addetto ai controlli o la produzione di copia del libretto metrologico dell’etilometro (Sez. 4, n. 31843/2023)”.
Anche sul punto della pena irrogata infine il ricorso è inammissibile, giacchè al contrario di quanto sostenuto dalla difesa, non è “prossima al massimo edittale” ma nella “media edittale prevista dall’art. 186, comma 2, cod. strada aggravato dalla circostanza di cui al co. 2-bis (che, nella specie, prevede il raddoppio delle sanzioni previste dal co. 2)”.

La decisione

Da qui l’inammissibilità del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di tremila euro alla cassa delle ammende.

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equipro

EquiPro: come funziona la piattaforma per gli intermediari A cosa serve la piattaforma messa a disposizione dall'Agenzia delle Entrate-Riscossione e quali sono i servizi offerti nell'area riservata agli intermediari

EquiPro: cos’è

EquiPro è la piattaforma esclusiva rivolta agli intermediari. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione ne illustra le caratteristiche nella pagina dedicata al servizio. Attraverso quest’area riservata, a disposizione dunque di commercialisti, consulenti del lavoro, tributaristi, Caf e associazioni di categoria, gli intermediari possono accedere e utilizzare i servizi online dell’AdeR per gestire le pratiche dei loro assistiti. Ciò consente di tenere sempre sotto controllo cartelle, avvisi, rate e scadenze.

I servizi di EquiPro

Gli intermediari abilitati e i loro incaricati possono visualizzare online la situazione debitoria (cartelle e avvisi di pagamento emessi dal 2000), i piani di rateizzazione dei loro assistiti.

E’ possibile utilizzare, inoltre, i seguenti servizi dispositivi, direttamente dal proprio dispositivo (pc, smartphone, tablet) senza andare allo sportello:

  1. pagare cartelle e avvisi di pagamento;
  2. ottenere direttamente online, in presenza dei requisiti, la rateizzazione per importi fino a 120 mila euro;
  3. trasmettere istanze di sospensione legale della riscossione;
  4. presentare e gestire le istanze di Definizione agevolata;
  5. chiedere informazioni specifiche sulla situazione debitoria, cartelle, rateizzazioni e procedure di riscossione con il nuovo servizio «Appuntamenti e contatti».

Come accedere

Per accedere a EquiPro, spiega il fisco, gli intermediari abilitati e i loro incaricati devono essere abilitati:

  • al servizio Entratel dell’Agenzia delle Entrate (ex art. 3 comma 3 DPR n. 322/1998) oppure avere l’identità digitale SPID, la Carta d’identità elettronica o la Carta nazionale dei servizi. In questi casi è comunque necessario essere abilitati a Entratel;
  • alla funzione denominata “servizi online Agenzia delle entrate-Riscossione”.

La delega dell’assistito

Per utilizzare i servizi online gli intermediari devono necessariamente ricevere la delega dai loro assistiti.
La delega ha carattere generale e consente di gestire la posizione del delegante mediante l’utilizzo di tutti i servizi disponibili via web. Ha una validità di due anni e può essere revocata in qualsiasi momento.

Le modalità di attribuzione delle deleghe prevedono una procedura di delega online e una procedura di delega cartacea.

Delega online

La modalità di attribuzione e accettazione delle deleghe online prevede tre passaggi fondamentali:

  1. l’intermediario abilitato (o suo incaricato) deve entrare in EquiPro (Agenzia delle Entrate, SPID, Carta d’identità elettronica, CNS-Carta Nazionale dei Servizi) accedere alla sezione “Gestione deleghe” e accettare il nuovo regolamento con le “Condizioni generali di adesione – pdf” al servizio, che hanno validità quattro anni;
  2.  il contribuente (delegante), se persona fisica, deve entrare nell’area riservata ai Cittadini con le proprie credenziali. Nel caso di soggetto diverso da persona fisica deve accedere all’area riservata alle Imprese e ai Professionisti utilizzando le credenziali ottenute come rappresentante legale. A questo punto, il delegante nella sezione “Delega un intermediario” prende visione delle “Condizioni generali di adesione – pdf” ai servizi web e indica il codice fiscale dell’intermediario abilitato a cui conferire la delega;
  3. l’intermediario abilitato (o suo incaricato), sempre nella sezione “Gestione deleghe”, deve accettare la delega ricevuta.

