riforma previdenziale avvocati

Riforma previdenziale avvocati in vigore dal 1° gennaio 2025 Approvata dai ministeri vigilanti la riforma del sistema previdenziale di Cassa Forense. Il nuovo regolamento unico della previdenza sarà in vigore dal 1° gennaio 2025

Riforma previdenziale avvocati

Al via la riforma previdenziale avvocati: con l’approvazione da parte dei Ministeri Vigilanti della delibera del Comitato dei Delegati del 23 maggio 2024 si conclude il lungo iter della Riforma Previdenziale di Cassa Forense che entrerà in vigore il 1° gennaio 2025. Tante le novità tra cui il passaggio al sistema contributivo, la revisione delle aliquote e la riduzione dei contributi minimi.

Vediamo nel dettaglio:

Le principali novità

Le principali modifiche introdotte, riepilogate da Cassa Forense sono le seguenti:

  • Passaggio al sistema contributivo

A partire dal 1° gennaio 2025, è prevista l’introduzione del sistema di calcolo contributivo “pro rata” delle prestazioni pensionistiche. “Agli attuali iscritti si applica il sistema di calcolo misto che prevede una prima quota calcolata con il sistema retributivo vigente per le anzianità contributive sino al 31 dicembre 2024, e una seconda con il sistema contributivo, per le anzianità successive al 2024”. A partire dal 1° gennaio 2025, gli iscritti avranno diritto alla “pensione unica di vecchiaia contributiva”, calcolata esclusivamente secondo il sistema contributivo;

  • Requisiti per il diritto alla prestazione

Invariati i requisiti per il diritto a pensione dei professionisti già iscritti, a cui si applica il regime di calcolo misto. Per i professionisti cui si applica il regime di calcolo integralmente contributivo la pensione potrà essere ottenuta: all’età di 70 anni con almeno 5 anni di contributi versati; all’età di 65 anni con almeno 35 anni di contributi versati e un importo alla decorrenza almeno pari al trattamento minimo vigente nell’anno.

  • Riduzione dei contributi minimi

Nel 2025 il contributo minimo soggettivo sarà di € 2.750,00 ed il contributo minimo integrativo sarà di € 350,00 euro. Nel 2024 i contributi sono stati rispettivamente di € 3.355,00 e € 850,00.

  • Agevolazioni

Gli iscritti di età inferiore ai 35 anni versano per i primi 6 anni la metà del contributo soggettivo e integrativo minimi. Il versamento in misura ridotta comporta il riconoscimento dell’intero anno ai fini del diritto alle prestazioni.

  • Revisione aliquote contributive

Il contributo soggettivo passa al 16% per il 2025, al 17% nel 2026 ed al 18% a partire dal 2027.

Il tetto reddituale del 2025 è pari a € 130.000, oltre il quale continua ad essere dovuto il contributo del 3%.

Il versamento della prima rata è stato posticipato al 30 settembre, unificandolo con il termine previsto per la presentazione del modello 5.

  • Pensionati attivi

Per i pensionati di vecchiaia che proseguono l’attività lavorativa, l’aliquota contributiva aumenta al 12% del reddito professionale netto ai fini IRPEF.

A tale incremento fa fronte la reintroduzione dei supplementi triennali di pensione con il riconoscimento per la determinazione del montante della metà del contributo versato.

  • Modulare volontaria

La percentuale della contribuzione modulare volontaria massima, che consente a chi non si avvale del regime forfetario di migliorare l’adeguatezza delle prestazioni pensionistiche, sale dal 10% al 20% del reddito netto professionale entro il tetto reddituale.

  • Integrazione al minimo

L’importo del trattamento minimo è stato gradualmente adeguato in coerenza con la riduzione del contributo minimo. Sarà 12.500 euro tra il 1° gennaio 2025 e il 31 dicembre 2026, 11.400 euro nel successivo biennio e 10.250 euro a partire dal 2029, con rivalutazione di tale importo dal 2030.

  • Regolarizzazione spontanea

In caso di regolarizzazione spontanea le sanzioni saranno ridotte del 60% in luogo dell’attuale 50%.

  • Rateazioni più facili

Chi ha in corso una rateazione, se in regola con i versamenti, potrà richiederne una seconda.

