Inadempimento al mandato: non sempre scatta la responsabilità disciplinare per l’avvocato
Rilevanza deontologica dell’inadempimento al mandato
L’inadempimento al mandato non sempre rileva dal punto di vista deontologico. Esso integra la responsabilità disciplinare quando è frutto di una “non scusabile e rilevante trascuratezza” ex art. 26 del Codice Deontologico Forense. Lo ha precisato il Consiglio Nazionale Forense nella sentenza n. 141/2024.
Esposto contro l’avvocato che non va in mediazione e offende l’assistita
Una signora presenta un esposto nei confronti di un avvocato. La donna riferisce di aver ricevuto una comunicazione dall’avvocato denunciato in data 12.12.2016. Con questa lettera, successiva alla revoca del mandato, il legale la insultava, la minacciava di denunciarla per truffa e avanzava richieste di pagamento non dovute.
Nella denuncia la donna evidenzia che l’avvocato non si era presentato a un incontro di mediazione per il quale la stessa gli aveva conferito mandato, portando alla redazione di un verbale negativo.
Censura per l’avvocato che non ha adempiuto al mandato
Il Consiglio Distrettuale di disciplina irroga all’avvocato la sanzione della censura. Per il CDD l’avvocato ha violato gli articoli 9 e 12 del codice deontologico, che impongono il rispetto dei doveri di correttezza, probità, dignità e decoro. La condotta ha violato inoltre l’art. 52, che punisce l’utilizzo di espressioni sconvenienti e offensive nell’esercizio della professione.
Il Consiglio contesta però all’avvocato anche la violazione degli articoli 26 comma 3 e art. 27 comma 7 del Codice deontologico. Lo stesso ha omesso di adempiere correttamente gli atti relativi al mandato o alla nomina che gli erano stati conferiti dalla donna in presenza di una non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi dell’assistita, non prendendo parte all’incontro di mediazione del 2.11.2016 e non avendo comunicato alla parte la necessità di compiere gli atti necessari per evitare prescrizioni, decadenze e altre conseguenze pregiudizievole collegate all’incarico in essere, non informandola del fatto che il 2.11.2016 si sarebbe tenuto l’incontro di mediazione e che ella avrebbe potuto/dovuto a parteciparvi personalmente, anche in sua assenza.
Ricorso al CNF: nessun inadempimento al mandato
L’incolpato ricorre al CNF contestando l’addebito relativo all’inadempimento del mandato e facendo presente che, in relazione all’incontro di mediazione, la sua assistita aveva manifestato un chiaro disinteresse a prendervi parte. Questa affermazione è corroborata dal mancato pagamento dell’indennità prevista per aderire alla mediazione.
Serve una non scusabile e rilevante trascuratezza
Il CNF accoglie parzialmente l’impugnazione del ricorrente e conferma la censura perché adeguata e proporzionata. Per il CNF l’incolpato nella missiva inviata all’assistita ha in effetti utilizzato espressioni che superano il limite consentito. Non giustificabile l’utilizzo di espressioni gratuitamente offensive ed esorbitanti. L’ardore espositivo delle proprie ragioni deve comunque rispettare i doveri di probità, dignità e decoro.
Il discorso è ben diverso per quanto riguarda il capo dell’incolpazione che accusa l’avvocato di non avere adempiuto correttamente il proprio mandato. Il CNF rileva che dall’istruttoria e dagli atti prodotti non emerge la responsabilità del legale.
Come precisato in sentenza l’art. 26 comma 3 “prevede una condotta di esplicita e rilevante trascuratezza da parte del difensore perché la sua condotta possa ritenersi lesiva della norma in esso richiamata.” La disposizione è molto chiara nella sua formulazione: “Costituisce violazione dei doveri professionali il mancato, ritardato o negligente compimento di atti inerenti al mandato o alla nomina, quando derivi da non scusabile e rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita”.
Nella condotta dell’avvocato però non si rileva la non scusabile e rilevante trascuratezza. La denunciante ha infatti conferito mandato all’avvocato per farsi assistere all’incontro di mediazione del 02.11.2016, come emerge dal mandato professionale del 28.10.2016. Il giorno stesso l’avvocato ha inviato un fax alla Camera di conciliazione comunicando la propria impossibilità a presenziare all’incontro del 2 novembre e chiedendo per questo un rinvio.
La condotta dell’avvocato non è contestabile, visto che lo stesso ha comunicato in forma scritta e con un certo anticipo la propria impossibilità a presenziare all’incontro di mediazione. Il ritardo con cui l’assistita ha adempiuto gli oneri amministrativi previsti dalla mediazione non rilevano. Neppure la mancata concessione del rinvio può condurre alla censura della condotta dell’avvocato.
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