Delega cartacea

La delega cartacea invece può essere conferita compilando il modello cartaceo DP1 – pdf.

  • Se il delegante è persona fisica deve consegnare all’intermediario – insieme al modello compilato – copia del proprio documento d’identità.
  • Nel caso di soggetti diversi dalle persone fisiche occorre consegnare copia del documento d’identità del rappresentante legale.

Come trasmettere la delega cartacea

Gli estremi della delega del modello DP1 e gli elementi di riscontro devono essere trasmessi dall’intermediario utilizzando unicamente il software di compilazione e controllo pubblicato sul sito di Agenzia delle entrate.

La delega, rammenta infine l’Ader, non va trasmessa tramite PEC.

 

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giurista risponde

Mutuo a tasso fisso e mancata indicazione modalità di ammortamento La mancata indicazione di elementi, quali le modalità di ammortamento «alla francese» di tipo standardizzato tradizionale ovvero il regime di capitalizzazione “composto” degli interessi debitori, è causa di nullità parziale del contratto per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto?

Quesito con risposta a cura di Matteo Castiglione e Nicola Pastoressa

 

 

In tema di mutuo bancario, a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento «alla francese» di tipo standardizzato tradizionale, non è causa di nullità parziale del contratto la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione «composto» degli interessi debitori, per indeterminatezza o indeterminabilità dell’oggetto del contratto né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti tra gli istituti di credito e i clienti (Cass., Sez. Un., 29 maggio 2024, n. 15130).

Le Sezioni Unite sono state chiamate a pronunciarsi a seguito di rinvio proposto da un tribunale di merito che ha evidenziato l’esistenza di diverse interpretazioni giurisprudenziali in ordine alle conseguenze derivanti sia dalla mancata indicazione del regime di ammortamento c.d. “alla francese” nel contratto di mutuo bancario nonché alle modalità con cui vengono composte le singole rate di rimborso e determinati gli interessi relativi al capitale.

Tale regime di ammortamento, molto diffuso nella prassi bancaria, prevede la corresponsione di rate costanti di rimborso in cui la quota parte degli interessi è progressivamente decrescente e quella della sorte capitale è progressivamente crescente, essendo dapprima corrisposti prevalentemente gli interessi e poi il capitale via via residuo.

Una prima ricostruzione, restrittiva, ritiene che non deriverebbe alcuna conseguenza di sorta in punto di determinatezza o determinabilità dell’oggetto del contratto.

Una seconda ricostruzione, invece, ritiene che la mancata indicazione del regime di ammortamento (nel caso di specie, cd. “alla francese”) avrebbe conseguenze in termini di validità del contratto, facendo leva sul principio di trasparenza bancaria e sul diritto del cliente di ricevere una corretta e trasparente informazione in quanto “parte debole” contrapposta al “bonus argentarius”; ciò soprattutto in relazione al fatto che tale regime di ammortamento potrebbe determinare un significativo incremento del costo del denaro per effetto del regime “composto” di capitalizzazione degli interessi poiché l’interesse prodotto in ogni periodo si sommerebbe al capitale e produrrebbe a sua volta interessi. Secondo questa tesi, la mancata esplicitazione del regime di ammortamento renderebbe indeterminato il tasso con conseguente violazione del requisito della forma ad substantiam e nullità parziale del contratto ex artt. 1346 e 1418 c.c.

Viene sottolineato come una dottrina abbia ammesso l’estraneità di questa tipologia di ammortamento alla tematica dell’anatocismo, rilevando che tale sistema non farebbe incrementare il montante complessivo ma, diversamente, non permetterebbe di farlo scendere nonostante gli avvenuti pagamenti, deprivando in via istituzionale la forza restitutoria dei pagamenti.