La richiesta di rateazione per debiti sopra i 10.000,00 euro potrà arrivare a 6 anni in luogo degli attuali 5.

corte ue

Corte Ue: in vigore il trasferimento di competenze al tribunale Entrano in vigore oggi 1° ottobre le norme relative al trasferimento parziale della competenza pregiudiziale della Corte di Giustizia al Tribunale

Corte Ue, trasferimento competenze al tribunale

Corte Ue: entrano in vigore da oggi 1° ottobre, le norme relative al trasferimento parziale della competenza pregiudiziale al Tribunale, come annunciato in occasione della pubblicazione, nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea, del regolamento 2024/2019 che modifica il protocollo n. 3 sullo statuto della CGUE.

Domande presentate alla CGUE

Per motivi di certezza del diritto e di celerità, spiega la nota della CGUE, tutte le domande di pronuncia pregiudiziale continueranno ad essere presentate alla Corte di giustizia, che procederà ad un’analisi preliminare del loro oggetto, ma, non appena svolta tale analisi, le domande che rientrano esclusivamente in una o più materie specifiche previste dall’articolo 50 ter, primo comma, dello statuto 2 saranno trasferite al Tribunale.

Il Tribunale tratterà le domande di pronuncia pregiudiziale che gli saranno state trasmesse dalla Corte di giustizia allo stesso modo di quest’ultima e applicherà le stesse norme di procedura. Anche le decisioni che il Tribunale UE pronuncerà in materia pregiudiziale avranno lo stesso valore di quelle della Corte di giustizia.

Il riesame

Nella misura in cui il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e lo statuto prevedono tuttavia, in via eccezionale, la possibilità di un riesame, su proposta del primo avvocato generale, delle decisioni pregiudiziali del Tribunale in caso di grave rischio di pregiudizio all’unità o alla coerenza del diritto dell’Unione, la decisione del Tribunale diventerà definitiva solo in assenza di tale proposta, la quale deve obbligatoriamente essere formulata entro un mese dalla decisione del Tribunale.

Nell’ipotesi in cui, invece, una proposta di riesame di tale decisione dovesse essere formulata dal primo avvocato generale, occorrerà attendere che la Corte di giustizia si sia pronunciata su tale proposta affinché la decisione del Tribunale diventi definitiva o che la decisione della Corte di giustizia sostituisca quella del Tribunale.

riforma processo civile

Riforma processo civile: arriva un nuovo correttivo Il Consiglio dei Ministri ha approvato in secondo esame preliminare un decreto contenente disposizioni integrative e correttive alla riforma Cartabia

Riforma processo civile

Riforma processo civile: è in arrivo un nuovo correttivo. Il Governo, infatti (come da comunicato del 27 settembre 2024) ha approvato, in secondo esame preliminare, un decreto recante disposizioni integrative e correttive al D.Lgs. n. 149/2022 (attuativo della cosiddetta riforma Cartabia).

Il testo, in particolare, approvato dal Cdm, su proposta del ministro della giustizia Carlo Nordio, apporta modifiche al Codice civile, al Codice di procedura civile, alle relative disposizioni di attuazione e ad alcune leggi speciali, “in modo da chiarire – spiega l’esecutivo – la lettura di alcune norme e rendere più fluidi alcuni snodi processuali, in particolare relativamente alle norme per il procedimento in materia di persone, minorenni e famiglie. Inoltre, attua l’integrale digitalizzazione del processo civile, con conseguente eliminazione di tutti gli adempimenti ‘manuali’ a carico delle parti”.

I correttivi attesi

In base a quanto si apprende, le modifiche dovrebbero riguardare tra l’altro, i termini in caso di revocaziione di sentenza per conflitto con una decisione Cedu, la notifica delle impugnazioni, la domanda introduttiva del giudizio che dovrà contenere un avvertimento specifico a pena di decadenze, la difesa tecnica resa obbligatoria per tutti i giudizi innanzi al tribunale, ecc.

