convenzione di istanbul

La Convenzione di Istanbul Convenzione di Istanbul: uno strumento fondamentale per combattere la violenza di genere

Cos’è la Convenzione di Istanbul

La Convenzione di Istanbul è un trattato internazionale promosso dal Consiglio d’Europa, firmato nel 2011 a Istanbul e ratificato dall’Italia con la Legge n. 77 del 27 giugno 2013. Rappresenta il primo strumento giuridicamente vincolante a livello europeo per la prevenzione e il contrasto della violenza contro le donne e della violenza domestica.

Cosa prevede  

La Convenzione definisce la violenza contro le donne come una violazione dei diritti umani e una forma di discriminazione, includendo tutte le forme di violenza basate sul genere che colpiscono in modo sproporzionato le donne. Tra i punti chiave della Convenzione, troviamo:

  • definizione ampia di violenza: che include la violenza fisica, psicologica, sessuale, economica e la violenza domestica.
  • obblighi per gli Stati firmatari: di adottare misure legislative e politiche per prevenire la violenza, proteggere le vittime e perseguire i responsabili.
  • approccio integrato: che richiede la collaborazione tra diverse istituzioni e settori, come la polizia, la magistratura, i servizi sociali e sanitari.
  • protezione delle vittime: con l’istituzione di centri antiviolenza, case rifugio e servizi di assistenza.
  • perseguimento dei reati: con l’introduzione di norme penali specifiche per punire i responsabili di violenza.

Le 4 P della Convenzione di Istanbul

La Convenzione di Istanbul si basa su quattro pilastri fondamentali, noti come le “4 P”:

  • prevenzione (Prevention): prevenire la violenza attraverso l’educazione, la sensibilizzazione e la promozione dell’uguaglianza di genere.
  • protezione (Protection): proteggere le vittime fornendo loro assistenza, supporto e alloggio sicuro.
  • punizione (Prosecution): perseguire i responsabili dei reati di violenza e garantire che siano puniti.
  • politiche integrate (Integrated Policies): adottare politiche e misure coordinate a livello nazionale e internazionale per affrontare la violenza di genere.

Ratifica della Convenzione in Italia

L’Italia ha ratificato la Convenzione di Istanbul con la Legge n. 77 del 27 giugno 2013, impegnandosi così ad attuare le disposizioni del trattato. La ratifica ha comportato l’introduzione di nuove norme e misure per contrastare la violenza di genere, come il “Codice Rosso” (Legge n. 69/2019), che ha accelerato i tempi di intervento nei casi di violenza domestica.

L’importanza del documento

La Convenzione di Istanbul rappresenta uno strumento fondamentale per combattere la violenza di genere e proteggere le vittime. La sua attuazione richiede un impegno costante da parte delle istituzioni e della società civile, al fine di creare una cultura del rispetto e dell’uguaglianza.

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condominio parziale

Il condominio parziale Condominio parziale: che cos'è, normativa di riferimento, caratteristiche e differenze rispetto al super condominio, giurisprudenza

Cos’è il condominio parziale?

Il condominio parziale è una particolare configurazione condominiale che si verifica quando solo alcuni condomini di un edificio beneficiano di un determinato bene o servizio comune. Questo istituto, disciplinato indirettamente dall’art. 1123, comma 3, c.c., incide sulla ripartizione delle spese e sulla gestione delle parti comuni, evitando che tutti i condomini debbano contribuire a spese di beni che non utilizzano.

Il condominio parziale si verifica quando un bene o un servizio condominiale è destinato all’uso esclusivo di una parte dei condomini. In questi casi, il principio generale di ripartizione delle spese in base ai millesimi subisce una deroga: pagano solo coloro che traggono utilità diretta dal bene o servizio.

Esempi:

  • Un ascensore presente solo in una scala del condominio: pagano le spese solo i proprietari degli appartamenti serviti dall’ascensore.
  • Un tetto a falde che copre solo una parte dell’edificio: le spese di manutenzione gravano solo sui condomini che ne beneficiano.
  • Un cortile interno accessibile solo ad alcuni condomini: le spese di gestione saranno a loro carico.
  • Un impianto di riscaldamento autonomo presente solo in una parte del condominio: le spese spettano ai soli condomini serviti.

Ripartizione spese nel condominio parziale

L’art. 1123, comma 3, c.c., prevede che quando un bene o un servizio è destinato a servire solo una parte dell’edificio, le relative spese devono essere sostenute esclusivamente dai condomini che ne traggono vantaggio, ossia utilità

Le spese  in questo tipo di condomonio si suddividono in:
Spese ordinarie: manutenzione, riparazioni minori e gestione quotidiana del bene comune (es. pulizia dell’ascensore, bollette dell’illuminazione delle scale servite).
Spese straordinarie: ristrutturazioni, sostituzione di impianti o interventi strutturali rilevanti (es. rifacimento del tetto di una sola porzione dell’edificio).
Spese di amministrazione: compenso dell’amministratore, spese per delibere assembleari e costi gestionali, suddivisi in base all’utilizzo del bene.