Altra dottrina ne contesta la validità sotto il profilo della meritevolezza dell’interesse perseguito e della causa concreta del negozio, argomentando come tale sistema di ammortamento comporti una programmata imputazione dei pagamenti a interessi in misura maggiore che al capitale, con conseguente esigibilità degli interessi prima di quella del capitale a cui sono correlati e per una misura superiore che si assume non consentito ex art. 821, comma 3 c.c.; a tale impostazione si replica tuttavia come sia presente nel sistema civilistico italiano l’istituto degli interessi compensativi che decorrono sul capitale ancorché questo non sia ancora divenuto esigibile. L’obbligazione degli interessi sarebbe quindi “accessoria”, con un vincolo genetico dipeso nella sua vicenda costitutiva dall’obbligazione principale ma, una volta venuta ad esistenza, separato dalla sua causa genetica con assunzione di una propria autonomia.

In conclusione le Sezioni Unite, dirimendo il contrasto giurisprudenziale in corso, hanno dato risposta negativa al quesito oggetto di rinvio, enunciando come nel regime di ammortamento alla francese di tipo standardizzato normale non sia causa di nullità parziale del contratto la mancata indicazione delle modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione degli interessi.

Contributo in tema di “Mutuo bancario a tasso fisso e mancata indicazione delle indicazione delle modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione”, a cura di Matteo Castiglione e Nicola Pastoressa, estratto da Obiettivo Magistrato n. 77 / Settembre 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica

Confisca edilizia: non deve pregiudicare il diritto di ipoteca La Corte Costituzionale dichiara l'incostituzionalità dell'art. 7, 3° comma, della legge n. 47/1985 nella parte in cui la confisca edilizia "comprime" il diritto di ipoteca

Confisca edilizia e diritto di ipoteca

“La confisca edilizia, conseguente alla mancata demolizione dell’immobile abusivo da parte del responsabile dell’abuso e del proprietario, deve preservare il diritto di ipoteca iscritto dal creditore prima della trascrizione dell’acquisto a favore del Comune, se il creditore ipotecario non è responsabile dell’abuso”. Così si è espressa la Corte Costituzionale, nella sentenza n. 160/2024, dichiarando illegittimo l’articolo 7, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47, nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso, in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza alla ingiunzione a demolire.

La medesima declaratoria di illegittimità costituzionale è stata estesa in via consequenziale anche all’art. 31, comma 3, primo e secondo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, norma che è subentrata alla precedente e che presenta un identico contenuto precettivo.

L’interpretazione della giurisprudenza

Le disposizioni suddette erano state interpretate dalla Corte di cassazione e dal Consiglio di Stato nel senso di attribuire alla confisca edilizia la qualifica di acquisto a titolo originario, cui consegue, in mancanza di una diversa previsione di legge, l’estinzione di «eventuali ipoteche, pesi e vincoli preesistenti».

La Consulta, preso atto di tale interpretazione, “ha ritenuto irragionevole e sproporzionato che non sia fatto salvo il diritto di ipoteca, ove il creditore titolare di tale garanzia reale non sia responsabile dell’abuso edilizio. In tal caso, infatti, il creditore non è tenuto a rispondere della mancata demolizione dell’immobile abusivo, vale a dire dell’illecito al quale consegue la sanzione della confisca”.

Effetto sanzionatorio

Pertanto, l’estinzione del diritto di ipoteca finisce per far subire al creditore ipotecario l’effetto sanzionatorio di un illecito commesso da altri.

Del resto, ha rilevato il giudice delle leggi, “la tutela del credito ipotecario non sacrifica l’interesse al rispetto della normativa urbanistico-edilizia. Tale tutela si realizza, infatti, attraverso l’espropriazione forzata e, se l’immobile oggetto della vendita forzata è abusivo, l’aggiudicatario deve comunque o sanare l’abuso o demolirlo”.

La Corte, infine, ha reputato sproporzionato il sacrificio imposto al creditore, non responsabile dell’abuso, attraverso l’estinzione del diritto di ipoteca, “in quanto al creditore residuerebbero in tal caso rimedi inesigibili o inadeguati a compensare il pregiudizio ingiustificatamente comminato”.