La nuova formulazione del testo, fa presente il Cdm, “tiene conto delle osservazioni formulate dalle competenti Commissioni parlamentari. In considerazione del mancato accoglimento di alcune di esse, come previsto dalla legge delega, il testo sarà nuovamente trasmesso alle Camere corredato dai necessari elementi integrativi di informazione e motivazione”.

resistenza a pubblico ufficiale

Resistenza a pubblico ufficiale: solo con violenza o minaccia reali La Cassazione chiarisce che, ai fini della configurabilità del reato di resistenza a pubblico ufficiale, in ossequio al principio di offensività, la violenza o la minaccia devono essere reali

Reato di resistenza a pubblico ufficiale

Resistenza a pubblico ufficiale, ai fini della configurabilità del reato la violenza o la minaccia devono essere reali e idonee a coartare o ostacolare l’agire del pu. Questo, in estrema sintesi quando affermato dalla sesta sezione penale della Cassazione, con la sentenza n. 18583/2024.

La vicenda

Nella vicenda, il Procuratore Generale presso la Corte di appello di Campobasso ricorre per Cassazione avverso la sentenza del Tribunale di Campobasso che ha assolto una donna dal reato di cui all’art. 37 cod. pen perché il fatto non sussiste. Il pg deduce l’erronea interpretazione della norma penale avendo li tribunale ritenuto necessario, ai fini della configurabilità del reato, che la condotta penale produca come risultato quello di opporsi concretamente ed efficacemente all’atto che il pubblico ufficiale sta compiendo. Aggiunge, inoltre, che il Tribunale ha considerato la condotta dell’imputata con riferimento al rifiuto di seguire i pubblici ufficiali, mentre la contestazione riguardava le minacce rivolte dalla donna agli operanti. Rileva, infine, l’irrilevanza dello stato di agitazione sulla imputabilità della donna.

La decisione

Per gli Ermellini, però, il ricorso è inammissibile in quanto deduce un motivo versato in fatto e privo di un confronto critico con la sentenza impugnata, che, con motivazione immune da vizi logici o giuridici, ha assolto l’imputata, reputando l’inidoneità delle espressioni dalla stessa pronunciate ad impedire o ostacolare il compimento dell’atto d’ufficio e l’insussistenza dell’elemento psicologico.

Conclusioni che secondo il collegio si fondano “su una interpretazione della norma incriminatrice coerente con il principio di offensività, dovendosi, al riguardo, ribadire che, ai fini della configurabilità del reato di resistenza a pubblico ufficiale, pur essendo sufficiente che si usi violenza o minaccia per opporsi al compimento di un atto dell’ufficio o del servizio, indipendentemente dall’esito, positivo o negativo, di tale azione e dall’effettivo verificarsi di un ostacolo al compimento degli atti indicati (così, da ultimo, Sez. 6, n. 5459 del 08/01/2020), è, tuttavia, necessario che la violenza o la minaccia siano reali e connotino in termini di effettività causale la loro idoneità a coartare o ad ostacolare l’agire del pubblico ufficiale, in ragione del dolo specifico che deve sorreggere il comportamento del soggetto agente (Sez. 6, n. 45868 del 15/05/2012)”.
Parimenti corretta, conclude la S.C., dichiarando inammissibile il ricorso, è “la valutazione relativa alla insussistenza dell’elemento psicologico del reato, in considerazione della diversa finalità sottesa alla condotta tenuta dell’imputato”.

rottamazione quater

Rottamazione quater: pagamento della sesta rata L'Agenzia delle Entrate-Riscossione, archiviato il pagamento della quinta rata, pubblica le indicazioni sulle prossime scadenze della definizione agevolata

Rottamazione quater: passata da pochi giorni la scadenza del 23 settembre 2024, entro la quale i contribuenti hanno dovuto versare la quinta rata (prorogata dal D.Lgs. n. 108/2024), l’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha pubblicato un avviso sul proprio sito ricordando le prossime scadenze della definizione agevolata.  

Pagamento sesta rata entro il 9 dicembre

Per mantenere i benefici della definizione agevolata (“Rottamazione-quater” introdotta dalla Legge n. 197/2022), ricorda preliminarmente l’ADER, è necessario effettuare il versamento della sesta rata, entro il 30 novembre 2024.
Tuttavia, in considerazione dei 5 giorni di tolleranza concessi dalla legge, e dei differimenti previsti nel caso di termini coincidenti con giorni festivi, saranno considerati tempestivi i pagamenti effettuati entro lunedì 9 dicembre 2024.

Le rate successive andranno saldate secondo le scadenze del proprio piano contenuto nella Comunicazione delle somme dovute.