Se non esiste un’espressa disposizione nel regolamento condominiale, l’assemblea può stabilire la suddivisione delle spese con delibera.

Differenze rispetto al supercondominio

Sebbene entrambi i concetti riguardino la suddivisione delle spese e la gestione di beni comuni, il condominio parziale e il supercondominio hanno caratteristiche diverse.

Aspetto

Condominio Parziale

Supercondominio

Definizione

Si verifica quando un bene comune è utilizzato solo da alcuni condomini.

Si verifica quando più condomini condividono strutture comuni.

Normativa

Art. 1123, comma 3, c.c.

Art. 1117-bis c.c.

Ripartizione spese

Solo chi utilizza il bene contribuisce ai costi.

Le spese si suddividono tra tutti i condomini del complesso.

Esempi pratici

Ascensore, tetto, scale servite solo da alcuni condomini.

Parcheggi, vialetti, impianti di illuminazione condivisi tra più edifici.

Un esempio di supercondominio è un complesso residenziale formato da più palazzine che condividono un parcheggio comune, mentre un condominio parziale si verifica quando solo alcuni condomini utilizzano un determinato impianto o struttura.

Giurisprudenza rilevante

La giurisprudenza ha chiarito numerosi aspetti del condominio parziale, confermando il principio che le spese devono essere ripartite solo tra i condomini che beneficiano del bene o servizio comune.

Tribunale di Potenza n. 372/2023: Il condominio, inclusa la sua forma parziale, trae origine non solo dalla divisione di un’unica proprietà, ma anche dalla specifica condizione materiale e funzionale dei beni che lo costituiscono, in relazione al loro servizio esclusivo alle singole proprietà individuali.

Cassazione n. 791/2020: La figura del condominio parziale, basata sull’articolo 1123, terzo comma, del Codice Civile, si configura automaticamente per legge quando un bene, per le sue peculiarità strutturali e di utilizzo, è oggettivamente destinato al servizio o al godimento esclusivo di una porzione limitata dell’edificio condominiale. Questo comporta che tale bene costituisce oggetto di proprietà autonoma, escludendo una necessaria comproprietà di tutti i condomini. Di conseguenza, i condomini esclusi dalla titolarità del bene non hanno il diritto di partecipare alle decisioni assembleari riguardanti tale bene, e la composizione dell’assemblea e le maggioranze richieste variano in base alla titolarità delle specifiche parti oggetto della deliberazione.

Cassazione n. 13229/2019: Nel contesto del condominio parziale, le spese per la ricostruzione di un singolo corpo di fabbrica e l’obbligo di risarcire eventuali danni gravano esclusivamente sui condomini proprietari delle unità immobiliari a cui il bene comune danneggiato o da ricostruire è funzionale, anche qualora la sentenza di condanna sia formalmente indirizzata all’intero condominio.

Conclusioni

Il condominio parziale garantisce la corretta ripartizione delle spese nei condomini, evitando che alcuni proprietari debbano pagare per beni o servizi che non utilizzano. La giurisprudenza ha confermato più volte l’applicabilità dell’art. 1123, comma 3, c.c., sottolineando che il condominio parziale nasce automaticamente in presenza di beni destinati a un uso limitato. Per evitare controversie, è consigliabile definire chiaramente nel regolamento condominiale quali beni rientrano nel condominio parziale e come devono essere ripartite le spese. In caso di dubbi o contestazioni, è possibile ricorrere all’assemblea condominiale o, nei casi più complessi, all’autorità giudiziaria.

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esportazione contanti in Russia

Esportazione contanti in Russia: divieto anche per cure mediche La Corte UE ribadisce che il divieto europeo di esportazione di contanti in Russia vale anche per le cure mediche

Divieto UE di esportazione contanti in Russia

La Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza resa nella causa C-246/24, ha stabilito che il divieto di esportazione di banconote in euro o in valuta ufficiale di uno Stato membro verso la Russia si applica anche quando il denaro è destinato al pagamento di trattamenti sanitari. La deroga al divieto è limitata esclusivamente alle spese strettamente necessarie per il viaggio e il soggiorno personale.

Il caso: passeggera diretta in Russia con 15.000 euro

Durante un controllo doganale all’aeroporto di Francoforte sul Meno, una passeggera in partenza per la Russia è stata trovata in possesso di circa 15.000 euro in contanti. L’interessata ha dichiarato che il denaro serviva sia a coprire le spese del viaggio, sia a finanziare cure mediche in Russia, tra cui:

  • trattamenti odontoiatrici,

  • terapia ormonale presso una clinica per la procreazione assistita,

  • follow-up chirurgico a seguito di un’operazione estetica.

I funzionari doganali hanno proceduto al sequestro dell’importo, trattenendo solo una somma minima (circa 1.000 euro) per garantire le esigenze basilari del viaggio.

Misure restrittive dell’UE contro la Russia

Esportazione contanti in Russia: a seguito dell’aggressione militare della Federazione Russa ai danni dell’Ucraina, l’Unione europea ha adottato misure restrittive volte a limitare il supporto economico al regime russo. Tra queste, figura il divieto di esportazione verso la Russia di banconote denominate in euro o in valute ufficiali degli Stati membri.

Questa misura intende ostacolare l’accesso della Russia al denaro contante in valuta forte, con l’obiettivo di incrementare il costo economico delle sue azioni militari.

Tuttavia, la normativa prevede un’eccezione: è consentito esportare denaro limitatamente alle somme necessarie per l’uso personale del viaggiatore o dei familiari stretti che lo accompagnano.

Il chiarimento della Corte UE

Il tribunale tedesco investito del caso ha sollevato una questione pregiudiziale chiedendo se le spese mediche potessero rientrare nell’ambito delle deroghe previste dal regolamento europeo.

La Corte di giustizia UE ha escluso questa possibilità, precisando che:

  • i trattamenti medici programmati in Russia non costituiscono una spesa necessaria per l’uso personale del viaggiatore, ai sensi delle deroghe previste;

  • l’eccezione riguarda unicamente le somme utili a garantire il viaggio e la permanenza, non altre finalità, pur se personali.

La Corte ha inoltre ricordato che l’UE non vieta il diritto di recarsi in Russia, ma mira a evitare che risorse finanziarie in valuta europea sostengano direttamente o indirettamente l’economia russa.

sugar tax

Sugar Tax Cos'è la sugar tax, normativa di riferimento, destinatari dell'imposta, prodotti a cui si applica e prodotti esclusi, quanto si paga

Cos’è la Sugar tax

La Sugar tax, o tassa sulle bevande zuccherate, è un’imposta finalizzata a disincentivare il consumo di prodotti ad alto contenuto di zucchero. Questo tributo, previsto in Italia dal 2020, ma oggetto di numerosi rinvii, è stato concepito con l’obiettivo di promuovere una maggiore consapevolezza alimentare e contrastare obesità, diabete e altre patologie legate alla cattiva alimentazione.

La Sugar tax nello specifico è un’imposta di consumo applicata su alcune bevande zuccherate, siano esse prodotte in Italia che importate. Si tratta di una misura di carattere sanitario e ambientale, ispirata a modelli già adottati in altri Paesi come Francia, Regno Unito, Messico e Ungheria. L’obiettivo principale della tassa è quello di promuovere abitudini alimentari più sane, incoraggiando le aziende a riformulare i propri prodotti con un minor contenuto calorico.

Normativa di riferimento in Italia

Questa imposta è stata introdotta in Italia con l’art. 1, commi 661-676 della Legge di Bilancio 2020 (L. 160/2019). L’applicazione effettiva della tassa, inizialmente prevista per il 1° luglio 2020, è stata rinviata più volte, anche a causa dell’impatto economico della pandemia e delle pressioni del settore industriale.

La normativa è stata infatti successivamente modificata dalla Legge di Bilancio 2024 (L. 213/2023) e da ulteriori provvedimenti attuativi, con l’entrata in vigore prevista a partire dal 1° luglio 2025, sebbene resti aperto il dibattito politico su un possibile ulteriore rinvio o abrogazione.

Chi deve pagare la Sugar tax

Il soggetto passivo dell’imposta è il produttore nazionale o l’importatore del prodotto, cioè chi:

  • fabbrica o confeziona le bevande zuccherate in Italia;
  • introduce le stesse nel territorio nazionale a fini commerciali.

Sono quindi le aziende produttrici e importatrici a dover corrispondere l’imposta all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, secondo le modalità stabilite dal decreto attuativo MEF.

Il pagamento non è diretto da parte del consumatore, ma può comportare un aumento del prezzo finale delle bevande soggette all’imposta.

Quali prodotti rientrano nella Sugar tax

Sono soggette alla tassa tutte le bevande analcoliche che contengono zuccheri aggiunti o dolcificanti artificiali, compresi:

  • bibite gassate (cola, aranciate, toniche ecc.);
  • succhi di frutta con zuccheri aggiunti;
  • tè freddi industriali;
  • bevande energetiche o sportive con edulcoranti;
  • preparati liquidi o in polvere per bibite zuccherate.

Sono escluse:

  • le acque minerali naturali o frizzanti non dolcificate;
  • i succhi 100% frutta senza zuccheri aggiunti;
  • le bevande medicali o dietetiche destinate a usi specifici.

Quanto si paga: importi e soglie

La Sugar tax italiana prevede un’imposta parametrata alla quantità di prodotto:

  • 10 euro per ettolitro di prodotto finito;
  • 0,25 euro per kg di prodotto in polvere o concentrato, da diluire o ricostituire.

Tali importi potranno essere oggetto di revisione in fase attuativa o in base a future leggi di bilancio.

Critiche e impatti  

La Sugar tax è oggetto di critiche trasversali da parte delle associazioni di categoria, secondo cui:

  • penalizzerebbe in modo eccessivo il comparto delle bevande analcoliche, già provato da rincari e calo dei consumi;
  • comporterebbe un aumento dei prezzi per il consumatore finale;
  • non sarebbe sufficientemente efficace nel modificare le abitudini alimentari senza una parallela campagna di educazione nutrizionale.

Tuttavia, studi internazionali dimostrano che una tassazione mirata può incentivare la riformulazione dei prodotti e ridurre l’acquisto di bevande ad alto contenuto calorico, con effetti positivi sulla salute pubblica.

Destinazione del gettito

Secondo le ultime disposizioni, le entrate generate dalla Sugar tax dovrebbero essere destinate a finanziare progetti di educazione alimentare nelle scuole, contribuendo così alla prevenzione dei disturbi legati a una dieta squilibrata, soprattutto tra i più giovani.

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favoreggiamento

Non è favoreggiamento accompagnare la collega a prostituirsi Per la Cassazione non è integrato il reato di favoreggiamento della prostituzione se la condotta è occasionale

Reato di favoreggiamento della prostituzione

La sentenza n. 16535/2025 della terza sezione penale della Cassazione ha affrontato il tema del favoreggiamento della prostituzione, stabilendo che l’accompagnamento occasionale di una prostituta da parte di una collega sul luogo di esercizio non costituisce reato. 

Il caso esaminato

Nel caso in esame, una donna è stata accusata di favoreggiamento della prostituzione per aver accompagnato in auto una collega sul luogo dove quest’ultima esercitava l’attività. La donna adiva il Palazzaccio sostenendo di aver agito per “spirito di colleganza”. La Corte ha ritenuto che tale condotta, se isolata e priva di elementi che indichino un’organizzazione o un supporto sistematico all’attività di prostituzione, non integra il reato previsto dall’art. 3, n. 8, della legge n. 75/1958. 

La motivazione della Corte

La Corte ha sottolineato che per configurare il reato di favoreggiamento della prostituzione è necessario che l’azione dell’agente sia idonea a facilitare in modo concreto e consapevole l’esercizio dell’attività di prostituzione altrui. Nel caso specifico, l’accompagnamento occasionale non è stato ritenuto sufficiente a integrare tale fattispecie criminosa. 

Allegati

isopensione

Assegno di esodo (isopensione) Isopensione o assegno di esodo: cos'è, normativa di riferimento, come funziona, vantaggi e svantaggi, come fare domanda

Cos’è l’isopensione

L’assegno di esodo, noto anche come isopensione, è uno strumento di flessibilità in uscita introdotto dall’art. 4, commi da 1 a 7-ter della legge 28 giugno 2012, n. 92 (cd. Riforma Fornero), destinato ai lavoratori del settore privato prossimi alla pensione, per agevolare la transizione verso il trattamento pensionistico. L’isopensione è quindi una forma di accompagnamento alla pensione anticipata attraverso un accordo aziendale.L’istituto consente, a fronte della sottoscrizione di un’intesa tra azienda e sindacati, il collocamento anticipato del lavoratore rispetto alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia o anticipata, mediante l’erogazione di un assegno pari alla pensione maturata al momento dell’uscita.

Normativa di riferimento

La disciplina è contenuta nell’articolo 4 della legge n. 92/2012, come successivamente modificata. L’istituto è stato prorogato fino al 2026, con la possibilità di utilizzo dell’isopensione alle aziende con più di 15 dipendenti.

Requisiti per accedere all’isopensione

Per poter usufruire dell’assegno di esodo, è necessario che:

  • l’impresa abbia più di 15 dipendenti;
  • venga sottoscritto un accordo aziendale con le rappresentanze sindacali sull’esodo incentivato;
  • il lavoratore maturi il diritto alla pensione entro 7 anni dalla cessazione del rapporto di lavoro (dal 2018 al 2026);
  • l’impresa garantisca la copertura economica dell’assegno mensile e della contribuzione figurativa fino al pensionamento del lavoratore.

Come funziona l’isopensione

  1. Accordo sindacale: l’azienda stipula un accordo collettivo sull’esodo con le organizzazioni sindacali.
  2. Comunicazione all’INPS: l’accordo e le informazioni sui lavoratori coinvolti vengono trasmesse all’INPS.
  3. Accettazione individuale: ogni lavoratore aderisce su base volontaria.
  4. Erogazione dell’assegno: una volta cessato il rapporto di lavoro, l’azienda versa all’INPS i fondi necessari per corrispondere al lavoratore l’assegno mensile (di importo pari alla pensione calcolata al momento dell’esodo) fino alla maturazione del diritto alla pensione.
  5. Contribuzione figurativa: l’INPS accredita i contributi figurativi, necessari per garantire la maturazione del diritto alla pensione.

Durata massima 

La durata dell’isopensione può estendersi fino a sette anni (in origine erano quattro), purché il lavoratore maturi il diritto a uno dei trattamenti pensionistici entro tale termine. La decorrenza dell’assegno si interrompe con l’accesso effettivo alla pensione.

Vantaggi e svantaggi

Vantaggi:

  • per il lavoratore: la possibilità di uscita anticipata e tutela del reddito e della contribuzione;
  • per l’azienda: la gestione agevolata del turn-over e riduzione controllata del personale.

Svantaggi:

  • per l’impresa: gli elevati costi finanziari legati alla garanzia dell’erogazione dell’assegno e dei contributi;
  • per il lavoratore:  assenza di rivalutazione automatica dell’assegno, non reversibilità ai superstiti e perdita di alcuni trattamenti familiari.

Come fare domanda

La domanda di accesso all’isopensione non è individuale ma è promossa dall’azienda, che deve:

  1. sottoscrivere un accordo aziendale con le rappresentanze sindacali;
  2. trasmettere l’accordo all’INPS per la verifica della sostenibilità dell’intervento;
  3. richiedere l’autorizzazione al trattamento di isopensione;
  4. garantire i fondi com fideiussione bancaria;
  5. raccogliere le adesioni volontarie dei lavoratori interessati;
  6. presentare la domanda definitiva all’INPS.

Il lavoratore, a sua volta, non deve inoltrare alcuna domanda diretta all’INPS ma solo sottoscrivere la propria adesione al piano.

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ambush marketing

Ambush marketing Ambush marketing: cos’è, come funziona, quali sono le principali forme, i vantaggi e quando è considerato illecito

Che cos’è l’ambush marketing

L’ambush marketing, noto in italiano come marketing d’imboscata o pubblicità parassitaria, è una strategia di comunicazione commerciale attraverso cui un’impresa cerca di associare il proprio marchio a un grande evento (spesso sportivo o culturale), senza averne titolo né autorizzazione. Questa pratica, sebbene talvolta posta in essere con modalità creative, può sfociare in violazioni della normativa sulla concorrenza, sulla proprietà intellettuale e sulla tutela del consumatore.

Il termine ambush marketing fu coniato negli anni ’80 dal manager di American Express Jerry Welsh, per descrivere le strategie di alcuni marchi che cercavano di “infiltrarsi” in eventi sponsorizzati da concorrenti, sfruttandone la visibilità senza contribuire finanziariamente all’organizzazione.
In sostanza, si tratta di una tattica pubblicitaria non autorizzata che può indurre il pubblico a credere che l’impresa sia sponsor ufficiale dell’evento, generando confusione tra consumatori, danno economico per gli sponsor legittimi e lesione dei diritti degli organizzatori.

Come funziona l’ambush marketing

L’obiettivo dell’ambush marketing è ottenere massima esposizione mediatica a basso costo, sfruttando l’eco generata da eventi ad alta risonanza. Le aziende coinvolte cercano visibilità senza sostenere gli oneri economici di una sponsorizzazione ufficiale. Questo avviene mediante:

  • l’uso di slogan o simboli evocativi dell’evento;
  • la presenza del marchio nei pressi delle aree ufficiali;
  • l’adozione di strategie promozionali in coincidenza temporale con l’evento.

Le principali forme di ambush marketing

Il Consiglio di Stato, nella sentenza n. 3118/2025, ha individuato tre tipologie principali di ambush marketing:

  1. Ambush by association: il brand si collega all’evento mediante simboli, colori o riferimenti indiretti, pur non essendo sponsor.
  2. Ambush by intrusion: l’azienda ottiene visibilità nei luoghi fisici dell’evento (ad es. tramite striscioni o volantini nelle vicinanze).
  3. Opportunistic marketing: si sfruttano momenti salienti dell’evento per lanciare messaggi pubblicitari non autorizzati.

Il quadro normativo: cosa dice la legge in Italia

In Italia, la disciplina dell’ambush marketing è contenuta negli artt. 10-14 del Decreto-legge 11 marzo 2020, n. 16, convertito con modificazioni dalla Legge 8 maggio 2020, n. 31. La normativa mira a tutelare i grandi eventi di interesse nazionale, stabilendo che è vietato associare marchi, prodotti o servizi a manifestazioni ufficiali:

  • senza consenso dell’organizzatore;
  • mediante attività ingannevoli, intrusive o parassitarie.

Le violazioni possono comportare sanzioni pecuniarie fino a 2,5 milioni di euro, oltre a conseguenze civilistiche e penali (concorrenza sleale, uso illecito del marchio, pubblicità ingannevole).

Anche l’AGCM (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato) interviene sanzionando le pratiche che violano il Codice del consumo.

Quando è considerato concorrenza sleale

L’ambush marketing diventa concorrenza sleale, ai sensi dell’art. 2598 c.c., quando:

  • induce confusione con l’attività o i prodotti di un concorrente;
  • sfrutta indebitamente la notorietà altrui;
  • viola il principio di correttezza professionale.

Ciò accade, ad esempio, quando un’azienda usa simboli simili a quelli ufficiali dell’evento, si insinua fisicamente nei luoghi riservati agli sponsor o sfrutta elementi distintivi dell’evento per attirare clienti.

Vantaggi e svantaggi dell’ambush marketing

Vantaggi per l’impresa:

  • riduzione dei costi di sponsorizzazione;
  • elevata visibilità mediatica;
  • possibilità di sfruttare la popolarità dell’evento senza formalità contrattuali.

Svantaggi e rischi:

  • sanzioni amministrative e risarcimento dei danni;
  • danno reputazionale;
  • contenziosi con gli organizzatori e gli sponsor ufficiali.

Inoltre, a lungo termine, l’uso di tattiche ingannevoli può minare la fiducia del pubblico e compromettere relazioni commerciali strategiche.

integratori alimentari

Integratori alimentari: vietata la pubblicità sui benefici alla salute Integratori alimentari e pubblicità: la Corte UE vieta le indicazioni sulla salute per le sostanze botaniche senza autorizzazione europea

Integratori alimentari e pubblicità

La Corte di giustizia dell’Unione europea, con la sentenza nella causa C-386/23, ha confermato il divieto di utilizzare indicazioni sulla salute riferite a sostanze botaniche nella pubblicità di integratori alimentari, fino a quando tali claim non siano espressamente autorizzati dalla Commissione europea.

Cosa prevede il diritto Ue in materia di health claims

Secondo il Regolamento CE n. 1924/2006, le indicazioni sulla salute (health claims) possono essere impiegate nel marketing di alimenti e integratori solo se autorizzate a livello europeo e inserite in appositi elenchi ufficiali. L’obiettivo è garantire che ogni affermazione sia scientificamente fondata, tutelando così la salute pubblica e i diritti dei consumatori.

Attualmente, però, l’esame delle indicazioni sulla salute relative alle sostanze di origine botanica non è ancora concluso. Pertanto, tali affermazioni non sono presenti negli elenchi delle indicazioni autorizzate e, salvo eccezioni previste dal regime transitorio, non possono essere utilizzate nella promozione commerciale.

Il caso

La controversia ha coinvolto la società tedesca Novel Nutriology, che pubblicizzava un integratore alimentare a base di zafferano e succo di melone, sostenendo che tali componenti fossero in grado di migliorare l’umore e ridurre stress e stanchezza.

Una associazione professionale tedesca ha impugnato tali affermazioni, ritenendole illegittime in base al diritto UE. La questione è quindi giunta davanti alla Corte federale di giustizia tedesca, che ha sollevato una questione pregiudiziale alla Corte di giustizia europea.

La decisione della Corte UE

La Corte ha ribadito che:

  • le indicazioni sulla salute non ancora esaminate e approvate dalla Commissione non possono essere utilizzate nella pubblicità di alimenti e integratori;

  • le indicazioni botaniche sono soggette alle stesse regole e richiedono autorizzazione esplicita;

  • una deroga è ammessa solo se l’indicazione rientra nel regime transitorio previsto dal regolamento, condizione che non ricorre nel caso in esame.

Nel caso di Novel Nutriology, le affermazioni riguardavano funzioni psicologiche non ancora valutate dalle autorità tedesche prima dell’entrata in vigore del regolamento. Inoltre, l’impresa non ha presentato la necessaria domanda di autorizzazione entro il termine previsto (19 gennaio 2008).

reato di evasione

Reato di evasione: sì all’attenuante per chi si costituisce La Cassazione considera indifferenti modalità di tempo e luogo di costituzione, richiedendo la norma la volontà di recedere dalla condotta che ha dato origine all’evasione

Reato di evasione

Con la sentenza n. 15265/2025, la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha chiarito un aspetto delicato in tema di reato di evasione (art. 385 c.p.) e applicazione della circostanza attenuante dell’avvenuta costituzione.

Il caso: reato di evasione e costituzione

L’imputato, per il tramite del proprio difensore, impugnava la sentenza della Corte d’appello di Napoli che, confermando la decisione di primo grado, lo aveva condannato, ritenuta la contestata recidiva, a un anno e 8 mesi di reclusione in ordine al delitto di evasione ex art. 385 cod. pen. Riteneva la corte territoriale che non vi fossero i presupposti per l’applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen. né per la concessione delle circostanze attenuanti generiche e di quella di cui al quarto comma di cui all’art. 335 cod. pen., atteso che la presentazione presso la Caserma dei Carabinieri fosse condotta strumentale del ricorrente.

Da qui il ricorso in Cassazione, innanzi alla quale l’imputato denuncia vizi di motivazione in ordine alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche attraverso argomentazioni prive di un apparato logico; esclusione dei presupposti per riconoscere la citata circostanza attenuante, nonostante il ricorrente si fosse presentato presso la Caserma dei Carabinieri per costituirsi; violazione dell’art. 131-bis cod. pen. laddove la Corte non aveva apprezzato la sua buona condotta e la non abitualità a delinquere.

Attenuante art. 385, 4° comma, c.p.

Per gli Ermellini, il ricorso è fondato limitatamente all’attenuante di cui all’art. 385. quarto comma, cod. pen. mentre sono infondati gli altri di fronte alla “significativa biografia criminale – del soggetto – all’assenza di resipiscenza e alla non episodicità del delitto di evasione”.

Quanto alla mancata applicazione dell’attenuante di cui al quarto comma dell’art. 385 c.p., invece, affermano dal Palazzaccio, “costituisce ormai solido principio di diritto quello secondo cui, per poter ritenere sussistenti i presupposti per il riconoscimento della circostanza in parola, è sufficiente che la costituzione in carcere ovvero presso gli organi preposti alla vigilanza del rispetto delle prescrizioni inerenti agli arresti domiciliari, o che abbiano l’obbligo di tradurre l’evaso in carcere, sia volontaria e non conseguente alla coazione fisica delle forze dell’ordine, senza che assumano rilevanza la spontaneità del comportamento o l’assenza di influenze esterne, atteso che scopo della previsione è il tempestivo ripristino dello stato costrittivo, senza dispendio di energie da parte delle forze dell’ordine (Sez. 6, n. 29935 del 13/03/2022, Muggeri, Rv. 283721)”.

Costituzione presso ufficio polizia giudiziaria

“Una volta che sia stata esclusa l’incidenza sulla citata attenuante e della spontaneità della costituzione in carcere o presso chi ha l’obbligo di tradurlo o dei motivi – anche di natura egoistica – che spingono l’evaso ad interrompere la situazione antigiuridica autonomamente creata, come invece previsto dal codice penale, deve ritenersi che sono indifferenti le modalità di tempo e luogo di costituzione – aggiungono dalla S.C. – richiedendo la norma esclusivamente una condotta, anche dettata da esigenze contingenti ed utilitaristiche, che renda palese la volontà di recedere dalla condotta che ha dato origine all’evasione; viene in tal senso esaltata la natura oggettiva dell’attenuante per la cui integrazione è sufficiente sia posta in essere una condotta coincidente con il dettato della norma”.

Ciò anche alla luce dei plurimi principi di diritto espressi dalla S.C., spiegano i giudici, “specie laddove hanno ritenuto di equiparare la costituzione in carcere alla costituzione presso un ufficio appartenente alla polizia giudiziaria che ha l’obbligo di condurre l’evaso in carcere, deve rilevarsi come la motivazione della sentenza che ha escluso la sussistenza dei presupposti per la concessione della citata attenuante confligga con il significato assegnato alla citata disposizione”.

La decisione

Nel caso di specie, la Corte di appello, pur dando atto della natura oggettiva della circostanza attenuante ex art. 385, quarto comma, c.p., erroneamente finisce per assegnare rilevanza a profili di natura soggettiva, allontanandosi dal consolidato indirizzo giurisprudenziale sopra richiamato che reputa irrilevante la motivazione che spinge l’evaso a costituirsi.

Per cui, la sentenza impugnata va annullata, limitatamente alla sussistenza dell’attenuante de qua, con rinvio alla Corte di appello “che dovrà attenersi, nel fornire risposta circa la sussistenza o meno dei presupposti per il riconoscimento dell’invocata attenuante, al principio di diritto sopra richiamato”.

Allegati

giurista risponde

Tentato omicidio e maltrattamenti in famiglia Nel calcolo della pena per un delitto di omicidio tentato posto in essere in un contesto di maltrattamenti in famiglia deve applicarsi il cumulo temperato previsto dall’art. 81 c.p., oppure la condotta di maltrattamenti antecedente e contestuale deve ritenersi assorbita – ai sensi dell’art. 84 c.p. – dall’aggravante specifica prevista per il delitto di omicidio tentato?

Quesito con risposta a cura di Silvia Mattei e Michele Pilia

 

Nel calcolo della pena per il reato di tentato omicidio aggravato ex art. 576, comma 1, n. 5, c.p., la condotta di maltrattamenti antecedente e contestuale è assorbita nella circostanza aggravante del tentato omicidio, rendendo non configurabile il concorso materiale tra tali reati (Cass., sez. I, 20 gennaio 2025, n. 2210 – Tentato omicidio e maltrattamenti in famiglia).

Il punctum dolens sottoposto al vaglio del Supremo Collegio è la riconducibilità o meno del caso in esame all’istituto del reato complesso, ex art. 84 c.p., se sia applicabile l’art. 15 c.p., ovvero se sia applicabile, invece, il criterio di temperamento di cui all’art. 81 c.p.

La disciplina del reato complesso è ispirata ai principi di specialità in concreto, della sussidiarietà, della consunzione e si contrappone al principio della specialità in astratto posta a fondamento dell’art. 15 c.p.. Pertanto, per stabilire se, nel caso di specie, sussista o meno il concorso fra le norme incriminatrici è opportuno svolgere una disamina sulla struttura normativa del reato complesso.

Tuttavia, preliminarmente, si ritiene di dover, comunque, escludere l’applicabilità dell’art. 15 c.p. al caso di specie posto che le Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 23 febbraio 2019, n. 2664) hanno ritenuto applicabile detto articolo soltanto qualora fra le norme evocate sussista un rapporto di specialità in astratto, indiscutibilmente non sussistente fra le incriminazioni di omicidio volontario ed i maltrattamenti in famiglia attesa la oggettiva diversità tra il fatto idoneo ad integrare le due fattispecie, rectius il delitto di cui all’art. 575 c.p. e quello riconducibile al paradigma normativo dell’art. 572 c.p., dei quali, peraltro, l’uno ha natura istantanea e l’altro abituale.

Ciò premesso è, dunque, opportuno analizzare l’art. 84 c.p.; dal tenore letterale dello stesso risulta ictu oculi che la figura in esame presenti più forme di manifestazione. Focalizzandosi, però, su quanto attiene alla soluzione del quesito si può affermare che il profilo problematico è l’inclusione o meno del caso di specie nel genus del reato complesso in senso lato. Nel testo della norma citata si individuano chiaramente due distinte ipotesi, una definibile come: “reato composto”, costituito da elementi che di per sè integrererebbero altre figure criminose; mentre l’altra definibile come: “reato complesso circostanziato”, nel quale, ad una fattispecie-base, distintamente prevista come reato, si aggiunge quale circostanza aggravante un fatto autonomamente incriminato da altra disposizione di legge. Per cui da un punto di vista meramente formale risulta ictu oculi la sussumibilità del caso di specie risulta in questa seconda categoria, posto che il delitto di maltrattamenti in famiglia – autonomamente punito dall’art. 572 c.p. – è espressamente previsto come aggravante ad effetto speciale di cui all’art. 576, comma 5 c.p.. A queste considerazioni di natura testuale debbono essere aggiunge delle considerazioni di natura sostanziale che confermano l’applicabilità dell’art. 84 c.p. Invero, qualora il delitto di omicidio (o tentato omicidio come nel caso di specie) avvenga in un contesto di maltrattamenti risulta evidente l’esistenza del requisito sostanziale del reato complesso, ossia l’unitarietà finalistica dei fatti delittuosi. Non vi è dubbio, infatti, che, se l’intento Legislativo alla base della previsione dell’aggravante è quello di perseguire con maggiore severità l’omicidio costituente sviluppo della condotta ex art. 572 c.p., è a questa dimensione fattuale che deve aversi riguardo per la definizione della fattispecie aggravante; e quindi ad una situazione nella quale i maltrattamenti e l’omicidio presentano non solo contestualità spazio-temporale, ma si pongono, altresì, in una prospettiva finalistica unitaria.

La tesi della ravvisabilità di un reato complesso nella fattispecie aggravata in esame, convalidata dalle argomentazioni che precedono, non è inficiata dalle obiezioni che alla stessa sono state opposte. Tanto in considerazione, soprattutto, delle caratteristiche del reato complesso come delineate in generale e, per quanto detto, presenti nel caso di specie, con particolare riguardo alla necessaria ricorrenza di un’unitarietà non solo contestuale, ma anche finalistica dei fatti complessivamente considerati. Tale interpretazione, peraltro trova l’avvallo della giurisprudenza di legittimità nella sua massima composizione (Cass., Sez. Un., 26 ottobre 2021, n. 38402) la quale mutatis mutandis ha affrontato la tematica oggetto della presente sentenza in relazione al delitto di atti persecutori ex art. 612bis c.p. e l’aggravante di cui all’art. 576, comma 5.1 c.p. concludendo anche in questo caso in senso favorevole all’applicazione dell’art. 84 c.p.

La riconducibilità del caso in esame alla disciplina del reato complesso implica l’inoperatività dei meccanismi di cumulo sanzionatorio, previsti negli articoli precedenti, escludendo qualsiasi incidenza sanzionatoria dei reati in esso unificati. Fra le disposizioni oggetto di richiamo dell’incipit dell’art. 84 c.p. rientra il concorso formale di reati ex art. 81, comma 1 c.p., per la quale è previsto il cumulo giuridico. La normativa dell’art. 84 si connota particolarmente come derogatoria in quanto “assorbe” le pene stabilite per i singoli reati in quella stabilita per il reato complesso.

Alla luce di quest’interpretazione ermeneutica la Cassazione ha ritenuto che sia applicabile il principio di consunzione tra la fattispecie di cui all’art. 572 c.p. e il delitto di tentato omicidio aggravato ai sensi dell’art. 576, comma 5 c.p. Pertanto, il Supremo Collegio annullava senza rinvio la sentenza impugnata relativamente al delitto di maltrattamenti in famiglia rideterminava e la pena inflitta per il delitto di tentato omicidio aggravato.

 

(*Contributo in tema di “Tentato omicidio e maltrattamenti in famiglia”, a cura di Silvia Mattei e Michele Pilia, estratto da Obiettivo Magistrato n. 83 / Marzo 2025 – La guida per affrontare il concorso – Dike Giuridica)