codice condotta telemarketing

Telemarketing: al via il Codice di condotta Codice di condotta in materia di telemarketing in vigore dal 28 settembre 2024: stop alle chiamate incontrollate

Codice di condotta telemarketing in vigore

Telemarketiing e teleselling: in vigore a tutti gli effetti il Codice di condotta che regola le attività. Il Codice, che ha l’obiettivo di tutelare gli utenti dalle chiamate indesiderate, è stato approvato dal Garante Privacy il 7 marzo 2024 e, con l’accreditamento dell’Organismo di monitoraggio (OdM) è stato completato l’iter per la sua piena applicazione. La delibera di approvazione e l’accreditamento dell’Odm sono stati pubblicati sulla Gazzetta ufficiale n. 73 del 27 marzo 2024.

L’articolo 19, al comma 4 dispone che “Il Codice di  condotta  eventualmente  rivisto  ai  sensi  del precedente comma entrerà in vigore, previo accreditamento  dell’OdM, ai sensi dell’art. 41 del regolamento, quindici giorni  dopo  la  sua pubblicazione nella Gazzetta ufficiale della Repubblica italiana”.

Misure specifiche di applicazione in vigore dal 28 settembre 2024

Il comma 5 invece dispone che “Le misure necessarie per l’applicazione del presente Codice di condotta sono adottate dai soggetti aderenti entro il termine di sei mesi dall’entrata in vigore del Codice di condotta”.

Trattasi nello specifico delle misure che devono garantire la correttezza e la legittimità del trattamento dei dati lungo tutta la “filiera” del telemarketing.

Tali misure, entrate in vigore il 28 settembre 2024, consistono nella raccolta di consensi specifici per le singole finalità (marketing, profilazione, ecc.) e nell’obbligo di informare in maniera precisa le persone contattate sull’uso dei loro dati, assicurando il pieno esercizio dei diritti previsti dalla normativa privacy (opposizione al trattamento, rettifica o aggiornamento dei dati).

Vediamo quali sono le regole del Codice, che non valgono per gli operatori che utilizzano il telefono per verificare la soddisfazione della clientela o che svolgono attività promozionali tramite sms o applicazioni.

Orari fissi per le chiamate

Il Codice di condotta vieta le chiamate nei giorni festivi e la domenica. Gli operatori possono contattare gli utenti solo in due fasce orarie distinte:

  • dal lunedì al venerdì dalle ore 9.00 alle ore 20.00;
  • nei giorni prefestivi e il sabato dalle ore 10.00 alle ore 19.00.

Il Codice consente una tolleranza massima di 15 minuti rispetto agli orari indicati. La telefonata senza risposta o non effettuata perché l’utente è occupato è considerata come non effettuata.

Divieto di telefonate anonime e consenso

Gli operatori non possono effettuare telefonate che non consentono all’utente di identificare il numero dal quale viene effettuata la chiamata. I numeri devono essere visibili sul telefono e l’utente deve avere la possibilità di richiamare. Chi effettua la chiamata inoltre deve identificarsi in modo chiaro e ottenere il consenso specifico alla chiamata avente finalità promozionali.

Il consenso per finalità di telemarketing è valido ai sensi dell’art. 12 del Codice di condotta se informato, libero, specifico, inequivocabile e documentabile.

Script conforme al Codice di Condotta

Il committente deve mettere a disposizione del  call center, con modalità documentate e verificabili, uno script conforme al Codice di condotta e applicabile a ogni campagna di telemarketing o teleselling. Lo script deve contenere le istruzioni che gli operatori devono seguire e rispettare nel contare gli utenti. Il committente deve fornire inoltre il testo dell’informativa relativa al trattamento dei dati personali, anch’essa conforme al Codice di condotta, da sottoporre ai soggetti interessati.

Sanzioni per chi viola le regole

Di estremo interesse infine l’articolo 16 dedicato al controllo dell’origine del contratto con l’affidatario. L’accordo deve prevede un meccanismo sanzionatorio, che preveda l’applicazione di una penale, il mancato riconoscimento della provvigione o l’annullamento della stessa, se il contratto viene stipulato in mancanza di un contatto legittimo.

Le penali devono essere parametrate rispetto elle provvigioni e alla percentuale dei contratti sottoposti a controllo, per assolvere alle finalità dissuasive da perseguire. A tale fine si può stabilire ad esempio che la penale sia pari al triplo della provvigione prevista per ogni contratto e non richiesta oppure richiesta in ripetizione per ogni contratto.

 

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decreto omnibus

Decreto Omnibus: in vigore la legge In vigore dal 9 ottobre 2024 la legge di conversione del decreto Omnibus: dalla flat tax doppia per i "Paperoni" alla Zes sino agli sfollati di Scampia, ecco le misure

Decreto Omnibus: le novità

Via libera definitivo della Camera al decreto Omnibus (con 134 voti a favore e 96 contrari), già approvato dal Senato nei giorni scorsi (con la fiducia apposta dall’esecutivo sul ddl di conversione del decreto approvato il 7 agosto 2024).  Il testo, come licenziato dalle Commissioni bilancio e finanze, è stato approvato da Montecitorio il 3 ottobre ben prima della scadenza per la conversione prevista entro l’8 ottobre 2024.