Cosa succede in caso di mancato pagamento

In caso di mancato pagamento o di pagamento effettuato oltre il termine ultimo o per importi parziali, specifica l’Agenzia, “si perderanno i benefici della misura agevolativa e i versamenti effettuati saranno considerati a titolo di acconto sulle somme dovute”.

Una copia della Comunicazione delle somme dovute, con il riepilogo del piano e i moduli per il pagamento, è sempre disponibile nell’area riservata.
Inoltre, può essere richiesta, senza necessità di credenziali, compilando il form dedicato in area pubblica e allegando la documentazione di riconoscimento.

Per chi intende pagare in forma agevolata soltanto alcune delle cartelle/avvisi contenuti nella Comunicazione delle somme dovute, rammenta, infine, l’Ader, può usare il servizio “ContiTu”.

contributi cassa forense

Contributi Cassa Forense in scadenza: cosa c’è da sapere Scadono oggi 30 settembre 2024 una serie di adempimenti previdenziali per gli avvocati e i praticanti iscritti alla Cassa Forense

Contributi Cassa Forense: scadenza 30 settembre

Contributi Cassa Forense: scadono oggi 30 settembre una serie di adempimenti contributivi e previdenziali per gli avvocati e i praticanti iscritti. Lo ricorda lo stesso ente previdenziale con una nota riepilogativa.

Modello 5/2024

Per gli iscritti agli Albi Forensi nel 2023 o i praticanti iscritti alla Cassa per l’anno 2023, c’è tempo fino a 30 settembre 2024, per inviare il Modello 5.

L’invio è semplice: basta accedere alla propria area riservata sul sito della Cassa qui. Il modello si ricorda va inviato esclusivamente in via telematica.

Pagamento della 4ª rata dei contributi minimi obbligatori

La quarta rata dei contributi minimi per il 2024 è disponibile per il pagamento, nella propria area riservata. L’importo, salvo agevolazioni/riduzioni per i neo iscritti, è di euro 1.310,76 (comprensivo del contributo di maternità euro 96,76 e dell’aggiornamento istat +5,4%).

Il pagamento può essere effettuato tramite pagoPA (anche con ForenseCard) o generando il Modello F24. Per chi utilizza il modello cartaceo, potrebbero essere generati spiega la Cassa, “2 modelli F24in triplice copia (tot. 6 fogli), qualora si sia tenuti al pagamento di tutte e tre le tipologie di contributi obbligatori: soggettivo, integrativo e maternità”.

Utilizzo di crediti per compensazioni

Per chi possiede crediti nei confronti dell’Erario o per il patrocinio a spese dello Stato, è possibile sfruttare l’F24WEB telematico per compensarli, tramite accesso ai canali Entratel o Fisconline.

Sulla piattaforma PCC (per patrocinio) sono previste le due finestre temporali disponibili per esercitare opzione di compensazione: dal 1° marzo al 30 aprile e dal 1° settembre al  31 ottobre.

Assistenza

Per qualsiasi dubbio o domanda, è possibile consultare il sito www.cassaforense.it oppure contattare il Call Center al numero 06/51.43.53.40, disponibile anche via email, chat o WhatsApp.

 

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aiga

Riforma laurea giurisprudenza: le proposte di Aiga L'Associazione dei Giovani Avvocati ha presentato al ministero dell'Università le proposte di riforma del percorso universitario in giurisprudenza

Inserire come insegnamenti essenziali, nel corso di Giurisprudenza, corsi di scrittura e informatica giuridica, redazione di contratti, legal english, nonché l’insegnamento di materie che vadano sempre più incontro alla domanda dei servizi legali (IA, Privacy, Smart Contracts), con la possibilità per gli studenti di svolgere tirocini curriculari all’interno di studi legali. Queste le proposte di riforma che l’Associazione Italiana Giovani Avvocati (Aiga), guida dal presidente nazionale Carlo Foglieni, ha presentato ha presentato nei giorni scorsi al capo di gabinetto del ministro dell’Università, Marcello Panucci.

Si tratta di proposte che mirano a rendere il percorso universitario più “professionalizzante”, che guardi a un mondo del lavoro in continua evoluzione.