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bonus cicogna

Bonus cicogna: cos’è e a chi spetta Online il bando dell'Inps per ottenere il "bonus Cicogna 2024": vediamo cos'è, a chi spetta e come fare domanda

Bonus Cicogna 2024: online il bando

Bonus Cicogna 2024, il bando è online. È stato pubblicato dall’Inps, infatti, il bando di concorso “Bonus Cicogna” 2024 in favore dei bambini nati o adottati nel 2023, figli e orfani dei dipendenti del Gruppo Poste Italiane SpA e dei dipendenti iscritti alla Gestione Postelegrafonici, sottoposti alla trattenuta mensile dello 0,40%, nonché dei pensionati già dipendenti del Gruppo Poste Italiane SpA e già dipendenti IPOST. La domanda può essere presentata online attraverso il Portale prestazioni welfaresino alle ore 12 del 31 ottobre 2024.

Requisiti di ammissione al concorso

Il concorso è destinato al conferimento, ai soggetti sopraindicati, di n. 880 contributi ciascuno di importo pari ad € 500,00.

Sono ammessi al concorso i figli o gli orfani del titolare del diritto, così come individuato all’art. 1, comma 2, nati o adottati nel corso dell’anno solare 2023. In caso di adozione assume rilievo la data del provvedimento della competente Autorità italiana che abbia disposto o riconosciuto l’adozione stessa nel corso dell’anno solare 2023.

Come presentare domanda

La domanda va presentata dal soggetto richiedente la prestazione esclusivamente online pena l’improcedibilità della stessa, con le seguenti modalità, spiega l’Inps, “entrare nella propria area riservata del sito www.inps.it, digitare nella stringa di ricerca ‘Portale Prestazioni welfare’ e selezionare la voce relativa; successivamente cliccare su ‘Accedi all’area tematica’; dopo aver effettuato l’accesso tramite SPID, CIE o CNS, selezionare la voce all’interno del portale, cliccare su ‘Vai a gestione domanda’ ed infine, sulla scheda ‘Presentazione domanda’ , cliccare ‘Utilizza il servizio’ e selezionare la prestazione ‘Bonus Cicogna Ipost'”.

Verrà quindi visualizzato il modulo da compilare ove compaiono i dati identificativi del soggetto richiedente, compresi i recapiti del richiedente. Nella domanda è obbligatorio indicare anche il codice IBAN del conto corrente bancario o postale italiano o della carta prepagata abilitata alla ricezione di bonifici bancari da parte delle Pubbliche Amministrazioni, intestato o cointestato al richiedente la prestazione.

La domanda deve essere inoltrata entro le ore 12:00 del giorno 31 ottobre 2024.

La graduatoria

La graduatoria sarà pubblicata sul sito Inps nella sezione riservata al concorso e verrà redatta attraverso procedura informatizzata, nel rispetto dei seguenti criteri:

secondo valori crescenti di indicatore ISEE del nucleo familiare di appartenenza del beneficiario;

In caso di parità, prevarrà il beneficiario figlio di titolare del diritto con maggiore anzianità di iscrizione alla Gestione Postelegrafonici.

I beneficiari, per i quali non risulti presentata una DSU valida alla data di inoltro della domanda di partecipazione al concorso, spiega l’istituto, verranno collocati in coda alla graduatoria.

giustizia riparativa

Giustizia riparativa e processo penale: regole alternative La Cassazione rammenta che l'oggetto e la finalità del percorso riparativo sono completamente diversi da quelli del processo penale, per cui non possono in entrambi operare gli stessi principi

Giustizia riparativa e processo penale

La giustizia riparativa non si fonda su principi mutuabili dal processo penale, in quanto è percorso alternativo a esso. Così la Cassazione con la sentenza n. 24343/2024.

La vicenda

Nella vicenda, la Corte di appello di Milano, riformava parzialmente la sentenza del tribunale della stessa città con cui un imputato era stato condannato in ordine al reato ex art. 609 bis cod. pen. applicando le attenuanti generiche e rideterminando la pena finale, confermando altresì nel resto la sentenza.

