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Riforma Cartabia: costituzionale l’art. 473.bis-17 c.p.c.? Riforma Cartabia: dubbi sulla costituzionalità del termine di 10 giorni che ha l'attore per esercitare il suo diritto di difesa

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Riforma Cartabia: i dubbi di costituzionalità

La Riforma Cartabia concede all’attore 10 giorni per prendere posizione sulle difese del convenuto, precisare e modificare le proprie conclusioni, proporre domande ed eccezioni  in conseguenza della domanda riconvenzionale e formulare istanze di prova. Questa regola però viola i principi sanciti dagli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione. Il nuovo art. 473bis.17 c.p.c, che prevede questo termine, non consente all’attore di esercitare il proprio diritto di difesa come il convenuto. Lo ha sancito il Tribunale di Genova che, accogliendo le rimostranze di parte attrice, ha rimesso la questione di legittimità costituzionale alla Consulta con l’ordinanza del settembre 2024.

Domanda per la modifica delle condizioni della separazione

Nella vicenda, una donna agisce in giudizio per chiedere la modifica delle condizioni della separazione sancita con una sentenza del 2016. Nella domanda chiede l’aumento del contributo dovuto dall’ex marito in favore della figlia maggiorenne, affetta da serti disturbi dell’apprendimento. Il marito si costituisce in giudizio, si oppone alle richieste della ex moglie e in via riconvenzionale chiede il divorzio.

Parte ricorrente con memoria 473bis.17 c.p.c. eccepisce l’inammissibilità della domanda di divorzio. Per l’attrice essa non presenta alcuna connessione oggettiva con la domanda principale. In udienza le parti raggiungono un accordo sul mantenimento e sulle spese straordinarie in favore della prole. La causa viene rinviata e le parti depositano note scritte per tentare di trovare un punto di incontro su tutte le questioni patrimoniali pendenti.

Costituzionale l’art. 473bis.17 c.p.c.?

Il giudice prende atto dell’impossibilità di raggiungere una soluzione condivisa sul divorzio a causa dell’eccezione sollevata da parte attrice. Essa ha sollevato infatti un dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 473 bis. 17 introdotto dalla Riforma Cartabia nel procedimento in materia di persone e famiglia. Per la ricorrente il termine di 10 giorni che viene concesso alla parte attrice per prendere posizione sulle domande nuove del convenuto sono insufficienti e lesivi dei principi sanciti dall’articolo 3 (uguaglianza), 24 (diritto di difesa) e 111 (giusto processo).

Il Tribunale di Genova, nel pronunciarsi sulla dubbia legittimità costituzionale dell’art. 473bis. 17, dopo aver analizzato gli articoli 473 bis 11 si sofferma sull’art. 474bis. 17. Questo articolo al comma 1 dispone che: “entro venti giorni prima della data dell’udienza, l’attore può depositare memoria con cui prendere posizione in maniera chiara e specifica sui fatti allegati dal convenuto, nonché, a pena di decadenza, modificare o precisare le domande e le conclusioni già formulate, proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza delle difese del convenuto, indicare mezzi di prova e produrre documenti. Nel caso in cui il convenuto abbia formulato domande di contributo economico, nello stesso termine l’attore deve depositare la documentazione prevista nell’articolo 473-bis. 12, terzo comma”.

Il convenuto ha 30 giorni per impostare la difesa, l’attore solo 10

Analizzando la normativa in questione emerge che il convenuto ha 30 giorni di tempo per impostare la difesa, sollevare le sue eccezioni e formulare eventuali domande riconvenzionali. L’attore invece, per prendere posizione sulle domande e sulle difese del convenuto, modificare le proprie domande, sollevare eventuali accezioni e proporre domande nuove in conseguenza delle domande e dei mezzi di prova del convenuto ha solo 10 giorni, spesso 9 o meno ancora se la comparsa conclusionale viene depositata lultimo giorno disponibile e scaricata dalla Cancelleria il giorno successivo.”

In un caso come quello di specie, in cui parte attrice si è limitata a chiedere la modifica delle condizioni per il mantenimento della prole mentre parte convenuta ha chiesto in via riconvenzionale il divorzio, quest’ultima mette in discussione tutto quanto stabilito fino a quel momento tra la coppia in materia di diritti patrimoniali e non patrimoniali. Per questo parte attrice lamenta di non aver avuto abbastanza tempo per formulare la domanda per l’assegno divorzile conseguente alla domanda di divorzio di controparte.

Compressione ingiustificata dei termini: l’attore non può difendersi

L’articolo 474bis.17 c.p.c. prevede una compressione ingiustificata del diritto di difesa dell’attore previsto dall’articolo 24 della Costituzione in violazione del principio del giusto processo sancito dall’articolo 111 e di uguaglianza contenuto nell’art. 3 della Costituzione.

“Il termine di soli dieci giorni previsto dall’art. 473 bis.17 c.p.c in favore dell’attore per modificare e precisare le domande e formulare domande nuove e quindi anche i relativi mezzi di prova, si reputa assolutamente incongruo, non rinvenendosi nei vari riti previsti dal nostro ordinamento per i giudizi a cognizione piena una tempistica così ristretta”.

Basti pensare ai tempi previsti dagli articoli 166 e 171 ter del processo a cognizione ordinaria, a quelli indicati dall’art. 281 duodecies c.p.c, che disciplina il rito ordinario semplificato, ai termini del rito lavoro di cui all’art. 481 c.p.c o a quelli previsti dall’art. 166 ante riforma.

Come più volte affermato dalla Consulta “Il difetto di congruità del termine, rilevante sul piano della violazione dell’art. 24, primo comma, Cost., si ha solo qualora esso, per la sua durata, sia inidoneo a rendere effettiva la possibilità di esercizio del diritto cui si riferisce e, di conseguenza, tale da rendere inoperante o carente la tutela accordata al cittadino” (Corte Cost. 10/02/2023, n. 18)”.

 

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