All’incontro, la delegazione AIGA era composta, oltre che dal presidente Foglieni, da Roberto Scotti, componente della Giunta Nazionale coordinatore della consulta praticanti, Giulia Pesce e Marco Mancini, rispettivamente coordinatori dei Dipartimenti accesso alla professione e rapporti con Ministero dell’Università e della Ricerca (MUR).

L’incontro, ha concluso Foglieni “segna l’inizio di un percorso di confronto e collaborazione tra AIGA e Ministero dell’Università, con l’obiettivo di modernizzare e potenziare il ciclo di studi in giurisprudenza, allineandolo alle richieste del mercato e garantendo ai futuri avvocati una preparazione più al passo con i tempi”.

guida in stato di ebbrezza

Guida in stato di ebbrezza: no a sospensione patente per 2 anni La Cassazione ribadisce che il reato di guida in stato di ebbrezza non determina l'automatica sospensione della patente per due anni

Reato di guida in stato di ebbrezza

La guida in stato di ebbrezza non determina l’automatica sospensione della patente per due anni. Questo quanto si ricava dalla sentenza n. 22041/2024 della quarta sezione penale della Cassazione.

La vicenda

Nella vicenda, il G.I.P. del Tribunale di Gela applicava sull’accordo delle parti la pena di un mese e dieci giorni di arresto oltre a 800 euro di ammenda, sostituiti con lavoro di pubblica utilità a un imputato per il reato di cui all’art. 186, commi 2, lett. b) e 2-sexies, d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285, per avere condotto un’autovettura, di proprietà altrui, in stato di ebbrezza alcolica determinato dall’uso di sostanze alcoliche, con valori di tasso alcolemico rilevati di 1,60 g/l e 1,26 g/l, in fascia oraria compresa tra le ore 22.00 e le ore 07.00.
Il G.I.P. ha, altresì, applicato all’imputato la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida per un periodo di due anni, sospendendone l’efficacia sino all’esito dello svolgimento del lavoro di pubblica utilità.

Il ricorso

Avverso tale sentenza l’uomo proponeva ricorso per cassazione, lamentando inosservanza ed erronea applicazione di legge processuale con riferimento alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, irrogata senza tener conto di quanto convenuto dalle parti ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.
Queste ultime, infatti, si erano accordate per l’applicazione della sospensione della patente di guida per un anno, mentre, invece, essa era stata poi disposta per un periodo doppio, in tal maniera ledendo la norma dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., sotto il profilo della ricorrenza di un difetto di correlazione tra la richiesta e la sentenza.
Con la seconda censura, il ricorrente eccepiva inosservanza ed erronea applicazione di legge processuale con riferimento al disposto raddoppio della durata della sanzione amministrativa accessoria applicata, a suo dire non effettuabile nel caso di specie, considerato che il veicolo condotto dall’imputato non sarebbe appartenuto a terze persone – come invece ritenuto dal giudice di merito – e che la possibilità di estendere la durata della sospensione della patente di guida a due anni, in conseguenza del raddoppio, riguarderebbe la sola ipotesi prevista dall’art. 186, comma 2 lett. c), cod. strada, e non già, invece, il contestato reato di cui all’art. 186, comma 2 lett. b), cod. strada.

La decisione

Per gli Ermellini, il ricorso è fondato e la sentenza impugnata va annullata “limitatamente alla durata della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, rinviando sul punto al Tribunale di Gela”.
Deve, infatti, essere osservato, con valenza assorbente rispetto a ogni ulteriore profilo di censura dedotto, come le parti si fossero accordate per l’applicazione della pena, ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., in ordine al reato di cui all’art. 186, comma 2lett. b), cod. strada.

Con riferimento a tale fattispecie, pertanto, scrivono dalla S.C. “il G.I.P. del Tribunale di Gela ha disposto la conseguente applicazione della pena in modo palesemente distonico ed erroneo, invece, al momento della determinazione della sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di guida, il decidente ha fatto riferimento alla diversa, e più grave, ipotesi disciplinata dall’art. 186, comma 2 lett. c), cod. strada, espressamente prevedendo l’applicazione all’imputato della sospensione della patente di guida per due anni, e cioè in una misura corrispondente al minimo previsto dall’indicata norma, poi raddoppiato nella sua durata in ragione del fatto che «il veicolo condotto dall’imputato si apparteneva a terzi soggetti»”.

