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Autoriciclaggio: reato anche con il solo versamento in banca La Cassazione afferma che basta il deposito in banca di denaro illecito per integrare il reato di autoriciclaggio

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Autoriciclaggio: basta il semplice deposito in banca

Secondo la Corte di cassazione, con la sentenza n. 25348/2025, integra il reato di autoriciclaggio anche la condotta consistente nel versamento in banca di somme di denaro provenienti da reato, senza necessità di ulteriori operazioni complesse.

Alla base della decisione vi è la considerazione che, essendo il denaro un bene fungibile, il solo deposito presso un istituto bancario determina automaticamente una sostituzione del denaro illecito con quello “pulito”, poiché l’istituto ha l’obbligo di restituire al cliente non le stesse banconote, ma un equivalente economico (tantundem).

Tracciabilità e titolarità formale non escludono il reato

Nel caso esaminato, l’imputato – condannato a 3 anni di reclusione e 7mila euro di multa – aveva sostenuto la tracciabilità delle operazioni bancarie (tra cui acquisto titoli, trasferimenti tra conti e operazioni immobiliari), ritenendo che l’assenza di un mutamento della titolarità formale escludesse l’intento dissimulatorio.

La Suprema Corte ha respinto questa tesi, affermando che non è necessario un occultamento totale: basta qualsiasi attività concretamente idonea anche solo ad ostacolare l’identificazione della provenienza delittuosa dei beni, indipendentemente dalla tracciabilità apparente delle operazioni.

L’effetto dissimulatorio delle operazioni bancarie

Le “plurime e articolate” operazioni effettuate dall’imputato sono state considerate dalla Corte indicative di un disegno strategico volto alla reimmissione dei proventi illeciti nel circuito economico. Acquisti di titoli azionari, trasferimenti tra conti deposito e impieghi immobiliari rappresentano una trasformazione progressiva della somma iniziale, con effetti dissimulatori evidenti.

La Cassazione ha ricordato che è irrilevante la mancanza di dispersione del denaro e la persistenza della stessa intestazione dei conti: ciò che rileva è la difficoltà concreta nell’identificare l’origine del denaro, elemento che distingue il godimento personale (non punibile) da una condotta penalmente rilevante.

Il concetto di “attività speculativa” e il richiamo all’art. 648-ter.1 c.p.

La Corte ha fatto riferimento anche alla formulazione estensiva dell’art. 648-ter.1 c.p., che include attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative. Il concetto di “attività speculativa”, volutamente non tipizzato dal legislatore, ricomprende ogni operazione economica svolta per trarne un profitto, anche se apparentemente lecita, ma che in realtà consente l’infiltrazione di capitali illeciti nell’economia legale.

Si tratta quindi di azioni che, pur formalmente lecite, alterano il mercato e mascherano la provenienza del denaro, rendendolo apparentemente legittimo.

Quando l’autoriciclaggio non è punibile

La Cassazione ha precisato che l’unica circostanza in cui non si configura autoriciclaggio è quella in cui l’autore utilizzi direttamente il profitto del reato presupposto per un consumo personale o un uso che non comporti ostacoli alla tracciabilità.

Nel caso contrario, anche il semplice impiego in operazioni che ostacolano, anche solo parzialmente, l’individuazione della fonte illecita integra il reato.

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