Il ricorso

L’uomo, tramite il difensore di fiducia, proponeva ricorso per Cassazione deducendo violazione degli artt. 589 e 599 bis cod. proc. pen., avendo la corte deciso in maniera difforme rispetto a quanto stabilito in sede di intervenuto concordato. In quella sede si era chiesta l’applicazione della pena finale di anni 4 mesi 3 di reclusione con domanda altresì di accesso al programma di giustizia riparativa. Istanza tuttavia rigettata dala Corte di appello.

Inoltre, a dire della difesa, essendo stato condannato l’imputato per un reato cd. ostativo, “il denegato positivo svolgimento di un programma di giustizia riparativa prima della espiazione della pena in carcere gli avrebbe consentito di chiedere – alla luce del novellato art. 4 bis dell’ordinamento penitenziario – l’applicazione di una misura alternativa, potendo chiedere così di scontare la pena fuori dell’istituto penitenziario una volta che la stessa risulterà inferiore a 4 anni”.

Giustizia riparativa e processo

Per la S.C., tuttavia, il ricorso è inammissibile. “Va premesso – affermano i giudici – che l’art. 129-bis cod. proc. pen., norma di portata generale, introdotto dall’art. 7 D. Igs. n. 150/2022, dispone che: ‘1. In ogni stato e grado del procedimento l’autorità giudiziaria può disporre, anche d’ufficio, l’invio dell’imputato e della vittima del reato di cui all’articolo 42, comma 1, lettera b), del decreto legislativo attuativo della legge 27 settembre 2021, n. 134, al Centro per la giustizia riparati va di riferimento, per l’avvio di un programma di giustizia riparativa”.
Inoltre, “nel caso di reati perseguiblli a querela soggetta a remissione e in seguito all’emissione dell’avviso di cui all’articolo 415-bis, il giudice, a richiesta dell’imputato, può disporre con ordinanza la sospensione del procedimento o del processo per lo svolgimento del programma di giustizia riparativa per un periodo non superiore a centottanta giorni”.
Il procedimento riparativo, tuttavia, continua la Corte richiamando la pregressa giurisprudenza (cfr. Cass. n. 6595/2023) “non è un procedimento giurisdizionale: il programma riparativo e le attività che gli sono propri appartengono non al procedimento/processo penale, quanto piuttosto all’ordine di un servizio pubblico di cura della relazione tra persone, non diversamente da altri servizi di cura relazionale ormai diffusi in diversi settori della sanità e del sociale. Ciò spiega le ragioni per le quali, all’interno del procedimento riparativo, operano regole di norma non mutuabili da quelle del processo penale, ed anzi, incompatibili con quelle del processo penale: volontarietà, equa considerazione degli interessi tra autore e vittima, consensualità, riservatezza, segretezza”.

La decisione

Ed invero, “proprio perché l’oggetto e la finalità del percorso riparativo sono completamente diversi da quelli del processo penale, non possono in entrambi operare gli stessi principi”. Motivo per cui, la domanda di ammissione al programma di giustizia ripartiva, chiariscono infine dalla S.C., “non può ritenersi parte integrante del patto di concordato, così che la decisone della corte di non sospendere il procedimento ‘a fronte di una richiesta di ammissione alla giustizia riparativa’ non integra alcuna violazione degli evocati artt. 589 e 599 bis cod. proc. pen.”.
Sulla base delle considerazioni svolte, pertanto, il ricorso è dichiarato inammissibile, con condanna al pagamento delle spese del procedimento e di tremila euro in favore della Cassa dele Ammende.

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esonero contributivo

Esonero contributivo parità di genere: domanda entro il 15 ottobre Scade il prossimo 15 ottobre il termine per la presentazione della domanda di esonero contributivo per i datori di lavoro in possesso della certificazione della parità di genere

Esonero contributivo imprese parità di genere

Esonero contributivo per i datori di lavoro in possesso della certificazione della parità di genere: la domanda va inoltro entro il 15 ottobre 2024. Lo rammenta l’INPS con un avviso pubblicato sul sito istituzionale.

L’Istituto ha fornito chiarimenti in merito alle modalità di trasmissione delle richieste di esonero contributivo da parte delle imprese che si sono impegnate a promuovere la parità di genere nel mondo del lavoro. I datori di lavoro privati che sono in possesso della certificazione di parità hanno diritto a un esonero dal versamento dei contributi previdenziali dell’1%, con un limite massimo di 50.000 euro annui (articolo 5, legge 162 del 2021).

I requisiti

Con il messaggio 13 agosto 2024, n. 2844, l’INPS ha indicato i requisiti che le imprese in possesso della certificazione di genere devono rispettare per accedere all’esonero contributivo.

In particolare, la domanda deve riportare la retribuzione media mensile globale, intesa come la media di tutte le retribuzioni mensili corrisposte dal datore di lavoro nel periodo di validità della certificazione e non quella del singolo lavoratore.

Ai fini del riconoscimento del beneficio contributivo, la certificazione di parità di genere, rilasciata in conformità alla Prassi UNI/PdR 125:2022 dagli organismi di valutazione accreditati, deve riportare il marchio UNI e quello dell’ente di accreditamento.

Con la circolare 27 dicembre 2022, n. 137 l’INPS ha precisato che, per accedere all’esonero, le aziende devono presentare domanda all’INPS attraverso lo specifico modulo telematico denominato “PAR_GEN“.

datori di lavoro, che abbiano conseguito la certificazione in argomento entro il 31 dicembre 2023 e che abbiano erroneamente compilato il campo relativo alla retribuzione media mensile globale stimata, possono rettificare i dati inseriti, previa rinuncia alla domanda già presentata, sempre, entro il 15 ottobre 2024.

Il messaggio 2844/2024 ha chiarito infine che i datori di lavoro privati che hanno già ricevuto un accoglimento della domanda presentata nel 2022 non devono ripresentare domanda, in quanto, a seguito dell’accoglimento della stessa, l’esonero contributivo è automaticamente riconosciuto per tutti i 36 mesi di validità della certificazione.

avvocati e gratuito patrocinio

Avvocati e gratuito patrocinio: compensazione fino al 31 ottobre Aperta fino al 31 ottobre la seconda finestra per la compensazione dei crediti da gratuito patrocinio con i contributi previdenziali

Compensazione crediti gratuito patrocinio

Fino al 31 ottobre è aperta la seconda finestra temporale per compensare i crediti da gratuito patrocinio con i contributi previdenziali dovuti dagli avvocati. Lo rende noto Cassa Forense con un avviso sul proprio sito.

La modifica introdotta dall’art. 1 comma 860 L. 197/2022 – all’articolo 1, comma 778 L. 208/2015 – su impulso dell’avvocatura, consente di compensare, infatti, anche i crediti per spese, diritti ed onorari dovuti dallo Stato ex art. 82 TUSG per il gratuito patrocinio con i contributi previdenziali. Si tratta di una possibilità aggiuntiva rispetto a quella introdotta con l’adozione del modello F24 nel 2021 per la compensazione dei crediti nei confronti dell’erario.

Come effettuare la compensazione

Il pagamento dei contributi in compensazione può essere effettuato esclusivamente tramite F24WEB, disponibile su Entratel e/o Fisconline, riportando nella sezione “altri enti previdenziali”, i dati inseriti nel modello F24 personalizzato da Cassa Forense, nonché l’importo del credito che si intende compensare, nella sezione “erario”.

Il codice tributo del credito per gratuito patrocinio è “6868 “Compensazione spese, diritti e onorari di avvocato per gratuito patrocino – articolo 1, commi da 778 a 780 della l. 208/2015”.

I modelli sono precompilati da Cassa Forense ma è possibile procedere in modo autonomo alla compilazione degli stessi. Tale scelta è obbligatoria per chi abbia pagato le prime rate dei minimi con PagoPA e voglia compensare, ad esempio, l’ultima rata con il modello F24.

Piattaforma dei crediti commerciali

Per poter usufruire della compensazione dei crediti per gratuito patrocinio è indispensabile registrarsi sulla piattaforma dei crediti commerciali gestita dal MEF nelle finestre temporali aperte dal 1° marzo al 30 aprile e dal 1° settembre al 31 ottobre.