Il ddl di conversione del dl 113/2024, recante “Misure urgenti di carattere fiscale, proroghe di termini normativi ed interventi di carattere economico“, contiene misure che spaziano dal raddoppio della flat tax per i Paperoni stranieri, alla Zes sino al bonus Natale per i lavoratori dipendenti ed ha subito modifiche di rilievo nel corso dell’esame parlamentare.

La nuova legge n. 143/2024 è stata pubblicata in Gazzetta Ufficiale l’8 ottobre 2024 per entrare in vigore il giorno successivo.

Ecco le novità nel dettaglio:

Procedure di erogazione PNRR

Semplificata l’erogazione delle risorse che devono essere impiegate per realizzare gli interventi previsti dal PNRR.

In particolare le amministrazioni devono erogare, nel temine di 30 giorni dal ricevimento delle istanze, il 90% dell’importo dell’intervento.

Bonus Natale

Approvato il riconoscimento dell’indennità esentasse di 100 euro che andrà ad aggiungersi alla tredicesima. Beneficeranno della misura i lavoratori con reddito non superiore a 28.000 euro, spostati e con almeno un figlio a carico. Escluse dalla misura le famiglie di fatto.

Bonus psicologo

Per il 2024 il limite di spesa per il bonus psicologo aumenta di 2 milioni di euro, raggiungendo i 12 milioni di euro.

Peste suina

Contributo straordinario per gli allevatori che devono affrontare le problematiche legate alla peste suina.

La misura varia in base al danno subito.

Misure antipirateria

Due le novità contro la pirateria in TV. La prima prevede l’estensione dell’obbligo di bloccare l’accesso ai contenuti diffusi in modo abusivo ai fornitori VPN e DNS. La seconda prevede il carcere per chi non segnala immediatamente gli abusi alle autorità.

Flat tax Paperoni

Sale da 100mila a 200mila euro l’anno l’imposta sostitutiva sui redditi prodotti all’estero calcolata in via forfetaria per chi sposta la residenza fiscale in Italia.

Ad oggi sono circa 1.200 i soggetti che hanno goduto di questo regime agevolato.

Zes Unica

Il credito di imposta per gli investimenti nella Zes Unica nel Mezzogiorno è di 1800 milioni di Euro per il 2024. Per accedere all’agevolazione, gli operatori economici che hanno già presentato la documentazione prevista dovranno inviare, dal 18 novembre al 2 dicembre 2024, all’Agenzia delle entrate, una comunicazione integrativa attestante l’avvenuta realizzazione entro il termine del 15 novembre 2024 degli investimenti già indicati. La comunicazione, a pena del rigetto della stessa, dovrà anche indicare l’ammontare del credito di imposta maturato in relazione agli investimenti effettivamente realizzati e le relative fatture elettroniche.

Scampia

Quasi mille euro mensili fino al 31 dicembre per gli sfollati in conseguenza del crollo del ballatoio delle Vele di Scampia del 22 luglio scorso. Li erogherà il comune di Napoli (si va da un minimo di 400 a un massimo di 900 in base al nucleo familiare, più somme aggiuntive in presenza di over65 o disabili).

Enti locali

Il ddl Omnibus contiene anche chiarimenti sulle imposte riscosse dagli enti locali e sull’applicazione in legge della spending review delle Regioni. Il testo contiene inoltre misure in materia di differimento di termini fiscali, a sostegno degli enti territoriali, di rinegoziazione dei mutui da parte degli enti territoriali e di attuazione delle misure del PNRR.

Aree sciistiche

Il provvedimento stanzia 13 milioni di euro per sostenere le imprese turistiche dei Comuni dei comprensori e delle aree sciistiche della dorsale appenninica che nella scorsa stagione sciistica hanno subito una riduzione dei ricavi non inferiore al 30% rispetto a quelli registrati nell’anno precedente. Destinatari del provvedimento:

  • gli esercenti attività di impianti di risalita a fune e di innevamento artificiale, nonché di preparazione delle piste da sci;
  • i noleggiatori di attrezzature per sport invernali;
  • i maestri di sci, iscritti negli appositi albi professionali, e delle scuole di sci presso le quali questi operano;
  • le agenzie di viaggio, i tour operator e i gestori di stabilimenti termali;
  • le imprese turistico-ricettive e di ristorazione.

Decreto del ministero del turismo

Sarà il ministero del turismo ad individuare i comuni interessati dalla misura e a definire i criteri e le modalità di erogazione delle risorse.

Iva associazioni sportive

Il provvedimento interviene anche sulla disciplina Iva per le associazioni sportive dilettantistiche, per i maestri di sci e sul trasferimento dei puledri per contrastare la concorrenza estera in materia fiscale.

Scuola

Si estende anche per l’anno scolastico e per l’anno accademico 2024-2025 la tutela assicurativa degli studenti e del personale del sistema nazionale di istruzione e formazione, della formazione terziaria professionalizzante e della formazione superiore.

Per il 2024 tutte le risorse destinate alla promozione dell’attività di ricerca e   competitività del Paese sono destinate alla quota base per il Fondo per il finanziamento delle università.

 

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patente a crediti

Patente a crediti: le Faq dell’Ispettorato Patente a crediti: l’iniziale fase applicativa della patente a crediti fa sorgere dubbi sulla corretta applicazione delle nuove regole

Patente crediti: prime Faq sul sito dell’INL

La patente crediti da qualche giorno è nella sua prima fase applicativa e subito sorgono dubbi sull’interpretazione delle norme del decreto n. 132/2024.

L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito i primi chiarimenti sulla misura con la circolare INL n. 4/2024. I dubbi però sono tanti, vediamo quelli che sono stati sollevati all’ispettorato e come ha risposto lo stesso con le Faq del 4 ottobre 2024.

La patente a crediti finora ha sollevato 4 dubbi principali, a ognuno dei quali l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha prontamente risposto.

Requisiti e autocertificazione patente crediti

Questo il primo quesito: “Fino a quando si può presentare l’autocertificazione/ dichiarazione sostitutiva per attestare il possesso dei requisiti richiesti dalla legge per ottenere la patente?”

L’INL precisa che l’autocertificazione deve essere inviata a mezzo pec dalle imprese e dagli autonomi che alla data del 1 ottobre operano già in un cantiere temporaneo o mobile.

Sono esclusi dall’obbligo di inviare l’autocertificazione per chi in data 1 ottobre 2024 opera già in un cantiere e nello stesso giorno richiede la patente e coloro che alla data del 1à ottobre 2024 non stanno operando in un cantiere.

Rilascio patente e rilevanza della categoria

“La categoria SOA rileva visto che la norma precisa solo la classificazione?” è il secondo quesito al quale l’Ispettorato ha risposto precisando prima di tutto che la SOA è un’attestazione di qualificazione che consente a chi ne è in possesso di poter partecipazione a gare d’appalto per l’esecuzione di appalti pubblici di lavori. L’INL chiarisce che sono escluse dall’applicazione della patente a crediti le imprese che possiedono la SOA con classifica superiore alla III, la categoria non rileva.  

Aziende con più unità, nomine RSPP e redazione DVR

“Se un’azienda ha più DVR e più RSPP come va interpretata la norma visto che menziona questi termini al singolare?”. A questo quesito, l’INL ha risposto in questi termini: se un’azienda ha diverse unità produttive e sono pertanto presenti diversi datori, ciascuno deve nominare un RSPP (Responsabile del servizio di prevenzione e protezione) e redigere un DVR (Documento di valutazione del rischio).

Obbligo formativo patente crediti e dichiarazione

“Il nuovo obbligo formativo è soggetto all’accordo Stato Regioni e alla scadenza del periodo entro il quale si deve applicare la nuova normativa. E’ quindi necessario attendere ulteriori chiarimenti sull’oggetto della autocertificazione?”. All’ultimo quesito, l’Ispettorato ha risposto che non occorre attendere, perché la dichiarazione è veritiera se effettuata alla luce della normativa vigente. Essa non può quindi tenere conto di adempimenti che ancora non sono obbligatori.

 

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ctu discordanti

CTU discordanti: il giudice può scegliere a quale aderire CTU discordanti: il giudice che decide di aderire ad una delle due deve motivare indicando le ragioni specifiche della scelta

CTU discordanti: la scelta tra le due va motivata

Se tra due CTU discordanti, che giungono cioè a conclusioni opposte sulla responsabilità medica di un’azienda ospedaliera e di alcuni dottori, se il giudice dell’appello preferisce la seconda deve motivare specificamente le ragioni per le quali l’ha scelta ai fini del decidere.

Non basta affermare che la seconda CTU ha chiarito dubbi e criticità presenti nella prima relazione. La Cassazione fornisce questi importanti chiarimenti nell’ordinanza n. 18308/2024.

Danni celebrali alla neonata: genitore chiede i danni

Il genitore di una bambina cita in giudizio un’azienda ospedaliera. L’uomo chiede il risarcimento dei danni derivanti dalle omesse o tardive diagnosi e terapie post partum. Le condotte dei medici hanno compromesso gravemente le funzioni celebrali della figlia appena nata. La struttura chiama in causa le compagnie assicurative e i sanitari coinvolti nella vicenda.

CTU discordanti: decisioni opposte in primo e secondo grado

Il Tribunale per appurare le responsabilità dispone una CTU. Conclusa l’istruttoria il giudice di primo grado accoglie le richieste del genitore. La sentenza riconosce all’attore e alla figlia un risarcimento danno superiore agli 800.000,00.

I convenuti soccombenti impugnano la decisione. In appello i giudici dispongono una nuova CTU. La decisione della Corte ribalta l’esito del giudizio di primo grado. La consulenza tecnica afferma infatti che il ritardo psicomotorio della bambina non è riconducibile a una ipossia celebrale verificatasi durante il parto, ma ad una patologia genetica.

Obbligatorio motivare perché si preferisce una delle due CTU

Il genitore della bambina impugna la decisione in sede di Cassazione sollevando 11 motivi di doglianza. Solo l’undicesimo viene accolto con conseguente rinvio alla Corte d’appello territorialmente competente in diversa composizione.

In questo motivo il ricorrente denuncia il vizio di motivazione della sentenza d’appello. La Corte di appello, pur esistendo una CTU precedente e contraria a quella che si è svolta in appello, non ha preso in considerazione le note critiche del difensore. L’esistenza di contestazioni specifiche sulla consulenza avrebbe dovuto indurre il giudice dell’appello a fornire una motivazione reale e non meramente apparente alla sua preferenza per le conclusioni della CTU successiva.

Motivazione apparente

La Cassazione accoglie questo motivo perché risulta in effetti fondato. Gli Ermellini ricordano che in una precedente pronuncia (n. 19372/2021) la stessa aveva precisato che se nel corso di un giudizio di merito vengono eseguite due consulenze tra loro difformi il giudice deve indicare le ragioni per le quale preferisce una delle due.

In particolare, quando intenda uniformarsi alla seconda consulenza, non può limitarsi ad una adesione acritica ma deve giustificare la propria preferenza indicando le ragioni per cui ritiene di disattendere le conclusioni del primo consulente, salvo che queste risultino criticamente esaminate dalla nuova relazione.” 

Nel caso di specie però la Corte ha affermato di ritenere necessaria la rinnovazione della consulenza tecnica di primo grado. La stessa però, nella motivazione, dopo l’illustrazione del contenuto della consulenza del secondo grado di giudizio e delle osservazioni alla stessa si limita ad affermare che:le risultanze della consulenza tecnica collegiale disposta nel presente grado hanno consentito di chiarire e superare quelle che, a parere di questa Corte, erano le criticità ed i dubbi del primo elaborato peritale, e dunque ritenendone di condividere le conclusioni, deve essere integralmente rivista la decisione impugnata che sulle prime aveva fondato il suo convincimento”. 

Tale motivazione è apparente, perché il giudice dell’appello non chiarisce quali erano le criticità del primo elaborato che sono state chiarite con la consulenza di secondo grado. La Corte in sostanza non chiarisce per quali ragioni ritiene di preferire la seconda consulenza rispetto alla prima. Il richiamo generico ai dubbi e alle criticità relative alla prima consulenza non riesce da solo a colmare la lacuna motivazionale.

 

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riforma cartabia

Riforma Cartabia: costituzionale l’art. 473.bis-17 c.p.c.? Riforma Cartabia: dubbi sulla costituzionalità del termine di 10 giorni che ha l'attore per esercitare il suo diritto di difesa

Riforma Cartabia: i dubbi di costituzionalità

La Riforma Cartabia concede all’attore 10 giorni per prendere posizione sulle difese del convenuto, precisare e modificare le proprie conclusioni, proporre domande ed eccezioni  in conseguenza della domanda riconvenzionale e formulare istanze di prova. Questa regola però viola i principi sanciti dagli articoli 3, 24 e 111 della Costituzione. Il nuovo art. 473bis.17 c.p.c, che prevede questo termine, non consente all’attore di esercitare il proprio diritto di difesa come il convenuto. Lo ha sancito il Tribunale di Genova che, accogliendo le rimostranze di parte attrice, ha rimesso la questione di legittimità costituzionale alla Consulta con l’ordinanza del settembre 2024.

Domanda per la modifica delle condizioni della separazione

Nella vicenda, una donna agisce in giudizio per chiedere la modifica delle condizioni della separazione sancita con una sentenza del 2016. Nella domanda chiede l’aumento del contributo dovuto dall’ex marito in favore della figlia maggiorenne, affetta da serti disturbi dell’apprendimento. Il marito si costituisce in giudizio, si oppone alle richieste della ex moglie e in via riconvenzionale chiede il divorzio.

Parte ricorrente con memoria 473bis.17 c.p.c. eccepisce l’inammissibilità della domanda di divorzio. Per l’attrice essa non presenta alcuna connessione oggettiva con la domanda principale. In udienza le parti raggiungono un accordo sul mantenimento e sulle spese straordinarie in favore della prole. La causa viene rinviata e le parti depositano note scritte per tentare di trovare un punto di incontro su tutte le questioni patrimoniali pendenti.

Costituzionale l’art. 473bis.17 c.p.c.?

Il giudice prende atto dell’impossibilità di raggiungere una soluzione condivisa sul divorzio a causa dell’eccezione sollevata da parte attrice. Essa ha sollevato infatti un dubbio di legittimità costituzionale dell’art. 473 bis. 17 introdotto dalla Riforma Cartabia nel procedimento in materia di persone e famiglia. Per la ricorrente il termine di 10 giorni che viene concesso alla parte attrice per prendere posizione sulle domande nuove del convenuto sono insufficienti e lesivi dei principi sanciti dall’articolo 3 (uguaglianza), 24 (diritto di difesa) e 111 (giusto processo).

Il Tribunale di Genova, nel pronunciarsi sulla dubbia legittimità costituzionale dell’art. 473bis. 17, dopo aver analizzato gli articoli 473 bis 11 si sofferma sull’art. 474bis. 17. Questo articolo al comma 1 dispone che: “entro venti giorni prima della data dell’udienza, l’attore può depositare memoria con cui prendere posizione in maniera chiara e specifica sui fatti allegati dal convenuto, nonché, a pena di decadenza, modificare o precisare le domande e le conclusioni già formulate, proporre le domande e le eccezioni che sono conseguenza delle difese del convenuto, indicare mezzi di prova e produrre documenti. Nel caso in cui il convenuto abbia formulato domande di contributo economico, nello stesso termine l’attore deve depositare la documentazione prevista nell’articolo 473-bis. 12, terzo comma”.

Il convenuto ha 30 giorni per impostare la difesa, l’attore solo 10

Analizzando la normativa in questione emerge che il convenuto ha 30 giorni di tempo per impostare la difesa, sollevare le sue eccezioni e formulare eventuali domande riconvenzionali. L’attore invece, per prendere posizione sulle domande e sulle difese del convenuto, modificare le proprie domande, sollevare eventuali accezioni e proporre domande nuove in conseguenza delle domande e dei mezzi di prova del convenuto ha solo 10 giorni, spesso 9 o meno ancora se la comparsa conclusionale viene depositata lultimo giorno disponibile e scaricata dalla Cancelleria il giorno successivo.”

In un caso come quello di specie, in cui parte attrice si è limitata a chiedere la modifica delle condizioni per il mantenimento della prole mentre parte convenuta ha chiesto in via riconvenzionale il divorzio, quest’ultima mette in discussione tutto quanto stabilito fino a quel momento tra la coppia in materia di diritti patrimoniali e non patrimoniali. Per questo parte attrice lamenta di non aver avuto abbastanza tempo per formulare la domanda per l’assegno divorzile conseguente alla domanda di divorzio di controparte.

Compressione ingiustificata dei termini: l’attore non può difendersi

L’articolo 474bis.17 c.p.c. prevede una compressione ingiustificata del diritto di difesa dell’attore previsto dall’articolo 24 della Costituzione in violazione del principio del giusto processo sancito dall’articolo 111 e di uguaglianza contenuto nell’art. 3 della Costituzione.

“Il termine di soli dieci giorni previsto dall’art. 473 bis.17 c.p.c in favore dell’attore per modificare e precisare le domande e formulare domande nuove e quindi anche i relativi mezzi di prova, si reputa assolutamente incongruo, non rinvenendosi nei vari riti previsti dal nostro ordinamento per i giudizi a cognizione piena una tempistica così ristretta”.

Basti pensare ai tempi previsti dagli articoli 166 e 171 ter del processo a cognizione ordinaria, a quelli indicati dall’art. 281 duodecies c.p.c, che disciplina il rito ordinario semplificato, ai termini del rito lavoro di cui all’art. 481 c.p.c o a quelli previsti dall’art. 166 ante riforma.

Come più volte affermato dalla Consulta “Il difetto di congruità del termine, rilevante sul piano della violazione dell’art. 24, primo comma, Cost., si ha solo qualora esso, per la sua durata, sia inidoneo a rendere effettiva la possibilità di esercizio del diritto cui si riferisce e, di conseguenza, tale da rendere inoperante o carente la tutela accordata al cittadino” (Corte Cost. 10/02/2023, n. 18)”.

 

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salario minimo

Salario minimo: la guida Salario minimo: cos’è, come si stabilisce, a cosa serve e cosa prevede la Direttiva UE che gli Stati devono recepire entro il 15 novembre 2024

Salario minimo: che cos’è

Il salario minimo è la retribuzione minima del lavoratore. Si tratta della somma minima, sotto la quale non si può scendere, che i datori di lavoro devono riconoscere e corrispondere ai loro dipendenti, operai o impiegati.

In molti paesi il salario è stabilito per legge da più di un secolo, in altri invece deve ancora trovare uno spazio nella legislazione interna, come in Italia. La misura aspira a riconoscere ai lavoratori una retribuzione più adeguata ai bisogni tipici della società moderna.

Salario minimo: determinazione

Il salario minimo può essere determinato dalla legge (salario minimo legale), dalla contrattazione collettiva nazionale o dalla combinazione tra queste due fonti. In Italia la sua determinazione è rimessa alla contrattazione collettiva.

L’unico riferimento normativo che si limita a indicare i criteri di determinazione dell’importo della retribuzione e l’articolo 36 della Costituzione. La norma riconosce al lavoratore il diritto di percepire una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità del suo lavoro. Essa deve essere corrisposta comunque in misura sufficiente a garantire al lavoratore stesso e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa.

A questa norma si ricollega l’articolo 39 della Costituzione. Esso che riconosce ai sindacati il potere di stipulare i contratti collettivi di lavoro vincolanti per i lavoratori della categoria a cui si riferisce il contratto specifico.

La situazione reale del nostro paese però è caratterizzata dalla mancata estensione dell’efficacia dei contratti collettivi a tutti i lavoratori della categoria con conseguente moltiplicazione dei contratti stessi.

Riferimento normativo UE

Il salario minimo rappresenta l’oggetto della Direttiva 2022/2041, che è stata approvata il 14 settembre del 2022. Essa ha stabilito l’obbligo di recepimento da parte degli stati UE entro 2 anni dalla sua entrata in vigore. Gli Stati quindi devono adeguarsi alla Direttiva entro il 15 novembre 2024.

Questo perché in 21 paesi europei il salario minimo è già previsto e disciplinato, mentre in altri paesi UE come l’Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Italia e Svezia, la sua determinazione è rimessa alla contrattazione collettiva e non appare equa e in grado di soddisfare le finalità della direttiva.

La Direttiva UE  2022/2041

La Direttiva europea 2022/2041 si pone l’obiettivo di garantire salari minimi in grado di assicurare ai lavoratori condizioni di lavoro, ma anche di vita, dignitose. Essa mira alla convergenza sociale verso l’alto e alla eliminazione delle differenze retributive.

La Direttiva, per sua natura, non può imporre agli Stati che ricorrono alla contrattazione collettiva di adottare un salario minimo per legge. Nello stesso modo non può imporre di dichiarare un contratto collettivo applicabile universalmente a tutti i lavoratori.

Per garantire uniformità essa prevede che gli Stati UE che abbiano già adottato i salari minimi legali debbano rideterminarli e aggiornarli per perseguire le finalità della normativa. Nei paesi che invece ne affidano la determinazione alla contrattazione collettiva la Direttiva la promuove nel rispetto dell’autonomia delle parti sociali coinvolte.

La Direttiva prevede inoltre che gli Stati UE debbano essere monitorati. Ogni due anni dovranno infatti fornire alcuni dati alla Commissione UE. Questi dati variano a seconda che il salario minimo sia definito con legge o tramite contrattazione collettiva.

I progetti di legge in materia

Nel corso della precedente legislatura e di quella in corso sono stati presentati diversi progetti di legge sul salario minimo.

Per approfondire leggi la documentazione parlamentare dedicata al “Salario Minimo”

In particolare, il 2 ottobre scorso, la commissione lavoro del Senato, ha avviato l’esame congiunto dei ddl 126 e 281 e dei ddl 956 e 957, quest’ultimo già approvato dalla Camera (“Equa retribuzione”), che prevede una delega al governo in materia di rappresentanza sindacale e di efficacia della contrattazione collettiva, introducendo strumenti per aumentare i salari minimi.
inadempimento al mandato

Inadempimento al mandato: non sempre scatta la responsabilità disciplinare per l’avvocato L’inadempimento al mandato conduce alla responsabilità deontologica se la condotta è improntata a una non scusabile e rilevante trascuratezza

Rilevanza deontologica dell’inadempimento al mandato

Linadempimento al mandato non sempre rileva dal punto di vista deontologico. Esso integra la responsabilità disciplinare quando è frutto di una non scusabile e rilevante trascuratezza” ex art. 26 del Codice Deontologico Forense. Lo ha precisato il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 141/2024.

Esposto contro l’avvocato che non va in mediazione e offende l’assistita

Una signora presenta un esposto nei confronti di un avvocato. La donna riferisce di aver ricevuto una comunicazione dall’avvocato denunciato in data 12.12.2016. Con questa lettera, successiva alla revoca del mandato, il legale la insultava, la minacciava di denunciarla per truffa e avanzava richieste di pagamento non dovute.

Nella denuncia la donna evidenzia che l’avvocato non si era presentato a un incontro di mediazione per il quale la stessa gli aveva conferito mandato, portando alla redazione di un verbale negativo.

Censura per l’avvocato che non ha adempiuto al mandato

Il Consiglio Distrettuale di disciplina irroga all’avvocato la sanzione della censura. Per il CDD l’avvocato ha violato gli articoli 9 e 12 del codice deontologico, che impongono il rispetto dei doveri di correttezza, probità, dignità e decoro. La condotta ha violato inoltre l’art. 52, che punisce l’utilizzo di espressioni sconvenienti e offensive nell’esercizio della professione.

Il Consiglio contesta però all’avvocato anche la violazione degli articoli 26 comma 3 e art. 27 comma 7 del Codice deontologico. Lo stesso ha omesso di adempiere correttamente gli atti relativi al mandato o alla nomina che gli erano stati conferiti dalla donna in presenza di una non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi dell’assistita, non prendendo parte all’incontro di mediazione del 2.11.2016 e non avendo comunicato alla parte la necessità di compiere gli atti necessari per evitare prescrizioni, decadenze e altre conseguenze pregiudizievole collegate all’incarico in essere, non informandola del fatto che il 2.11.2016 si sarebbe tenuto l’incontro di mediazione e che ella avrebbe potuto/dovuto a parteciparvi personalmente, anche in sua assenza.

Ricorso al CNF: nessun inadempimento al mandato

L’incolpato ricorre al CNF contestando l’addebito relativo all’inadempimento del mandato e facendo presente che, in relazione all’incontro di mediazione, la sua assistita aveva manifestato un chiaro disinteresse a prendervi parte. Questa affermazione è corroborata dal mancato pagamento dell’indennità prevista per aderire alla mediazione.

Serve una non scusabile e rilevante trascuratezza

Il CNF accoglie parzialmente l’impugnazione del ricorrente e conferma la censura perché adeguata e proporzionata. Per il CNF l’incolpato nella missiva inviata all’assistita ha in effetti utilizzato espressioni che superano il limite consentito. Non giustificabile l’utilizzo di espressioni gratuitamente offensive ed esorbitanti. L’ardore espositivo delle proprie ragioni deve comunque rispettare i doveri di probità, dignità e decoro.

Il discorso è ben diverso per quanto riguarda il capo dell’incolpazione che accusa l’avvocato di non avere adempiuto correttamente il proprio mandato. Il CNF rileva che dall’istruttoria e dagli atti prodotti non emerge la responsabilità del legale.

Come precisato in sentenza l’art. 26 comma 3 prevede una condotta di esplicita e rilevante trascuratezza da parte del difensore perché la sua condotta possa ritenersi lesiva della norma in esso richiamata.” La disposizione è molto chiara nella sua formulazione: Costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita”.

Nella condotta dell’avvocato però non si rileva la non scusabile e rilevante trascuratezza. La denunciante ha infatti conferito mandato all’avvocato per farsi assistere all’incontro di  mediazione del 02.11.2016, come emerge dal mandato professionale del 28.10.2016. Il giorno stesso l’avvocato ha inviato un fax alla Camera di conciliazione comunicando la propria impossibilità a presenziare all’incontro del 2 novembre e chiedendo per questo un rinvio.

La condotta dell’avvocato non è contestabile, visto che lo stesso ha comunicato in forma scritta e con un certo anticipo la propria impossibilità a presenziare all’incontro di mediazione. Il ritardo con cui l’assistita ha adempiuto gli oneri amministrativi previsti dalla mediazione non rilevano. Neppure la mancata concessione del rinvio può condurre alla censura della condotta dell’avvocato.

 

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riforma fiscale

Riforma fiscale: imposte successioni e donazioni più razionali Riforma Fiscale: il Consiglio dei Ministri ha approvato un decreto legislativo che mira a semplificare diverse imposte e tributi indiretti

Riforma fiscale in vigore

Nell’ambito della complessa opera di Riforma fiscale il Consiglio dei Ministri ha approvato il 7 agosto 2024 un decreto legislativo, in esame definitivo.

Il testo (D.Lgs. 139/2024) che vuole razionalizzare l’imposta di registro, l’imposta sulle successioni e donazioni, l’imposta di bollo e gli altri tributi indiretti diversi dall’IVA”, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 2 ottobre 2024, per entrare in vigore il giorno successivo, anche se le disposizioni saranno operative soltanto dal 1° gennaio 2025.

Tra le novità più rilevanti, quelle sulla riforma delle successioni e donazioni.

Novità su trust, successioni e dichiarazione integrativa

Il provvedimento attua la legge delega sulla riforma fiscale (legge 9 agosto 2023, n. 111). Queste le novità  più importanti:

  • tassazione dei trust;
  • dichiarazione integrativa a favore del contribuente;
  • svincolo di somme per gli eredi fino a 26 anni.

Queste misure mirano a semplificare e rendere più efficiente il sistema fiscale italiano e a garantire maggiore equità e trasparenza in materia di imposte indirette.

Tassazione dei Trust

Il decreto stabilisce che, per quanto riguarda la tassazione dei trust, se il disponente o il trustee versano il tributo quando i beni vengono conferiti o quando si apre la successione (l’imposta viene quindi determinata in base al valore dei beni nel momento del conferimento e in base al rapporto esistente tra disponente e beneficiario), qualora non sia possibile determinare con certezza la categoria dei beneficiari (classe di parenti o affini per i quali è omogenea l’aliquota della tassazione e la franchigia) al momento del conferimento dei beni o dell’apertura della successione, verrà applicata l’aliquota più elevata senza considerare le franchigie.

Dichiarazione integrativa per il contribuente

Un’altra importante novità è l’estensione della dichiarazione integrativa a favore del contribuente. Questa facoltà, già prevista per le imposte sui redditi, IRAP e IVA, viene estesa all’imposta di bollo e all’imposta sostitutiva su operazioni di finanziamento a medio e lungo termine. Questo consente ai contribuenti di correggere eventuali errori od omissioni nelle loro dichiarazioni, compresi quelli che hanno determinato un maggiore o minore credito o debito.

Svincolo delle somme per gli eredi fino a 26 anni

Il decreto introduce anche nuove disposizioni per facilitare lo svincolo di somme per gli eredi fino a 26 anni. Le banche e altri intermediari finanziari potranno permettere lo svincolo delle attività ereditate prima della presentazione della dichiarazione di successione. La condizione necessaria è che vi siano beni immobili nell’asse ereditario e che le somme vengano utilizzate per pagare le imposte catastali, ipotecarie e di bollo.

Tasso di interesse per imposte superiori a quelle dichiarate

Il decreto fissa il tasso di interesse al 4,5% per le somme dovute dai contribuenti in seguito a rettifiche e liquidazioni di imposte superiori rispetto a quanto dichiarato.

Coefficienti rendite vitalizie

Alle rendite vitalizie soggette all’imposta di registro (oltre a quelle soggette all’imposta sulle successioni e donazioni), se il tasso di interesse legale è uguale o inferiore allo 0,1%, si applicheranno i coefficienti definiti dal decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF) n. 302 del 30 dicembre 2015.

 

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infortunio in itinere

Infortunio in itinere anche per lo smart working Infortunio in itinere la caduta della dipendente in smart working durante un permesso per motivi personali per prelevare la figlia a scuola

Infortunio in itinere per la lavoratrice in smart working

L’infortunio in itinere non è escluso se l’ attività lavorativa viene svolta in smart working. Il Tribunale di Milano lo ha precisato nella sentenza del 16 settembre 2024 pronunciandosi sul ricorso contro l’INAIL di una lavoratrice. La donna si era infatti infortunata durante il tragitto per prelevare la figlia a scuola nel periodo in cui svolgeva il proprio lavoro da casa dopo aver richiesto il permesso per motivi personali.

Lavoratrice cade mentre, in permesso, va a prendere la figlia a scuola

Una dipendente a tempo pieno e indeterminato dell’Agenzia delle Accise conviene in giudizio l’INAIL. La donna, funzionario doganale, dal giorno 11 marzo 2020, in seguito alle misure di contenimento anti Covid, ha svolto le sue funzioni in modalità smart working presso il suo domicilio.

La donna con e-mail del 20.09.2020 avverte il datore di lavoro che il giorno 23.09.2020 si sarebbe dovuta assentare dalle ore 12.15 per prendere la figlia a scuola.

Durante il percorso a piedi per prendere la bambina all’uscita di scuola la donna rovina a terra.  A causa della caduta riporta una distorsione al piede destro ed escoriazioni al ginocchio sinistro.

INAIL: rischio generico non specifico lavorativo

Recatasi al pronto soccorso la dipendente denuncia l’infortunio sul lavoro. L’INAIL però, con comunicazione del 13.03.2021, si pronuncia negativamente su quanto occorso. Per l’Istituto  l’infortunio non è avvenuto per rischio lavorativo, ma per rischio generico. La lavoratrice ricorre la decisione, ma l’INAIL risponde negativamente.

Alla dipendente non resta che agire in giudizio. In questa sede chiede l’indennizzo a titolo di inabilità temporanea e i postumi, il rimborso delle spese mediche e il pagamento delle spese legali sostenute.

L’INAIL si oppone alle richieste e chiede che il giudice dichiari la propria carenza di legittimazione passiva e respinga tutte le domande avanzate dalla dipendente.

Infortunio in itinere la caduta durante il permesso per motivi personali

Il Tribunale accoglie le richieste della lavoratrice. La  decisione della Cassazione richiamata dalla ricorrente n. 18659/2020 dichiara infatti che in tema di infortunio “in itinere”, la tutela assicurativa copre i sinistri verificatisi nel normale percorso abitazione-luogo di lavoro anche in caso di fruizione da parte del lavoratore di un permesso per motivi personali.

Per gli Ermellini il lavoratore è tutelato ogni volta che si allontani dall’azienda e vi faccia ritorno nel momento di sospensione dell’attività lavorativa per pause, permessi e riposi.

Il permesso di lavoro per motivi personali non interrompe il nesso eziologico rispetto all’attività lavorativa. La ricorrente in questo caso ha chiesto il permesso per prendere la figlia a scuola. L’allontanamento è quindi giustificato dall’adempimento dei doveri genitoriali ed è pienamente indennizzabile.

 

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carta del docente

Carta del docente La carta del docente, che riconosce ai docenti di ruolo 500 euro annuali per la formazione, presto subirà una diminuzione dell’importo 

Carta del docente: cos’è

La carta del docente è una misura prevista e regolata dal comma 121 dell’articolo 1 della legge n. 107/2015.Questo bonus è stato previsto per sostenere la formazione continua dei docenti e per valorizzarne le competenze professionali.

La carta elettronica per l’aggiornamento e la formazione è prevista per i docenti di ruolo di ogni istituzione scolastica di ogni ordine e grado.

Fino ad oggi la carta è stata erogata per l’importo nominale di 500,00 euro per ogni anno scolastico.

A cosa serve la carta del docente

La carta del docente può essere utilizzata per acquistare libri e testi, anche in formato digitale, pubblicazioni e riviste utili all’aggiornamento professionale. Essa può essere impiegata anche per l’acquisto di hardware, software, iscrizione a corsi di aggiornamento e di qualificazione delle competenze professionali svolti da enti accreditati presso il ministero dell’istruzione. L’importo può essere altresì utilizzato per frequentare corsi post laurea o master universitari collegati al profilo professionale, ma anche per assistere a rappresentazioni teatrali e cinematografiche, per l’ingresso a mostre, musei, eventi culturali, spettacoli dal vivo e iniziative coerenti con le attività del piano triennale dell’offerta formativa delle scuole e del piano nazionale di formazione.

Dal punto di vista fiscale la carta non costituisce una retribuzione accessoria e non è un reddito imponibile.

I docenti esclusi

Come già precisato, la carta del docente spetta solo agli insegnanti di ruolo. I docenti precari ad oggi. possono ottenerla solo rivolgendosi al giudice del lavoro.

Riduzione dell’importo in arrivo

A partire dall’anno scolastico 2024/2025 l’importo della carta subirà una notevole diminuzione. L’importo attuale di 500,00 euro annuali scenderà inizialmente a 425,00 euro e poi a 400,00 euro. Lo ha annunciato la federazione dei lavoratori della conoscenza FLC Cgil con un comunicato del 23 settembre 2024.

I motivi della riduzione devono rinvenirsi nel mutamento di destinazione delle risorse.

Le risorse che verranno tolte alla carta del docente per finanziarne la formazione e l’aggiornamento saranno impiegate, per l’importo di 19 milioni di euro, per il pagamento della retribuzione dei docenti che svolgeranno il tutoraggio degli aspiranti insegnanti di ruolo.

Ulteriori 40 milioni di euro, che comporteranno la diminuzione del valore della carta a 400,00 euro annui, saranno invece impiegati per finanziare i corsi di formazione dei docenti stabilmente incentivati. Trattasi di un percorso selettivo destinato a un ristretto numero di docenti che riceveranno un premio in presenza di una valutazione positiva conseguita al termine di un percorso formativo composto da tre cicli triennali successivi.

Il taglio alla carta del docente è diretta conseguenza delle disposizioni di legge contenute nel decreto legge n. 36/2022 contenente. L’attuazione delle misure previste dal PNRR in materia di istruzione.

 

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