 

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Allegati

Cassa Forense: online il certificato di iscrizione L'ente previdenziale degli avvocati comunica che è disponibile la funzione per il rilascio del certificato attestante l'iscrizione nonchè la certificazione fiscale dei versamenti

Due comunicazioni di Cassa Forense informano gli avvocati che sono disponibili le funzioni web per il rilascio di certificati necessari ai fini previdenziali e fiscali.

Certificato di iscrizione alla Cassa online

Dal 10 settembre, in particolare, comunica l’ente previdenziale degli avvocati è in linea la funzione web per il rilascio, in tempo reale, del certificato attestante l’iscrizione alla Cassa per agli avvocati e praticanti iscritti alla Gestione Previdenziale.

La procedura, appositamente realizzata è disponibile sul sito nella sezione “accesso riservato – posizione personale – istanze on line – iscrizioni – certificato iscrizione cassa avvocato/praticante.

Certificazione fiscale dei versamenti

A partire dal 23 settembre scorso, inoltre, è disponibile online la funzione per ottenere la Certificazione dei versamenti contributivi eseguiti nell’anno solare, valida ai fini fiscali.

giurista risponde

Donazione indiretta di immobile e collazione ereditaria Qualora il donante paghi soltanto una parte del prezzo di un immobile, può configurarsi la donazione indiretta del bene oggetto di compravendita?

Quesito con risposta a cura di Matteo Castiglione e Nicola Pastoressa

 

La donazione indiretta dell’immobile non è configurabile quando il donante paghi soltanto una parte del prezzo del bene, giacché la corresponsione del denaro costituisce una diversa modalità per attuare l’identico risultato giuridico-economico dell’attribuzione liberale dell’immobile esclusivamente nell’ipotesi in cui ne sostenga l’intero costo. – Cass., sez. II, 12 giugno 2024, n. 16329.

Con la sentenza in esame, la Corte di Cassazione è tornata ad occuparsi dell’istituto della donazione indiretta, che si concretizza quando, come nella vicenda in questione, il denaro corrisposto dal disponente contribuisce alla conclusione della compravendita di un bene immobile.

La questione posta al vaglio della Suprema Corte muove dall’atto con il quale una coerede aveva convenuto in giudizio la sorella, onde ottenere la dichiarazione di apertura della successione della madre, in virtù di testamento pubblico che la nominava erede universale ed istituiva, altresì, un legato in sostituzione di legittima in favore della convenuta. La coerede legataria, con autonoma domanda giudiziale, aveva eccepito la nullità del testamento, lamentando il difetto di forma dell’atto e l’incapacità naturale della de cuius. Qualora, viceversa, il testamento fosse stato ritenuto valido, attesa la rinuncia al legato e l’attribuzione della quota di legittima, in via subordinata aveva chiesto la riduzione della donazione della liberalità disposta dalla defunta madre in favore di parte attrice, avente ad oggetto la metà di un immobile di proprietà della disponente.

Costituendosi in giudizio, la coerede donataria aveva obiettato che, ai fini della formazione della massa ereditaria, avrebbe dovuto tenersi conto anche di altra donazione di diverso immobile già ricevuto dalla sorella.

Il Tribunale, disposto lo scioglimento della comunione su base testamentaria, aveva accertato la composizione della massa ereditaria e, con separata ordinanza, aveva statuito il prosieguo del giudizio per la stima dei cespiti.

Entrambe le coeredi, dunque, avevano impugnato la sentenza non definitiva, eccependone in primo luogo la nullità, per avere il Tribunale deciso in composizione monocratica e non collegiale, in violazione dell’art. 50-bis c.p.c. Una delle appellanti aveva altresì dedotto la nullità del testamento pubblico per falsità dell’atto, dolendosi, anch’ella, dell’incapace di intendere e volere della disponente.

Nel disattendere i suesposti motivi di gravame, la Corte d’Appello aveva osservato che l’erede aveva comunque dato esecuzione alle disposizioni testamentarie, chiedendo che venisse formata la massa ereditaria secondo le volontà testamentarie della madre, asseritamente viziate da nullità.

Nel merito, il Collegio territoriale aveva poi ritenuto provata la donazione indiretta della quota di immobile in favore della coerede, sulla base delle prove raccolte in giudizio, e, ai fini della collazione, aveva ricompreso nella massa ereditaria la ridetta porzione di immobile.

Entrambi le eredi ricorrevano per la cassazione della pronuncia di secondo grado.

L’istante principale censurava la sentenza nella parte in cui aveva ritenuto provata la donazione indiretta della quota dell’immobile da parte della de cuius alla figlia, contestando l’approssimazione con cui era stato determinato l’apporto della defunta nell’acquisto del bene. Per le medesime ragioni, eccepiva la violazione di legge per avere la Corte d’Appello ricompreso nella massa ereditaria la ridetta quota di un quarto dell’immobile donato.

Con ricorso incidentale, infine, l’altra coerede reclamava la nullità della gravata sentenza, poiché la Corte distrettuale si era limitata ad esaminare i motivi di impugnazione e non anche il merito della causa, omettendo di pronunciarsi sulle ulteriori domande proposte dalla ricorrente in sede di ricorso in appello.

Scrutinando il gravame principale, nella sentenza in argomento la Corte di Cassazione basa il proprio iter motivazionale su un consolidato orientamento delle Sezioni Unite, in forza del quale, in ipotesi di acquisto di immobile con denaro proprio del disponente, ed intestazione ad altro soggetto che il donante intenda, in tal modo, beneficiare, con la sua adesione, la compravendita costituisce strumento formale per il trasferimento del bene. Per l’effetto, il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario integra donazione indiretta del bene stesso, e non anche del denaro.

Da tanto discende che, in caso di collazione, il conferimento deve avere ad oggetto l’immobile, e non il denaro impiegato per il suo acquisto (così anche Cass., Sez. Un., 5 agosto 1992, n. 9282).

Ciò premesso, la Corte prosegue illustrando che, in epoca successiva all’intervento delle Sezioni Unite si sono andati formando due orientamenti contrapposti, con riguardo alla configurabilità di una donazione indiretta dell’immobile in caso di corresponsione da parte del donante di una parte del prezzo.

Secondo un primo arresto, la donazione indiretta dell’immobile non si configura quando il donante paga soltanto una parte del prezzo del bene, giacché la corresponsione del denaro costituisce una differente modalità di attuazione dell’identico risultato giuridico-economico dell’attribuzione liberale dell’immobile esclusivamente nell’ipotesi in cui ne sostenga l’intero costo (così anche Cass., sez. II, 31 gennaio 2014, n. 2149).

Un differente orientamento, invece, ha concluso che l’oggetto della donazione indiretta è caratterizzato dal meccanismo della corresponsione da parte del donante delle somme necessarie a soddisfare l’obbligo di pagamento del corrispettivo della vendita effettivamente compiuta da parte del donatario (così anche Cass., sez. II, 17 aprile 2019, n. 10759).

Condividendo la prima delle due impostazioni illustrate, nell’esaminanda pronuncia la Cassazione ripropone la distinzione, ai fini della collazione, tra erogazione dell’intero costo del bene immobile e corresponsione di una parte di esso.

Pertanto, ad avviso della Suprema Corte, è configurabile una donazione indiretta solo nel caso in cui l’intero costo del bene sia stato sostenuto dal donante, con conseguente imputazione, ai fini della collazione, della corrispondente quota del cespite.

Per tali motivazioni, il caso in contestazione non può ricondursi alla fattispecie della donazione indiretta di immobile, atteso che solo una parte del prezzo era stata corrisposta, nella vicenda di specie, dalla de cuius.

La sentenza in commento risulta altresì interessante per quanto statuito, in punto di rito, all’esito dello scrutinio del proposto gravame incidentale.

Invero, ritiene la Cassazione che la Corte distrettuale si sarebbe limitata soltanto ad esaminare i motivi d’appello, e non anche il merito della causa, posto che la dichiarazione di nullità della sentenza di primo grado non comportava la remissione della causa al primo Giudice. Nel caso in discussione, pertanto, sussiste il vizio di omessa pronuncia sulle ulteriori domande proposte dalle parti, tanto in via principale, quanto in via subordinata, con conseguente rinvio al Collegio territoriale in diversa composizione.

*Contributo in tema di “Donazione indiretta di immobile e collazione ereditaria”, a cura di Matteo Castiglione e Nicola Pastoressa, estratto da Obiettivo Magistrato n. 77 / Settembre 2024 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica