Quesito con risposta a cura di Francesca Alfieri e Claudia Crisafulli
In tema di mantenimento dei figli nati da genitori non coniugati, alla luce del disposto di cui all’art. 337ter, comma 4 c.c., anche un accordo negoziale intervenuto tra i genitori non coniugati e non conviventi, al fine di disciplinare le modalità di contribuzione degli stessi ai bisogni e necessità dei figli, è riconosciuto valido come espressione dell’autonomia privata e pienamente lecito nella materia, non essendovi necessità di un’omologazione o controllo giudiziale preventivo; tuttavia, avendo tale accordo ad oggetto l’adempimento di un obbligo “ex lege”, l’autonomia contrattuale delle parti assolve allo scopo solo di regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta e incontra un limite, sotto il profilo della perdurante e definitiva vincolatività fra le parti del negozio concluso, nell’effettiva corrispondenza delle pattuizioni in esso contenute all’interesse morale e materiale della prole. Ne consegue l’applicazione a detti accordi dei principi contenuti in materia contrattuale e, quindi, anche delle norme in tema di risoluzione e di inadempimento (Cass., sez. I, 20 gennaio 2025, n. 1324 – Accordo patrimoniale tra ex conviventi).
La vicenda trae origine da una scrittura privata sottoscritta dalle parti, ex conviventi, per definire gli aspetti relativi al mantenimento del figlio e le questioni patrimoniali insorte nella coppia.
Ivi le parti avevano inserito una clausola con cui una di esse si impegnava a vendere l’immobile di sua proprietà e a corrispondere una cospicua somma all’altra parte, a condizione che questi assolvesse agli obblighi di mantenimento del figlio.
In primo grado il Tribunale aveva ritenuto tale accordo di natura transattiva e ne aveva dichiarato la risoluzione per grave inadempimento di una delle parti.
In secondo grado, la Corte d’Appello aveva qualificato diversamente la scrittura privata, attribuendole natura di accordo stipulato in occasione di una crisi familiare ex art. 337ter, comma 4 c.c. a struttura non sinallagmatica, ritenendo inammissibile l’azione di risoluzione per inadempimento.
Avverso tale decisione è stato proposto ricorso per Cassazione.
Preliminarmente, la Cassazione ha rammentato la giurisprudenza in materia di diversa qualificazione giuridica del rapporto d’ufficio, che la ammette anche in difetto di specifico motivo di impugnazione, in quanto il giudice d’appello ha il potere dovere di inquadrare nell’esatta disciplina giuridica gli atti e i fatti che formano oggetto della controversia. Tuttavia, occorre rispettare due limiti: lasciare inalterati il “petitum” e la “causa petendi” e non introdurre nel tema controverso nuovi elementi di fatto (così Cass. 26 giugno 2012, n. 10617; Cass. 17 febbraio 2020, n. 3893).
La Suprema Corte ha affermato nella decisione de quo che l’accordo negoziale di cui all’art. 337ter comma 4 c.c. è espressione dell’autonomia privata ed è pienamente lecito, non essendovi necessità di un’omologazione o controllo giudiziale preventivo.
Esso ha ad oggetto l’adempimento di un obbligo “ex lege”, consistente nel mantenimento della prole; pertanto, l’autonomia contrattuale delle parti deve limitarsi a regolare le concrete modalità di adempimento di una prestazione comunque dovuta garantendo l’effettiva corrispondenza delle pattuizioni in esso contenute all’interesse morale e materiale dei figli (così Cass., 11 gennaio 2022, n. 633).
Ne consegue l’applicazione a detti accordi dei principi contenuti in materia contrattuale e, quindi, anche delle norme in tema di risoluzione e di inadempimento.
Per tale motivo, la Cassazione ha cassato la sentenza rinviando la causa alla Corte d’Appello, la quale dovrà attenersi al principio evidenziato in massima.