Il consiglio della Cassa è di evitare “l’inserimento delle fatture nel servizio di interscambio a ridosso della scadenza delle  finestre temporali, in quanto la sincronizzazione è garantita solo dopo 24/48 ore”.

Il credito in compensazione, una volta accreditato, può essere usato anche in più soluzioni e in diversi periodi dell’anno.

Per la procedura da utilizzare per registrarsi nella Piattaforma Crediti Commerciali e per l’inserimento delle fatture.

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autonomia differenziata

Autonomia differenziata: la Consulta ha fissato l’udienza Sarà il 12 novembre 2024 l'udienza pubblica per la discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalle Regioni

Autonomia differenziata: il presidente della Corte costituzionale Augusto Barbera ha fissato, per l’udienza pubblica del 12 novembre 2024, la discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Puglia (ricorso n. 28) e dalla Regione Toscana (ricorso n. 29) sulla legge n. 86 del 26 giugno 2024 “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”.

Seguirà, si legge nel comunicato della Consulta, “a scadenza termini prevista per martedì 8 ottobre, la fissazione, sempre per l’udienza pubblica del prossimo 12 novembre, della discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione autonoma della Sardegna (ricorso n. 30) e dalla Regione Campania (ricorso n. 31) riguardanti la stessa legge”.

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giurista risponde

Proroga unilaterale dell’affidamento di servizio pubblico e corrispettivo dovuto È legittima la proroga unilaterale dell’affidamento di un servizio pubblico e sul corrispettivo dovuto all’affidatario?

Quesito con risposta a cura di Claudia Buonsante

 

No, è illegittima la proroga unilaterale dell’affidamento di un servizio pubblico (CGARS 9 luglio 2024, n. 527).

Con riguardo alla vicenda in esame, la società appellante evidenzia come l’originario contratto del 15 marzo 2016 di affidamento del servizio aveva una durata di sessanta mesi, fino al 31 dicembre 2020. Tale contratto veniva dapprima prorogato retroattivamente con D.D.G. 29 dicembre 2021, n. 4536, facendo espresso riferimento all’art. 92, comma 4ter D.L. 18/2020, convertito, con modificazioni, con L. 27/2020. La suddetta proroga è stata poi ulteriormente estesa fino al 30 settembre 2022 e successivamente fino al 28 febbraio 2023 tramite note dell’Assessorato.

Il Collegio osserva che è illegittimo il provvedimento della Regione che imponga, ai sensi dell’art. 92, comma 4ter, D.L. 18/2020, in via unilaterale, la proroga dell’affidamento di un servizio pubblico, in quanto la norma citata – nel consentire la proroga degli affidamenti in atto al 23 febbraio 2020 fino a dodici mesi successivi alla dichiarazione di conclusione dell’emergenza dovuta al virus Covid-19 – presuppone comunque necessariamente il consenso del privato, affidatario del servizio e destinatario della proroga stessa, non potendo tale norma essere interpretata nel senso di consentire all’amministrazione di imporre, in via unilaterale, una proroga al contratto contro la volontà dell’affidatario.

Ad ogni modo, ha natura di danno ingiusto e deve essere risarcito il pregiudizio patrimoniale subito dall’affidatario di un servizio pubblico che abbia continuato a svolgere il servizio alle medesime condizioni economiche nelle more dell’individuazione del nuovo affidatario anche oltre lo svolgimento di una prima procedura andata deserta, in quanto, anche in presenza di una clausola contrattuale che ciò preveda, essa deve essere interpretata secondo buona fede ex art. 1366 c.c., con la conseguenza che la ultravigenza del corrispettivo può estendersi temporalmente fino all’espletamento della prima gara, ma non anche per tutto il successivo periodo di tempo necessario per l’espletamento di ulteriori gare, qualora la prima gara sia andata deserta.

*Contributo in tema di “Proroga unilaterale dell’affidamento di servizio pubblico e corrispettivo dovuto”, a cura di Claudia Buonsante, estratto da Obiettivo Magistrato n. 77 / settembre 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica