Indennità di preavviso: cos’è
L’indennità di preavviso o indennità sostitutiva del preavviso è una somma di denaro che una delle parti del contratto di lavoro, datore o lavoratore, è tenuta a versare all’altra se il rapporto di lavoro viene interrotto senza rispettare i termini di preavviso stabiliti dalla legge, dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) o da accordi individuali. La sua funzione è risarcitoria: serve a compensare la parte lesa per la mancata possibilità di organizzarsi in tempo a causa dell’interruzione improvvisa del rapporto.
La durata del periodo di preavviso varia in base a tre fattori principali: il livello e la qualifica del dipendente (ruoli di maggiore responsabilità richiedono preavvisi più lunghi), l’anzianità di servizio (più anni di esperienza in azienda implicano un preavviso più esteso) e il CCNL applicato, che stabilisce le specifiche tempistiche per ogni settore.
Normativa di riferimento
L’indennità è regolata dall’art. 2118 c.c, che così dispone: “1. Ciascuno dei contraenti può recedere dal contratto di lavoro a tempo indeterminato, dando preavviso nel termine e nei modi stabiliti dagli usi o secondo equità. 2. In mancanza di preavviso, il recedente è tenuto verso l’altra parte a un’indennità equivalente all’importo della retribuzione che sarebbe spettata per il periodo di preavviso. 3. La stessa indennità è dovuta dal datore di lavoro nel caso di cessazione del rapporto per morte del prestatore di lavoro.”
Come funziona e chi la deve pagare
Dalla formulazione letterale dell’art. 2118 c.c emerge che:
– se il datore di lavoro recede dal contratto senza rispettare i termini di preavviso, deve pagare l’indennità al dipendente. Questa situazione si verifica sia che il lavoratore acconsenta all’interruzione immediata, sia che non lo faccia.
– al contrario, se è il lavoratore a dimettersi senza rispettare il preavviso, il datore di lavoro può trattenere l’importo dell’indennità dall’ultima busta paga o rinunciare formalmente al preavviso e, di conseguenza, non trattenere alcuna somma. Occorre sottolineare che il datore di lavoro non può rifiutare le dimissioni. Costui può solo chiedere al dipendente di rispettare il preavviso. Se il dipendente rifiuta, allora la trattenuta è legittima.
Quando non è dovuta l’indennità
L’indennità sostitutiva di preavviso non è dovuta in tutti i casi di dimissioni o licenziamento per giusta causa.
Le dimissioni per giusta causa si hanno quando un lavoratore è costretto a lasciare il lavoro per un comportamento grave del datore di lavoro, come, ad esempio, il mancato pagamento dello stipendio o le molestie. In queste circostanze, la legge riconosce la legittimità dell’interruzione immediata del rapporto e il lavoratore non è tenuto a rispettare il preavviso né a pagare l’indennità.
Il licenziamento per giusta causa si configura invece quando il dipendente commette un’infrazione così grave da rompere il vincolo fiduciario con il proprio datore. Poiché la condotta del lavoratore giustifica la cessazione immediata del contratto, il datore di lavoro non ha l’obbligo di corrispondere l’indennità.
Calcolo e tassazione dell’indennità
L’indennità sostitutiva del preavviso si calcola in modo semplice: è pari alla retribuzione che il dipendente avrebbe percepito se avesse lavorato durante il periodo di preavviso.
Il calcolo si basa sulla retribuzione globale di fatto, che include la paga base e tutte le indennità fisse e continuative.
La formula base è: Indennità = (retribuzione lorda mensile / giorni del mese) x i giorni di preavviso non lavorati.
È fondamentale notare che l’indennità sostitutiva non incide sul calcolo del Trattamento di Fine Rapporto (TFR), come chiarito dalla Corte di Cassazione, inoltre, sebbene spesso liquidata insieme al TFR, a livello fiscale l’indennità è tassata come reddito da lavoro dipendente (con aliquota IRPEF ordinaria), mentre il TFR è soggetto a una tassazione separata e agevolata.
La somma dell’indennità deve essere indicata in busta paga, sia che si tratti di un’entrata (se il datore di lavoro la versa al dipendente) che di una deduzione (se il dipendente deve pagarla all’azienda).
Indennità di preavviso: giurisprudenza
Si riportano alcune pronunce recenti e significative sull’istituto.
Cassazione n. 20357/2025: nel caso in cui un’azienda non abbia alcun interesse a far lavorare il dipendente durante il periodo di preavviso, la richiesta di un’indennità da parte sua non ha alcun fondamento legale. Trattenere tale somma dal lavoratore sarebbe ingiusto, in quanto l’indennità ha lo scopo di compensare l’azienda per la perdita di una prestazione lavorativa che, di fatto, l’azienda stessa non desiderava più.
Cassazione n. 6782/2024: nel contesto di un contratto di lavoro a tempo indeterminato, se un lavoratore si dimette ma il datore di lavoro decide di rinunciare al periodo di preavviso, il dipendente non ha diritto a ricevere l’indennità sostitutiva. Questo perché il preavviso è un obbligo per entrambe le parti, e la scelta del datore di lavoro di non richiederlo esonera il dipendente dall’obbligo di lavorare, ma non crea un diritto a un compenso aggiuntivo.
Cassazione n. 28164/2024: L’indennità sostitutiva del preavviso è considerata una voce di natura retributiva. Ne consegue che, in base all’articolo 29 del Decreto Legislativo n. 276/2003, vige la responsabilità solidale tra committente, appaltatori e subappaltatori per il suo pagamento. Ciò significa che il lavoratore può pretendere il pagamento dell’indennità da ciascuno dei soggetti coinvolti nell’appalto.
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